Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 30412 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 30412 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME (CUI CODICE_FISCALE, nato in India il 10/11/1986
avverso la sentenza della Corte d’Assise d’Appello di Roma del 28/06/2024
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 28.6.2024, la Corte d’Assise d’ Appello di Roma ha confermato la sentenza di condanna di NOME COGNOME della Corte d’Assise di Latina dell’11.7.2023 limitatamente al reato di cui al capo J3) (rapina aggravata in concorso ai danni di NOME COGNOME, cui, con violenza e minaccia, veniva sottratta la somma di 3.500 euro all’interno del suo esercizio commerciale di alimentari), rideterminando la pena in anni cinque di reclusione ed euro 1.200 di multa, mentre lo ha assolto dai restanti reati ascrittigli.
La Corte territoriale ha avvalorato, in ordine al reato di cui al capo J3), la correttezza della valutazione della sentenza di primo grado, alla luce delle
dichiarazioni di NOME COGNOME il quale ha riferito di essere stato aggredito all’interno del suo negozio da un gruppo di connazionali -che riconosceva in foto -, uno dei quali gli aveva sottratto dalle tasche dei pantaloni la somma di 3.500 euro.
I giudici di secondo grado hanno valutato attendibili le dichiarazioni della persona offesa, peraltro neppure costituitasi parte civile, in quanto riscontrate dalle dichiarazioni del figlio, che ha riconosciuto alcuni degli aggressori, e dalle immagini di videosorveglianza, da cui è emerso che un gruppo di persone si era diretto verso il suo negozio.
Anche l’assunto difensivo secondo cui NOME COGNOME non aveva riferito la circostanza della sottrazione del denaro agli operanti intervenuti nell’immediatezza del fatto è smentito -secondo la sentenza di secondo grado -dal brigadiere COGNOME il quale ha dichiarato che già nell’immediatezza la persona offesa aveva denunciato sia l’aggressione sia la rapina.
La Corte d’Assise d’Appello ha tratto un elemento di parziale conferma delle dichiarazioni della persona offesa sia dalle dichiarazioni del coimputato NOME COGNOME circa l’aggressione, sia dai tabulati telefonici, da cui risulta che uno dei computati dell’odierno ricorrente contattava la persona offesa per costringerla a non denunciare i fatti.
Inoltre, è stata accertata anche la ragione dell’aggressione, in quanto NOME COGNOME in occasione di una precedente aggressione posta in essere dallo stesso gruppo ai danni di un suo amico, si era schierato con la vittima, portandola in ospedale e poi accompagnandola da un avvocato.
Infine, secondo la Corte territoriale, la sostanziale attendibilità della persona offesa si desume anche dal fatto che non abbia riconosciuto tra gli aggressori l’odierno ricorrente, a conferma del fatto che non ci fossero motivi di risentimento personale.
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso il difensore di COGNOME articolando un unico motivo, con il quale deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., erronea applicazione della legge penale e vizio di motivazione
Il ricorso lamenta che la Corte d’Assise d’Appello ha omesso di confrontarsi con il dato che la persona offesa, pur avendo confidato al figlio che gli era stata sottratta una somma di denaro, non aveva riferito questa circostanza nell’immediatezza dei fatti alla polizia giudiziaria intervenuta, a cui aveva parlato solo di un’aggressione.
Peraltro, questo dato è stato confermato in dibattimento dalle dichiarazioni del brigadiere COGNOME il quale ha puntualizzato di essere intervenuto in merito a un’aggressione e non a una rapina, ciò che risulta anche dall’annotazione a sua
firma del 2.10.2021, in cui veniva riportata la segnalazione di una lite tra connazionali di etnia indiana e in cui si aggiungeva che la persona offesa aveva riferito di un gruppo di connazionali entrati nel suo negozio che, dopo avergli sferrato due schiaffi, si erano dati alla fuga.
I giudici di secondo grado, inoltre, hanno citato le dichiarazioni del coimputato NOME COGNOME come una parziale conferma della versione della persona offesa, perché in sede di interrogatorio ha riferito che uno dei suoi connazionali aveva preso a schiaffi NOMECOGNOME Ma queste dichiarazioni non forniscono alcuna conferma né in ordine al dato della pluralità di persone che avrebbero aggredito la vittima, né in ordine alla sottrazione di beni mobili.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Per quanto si desume anche dagli atti allegati al ricorso, la questione posta dal difensore di NOME COGNOME attiene essenzialmente al fatto che la persona offesa avrebbe riferito alla polizia giudiziaria di avere subito la sottrazione del denaro alle ore 23.10 del giorno del fatto , mentre all’atto dell’intervento de i Carabinieri di Aprilia presso il suo negozio alle precedenti ore 22.20 aveva detto solo di essere stato vittima di un’aggressione.
Questa circostanza risulta da un’annotazione di p olizia giudiziaria, che non è nemmeno chiaro se sia mai stata acquisita al fascicolo per il dibattimento: dovrebbe averla consultata nel suo esame il teste COGNOME, brigadiere capo della Sezione Radiomobile dei Carabinieri di Aprilia, il quale peraltro ha riferito -lo si desume dalla trascrizione della sua deposizione, allegata dal difensore -che NOME COGNOME aveva parlato da subito anche della rapina e che pertanto era stato invitato a recarsi in caserma per sporgere denuncia, nella quale aveva effettivamente fatto riferimento alla sottrazione di denaro.
La Corte d’Assise d’Appello ha richiamato specificamente questa circostanza per rigettare il motivo d’appello esattamente omologo al motivo di ricorso per cassazione.
Peraltro, in quella annotazione si dà atto che NOME COGNOME riferiva di essere stato aggredito da un gruppo numeroso di connazionali (circa 40/50), di guisa che non sarebbe nemmeno indice di inattendibilità della persona offesa il fatto che si sia eventualmente avveduta solo dopo qualche minuto che all’aggressione si era accompagnata pure una rapina; e ciò anche perché il movente primo dell’aggressione che doveva essere apparso palese anche allo stesso NOME COGNOME -era quello di una ritorsione per avere egli precedentemente aiutato il connazionale vessato dai medesimi imputati, sicché la rapina è stata
evidentemente occasionale e dettata dalla situazione contingente di confusione ingenerata dall ‘assalto di massa.
Resta, in ogni caso, il fatto che NOME COGNOME è stato sentito personalmente in dibattimento, dove si è formata la prova, e che la Corte d’Assise di Latina nella sentenza ha riportato la sua deposizione relativa all’aggressione e alla sottrazione di denaro subite in termini nient’affatto dubitativi, dando comunque conto di una serie di riscontri di attendibilità del suo narrato.
A questo proposito, deve tenersi conto che l’attendibilità della persona offesa dal reato è questione di fatto, che ha la sua chiave di lettura nell’insieme di una motivazione logica e che non è censurabile in sede di legittimità, salvo che la sentenza impugnata sia affetta da manifeste contraddizioni o abbia fatto ricorso a mere congetture (Sez. 4, n. 10153 del 11/2/2020, C., Rv. 278609 -01; Sez. 2, n. 7667 del 29/1/2015, COGNOME, Rv. 262575 -01).
Non si tratta del caso di specie, tanto è vero che il ricorso non è in grado di indicarle e, reiterando sostanzialmente le doglianze già formulate con l’atto di appello, non arriva a confutare la motivazione della sentenza di secondo grado.
Ne consegue, pertanto, che il ricorso debba essere rigettato, con la condanna del ricorrente, ex art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 13.6.2025