Attendibilità persona offesa: la sua parola può bastare per una condanna?
La recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale nel processo penale: il valore probatorio delle dichiarazioni della vittima. In un sistema che si basa sulla raccolta di prove, fino a che punto la testimonianza di chi ha subito il reato può essere considerata sufficiente per una sentenza di condanna? La Suprema Corte, con questa decisione, ribadisce principi consolidati, delineando nettamente i confini tra il giudizio di merito e quello di legittimità riguardo all’attendibilità della persona offesa.
Il Caso in Esame
Un imputato, a seguito di una sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello, ha presentato ricorso per Cassazione. Il motivo principale del ricorso era incentrato sulla presunta erroneità della motivazione con cui i giudici di merito avevano fondato la sua dichiarazione di responsabilità. In sostanza, la difesa contestava il modo in cui era stata valutata la credibilità delle testimonianze, in particolare quella della parte lesa, ritenendola non sufficientemente supportata da altri elementi.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della colpevolezza o innocenza dell’imputato, ma si concentra sulla correttezza procedurale e logica della sentenza impugnata. Secondo gli Ermellini, il ricorso non rispettava i requisiti specifici richiesti dall’articolo 581 del codice di procedura penale e, soprattutto, tentava di ottenere un riesame dei fatti, attività preclusa in sede di legittimità.
Le Motivazioni: il Principio della Piena Attendibilità della Persona Offesa
Il cuore della decisione risiede nella riaffermazione di un principio giurisprudenziale di fondamentale importanza: le dichiarazioni della persona offesa possono, da sole, costituire prova sufficiente per fondare un’affermazione di responsabilità penale. Ciò significa che non è sempre necessaria la presenza di ‘riscontri estrinseci’, ovvero di altre prove esterne che confermino il racconto della vittima.
Tuttavia, questa possibilità è subordinata a una condizione molto stringente. Il giudice di merito deve compiere una verifica particolarmente penetrante e rigorosa sulla credibilità della persona che testimonia. Questo esame si articola in due fasi:
1. Credibilità soggettiva: valutazione della persona del dichiarante (la sua personalità, le sue condizioni psicologiche, i suoi rapporti con l’imputato, eventuali interessi nel processo).
2. Attendibilità intrinseca: analisi del racconto in sé (la sua coerenza, logicità, assenza di contraddizioni, precisione nei dettagli).
La Corte sottolinea che questa valutazione è un ‘giudizio di tipo fattuale’, che si forma attraverso la ‘dialettica dibattimentale’, ossia il confronto diretto tra le parti nel processo. Di conseguenza, tale valutazione spetta esclusivamente al giudice di primo e secondo grado. La Corte di Cassazione può intervenire solo se la motivazione fornita dal giudice di merito è manifestamente contraddittoria o illogica, ma non può sostituire la propria valutazione a quella effettuata in udienza.
Le Conclusioni: i Limiti del Giudizio di Legittimità
L’ordinanza in esame offre un’importante lezione pratica. Chi intende impugnare una sentenza di condanna dinanzi alla Cassazione non può limitarsi a sostenere che il giudice ‘ha creduto al testimone sbagliato’. Un simile motivo di ricorso si scontra con il divieto di una terza valutazione del merito della causa. Per avere successo, è necessario dimostrare un vizio concreto nella motivazione, come una contraddizione palese tra diverse parti della sentenza o un’argomentazione che viola le leggi della logica. In assenza di tali vizi, la valutazione sull’attendibilità della persona offesa compiuta dal giudice di merito rimane insindacabile. La decisione si conclude con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende, a conferma della totale infondatezza del ricorso.
La testimonianza della sola vittima è sufficiente per una condanna penale?
Sì, la Corte di Cassazione conferma che le dichiarazioni della persona offesa possono essere poste da sole a fondamento dell’affermazione di responsabilità penale, senza la necessità di ulteriori riscontri esterni.
Quali controlli deve effettuare il giudice sulla testimonianza della vittima?
Il giudice deve compiere una verifica particolarmente rigorosa e approfondita, fornendo un’adeguata motivazione. Questa verifica riguarda sia la credibilità soggettiva del dichiarante (la sua persona) sia l’attendibilità intrinseca del suo racconto (coerenza e logicità).
È possibile contestare davanti alla Corte di Cassazione la valutazione di credibilità di un testimone fatta dal giudice di merito?
No, di regola non è possibile. La valutazione dell’attendibilità di un testimone è considerata una questione di fatto, riservata al giudice del processo (primo grado e appello). La Corte di Cassazione può intervenire solo se la motivazione del giudice è manifestamente illogica o contraddittoria, ma non può sostituire la propria valutazione dei fatti.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12937 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12937 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a MARCIANISE il 22/06/1979
avverso la sentenza del 30/04/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME
letto considerato che l’unico motivo di ricorso, con il quale la difesa contesta la correttezza della motivazione posta a base della dichiarazione di responsabilità, è privo dei requisiti prescritti, a pena di inammissibilità, dall’art. 581 cod. proc. pen.;
che, nella specie, i giudici del merito hanno ampiamente esplicitato, con corretti argomenti logici e giuridici le ragioni del loro convincimento (cfr., in particolare, pag. 2 sulla coerenza delle dichiarazioni testimoniali e sulla mancata spiegazione della provenienza della res); è pacifico, peraltro, che le dichiarazioni della persona offesa possono da sole, senza la necessità di riscontri estrinseci, essere poste a fondamento dell’affermazione di responsabilità penale dell’imputato previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell’attendibilità intrinseca del suo racconto, che peraltro deve, in tal caso, essere più penetrante e rigorosa rispetto a quella cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone (cfr., Sez. U, m. 41461 del 19/07/2012, Bell’Arte; Sez., 2, n. 43278 del 24/09/2015, Manzini) e che la valutazione circa l’attendibilità della persona offesa si connota quale giudizio di tipo fattuale, ossia di merito, in quanto attiene al modo di essere della persona escussa; tale giudizio può essere effettuato solo attraverso la dialettica dibattimentale, mentre è precluso in sede di legittimità, specialmente quando il giudice del merito abbia fornito una spiegazione plausibile della sua analisi probatoria i atteso che l’attendibilità di un teste è una questione di fatto, che ha la sua chiave di lettura nell’insieme di una motivazione logica, che non può essere rivalutata in sede di legittimità, salvo che il Giudice sia incorso in manifeste contraddizioni; rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende; Corte di Cassazione – copia non ufficiale
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 7 marzo 2025.