Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 10395 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 10395 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a AGROPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 08/11/2022 della CORTE APPELLO di SALERNO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso;
lette le conclusioni del difensore della parte civile RAGIONE_SOCIALE, AVV_NOTAIO, il quale -chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso, con conferma delle statuizioni civili e condanna del ricorrent alla rifusione delle spese di costituzione e difesa;
lette le conclusioni del difensore della parte civile NOME COGNOME, AVV_NOTAIO, il quale chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso, con conferma delle statuizioni civili e condanna del ricorrente alla rifusione delle spese di costituzione difesa;
letta la memoria del difensore del ricorrente, AVV_NOTAIO, il quale ha insistito per l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE, con sentenza dell’8 novembre 2022, confermava la sentenza di primo grado che aveva ritenuto COGNOME NOME responsabile del reato di usura commesso ai danni di COGNOME NOME, dichiarando estinto per prescrizione il reato di estorsione, riqualificato nell fattispecie tentata.
1.1 Avverso la sentenza ricorre per cassazione il difensore dell’imputato, rilevando che la Corte di appello aveva reso una motivazione del tutto inadeguata in ordine agli elementi esterni asseritamente idonei a confortare le affermazioni di COGNOME, che semmai sconfessavano le stesse: infatti, i titoli di credito non erano intestati a COGNOME, ma ad altra persona (COGNOME), al quale era stata consegnata l’automobile che COGNOME aveva venduto per saldare i suoi debiti; nulla era stato detto dalla Corte di appello sui motivi aggiunti, co particolare riferimento al travisamento della prova secondo la quale NOME aveva con certezza ricevuto gli assegni da COGNOME, ed alla asserita possibilità che i tabulati telefonici potessero assurgere ad elementi di riscontro esterno al propalato di NOME (elemento, quest’ultimo, riconosciuto dalla stessa Corte di appello, che aveva errato nel valutare la testimonianza di COGNOME).
1.2 II difensore lamenta la mancanza della motivazione relativamente alle doglienze difensionali relative alla dosimetria della pena, visto che era stato evidenziato che non vi era prova che COGNOME avesse posto in essere alcuna attività minatoria, posta come motivo fondante la determinazione della pena base superiore al minimo edittale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
1.1 Relativamente ai motivi di ricorso, si deve precisare la natura del sindacato di legittimità e si riporta ai principi che questa Corte ha più volte ribadito mente dei quali gli aspetti del giudizio che si sostanziano nella valutazione e nell’apprezzamento del significato degli elementi probatori attengono interamente al merito e non sono rilevanti nel giudizio di legittimità, a meno che risulti viziato il percorso giustificativo sulla loro capacità dimostrativa, co conseguente inammissibilità, in sede di legittimità, di censure che siano sostanzialmente intese a sollecitare una rivalutazione del risultato probatorio. Non va infatti dimenticato che “…sono precluse al giudice di legittimità l rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e
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l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito” (cf Sez. 6 n. 47204 del 07/10/2015, Rv. 265482), stante la preclusione per questo giudice di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito (Sez. 6 n. 25255 del 14/02/2012, Rv. 253099).
Con riferimento poi alle dichiarazioni della persona offesa, il collegio condivide la giurisprudenza di questa Corte, secondo cui le regole dettate dall’art. 192, comma terzo, cod. proc. pen. non si applicano alle dichiarazioni della persona offesa, le quali possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell’affermazione di responsabilità, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell’attendibilità intrinseca del suo racconto, che in tal caso deve essere più penetrante e rigoroso rispetto a quello a cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone.
Peraltro questa Corte, anche quando prende in considerazione la possibilità di valutare l’attendibilità estrinseca della testimonianza dell’offeso attraverso l individuazione di precisi riscontri, si esprime in termini di “opportunità” e non d “necessità”, lasciando al giudice dì merito un ampio margine di apprezzamento circa le modalità di controllo della attendibilità nel caso concreto; inoltr costituisce principio incontroverso nella giurisprudenza di legittimità l’affermazione che la valutazione della attendibilità della persona offesa dal reato rappresenta una questione di fatto che ha una propria chiave di lettura nel compendio motivazionale fornito dal giudice e non può essere rivalutata in sede di legittimità, salvo che il giudice non sia incorso in manifeste contraddizioni (e plurimis Sez. 6, n. 27322 del 2008, COGNOME, cit.; Sez. 3, n. 8382 del 22/01/2008, COGNOME, Rv. 239342; Sez. 6, n. 443 del 04/11/2004, dep. 2005, COGNOME, Rv. 230899; Sez. 3, n. 3348 del 13/11/2003, COGNOME, Rv.227493).
Contraddizioni che non si rinvengono nel caso in esame, nel quale la Corte di appello ha fornito congrua motivazione della attendibilità del racconto della persona offesa, evidenziando che le dichiarazioni di COGNOME sono state confermate dalla moglie COGNOME NOME, dalla madre COGNOME NOME e da COGNOME NOME, e dai frequenti contatti telefonici tra COGNOME e COGNOME e rispondendo anche alle censure contenute nei motivi aggiunti; si deve inoltre rilevare come del tutto neutra sia la circostanza che gli assegni di cui al rapporto usurario fossero intestati a COGNOME, visto che COGNOME aveva affermato di averli
consegnati in bianco a COGNOME; il motivo di ricorso, pertanto, propone una inammissibile valutazione alternativa dello svolgimento dei fatti.
1.2 Quanto al trattamento sanzionatorio, l’episodio dell’incontro nel corso del quale COGNOME minacciò COGNOME è stato confermato dal teste COGNOME (pag.5 sentenza Corte di appello) e la motivazione della Corte di appello, contenuta nell’ultima parte della sentenza, appare coerente con le risultanze processuale, e quindi esente da censure.
Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile; ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di C 3.000,00 così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti; in virtù del principio della soccombenza, il ricorrente deve essere condannato alle spese sostenute dalle parti civili, non sussistendo motivi per la compensazione; considerato che le parti civili sono assistite dal medesimo difensore, deve essre liquidata la somma di C 3.686,00, aumentata del 30% ai sensi del DM 55/2014 e successive modifiche.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese sostenute nel presente giudizio dalle parti civili RAGIONE_SOCIALE, che liquida in complessivi euro 4791,00 oltre accessori di legge.
Così deciso il 20/12/2023