Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 10193 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 10193 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/02/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 27/02/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, la quale ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; uditi i difensori:
gli Avvocati COGNOME NOME e COGNOME NOME insistono per l’accoglimento dei rispettivi ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOME e COGNOME NOME, a mezzo dei rispettivi difensori, ricorrono avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli del 27/02/2023 (dep. 17/04/2023) che ha confermato, previa esclusione dell’aggravante di cui all’art. 628, comma 3, n. 3 cod. pen. nei confronti del COGNOME, la sentenza del Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Napoli che ha condannato gli imputati in ordine ai reati loro rispettivamente ascritti.
Tenuto conto del carattere più ampio dei motivi dedotti dalla difesa del COGNOME, ai quali fa riferimento il ricorso del coimputato, è opportuno passare inizialmente in rassegna il ricorso redatto nell’interesse di COGNOME NOME.
Ricorso di NOME.
Con il primo motivo si deduce la violazione e inosservanza degli artt. 192, 546 e 605 cod. proc. pen., in relazione all’art. 629 cod. gen. ed il vizio di motivazione in ordine all’affermazione di responsabilità (capo B della rubrica, estorsione ai danni di COGNOME NOME).
1.1. Premette la difesa che la Corte d’appello aveva ritenuto, sulla base delle informazioni veicolate dal COGNOME – all’epoca capo del RAGIONE_SOCIALE camorristico egemone del rione Traiano, poi divenuto collaboratore di giustizia – che la persona offesa (COGNOME) fosse un imprenditore non vessato dal COGNOME, ma anzi da lui protetto seppur non intraneo al RAGIONE_SOCIALE, il quale si occupava, su suo incarico – e dunque alla stregua di un accordo tra pari – dell’apertura di nuove agenzie di gioco e scommessa; un imprenditore, dunque, che sarebbe stato sottoposto ad estorsione solo a seguito dell’arresto del COGNOME (avvenuto il 17/10/2007), per effetto delle richieste avanzate dagli attuali imputati i quali avrebbe mutato le condizioni del patto originariamente concluso con colui che era egemone in quel rione. Si legge a pagina 5 della sentenza impugnata: «Ne consegue che il COGNOME aveva sia un patto con COGNOME in virtù del quale riceveva favori dal capo RAGIONE_SOCIALE originario, però, è bene ribadirlo, pur essendo convivente con il COGNOME, non ne faceva parte, né riceva lo stipendio, ma semplicemente aveva una protezione dal RAGIONE_SOCIALE egemone. Questa posizione del COGNOME fa sì che fino all’arresto del COGNOME (17 ottobre 2007) non abbia mai pagato estorsioni (infatti COGNOME precisa “non l’ho mai sottoposta ad estorsioni”), ma, dopo l’arresto di questo, e, diremmo, nonostante il patto originario con COGNOME, viene sottoposto a richieste estorsive dagli imputati ., ne consegue che lungi dal trattarsi di pagamenti su base paritana in base a precisi accordi con il sistema come dedotto dai difensori si tratta di veri e propri pagamenti a titolo di estorsione».
Tale ricostruzione confliggeva anzitutto con quanto dichiarato dallo stesso COGNOME, il quale, invece, aveva denunziato di avere versato tangenti anche al COGNOME “per diversi mesi” sino al suo arresto” e di avere continuato a pagare allo stesso gruppo malavitoso riferibile al RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE poi capitanato da COGNOME NOME. Inoltre, dal contenuto dell’intercettazione ambientale del 19 marzo 2014 captata all’interno della stazione di Carabinieri tra la persona offesa ed un suo collaboratore, emergeva non solo che il COGNOME aveva sempre pagato, ma che lo aveva effettuato nell’ambito di un accordo avvenuto con il “sistema” delinquenziale ivi insistente che gli aveva concesso di svolgere la sua attività imprenditoriale (era stato messo lì da loro ai quali pagava la mesata).
Si era, dunque, al cospetto di corresponsione di denaro in virtù di un preciso accordo preso con il “sistema”, ossia tra il COGNOME e l’allora reggente del RAGIONE_SOCIALE NOME NOME, improntato a logiche tipicamente sinallagmatiche e non estorsive (si trattava della gestione del gioco RAGIONE_SOCIALEdestino), proseguito una volta intervenuto l’arresto del maggiorente. Difettava, pertanto, l’ingiusto profitto, requisit necessario per integrare la fattispecie estorsiva. Del resto, avere affermato in sentenza che, una volta intervenuto l’arresto del COGNOME, gli imputati, quali sodali di quest’ultimo, avevano notiziato la persona offesa che continuavano a comandare loro nel rione, significava asseverare l’esistenza, in un’ottica di continuità, dell’esistenza di quel pregresso accordo.
Così correttamente ricostruita la vicenda, non poteva affatto escludersi che le denunzie sporte dal COGNOME contro gli imputati fossero dovute – per come già ritenuto dai giudici della cautela – ad un tornaconto personale, ossia per affrancarsi da tale patto, al fine di favorire in tal modo l’ascesa del RAGIONE_SOCIALE nel Rione Traiano, verso cui la persona offesa aveva converso.
1.2. Si lamenta, poi, l’assenza di motivazione – nen ricavabile dalle argomentazioni spese a corredo della trattazione unitaria delle posizioni degli imputati appellanti – in ordine al contributo concorsuale offerto dal ricorrente nell’episodio estorsivo in oggetto, considerato che il ruolo di mandante, quale reggente del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, confliggeva logicamente con l’accertata estraneità dell’imputato dal reato associativo di cui al capo A) dal quale è stato assolto. Né poteva al riguardo assumere rilievo il dichiarato della persona offesa, di tipo congetturale.
Con il secondo motivo si deduce la violazione e inosservanza degli artt. 192, 546 e 605 cod. proc. pen., in relazione agli artt. 56- 629 cod. pen. ed il vizio di motivazione in ordine all’affermazione di responsabilità per il capo F) della rubrica (tentata estorsione ai danni di COGNOME NOME).
Si contesta la ricostruzione operata dalla Corte territoriale che aveva ravvisato in tale episodio un autonomo fatto estorsivo rispetto a quello contestato al capo B), sul rilievo che, avendo gli imputati avanzato una richiesta di una somma di denaro superiore a quella precedente (il doppio), si fosse in presenza di una fattispecie estorsiva differente. Tale conclusione, peraltro fondata sulle inattendibili dichiarazioni della persona offesa, confliggeva con lo stesso dichiarato del COGNOME, il quale aveva precisato che il quantum versato dipendesse dai guadagni ottenuti, con la conseguenza che il maggior prezzo esagito doveva attribuirsi ad una variabile di computo già insita nella primigenia richiesta estorsiva.
Quanto al ruolo svolto dal ricorrente, si lamenta che il COGNOME lo abbia collocato tra i correi sulla base di una mera suggestione e che neppure poteva farsi riferimento al ruolo apicale dell’imputato originariamente contestato – essendo tale veste stata esclusa in forza dell’assoluzione dal reato associativo – ovvero al concorso nei reati strumentali di violenza e rapina connessi all’episodio estorsivo in relazione ai quali era stato mandato parimenti assolto (capi D ed E).
Con il terzo motivo si lamenta la violazione e inosservanza degli artt. 192, 546 e 605 cod. proc. pen. e il vizio di motivazione, in relaziore all’aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen., ritenuta sia sotto il profilo del metodo ch dell’agevolazione.
Quanto al metodo, l’aggravante era stata ricavata dal fatto che il COGNOME avesse subito un’intimidazione particolarmente forte; tale conclusione confliggeva con il fatto che la persona offesa – lungi dall’avere assunto con gli estorsori un semplice atteggiamento dialettico – avesse deciso di operare col sistema delinquenziale al fine di “far soldi” nell’ambito dei siti di scommesse a nero; i rifiuto, poi, espresso alla richiesta estorsiva rivoltagli il 22 febbraio, escludeva que particolare metus che deve accompagnare la minaccia.
Con riguardo all’agevolazione si era fatto riferimento all’intento di agevolare il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, pur in assenza di elementi dimostrativi dell’operatività di tale formazione nel periodo di tempo di asserita perpetrazione delle estorsioni (il riferimento è all’inconferenza delle dichiarazioni dei collaboratori COGNOME, arrestato anni prima i fatti in contestazione e COGNOME, fonte di prova di marginale rilievo, le cui propalazioni erano state “bollate” in sede di cautela, come non specifiche.
Con il quatto motivo si deduce la violazione e inosservanza degli artt. 192, 546 e 605 cod. proc. pen. e il vizio di motivazione, in relazione all’aggravante di cui all’art. 628, comma 3, n. 1 cod. pen., sotto il profilo della più persone riunite.
L’aggravante era stata ricavata dalla Corte di merito dalla circostanza che la persona offesa aveva riferito che gli estorsori si presentavano a ritirare la “mesata” talvolta a coppia, così confondendosi il momento della realizzazione della minaccia a cui deve tendere la circostanza col momento, logicamente successivo, di incameramento dei ratei estorsivi. Difettava, quindi, quel necessario disvalore che deve accompagnare la minaccia, così incutendo maggior timore alla vittima.
Con il quinto motivo si lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 192 cod. proc. pen. ed il vizio di motivazione in relazione all’art. 99, comma 4, cod. pen., essendosi fatto riferimento ai precedenti annoverati dal coimputato.
Con il sesto motivo si deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine al diniego della concessione delle circostanze attenuanti generiche, fondato su argomenti fittizi ed apparenti.
Ricorso di COGNOME NOME.
Con il primo motivo si deduce la violazione di legge, l’inosservanza di norme processuali ed il vizio di motivazione in punto di affermazione di responsabilità con riferimento agli episodi estorsivi di cui ai capi B) e C).
La censura ripercorre le argomentazioni del coimputato (vedi i motivi di seguito specificati). Il fatto che la persona offesa fosse portatrice di interess personali nella vicenda avendo goduto dell’appoggio del RAGIONE_SOCIALE per l’apertura nel territorio di insistenza di diverse agenzie di scommesse, imponeva la ricerca di elementi di conferma esterna al dichiarato, del tutto assenti con riguardo al primo episodio estorsivo e costituiti, quanto al secondo, dal labile indizio dell’accertata presenza sul posto dell’imputato ad opera della polizia giudiziaria, pur a fronte dell’assenza di conferma di quanto riferito dal COGNOME ad opera dell’unico teste.
Con il secondo motivo si lamenta la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine alla mancata concessione delle attenuanti generiche, essendosi fatto ricorso ad una motivazione cumulativa, senza tenere conto delle specifiche caratteristiche della GLYPH posizione del GLYPH ricorrente (giovane età, comportamento processuale, intento di mitigare la pena al fatto concreto).
MOTIVI DELLA DECISIONE
I ricorsi sono fondati sotto il profilo del vizio di motivazione in ordin all’affermazione di responsabilità.
Al riguardo, occorre premettere che il Gup del Tribunale di Napoli ha ricavato la genesi e la natura estorsiva delle erogazioni effettuate dalla persona offesa in favore del RAGIONE_SOCIALE, sia nel periodo in cui era capeggiato dal NOME NOME che dagli imputati subentrati a seguito dell’arresto del maggiorente, sulla scorta
proprio di quanto affermato dalla vittima del reato (COGNOME NOMENOME, le cui dichiarazioni sono state ritenute attendibili anche in forza di elementi di conferma ravvisati nel dichiarato di alcuni collaboratori che negli esiti dell’attiv investigativa svolta. Il Gup, in aderenza all’imputazione formulata, ha escluso contrariamente a quanto ravvisato in sede di cautela ove le relative domande del Pubblico ministero erano state rigettate – che le dazioni sistematicamente effettuate dal COGNOME, dapprima “nelle mani del COGNOME” e, poi, in quelle degli odierni imputati, fossero prive del requisito dell’ingiustizia del profitto in quant ascrivibili ad un patto criminale che la stessa persona offesa – quale intraneo o colluso – aveva stipulato con il sistema criminale del rione Traiano a cui doveva l’apertura delle sue attività commerciali (ben quattro agenzie di scommesse).
La Corte di appello, invece, a fronte delle censure delle difese in punto di attendibilità del narrato del COGNOME – additato di avere fornito una versione di comodo volta ad affrancarsi dall’originario patto criminale stipulato con il sistema delinquenziale allora vincente (RAGIONE_SOCIALE) stante il suo avvicinamento al RAGIONE_SOCIALE emergente capeggiato dai cutoliani – pur confermando la natura estorsiva delle dazioni effettuate dalla persona offesa nei confronti degli odierni imputati, muta la ricostruzione della vicenda. Affidandosi al dichiarato del COGNOME, infatti, dapprima ammette l’esistenza di un patto che il COGNOME avrebbe con questi stipulato al fine di aprire in quel territorio le sue agenzie di scommesse, ‘7.anto dal costituire una sorta di longa manus del maggiorente, pur non facendo parte del sistema («non riceveva lo stipendio ma semplicemente aveva una protezione dal RAGIONE_SOCIALE egemone») e non versando alcunché («infatti il COGNOME precisa non l’ho mai sottoposto ad estorsione») e, poi, in conseguenza della fibrillazione che si era venuta a creare a seguito dell’arresto del COGNOME, riconduce ad estorsione le richieste avanzate dagli imputati proprio in quanto dotate di novum rispetto all’originario accordo. In sostanza, il COGNOME si sarebbe trovato di fronte per la prima volta a pretese estorsive avanzate dagli eredi del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE («i sodali del COGNOME fanno presente a COGNOME che “continuano a comandare nel rione Traiano”»), sebbene, proprio in conseguenza delle fibrillazioni intervenute negli equilibri camorristici seguiti all’arresto del maggiorente, sempre «per tutelare la sua posizione di imprenditore operante in quel rione, fa una scelta di campo e va dalla parte del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE». Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Si tratta, però, di una ricostruzione che non tiene conto – per come specificamente denunciato dalla difesa del COGNOME che ha anche allegato le relative dichiarazioni ed asseverato dal primo giudice – che la persona offesa ha sempre dichiarato di essere stato vittima di estorsione sia da parte del COGNOME che degli odierni imputati, in piena continuità. Al riguardo, preciso è il riferimento che fa il COGNOME di essere stato convocato dal COGNOME e di essersi portato al suo
cospetto – alla presenza del COGNOME e del COGNOME – ove venne avanzata la richiesta di tangente, poi a cadenza versata nelle mani dei suoi accoliti.
Pertanto, essendo la doglianza difensiva tutta incentrata sull’attendibilità della persona offesa, la Corte di appello non poteva recidere la ricostruzione della vicenda da questa resa senza affrontare il tema della complessiva attendibilità del narrato, spiegando anche le ragioni per le quali il dichiarato del COGNOME sarebbe più attendibile e avrebbe dovuto assicurare una protezione all’imprenditore – che si indica non intraneo, né colluso – senza ricevere alcun corrispettivo di carattere estorsivo.
Sebbene in tema di prova testimoniale trovi applicazione il principio della “scindibilità” della valutazione, da intendersi nel senso che il giudice può ritenere veritiera una parte della deposizione e, al contempo, disattendere altre parti di essa, tuttavia, in siffatte ipotesi, il giudicante deve dare conto, con adeguata motivazione, delle ragioni che lo hanno indotto a tale diversa valutazione, e deve anche chiarire i motivi per i quali tale diversa valutazione non si risolve in un complessivo contrasto logico-giuridico della prova. (Sez. 6, n. 7900 del 22/04/1998, Martello, Rv. 211376 – 01; Sez. 6, n. 10625 del 16/10/1992, COGNOME, Rv. 192149; Sez. 1, n. 8123 del 09/04/1991, COGNOME, Rv. 188046; Sez. 4, n. 10949 del 27/09/1982, Trenti, Rv. 156169; Sez. 4, n. 27566 del 14/01/2022, COGNOME, non mass., in motivazione a pag. 9; Sez. 2, n. 43672 del 13/10/2022, Nnodum, non mass., in motivazione a pag. 9).
Va, pertanto, annullata la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Napoli, risultando di conseguenza assorbiti gli altri motivi dedotti dai ricorrenti, anche con riguardo all’omessa motivazione in ordine agli elementi dimostrativi del concorso del COGNOME NOME che la difesa dell’imputato ha lamentato nella seconda parte del primo motivo di ricorso.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Napoli.
Così deciso, il 13/02/2024