Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 28641 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 28641 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI CATANZARO nel procedimento a carico di:
COGNOME nato a MARCELLINARA il 04/11/1955
avverso l’ordinanza del 27/03/2025 del TRIBUNALE di CATANZARO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
sentite le conclusioni del Procuratore generale, NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato riportandosi alla requisitoria scritta già depositata.
udito il difensore di NOME COGNOME avvocato NOME COGNOME che ha chiesto la conferma del provvedimento impugnato.
RITENUTO IN FATTO
1.E’ impugnata l’ordinanza del Tribunale di Catanzaro, che ha accolto il riesame avverso la ordinanza del G.I.P. del luogo, emessa il 24/02/2025, con la quale era stata disposta la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di NOME COGNOME siccome gravemente indiziato del delitto di cui all’art. 416-bis cod. pen., per avere fatto parte dell’associazione di ‘ndrangheta calabrese, con ruolo di dirigente della articolazione mafiosa localmente denominata ‘clan di Gagliano’, quale braccio destro del capoclan NOME COGNOME, partecipando alle riunioni del gruppo presso la ‘Casa del popolo’ di Gagliano, tenendo rapporti con la cosca COGNOME di COGNOME, rifornendo di sostanza stupefacente l’associazione dedita al narcotraffico facente capo a NOME COGNOME e raccogliendo le estorsioni per conto del clan COGNOME. Fatti commessi in Catanzaro dal 2014 fino all’attualità.
1.1. Il Tribunale distrettuale – premesso ‘che gli elementi a carico del ricorrente sono costituiti dalle dichiarazioni accusatorie dei collaboratori di giustizia NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME, dalle intercettazioni telefoniche, e dall’elenco delle frequentazioni con pregiudicati fornito con annotazione di p.g. – ha annullato l’ordinanza del G.I.P. sul rilievo della ritenuta inattendibilità di COGNOME, esponente apicale della cosca COGNOME, per non avere egli portato a termine il percorso collaborativo intrapreso, con conseguente inutilizzabilità delle sue dichiarazioni; quanto alle altre dichiarazioni, pur dota di attendibilità e credibilità, esse, secondo l’ordinanza impugnata, delineano meri rapporti di amicizia con altri esponenti della locale criminalità organizzata, ma non fanno emergere un ruolo dinamico all’interno del sodalizio né l’affectio societatis in capo al ricorrente.
Ricorre per cassazione il Procuratore della Repubblica di Catanzaro, il quale svolge due motivi, di seguito enunciati nei limiti richiesti per la motivazione a sensi dell’art. 173 disp.att. cod.proc.pen.
2.1. Con il primo, deduce erronea applicazione dell’art. 192 comma 3 cod. proc. pen, per avere il Tribunale del riesame rinunciato allo scrutinio di legge in merito alle dichiarazioni del COGNOME, quale chiamante in reità, considerandolo inattendibile, ex sé, laddove, invece, il propalante – legato agli Arena di Isola Capo Rizzuto – ha riferito di essere stato dallo COGNOME, che gli aveva chiesto di mediare con esponenti del clan di Isola, onde ottenere l’assenso ad acquisire, per conto del clan Gagliano, il controllo delle estorsioni sulla zona di Catanzaro, rimasta scoperta a seguito dell’arresto degli esponenti del clan COGNOME; che tale mediazione COGNOME aveva effettivamente svolto, rivolgendosi (atteso lo status detentionis degli affiliati del clan COGNOME) a NOME COGNOME, esponente di vertice della cosca COGNOME, facente parte del locale di Mesoraca, e storicamente legato alla cosca COGNOME, ottenendone l’assenso, tant’è che l’attività estorsiva era stata
effettivamente intrapresa dal gruppo Gagliano su Catanzaro, con divisione dei proventi secondo gli accordi raggiunti con COGNOME. D’altronde, aggiunge il ricorrente, le dichiarazioni di COGNOME trovano riscontri oggettivi in mer all’incontro suddetto, effettivamente tenutosi nel 2020, per come documentato in un servizio di o.c.p. che ha dato atto della presenza alla cerimonia di Rocca, COGNOME, COGNOME, COGNOME; altro incontro è stato documentato dalla polizia giudiziaria tra i medesimi COGNOME, COGNOME e COGNOME in Cropani Marina nel gennaio 2020; così come risulta che, effettivamente, gli esponenti del clan COGNOME nel 2020 fossero detenuti in esecuzione dell’ordinanza cautelare emessa nel proc. c.d. NOME. Quindi, sostiene il Procuratore ricorrente, le dichiarazioni di COGNOME oltre a essere coerenti con il ruolo dallo stesso rivestito nell’ambito del clan di riferimento, sono riscontrate con riguardo alla collocazione temporale dei fatti da lui riferiti.
2.2. Con il secondo motivo, sono denunciati vizi della motivazione, nella parte in cui l’ordinanza impugnata ha dato atto del contrasto delle dichiarazioni di COGNOME con quelle del collaboratore di giustizia NOME COGNOME – affiliato al cosca COGNOME e arrestato nell’aprile 2016, avendo iniziato il percorso di collaborazione nel maggio successivo – atteso che egli riferisce di accordi, per la ripartizione con il clan dei ‘gaglianesi’ dei proventi delle estorsioni, riferibi 2014, 2015, mentre COGNOME si riferisce alla gestione delle problematiche insorte dopo l’arresto degli affiliati del clan Arena.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è fondato e l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio in merito alla valutazione di attendibilità del chiamante in reità NOME COGNOME
Nel provvedimento impugnato, il Tribunale del riesame ha ritenuto “non credibile e non attendibile NOME COGNOME NOMECOGNOME difatti il propalante non ha proseguito il percorso di collaborazione, con la conseguenza che difetta il requisito della credibilità soggettiva”, atteso che, pur manifestando al P. M. la volontà di collaborare con la giustizia, egli tendeva a “ridimensionare la propria responsabilità”; inoltre ha osservato che le dichiarazioni rese dal COGNOME in ordine ai fatti in esame, oltre a essere in contrasto con quelle fornite dal collaboratore NOME COGNOME non presentavano alcun riscontro.
Tuttavia, il Pubblico ministero ricorrente ha evidenziato che, effettivamente, COGNOME è un soggetto che, già collaboratore di giustizia, ha poi rinunciato al programma di protezione, ma ha anche sottolineato come sia stato documentato da un servizio di appostamento della polizia giudiziaria un preciso riscontro alle
dichiarazioni del predetto, riguardante un incontro avuto dal COGNOME proprio con l’indagato (“… COGNOME è stato documentato da un servizio di ocp svolto dalla stazione di Petilia Policastro che ha immortalato alla predetta messa … la presenza … tra gli altri di … COGNOME Ercole …”), altresì indicando un ult riscontro costituito da altro incontro documentato a Cropani Marina. Ha, inoltre, confutato l’affermazione circa il contrasto delle dichiarazioni di COGNOME con quanto riferito dal collaboratore COGNOME.
3. Il principio di diritto al quale porre mente è che, in tema di valutazione delle prove, la ritrattazione, da parte di un collaboratore di giustizia, di dichiarazion accusatorie in precedenza rese non costituisce elemento in grado di escluderne l’attendibilità, potendo il giudice legittimamente riconoscere valore probatorio alle stesse, a condizione che eserciti su di esse un controllo più incisivo, esteso ai motivi della variazione del dichiarato, potendo anche ritenere che la ritrattazione si traduca in un ulteriore elemento di conferma delle originarie accuse. ( Sez. 6 n. 35680 del 30/05/2019, Rv. 276693; conf. (Sez. 4, n. 53568 del 05/10/2017, Rv. 271706; Sez. 1, n. 41585 del 20/06/2017, Rv. 271252; Sez. 6, n. 7627 del 31/01/1996, Rv. 206583).).
3.1.L’ordinanza impugnata non ha fatto buon governo del richiamato principio, avendo arrestato la propria analisi critica delle emergenze processuali alla mera circostanza, formale, che COGNOME – esponente apicale della cosca COGNOME – non abbia portato a termine il percorso collaborativo intrapreso, con conseguente inutilizzabilità delle sue dichiarazioni, altresì affermando la assenza di riscontri e, anzi, ravvisando un contrasto delle dichiarazioni del COGNOME con quelle di un collaboratore di giustizia.
Entrambi tali aspetti non si sottraggono alle censure del ricorrente emergendo i denunciati vizi di motivazione.
3.2. Quanto al primo profilo, il Tribunale avrebbe dovuto verificare la effettiva sussistenza delle dichiarazioni e la concreta rilevanza dei contenuti secondo i canoni di valutazione della prova declinati dall’art. 192 comma 3, cod. proc. pen.: la valutazione dell’attendibilità intrinseca è correttamente operata in relazione alla credibilità soggettiva del chiamante, alla mancanza di interesse diretto all’accusa, all’assenza di contrasti con altre acquisizioni probatorie, all mancanza di contraddizioni eclatanti e/o logicamente insuperabili, tali da riverberarsi negativamente sulle proposizioni accusatorie.
Le dichiarazioni accusatorie provenienti da un chiamante in reità devono essere sottoposte, con riguardo ad ogni singola chiamata in reità o correità e a ogni singolo episodio, a un duplice controllo volto ad accertare tanto l’attendibilità intrinseca del dichiarante, quanto l’affidabilità ab extrinseco delle
accuse formulate, mediante l’individuazione e la valutazione di elementi processuali esterni di verifica, tra i quali possono annoverarsi anche le dichiarazioni accusatorie che provengano da altri soggetti, della stessa qualità del dichiarante da confermare, sempre che sia possibile escludere ipotesi di collusione o di reciproco condizionamento: infatti, le dichiarazioni accusatorie rese da più collaboranti possono anche riscontrarsi reciprocamente, a condizione che si proceda comunque alla loro valutazione unitamente agli altri elementi di prova che ne confermino l’attendibilità, in maniera tale che sia verificata la concordanza sul nucleo essenziale del narrato, rimanendo quindi indifferenti eventuali divergenze o discrasie che investano soltanto elementi circostanziali del fatto, a meno che tali discordanze non siano sintomatiche di una insufficiente attendibilità dei chiamanti stessi.
In tale prospettiva, la chiamata di correo può costituire legittima fonte di prova della colpevolezza del chiamato in correità anche quando sia stata in qualche modo ritrattata, purché – come detto – fatta oggetto di più penetrante e attenta valutazione.
3.4. Sono questi i canoni ermeneutici a cui ci si dovrà attenere nel rinnovato giudizio di merito, in cui il Tribunale dovrà, in primo luogo, colmare il vuoto argomentativo correlato alla omessa valutazione sulla attendibilità del contenuto dichiarativo del COGNOME, procedendo allo scrutinio indicato secondo le
coordinate proprie di tale giudizio, così da consegnare un esame più pregnante della credibilità del chiamante, non essendo sufficiente né dirimente, a tal fine, la
mera scelta di interrompere il percorso collaborativo.
3.5. Inoltre, il Giudice del rinvio dovrà confrontarsi con quanto evidenziato dal Pubblico ministero ricorrente, circa la possibile rilevanza di elementi di
riscontro, logistici e temporali, al propalato del COGNOME, e verificare se dichiarazioni del COGNOME – rispetto alle quali quelle del COGNOME risulterebber
contrastanti – siano effettivamente confrontabili, in quanto riferibili al medesimo periodo storico al quale rimanda la narrazione del COGNOME.
4. L’epilogo del presente scrutinio di legittimità è l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame al giudice di merito come individuato in
dispositivo.
P.Q.M.
Annulla il provvedimento impugnato con rinvio per nuovo giudizio al
Tribunale di Catanzaro – sezione riesame. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. Att. Cod. Proc. Pen. Così deciso in Roma, 13 giugno 2025 Il GLYPH sigliere es GLYPH sore