Astensione Avvocato Rito Camerale: Quando il Ricorso è Inammissibile
L’ordinanza n. 43079/2024 della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sui limiti del diritto di astensione del difensore nei procedimenti penali. Il caso analizzato riguarda l’inammissibilità di un ricorso in cui si lamentava la mancata considerazione dell’astensione avvocato rito camerale, dimostrando come le specificità procedurali possano rendere irrilevante la protesta di categoria.
I Fatti di Causa
Un individuo veniva condannato in primo e secondo grado per il reato di detenzione a fini di spaccio di sostanze stupefacenti, specificamente per il possesso di 16 dosi singole di cocaina. La Corte d’Appello di Potenza confermava la sentenza di condanna. L’imputato, tramite il suo difensore, decideva di presentare ricorso per Cassazione, contestando la decisione dei giudici di merito su due fronti principali.
I Motivi del Ricorso e l’Astensione Avvocato Rito Camerale
Il ricorrente basava la sua impugnazione su due motivi distinti:
1. Vizi di motivazione: Si contestava la valutazione dei giudici riguardo alla destinazione della droga. Secondo la difesa, la sostanza era destinata a uso esclusivamente personale e non alla cessione a terzi, come invece ritenuto in sentenza.
2. Nullità della sentenza: Si eccepiva la nullità della decisione d’appello per la ritenuta irrilevanza della dichiarazione del difensore di adesione a un’astensione dalle udienze proclamata dalla categoria. Il giorno della decisione, infatti, il legale aveva comunicato la sua astensione.
Il fulcro della questione procedurale risiedeva proprio nel secondo motivo, che metteva in discussione il bilanciamento tra il diritto di difesa e le regole specifiche del rito camerale.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, rigettando entrambi i motivi. La decisione si fonda su argomentazioni precise sia in punto di rito che di merito, fornendo principi applicabili a casi analoghi.
L’Irrilevanza dell’Astensione dell’Avvocato nel Rito Camerale
Il motivo più interessante riguarda l’astensione avvocato rito camerale. La Cassazione lo ha ritenuto manifestamente infondato. Il processo in appello si svolgeva, infatti, con il rito camerale a trattazione scritta, una procedura disciplinata dall’art. 23-bis del d.l. n. 137/2020. In tale rito, la partecipazione delle parti avviene principalmente tramite il deposito di conclusioni scritte.
La Corte ha sottolineato che il termine per il deposito di tali conclusioni è perentorio. Nel caso di specie, al momento dell’udienza, tale termine era già decorso e la difesa aveva già depositato i propri atti. Di conseguenza, non era prevista alcuna ulteriore attività difensiva per quella specifica udienza. In assenza di attività processuali da compiere, l’astensione del difensore diventava di fatto irrilevante ai fini della decisione, che poteva essere legittimamente assunta sulla base degli atti già presenti nel fascicolo.
La Genericità del Motivo sulla Destinazione della Droga
Per quanto riguarda il primo motivo, la Corte lo ha qualificato come generico. Il ricorrente si era limitato a elencare circostanze di fatto che, a suo dire, non erano state prese in considerazione, senza però sviluppare un confronto critico con gli elementi che i giudici di merito avevano invece valorizzato per fondare la condanna. Il ricorso non spiegava perché i fatti omessi avrebbero dovuto prevalere su quelli considerati, privandoli della loro forza probatoria. Una critica di questo tipo, non sufficientemente argomentata, non può trovare accoglimento in sede di legittimità.
Le Motivazioni della Sentenza
Le motivazioni della Corte si basano su un’interpretazione rigorosa delle norme processuali. In primo luogo, viene ribadito il carattere perentorio dei termini nel rito camerale a trattazione scritta, un principio che garantisce la celerità del procedimento. Consentire che un’astensione successiva alla scadenza di tali termini potesse bloccare il processo vanificherebbe la ratio della norma. In secondo luogo, la Corte riafferma il principio secondo cui il ricorso per cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti. Le censure devono essere specifiche e puntuali, dimostrando un vizio logico o giuridico nella motivazione della sentenza impugnata, e non limitarsi a proporre una diversa lettura delle prove.
Le Conclusioni
L’ordinanza in commento stabilisce un punto fermo: l’efficacia dell’astensione del difensore è strettamente legata alle attività processuali che devono essere svolte. In un rito camerale cartolare, una volta esaurita la fase di deposito degli atti scritti, l’astensione non costituisce un legittimo impedimento alla prosecuzione del giudizio. Questa decisione ha importanti implicazioni pratiche, poiché delimita chiaramente l’ambito di applicazione del diritto all’astensione, contemperandolo con le esigenze di efficienza e speditezza del processo penale, soprattutto nelle forme procedurali semplificate.
L’adesione del difensore a un’astensione di categoria è sempre un valido motivo per rinviare un’udienza penale?
No. Come chiarito dalla Corte, nel contesto di un rito camerale a trattazione scritta, se il termine perentorio per il deposito delle conclusioni è già scaduto e non sono previste ulteriori attività difensive, l’astensione del legale è irrilevante ai fini della decisione.
Cosa rende un motivo di ricorso ‘generico’ e quindi inammissibile?
Un motivo di ricorso è considerato generico quando si limita a indicare circostanze di fatto non considerate dal giudice, senza però confrontarsi criticamente con quelle valorizzate nella sentenza e senza spiegare perché le prime dovrebbero prevalere sulle seconde, privandole della loro concludenza.
Quali sono le conseguenze dell’inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
L’inammissibilità del ricorso comporta per legge la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro, stabilita equitativamente dal giudice, in favore della Cassa delle Ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 43079 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 43079 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME NOME PISTICCI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 09/02/2024 della CORTE APPELLO di POTENZA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
NOME COGNOME impugna la sentenza in epigrafe indicata, che ne ha confermato la condanna per il delitto di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, per detenzione a fini di spaccio di cocaina pari a 16 dosi singole.
Egli lamenta: 1) vizi di motivazione in relazione alla ritenuta destinazione della droga alla cessione a terzi anziché all’esclusivo uso personale; 2) nullità della sentenza per la ritenuta irrilevanza della dichiarazione del difensore di adesione all’astensione di categoria in atto il giorno della decisione.
Il ricorso è inammissibile.
2.1. Il primo motivo è generico, esaurendosi nell’indicazione di circostanze di fatto non prese in considerazione in sentenza, tuttavia senza un confronto critico con quelle invece valorizzate dalla stessa e senza indicazione delle ragioni per cui le prime avrebbero dovuto privare le altre della concludenza loro concordemente attribuita dai giudici di merito.
2.2. Il secondo è manifestamente infondato.
Il processo si svolgeva con il rito camerale, il termine per il deposito delle conclusioni scritte, previsto dall’art. 23-bis, comma 2, d.l. n. 137 del 2020, conv. dalla legge n. 176 del 2020, è perentorio (Sez. 6, n. 22919 del 24/04/2024, P., Rv. 286664) ed era già decorso, avendo peraltro la difesa già presentato le proprie. Non era, dunque, prevista alcuna attività difensiva ulteriore per quella udienze, sicché correttamente la Corte d’appello ha escluso la rilevanza della dichiarazione di astensione del difensore dell’imputato.
All’inammissibilità del ricorso segue per legge la condanna alle spese del procedimento ed al pagamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si stima equa in tremila euro, non ravvisandosi assenza di colpa della ricorrente nella determinazione della causa d’inammissibilità (vds. Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 25 ottobre 2024.