Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 26549 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 26549 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del suo legale rappresentante pro tempore;
avverso la ordinanza n. 273/24 RGTRS del Tribunale di Milano del 7 novembre 2024;
letti gli atti di causa, la ordinanza impugnata e il ricorso introduttivo;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
letta la requisitoria scritta del PM, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. NOME COGNOME il quale ha concluso chiedendo la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Milano, con ordinanza pronunziata in data 7 novembre 2024 – così rigettando il ricorso presentato in sede di riesame dalla RAGIONE_SOCIALE – ha confermato il sequestro preventivo emesso in data 31 maggio 2024 – nel corso di indagini preliminari svolte a carico di NOME COGNOME in qualità di legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE COGNOME NOME e NOMECOGNOME in qualità di legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE società di diritto polacco, in relazione al reato di cui all’art. 11 del dlgs n. 74 del 2000, per avere il Conti, in concorso gli altri due, al fine di sottrarsi al pagamento di imposte e relative sanzioni pecuniarie, posto in essere atti fraudolenti consistenti nella cessione di un immobile appartenente alla Milano Technology alla società amministrata dalla donna senza che fosse prevista una reale corresponsione di prezzo da parte della acquirente – dal Gip del Tribunale ambrosiano in danno della RAGIONE_SOCIALE, avente ad oggetto il complesso immobiliare sito in Milano interessato dalla predetta compravendita.
Avverso detto provvedimento ha interposto ricorso per cassazione la citata società di diritto polacco, in persona del suo legale rappresentante COGNOME articolando due motivi di impugnazione.
Con un primo motivo la difesa della società ricorrente ha lamentato la violazione di legge per essere stata confermata la misura cautelare disposta senza che fosse stata adeguatamente valutata la effettiva esistenza o meno del fumus delicti; con il secondo motivo ha lamentato, questa volta sotto il profilo della violazione della normativa di carattere processuale e sotto quello del vizio di motivazione, il fatto che la ordinanza impugnata sia state emessa nonostante il fatto che il difensore della ricorrente avesse dichiarato per iscritto che il giorno in cui doveva essere celebrata la udienza di fronte al giudice del riesame egli intendeva aderire alla agitazione sindacale degli avvocati, proclamata dall’organismo rappresentativo degli avvocati penalisti, comportante la astensione dei medesimi dalla attività di udienza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto è inammissibile e, pertanto, come tale deve essere ora dichiarato.
La logica del giudizio impone di esaminare prioritariamente il secondo dei due motivi di impugnazione in quanto con esso e stata contestata la
stessa regolarità della celebrazione della udienza nel corso della quale è stato trattato il riesame proposto dalla difesa della RAGIONE_SOCIALE avverso il provvedimento cautelare emesso su beni ad essa riconducibili.
In particolare, è stata censurata la circostanza, ad avviso della ricorrente tale da comportare, attraverso la lesione del diritto della parte d difendersi in giudizio, la violazione dell’art. 24 della Costituzione e l’art. 6 de Convenzione EDU.
L’assunto della ricorrente è compendiato in queste espressioni: essendo stata tempestivamente comunicata la adesione della difesa della ricorrente alla astensione dalla attività di udienza, essa aveva pieno diritto di chiedere rinvio della trattazione del procedimento onde potere compiutamente esercitare il diritto di difesa.
Un siffatto argomentare è, tuttavia, manifestamente infondato in quanto non si confronta coi limiti cui va incontro il diritto della classe forense procedere a forme di agitazione sindacale comportanti, attraverso la astensione dalle attività connesse alla partecipazione, la impossibilità d celebrazione dei processi.
Come, infatti, è a chiare lettere proclamato attraverso l’art. 4 del Codice di autoregolamentazione delle astensioni dalle udienze degli avvocati deliberato dall’Organismo Unitario dell’Avvocatura, dall’Unione delle Camere Penali Italiane, dall’Associazione Nazionale Forense, dall’Associazione Italiana Giovani Avvocati e dall’Unione Nazionale delle Camere Civili, e valutato idoneo dalla Commissione di Garanzia per l’attuazione delle legge sul diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali con delibera n. 7/749 del 13 dicembre 2007 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 3 del 4 gennaio 2008 – sotto la rubrica “Prestazioni indispensabili in materia penale”, l’astensione non è consentita nella materia penale in riferimento, fra l’altro, all’assistenza a udienze afferenti alle misure cautelari.
Siffatta disposizione, non distinguendo fra provvedimenti cautelari di carattere personale e provvedimenti cautelari di carattere reale (quale è quello ora in esame), rende irrilevante la dichiarazione resa dal difensore della RAGIONE_SOCIALE con la quale egli ha comunicato la sua intenzione di avvalersi della facoltà di astensione dalle udienze, essendo l’esercizio di tale facoltà inibito i relazione alla tipologia procedimentale ora, ed allora, in esame.
Del tutto correttamente, pertanto, il Tribunale ambrosiano, in disparte la circostanza – in sé effettivamente non significativa in quanto la comunicazione della difesa con la quale si segnalava la sua volontà di aderire alla agitazione sindacale della ricorrente non poteva essere intesa altrimenti che come strumentale all’ottenimento del differimento della trattazione del procedimento de quo che la comunicazione in questione non era corredata da una formale istanza di rinvio della udienza camerale, ha trattato immediatamente e senza disporre alcun rinvio il ricorso presentato dalla difesa della RAGIONE_SOCIALE, avendo osservato che in materia cautelare non è prevista la facoltà di astensione degli avvocati dall’attività di udienza.
Passando, a questo punto, al primo motivo di impugnazione, si rileva che lo stesso è inammissibile; in sintesi la ricorrente sostiene che il meccanismo negoziale attraverso il quale si sarebbe realizzata la operazione fraudolenta di sottrazione del patrimonio della Milano Technology, la quale è incontestatamente debitrice per oltre 500.000,00 nei confronti del Fisco, non avrebbe né natura simulata né sarebbe fraudolentemente preordinato alla sottrazione di beni ad essa pertinenti alla possibile azione esecutiva del creditore erariale.
Osserva, diversamente, il Collegio che, premessi i limiti che governano gli ambiti di cognizione rimessi a questo giudice della legittimità in materia di provvedimenti cautelari reali, limiti afferenti alla sola sindacabilità del provvedimento impugnato sotto il profilo della violazione di legge, gli argomenti sviluppati dalla ricorrente difesa attengono, in realtà, esclusivamente alla tenuta motivazionale della decisione assunta dal Tribunale di Milano, nella quale è, invece, valorizzato, quale ragionevole indice rivelatore della natura fraudolenza della operazione di cui alla provvisoria imputazione, la circostanza che questa, oltre ad essere intervenuta fra soggetti (NOME COGNOME e NOME) avvinti da una stretta relazione personale (risultano essere, non coniugi ma, conviventi), è risultata priva di una effettiva logicità imprenditoriale, atteso che la prestazione che la ricorrente si è impegnata ad eseguire a fronte della cessione dell’immobile che la Milano Technology avrebbe trasferito a RAGIONE_SOCIALE lungi dall’essere costituito da una provvista finanziaria, sarebbe stato rappresentato dall’accollo di un debito che RAGIONE_SOCIALE ha assunto per finanziare una sua associazione in partecipazione con una società che, essendo inattiva da anni, non rappresenta, secondo il plausibile avviso dei giudici del merito cautelare, alcuna reale opportunità imprenditoriale, essendo, in tale modo, disvelato il reale intento apparentemente perseguito, con la collaborazione sia
della COGNOME che del Calì, da parte del COGNOME, cioé sottrarre l’immobile oggetto di cessione alla possibile azione esecutiva volta al recupero coattivo
della esposizione tributaria gravante su Milano Technology.
Attività questa che, appunto, rappresenta, senza che sia ravvisabile alcuna violazione di legge, quanto meno a livello di
fumus delicti, il paradigma
normativo dell’illecito in fase di provvisoria contestazione ai tre indagati.
Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile e la ricorrente, di conseguenza, visto l’art. 616 cod. proc. pen., va condannata al pagamento
delle spese processuali e della somma di 3.000,00 euri in favore della Cassa delle ammende.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 21 marzo 2025
COGNOME Consigliere estensore
Il Presidente