Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 31302 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 31302 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: IMPERIALI COGNOME
Data Udienza: 24/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 09/05/1989
avverso la sentenza del 20/11/2023 della CORTE APPELLO di BARI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso
Ricorso trattato con contraddittorio scritto ai sensi dell’art. 23 co. 8 D.L. n.137/202 successivo art. 8 D.L. 19$/2022.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza del 20/11/2023 con la quale la Corte d’appello di Bari ha confermato il giudizio di penale espresso nei suo confronti dal Tribunale cittàdino il 30/9/2022 in ordine al delitto di cui agli artt. 56 – 6 parzialmente riformando la sentenza dì primo grado solo in ordine al trattamento sanzionatorio.
A sostegno del ricorso, con unico motivo di impugnazione, ha dedotto la violazione di legge – con riferimento agli artt. 56 e 629 cod. pen. – ed il vizio di motivazione della sent impugnata, assumendo che la condotta finalizzata a costringere un imprenditore ad assumere il lavoratore, quale quella oggetto di imputazione, non integrerebbe un atto estorsivo poiché la pretesa di un’assunzione lavorativa per ovviare alla disoccupazione non produrrebbe un ingiusto profitto né un danno ingiusto, in quanto il lavoratore svolge una prestazione di lavoro a fronte una retribuzione.
A sostegno di tale tesi ha richiamato la giurisprudenza di questa Corte di legittimità secondo cui si configura il delitto di violenza privata, e non quello di estorsione, nel caso in cui la mi posta in essere dall’agente abbia ad oggetto la richiesta di riassunzione presso un cantiere dì lavoro dal quale lo stesso era stato precedentemente licenziato, atteso che tale minaccia, pur essendo diretta al conseguimento di un ingiusto profitto, non arreca alcun danno ingiusto alla vittima, che dovrebbe retribuire l’attività lavorativa che si intende effettivamente prestare, si limita a comprimerne l’autonomia contrattuale con l’imposizione di una posizione lavorativa regolare (Sez. 2, n. 27556 del 17/05/2019, Amico, Rv. 276118 – 01).
Con memoria scritta il pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME ha chiesto il rigetto del ricorso.
Il ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato.
Le sentenze di merito ( infatti, hanno dato adeguatamente conto degli elementi in base ai quali si è riconosciuto che il Cardinale ebbe ad avanzare ripetutamente richieste alla persona offesa di assumerlo a tempo indeterminato come lavoratore dipendente della sua società di vendita all’ingrosso di cereali e sementi, fino a presentarsi al suo cospetto in compagnia de coimputati, ed in tale occasione rinnovando la richiesta di assunzione con la minaccia di rompergli la testa, ed accentuandone il carattere minaccioso facendo riferimento anche alla disponibilità d un’arma e tentando di aggredire fisicamente la persona offesa, non riuscendo in tale ultimo intento solo grazie all’intervento di terzi che consentivano alla vittima di fuggire dal bar in fatto era avvenuto (non prima di essere colpita da uno degli accompagnatori del Cardinale).
Sulla base di tale ricostruzione dei fatti, non contestata dal ricorrente nemmeno nel giudizi di merito, senza incorrere in vizio logico alcuno la Corte ha riconosciuto l’elemento dell’ingius profitto con altrui danno -richiesto dall’art. 629 cod. pen. – in quanto implicito nel fatto che si sia tentato di costringere la vittima all’assunzione in violazione delle propria autonomi
negoziale, impedendogli di perseguire i propri interessi economici nel modo e nelle forme ritenute più confacenti ed opportune. Ciò in coerenza con i principi generali secondo cui nel delitto d estorsione c.d. contrattuale, che si realizza quando al soggetto passivo sia imposto di porsi i rapporto negoziale di natura patrimoniale con l’agente o con altri soggetti, l’element dell’ingiusto profitto con altrui danno è implicito nel fatto stesso che il contraente-vitti costretto al rapporto in violazione della propria autonomia negoziale, essendogli impedito di perseguire i propri interessi economici nel modo da lui ritenuto più opportuno (Sez. 2, n. 12434 del 19/02/2020, Pmt, Rv. 278998 – 01, fattispecie in cui la Corte ha evidenziato l compromissione dell’autonomia contrattuale della vittima, costretta ad assumere una persona non scelta da lei come “buttafuori” del locale di sua proprietà, senza la possibilità di valutarn qualità personali, dì particolare importanza in ragione della delicatezza delle mansioni).
Si tratta di principi ormai pacifici che, in caso analogo a quello in esame, hanno portato riconoscere che ricorre il reato di estorsione, e non già quello di violenza privata, nella cond consistita nel costringere, mediante violenza o minaccia, un imprenditore ad effettuare una assunzione non necessaria, essendo ingiusto, in quanto connesso ad azione intimidatoria, il profitto per la persona indebitamente assunta e sussistendo altresì il danno per la vittima costretta a versare la relativa retribuzione (Sez. 1, n. 5639 del 03/11/2005, dep. 2006 Calabrese, Rv. 233837 – 01; conf. Sez. 5, n. 8639 del 20/01/2016, De, Rv. 266079 – 01; Sez. 6, n. 48461 del 28/11/2013, P.g.’ Rv. 258168 – 01).
Peraltro, non giustificherebbe la qualificazione del fatto come mero tentativo di violenz privata nemmeno l’orientamento giurisprudenziale invocato dal ricorrente, decisamente minoritario, secondo il quale integrerebbe tale delitto, e non quello di estorsione, la minaccia c abbia ad oggetto la richiesta di riassunzione presso un cantiere di lavoro dal quale lo stesso er stato precedentemente licenziato in quanto, pur essendo questa diretta al conseguimento di un ingiusto profitto, non arrecherebbe alcun danno ingiusto alla vittima, che dovrebbe retribuir l’attività lavorativa che si intende effettivamente prestare, ma si limita a comprimer l’autonomia contrattuale cqn l’imposizione di una posizione lavorativa regolare (Sez. 2, n. 27556 del 17/05/2019, Amico, Rv. 276118 – 01): come ha evidenziato la sentenza impugnata (cfr. pag. 4), infatti, nel caso di specie, “il Cardinale non essendo munito di patente C o E non possedeva i requisiti necessari per essere assunto “, sicché la sua assunzione avrebbe comunque comportato un innegabile danno economico per la persona offesa, costretta ad assumere e retribuire persona inidonea allo svolgimento dell’attività lavorativa.
4. La declaratoria d’inammissibilità totale del ricorso comporta, ai sensi dell’art. 616 c proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – apparendo evidente N proposizione del ricorso aver determinato la causa di inammissibilità per colpa (Corte cost., 13 giugno 2000 n. 186) e tenuto conto dell’entità di questa – della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 24 giugno 2025
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