Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 46024 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 46024 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 11/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Testi ChristianCOGNOME nato a Roma il giorno 14/8/1986 rappresentato ed assistito dall’avv. NOME COGNOME di fiducia avverso la sentenza in data 27/3/204 della Corte di Appello di Roma visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
preso atto che non è stata richiesta dalle parti la trattazione orale del procedimento;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME COGNOME letta la requisitoria scritta con la quale il Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 27 marzo 2024 la Corte di Appello di Roma, decidendo in seguito ad annullamento con rinvio disposto dalla Sesta Sezione penale della Corte di cassazione con sentenza in data 19 ottobre 2023, ha confermato nei confronti di NOME COGNOME la sentenza del Tribunale di Roma del 22 dicembre 2021, come già parzialmente riformata dalla sentenza della Corte di appello di
Roma in data 15 febbraio 2023 in relazione ai capi 9, 10 e 12 della rubrica delle imputazionì.
Il Testi, condannato in maniera definitiva per il reato di cui all’art. 74 d.P.R n. 309/90, nel presente procedimento è anche chiamato a rispondere di concorso in tre reati di violazione della legge sugli stupefacenti (artt. 110 cod. pen., 73 commi 1 e 6, d.P.R. n. 309/90) per i quali era altresì intervenuta l’affermazione della penale responsabilità sia nel giudizio di primo grado che in quello originario di appello. Tuttavia, questa Corte di legittimità aveva, come detto, annullato con rinvio la sentenza di appello avendo ritenuto sussistente il vizio di omessa motivazione sulla questione posta dai difensori dell’imputato che avevano chiesto di qualificare i predetti reati di cui ai capi 9, 10 e 12 della rubrica delle imputazio come un unico reato in quanto aventi ad oggetto un’unica partita di droga.
Ricorre per Cassazione avverso la predetta sentenza il difensore dell’imputato, deducendo, con motivo unico, il difetto assoluto di motivazione in ordine alla ritenuta insussistenza dell’assorbimento delle condotte di cui ai capi 9, 10 e 12 dell’imputazione in un’unica condotta criminosa.
Sulla premessa che il Tribunale risulta aver accertato che il sodalizio del quale faceva parte l’odierno ricorrente, in epoca ricompresa tra il 29 novembre ed il 6 dicembre 2012, aveva acquistato una partita di sostanza stupefacente da tale Rea, sostanza poi detenuta dal Testi e ceduta a terzi nei giorni nei giorni 7, 8 e 10 dicembre 2012, rileva la difesa del ricorrente che nel caso in esame non vi sarebbe soluzione di continuità tra la detenzione della predetta sostanza e la successiva cessione della stessa avvenuta a breve distanza temporale, con la conseguenza che deve ritenersi un assorbimento delle tre indicate condotte.
Si duole, pertanto, la difesa del ricorrente del fatto che la Corte di appello nella sentenza impugnata si sarebbe limitata a ribadire le medesime argomentazioni della precedente sentenza ritenute illegittime da questa Suprema Corte con le quali i tre episodi delittuosi erano stati separatamente considerati, ancorché poi ritenuti avvinti dal vincolo della continuazione ex art. 81, comma 2, cod. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non è fondato.
La Corte di appello nella sentenza impugnata, dopo aver dato atto, anche richiamando principi già enunciati da questa Corte di legittimità, che affinché si
possa ritenere sussistente il fenomeno dell’assorbimento invocato dalla difesa dell’imputato occorre la presenza delle seguenti circostanze:
che si tratti dello stesso oggetto materiale;
che le attività illecite minori siano compiute dallo stesso soggetto che ha commesso quelle maggiori o dagli stessi soggetti che ne rispondono a titolo di concorso;
che le condotte siano contestuali e cioè si verifichi il susseguirsi di vari atti sorretti da un unico fine, senza apprezzabili soluzioni di continuità;
ha affermato – condividendo quanto già affermato nella sentenza annullata – che non vi è prova che la sostanza ceduta nei giorni successivi al 6 dicembre 2012 fosse solo ed esclusivamente quella comprata dalla famiglia COGNOME pochi giorni prima e che, comunque, non vi è contestualità tra la detenzione della sostanza e la successiva cessione della stessa essendo trascorsi tra i due momenti vari giorni
che non consentono di ritenere configurabile l’invocato assorbimento.
Quella esposta dalla Corte di appello nella sentenza impugnata è una valutazione di merito, come tale insindacabile in sede di legittimità, che risulta espressa con una motivazione congrua, non manifestamente illogica e che non si pone in contrasto con i principi di diritto in materia enunciati da questa Corte, con la conseguenza che non sono ravvisabili nel caso in esame i vizi dedotti dalla difesa del ricorrente.
Da quanto sopra consegue il rigetto del ricorso in esame, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il giorno 11 dicembre 2024.