Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 6971 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 6971 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 26/07/1970 in Algeria. avverso la sentenza del 27/06/2024 della CORTE di APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Il procedimento si celebra con contraddittorio scritto, senza la presenza delle parti in mancanza di richiesta di trattazione orale pervenuta nei termini secondo quanto disposto dagli artt. 610, comma 5 e 611, comma 1-bis e ss. cod. proc. pen.
Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME con requisitoria scritta concludeva per l’annullamento con rinvio limitatamente alla definizione del trattamento sanzionatorio , con specifico riferimento alla determinazione degli aumenti per la continuazione “interna” riconosciuti in relazione al reato in relazione al quale è stata determinata la pena base.
RITENUTO IN FATTO
1.La Corte di appello di Roma, decidendo con le forme del rito abbreviato, confermava · la responsabilità di NOME per il reato di ricettazione di una serie di apparat
elettronici descritti nel capo a) (ex g) della rubrica accusatoria, consumati il 28 dicembre 2016, ed accertati in seguito ad una perquisizione personale e domiciliare.
La Corte territoriale confermava, altresì, la responsabilità del ricorrente per l ricettazione descritta al capo ac), ovvero per la condotta di ricezione di diversi tablet cellulari di provenienza illecita, che si riteneva accertata sulla base del contenuto dell conversazioni telefoniche registrate il 26 ed il 27 dicembre 2016.
2. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore che deduceva:
2.1. violazione di legge (art. 649 cod. pen.) e vizio di motivazione in ordine al mancato assorbimento del reato descritto nel capo ac) in quello descritto nell’originario capo g) (poi indicato dalla Corte d’appello come capo a); si deduceva che le telefonate poste a fondamento dell’accertamento di responsabilità per il capo ac) erano intervenute tra il 26 e il 27 dicembre 2016, mentre le perquisizioni, poste a fondamento della condanna per il reato descritto nell’originario capo g), erano state effettuate, circa un giorno dop il 28 dicembre 2016; data la prossimità temporale tra le telefonate e la perquisizione domiciliare, il contenuto delle conversazioni – ovvero la richiesta di informazioni sull tecniche di reset delle memorie di dispositivi ricettati – non avrebbe potuto che riferirsi dispositivi “già” in possesso del Boutique, e rinvenuti in sede di perquisizione;
2.2. violazione di legge (art. 597 cod. proc. pen.) e vizio di motivazione in ordine all determinazione della sanzione: nel ridefinire la pena la Corte d’appello riteneva più grave il delitto contestato all’originario al capo g) e riteneva, altresì, che in relazione condotte descritte in tale capo dovesse essere applicata la continuazione interna; la continuazione interna, tuttavia, non sarebbe stata ritenuta dal tribunale, sicché in grado di appello vi sarebbe stata una reformatio in peius del trattamento sanzionatorio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 primo motivo di ricorso è fondato.
Il collegio rileva che (a) che la condotta descritta nel capo di imputazione ac) si riferisce alla ricezione di settantanove cellulari e diversi tablet, non ulteriorme individuati, ma di provenienza illecita; (b) che la prova per giustificare la condanna i relazione a tale capo è stata riconosciuta nel contenuto delle telefonate registrate il 26 ed il 27 dicembre 2016, nel corso delle quali il Boutique si informava sulle tecniche di settaggio dei dispositivi illecitamente ricevuti, (c) che il successivo 28 dicembre 2016 venivano effettuate le perquisizioni – una personale ed una domiciliare – sulla base delle quali veniva giustificata la condanna in relazione al capo a) (ex capo g); tali atti investigativi venivano compiuto solo “un giorno dopo” la registrazione delle conversazioni decisive per la condanna relativa al capo ac).
Il collegio ritiene che, data la prossimità temporale delle conversazioni poste alla base della condanna per la ricettazione di cui al capo ac) con la perquisizione domiciliare, non ci siano prove che conducano a ritenere che gli interlocutori delle conversazioni intercettate abbiano fatto riferimento a dispositivi diversi da quelli “già” in possesso del Boutique e rinvenuti nel corso della perquisizione domiciliare. Tale carenza impone di ritenere che la ricettazione descritta nel capo ac) debba ritenersi assorbita nella ricettazione descritta nel capo a) (ex capo g).
Diversamente opinando si infliggerebbe due volte la condanna per la stessa condotta. Si riafferma, infatti, che l’identità del fatto sussiste quando vi sia corrispondenza storico naturalistica nella configurazione del reato, considerato in tutti i suoi elementi costitut (condotta, evento, nesso causale) e con riguardo alle circostanze di tempo, di luogo e di persona (Sez. U, n. 34655 del 28/06/2005, COGNOME, Rv. 231799 – 01).
2. Il secondo motivo è infondato e non merita accoglimento.
Il ricorrente ha contestato la violazione del divieto di reformatio in peius perché, nel determinare il trattamento sanzionatorio la Corte di appello, nella sentenza impugnata, aveva considerato più grave il reato di cui al capo a) (ex capo g) piuttosto che quello di cui al capo ac), che veniva riqualificato da riciclaggio in ricettazione.
Il collegio ribadisce, in via generale, che non viola il divieto di reformatio in peius · previsto dall’art. 597 cod. proc. pen. il giudice dell’impugnazione che, quando muta la struttura del reato continuato (come avviene se la regiudicanda satellite diventa quella più grave o cambia la qualificazione giuridica di quest’ultima), apporta per uno dei fatti unificat dall’identità del disegno criminoso un aumento maggiore rispetto a quello ritenuto dal primo giudice, pur non irrogando una pena complessivamente maggiore (Sez. U, n. 16208 · del 27/03/2014, C., Rv. 258653 – 01).
In relazione allo specifico caso in esame, il collegio osserva che la Corte territoriale ha effettivamente ritenuto la sussistenza della continuazione interna tra le diverse condotte descritte a tale in tale capo. Tuttavia, contrariamente a quanto dedotto, non si tratta del riconoscimento “tardivo” ed illegittimo di una pluralità di condotte, non considerata dal giudice di primo grado: deve ritenersi, infatti, che il tribunale, nell’effettuare l’aumento la continuazione in relazione al capo a) (ex capo g), abbia valutato la sussistenza di più condotte, pur non specificandolo espressamente.
Tale valutazione si fonda sulla analisi della struttura del capo di imputazione a) (ex capo g) che, descrive con chiarezza “due” diverse condotte di ricettazione: una relativa agli · oggetti rinvenuti nel corso della perquisizione “personale”, e l’altra in relazione agli ogget rinvenuti nel corso della perquisizione “domiciliare”, di poco successiva (entrambe eseguite il 28 dicembre 2016). La distinzione tra tali condotte è resa evidente anche dalla scelta lessicale effettuata dal pubblico ministero, che le ha separate con un “nonché”.
Tenuto conto dell’assorbimento del reato descritto nel capo ac) in quello descritto nel capo a) (ex capo g), la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente al trattamento sanzionatorio.
La pena deve essere conseguentemente rideterminata, eliminando l’aumento per la continuazione relativamente al capo ac), ovvero mesi sei di reclusione ed euro cento di multa.
Pertanto, la pena finale, al netto della riduzione per il rito, deve essere rideterminat in anni due, mesi sei di reclusione ed euro 633,33 di multa.
Il ricorso deve essere rigettato nel resto.
P.Q.M.
Ritenuto il reato di cui al capo ac) assorbito nel reato di cui al capo a), annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio, rideterminando la pena in anni due, mesi sei di reclusione ed euro 633,33 di multa. Rigetta il ricorso nel resto.
Così deciso, il giorno 29 gennaio 2025.