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Associazione traffico stupefacenti: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi presentati dai membri di un’organizzazione criminale dedita all’introduzione di droga e telefoni in un carcere. La Corte ha ritenuto i ricorsi generici e una mera ripetizione di quanto già esaminato in appello, confermando la condanna per associazione finalizzata al traffico di stupefacenti e il ruolo apicale di alcuni imputati, senza riesaminare i fatti del caso.

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Pubblicato il 3 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Traffico di Droga in Carcere: la Cassazione Conferma le Condanne

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato il caso di una complessa associazione finalizzata al traffico di stupefacenti operante all’interno di un istituto penitenziario. La Suprema Corte ha dichiarato inammissibili i ricorsi degli imputati, confermando la struttura delle accuse e le responsabilità individuali, e offrendo importanti spunti sulla redazione dei ricorsi e sulla distinzione tra reati di diversa gravità.

I Fatti di Causa

Il caso riguardava una struttura organizzata che gestiva l’introduzione e lo spaccio di sostanze stupefacenti di vario tipo, oltre a telefoni e altri dispositivi di comunicazione, all’interno del carcere di Augusta. L’operatività del gruppo era resa possibile anche grazie alla corruzione di un sovrintendente della Polizia Penitenziaria.

Le indagini avevano permesso di delineare una vera e propria organizzazione criminale, con ruoli e compiti ben definiti. Due degli imputati principali erano stati identificati come i promotori e gli organizzatori, collocati quindi al vertice della struttura. Le accuse formulate spaziavano dall’associazione per delinquere (art. 416 c.p.) alla più specifica associazione finalizzata al traffico di stupefacenti (art. 74 d.P.R. 309/90), passando per la detenzione e cessione di droga, l’introduzione illecita di dispositivi in carcere e la corruzione.

L’Iter Giudiziario e l’analisi dell’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti

Dopo la condanna in primo e secondo grado, gli imputati hanno presentato ricorso in Cassazione. I motivi del ricorso erano principalmente incentrati su tre punti:

1. La configurabilità dell’associazione: La difesa contestava la sussistenza stessa del reato associativo e, in particolare, il ruolo apicale attribuito ai propri assistiti.
2. La qualificazione del reato: Si chiedeva di riclassificare i fatti di spaccio come ‘di lieve entità’ (secondo il comma 5 dell’art. 73 d.P.R. 309/90), con la conseguenza di far rientrare anche il reato associativo nell’ipotesi meno grave prevista dal comma 6 dell’art. 74.
3. La misura della pena: Si lamentava un’eccessiva severità della sanzione, ritenuta ingiustificata e sproporzionata rispetto al minimo edittale.

La Corte di Appello aveva già respinto gran parte di queste argomentazioni, confermando l’impianto accusatorio e riducendo solo parzialmente le pene per due degli imputati.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato tutti i ricorsi inammissibili, ritenendoli manifestamente infondati. La motivazione della decisione si basa su un principio cardine del giudizio di legittimità: l’inammissibilità del ricorso generico. I giudici hanno osservato come i ricorsi presentati fossero, in larga parte, una mera riproposizione dei motivi già sollevati in appello, senza un confronto specifico e puntuale con le argomentazioni contenute nella sentenza impugnata. In altre parole, la difesa non ha contestato le ragioni giuridiche della Corte d’Appello, ma ha tentato di ottenere un nuovo giudizio sui fatti, cosa preclusa in sede di Cassazione.

Nello specifico, la Corte ha sottolineato che la sentenza d’appello aveva ampiamente e logicamente motivato:
– La sussistenza di una struttura organizzata stabile, con mezzi e uomini, dedicata alla commissione dei reati, integrando pienamente la fattispecie di cui all’art. 74.
– L’incompatibilità del contesto criminale complessivo con l’ipotesi di ‘lieve entità’, data la pianificazione e la gravità dei fatti.
– La correttezza del trattamento sanzionatorio, giustificato in relazione alla gravità dei reati e alle responsabilità individuali.

Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio sul merito. Per essere ammissibile, un ricorso deve evidenziare vizi di legittimità (violazioni di legge o difetti di motivazione evidenti e illogici), non limitarsi a riproporre le stesse tesi difensive già vagliate e respinte nei gradi precedenti. La decisione sottolinea l’importanza di un’impugnazione ‘specifica’, che dialoghi criticamente con la sentenza che si intende contestare. In assenza di tale specificità, il ricorso è destinato all’inammissibilità, con la conseguenza di rendere definitiva la condanna e di addebitare al ricorrente le spese processuali.

Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando i suoi motivi sono manifestamente infondati o generici. In questo caso, gli imputati si sono limitati a ripetere le argomentazioni già presentate in appello, senza contestare specificamente le motivazioni della sentenza di secondo grado, che è un requisito essenziale per l’ammissibilità.

Qual è la differenza tra il reato associativo di cui all’art. 74, comma 1, e quello del comma 6?
La differenza risiede nella gravità dei reati fine dell’associazione. Il comma 6 si applica quando l’associazione è finalizzata a commettere fatti di ‘lieve entità’ (previsti dall’art. 73, comma 5). La Corte ha escluso tale ipotesi meno grave, considerando la complessa struttura organizzativa e la gravità dei traffici illeciti gestiti all’interno del carcere, confermando quindi l’accusa più grave del comma 1.

Cosa ha stabilito la Corte riguardo al ruolo degli imputati nell’associazione?
La Corte ha confermato integralmente la valutazione dei giudici di merito, i quali avevano ritenuto due degli imputati come promotori e organizzatori dell’associazione. Questa posizione apicale è stata considerata provata e adeguatamente motivata nelle sentenze precedenti, e il ricorso non ha offerto elementi validi per metterla in discussione sotto il profilo della legittimità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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