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Associazione traffico stupefacenti: quando si configura

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso contro una misura di custodia cautelare per un’associazione traffico stupefacenti. Viene confermato che per la configurabilità del reato è sufficiente una durevole comunanza di scopo tra i partecipi, consistente nell’interesse a immettere la droga sul mercato, anche in presenza di ruoli e utili personali differenti.

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Pubblicato il 26 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Associazione Traffico Stupefacenti: Quando la Comunanza di Scopo Definisce il Reato

Una recente sentenza della Corte di Cassazione penale ha ribadito i criteri per la configurabilità del reato di associazione traffico stupefacenti, previsto dall’art. 74 del D.P.R. 309/90. La Suprema Corte ha chiarito che l’elemento chiave è la presenza di una ‘durevole comunanza di scopo’ tra i membri, anche quando ruoli, scopi personali e profitti sono diversi. Questa pronuncia offre importanti spunti di riflessione sulla struttura e sui confini dei sodalizi criminali dediti al narcotraffico.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da un’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma, che applicava la misura della custodia cautelare in carcere a diversi soggetti. L’accusa principale era quella di aver fatto parte di un’associazione criminale finalizzata al commercio di sostanze stupefacenti in un noto quartiere della capitale. L’organizzazione faceva capo a figure di spicco della criminalità locale.

Il provvedimento restrittivo veniva confermato anche dal Tribunale per il riesame. Uno degli indagati, accusato di svolgere il ruolo di venditore al dettaglio insieme al fratello, proponeva ricorso per Cassazione contro tale decisione, contestando la sussistenza dei presupposti per il reato associativo.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno ritenuto che le argomentazioni del ricorrente fossero volte a ottenere una nuova e diversa valutazione dei fatti, un’attività preclusa in sede di legittimità. La Corte può infatti giudicare solo sulla corretta applicazione della legge (violazioni di legge o vizi di motivazione), non sul merito delle prove.

Il Tribunale del riesame, secondo la Cassazione, aveva fornito una motivazione puntuale, logica e non manifestamente irragionevole, che superava le critiche mosse dalla difesa. La decisione impugnata era quindi immune da censure.

I Criteri per l’Associazione Traffico Stupefacenti

Il punto centrale della sentenza riguarda la definizione dei requisiti per il reato associativo. La Corte ha ribadito un principio consolidato nella giurisprudenza: per la configurabilità del delitto di associazione traffico stupefacenti è sufficiente che tra i singoli partecipanti esista una durevole comunanza di scopo.

Questo scopo comune consiste nell’interesse condiviso a immettere la sostanza stupefacente sul mercato del consumo. Non è un ostacolo alla configurazione del reato la diversità degli scopi personali o degli utili che ogni singolo membro si prefigge di ottenere. Fornitori, intermediari e venditori al dettaglio possono avere obiettivi economici differenti, ma se operano in modo coordinato e stabile per il fine comune dello spaccio, integrano il sodalizio criminale.

Il Ruolo del Singolo nel Contesto Associativo

Nel caso specifico, il ruolo di vendita al dettaglio svolto dal ricorrente, inserito in un rapporto stabile e fiduciario con i fornitori, è stato considerato pienamente compatibile con la partecipazione all’associazione. La sua attività non era episodica, ma funzionale all’obiettivo dell’intera rete criminale: la commercializzazione della droga.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte si fonda su due pilastri. Il primo è di natura processuale: il ricorso per Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti. Le censure del ricorrente miravano a una ‘diversa ricostruzione dei fatti’, compito che spetta ai giudici di merito e che la Cassazione non può svolgere. Il secondo pilastro è di natura sostanziale: la Corte ha confermato la corretta applicazione dell’art. 74 D.P.R. 309/90. La giurisprudenza citata nella sentenza (Sez. 3, n. 6871/2017 e Sez. 2, n. 51714/2023) supporta l’interpretazione secondo cui la stabilità del patto criminale e la coscienza di ciascun associato di far parte di un’unione durevole e di essere disponibile a operare per il fine comune sono sufficienti a integrare il reato, al di là dei singoli profitti perseguiti.

Conclusioni

La sentenza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale di grande rilevanza pratica. Stabilisce che per essere considerati parte di un’associazione dedita al traffico di droga non è necessario avere ruoli apicali o condividere gli stessi identici obiettivi di profitto degli altri membri. È sufficiente contribuire in modo stabile e consapevole al fine comune del gruppo: l’immissione della droga sul mercato. Questa interpretazione estensiva consente di colpire l’intera filiera del narcotraffico, dal grande fornitore al venditore al dettaglio, riconoscendo che ogni anello della catena è essenziale per il successo dell’attività criminale complessiva.

Cosa è sufficiente per configurare un’associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti?
Secondo la sentenza, è sufficiente l’esistenza di una durevole comunanza di scopo tra i singoli partecipanti, consistente nell’interesse condiviso a immettere sostanze stupefacenti sul mercato del consumo.

La diversità di ruoli o di guadagni tra i membri esclude l’esistenza dell’associazione?
No. La Corte ha chiarito che la diversità degli scopi personali e degli utili che i singoli partecipanti si propongono di ottenere non costituisce un ostacolo alla costituzione del rapporto associativo, purché vi sia il fine criminale comune.

Il ruolo di venditore al dettaglio può essere considerato come partecipazione a un’associazione criminale?
Sì. Il ruolo di vendita al dettaglio, se svolto in un contesto di rapporto stabile e fiduciario con i fornitori, appare in linea con la partecipazione a un’associazione per delinquere, in quanto contribuisce in modo funzionale e duraturo allo scopo complessivo dell’organizzazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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