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Associazione traffico stupefacenti: Cassazione annulla

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per un individuo accusato di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti. La Corte ha ritenuto che la motivazione del Tribunale del riesame fosse contraddittoria, poiché gli elementi probatori, incluse le dichiarazioni di un collaboratore di giustizia e intercettazioni, sembravano indicare un’attività di spaccio autonoma dell’indagato piuttosto che un suo stabile inserimento nell’organizzazione criminale. Di conseguenza, il caso è stato rinviato per una nuova valutazione.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Associazione per Traffico di Stupefacenti: Quando la Prova è Contraddittoria?

La distinzione tra un’attività di spaccio autonoma e la partecipazione a un’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti è un tema centrale nel diritto penale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza di custodia cautelare, evidenziando come una motivazione contraddittoria e illogica sugli indizi non possa giustificare una misura così grave. Il caso offre spunti cruciali per comprendere i requisiti necessari a configurare il reato associativo.

I Fatti del Caso e la Decisione del Riesame

Un individuo era stato sottoposto a custodia cautelare in carcere con l’accusa di far parte di un’associazione dedita al traffico di cocaina, crack, marijuana e hashish (art. 74 d.P.R. 309/1990), aggravata dal metodo mafioso e dall’agevolazione a un noto clan camorristico. L’accusa si basava su una serie di indizi, tra cui plurime cessioni di droga e intercettazioni.

Il Tribunale del riesame di Napoli aveva confermato il provvedimento, ritenendo che la sistematicità delle condotte di spaccio e gli elementi emersi dalle intercettazioni dimostrassero l’inserimento stabile dell’indagato nel sodalizio criminale. La difesa, tuttavia, ha presentato ricorso per Cassazione, sostenendo che gli stessi elementi probatori indicassero, al contrario, un’attività di spaccio autonoma e personale.

Il Ricorso in Cassazione: Il Punto sull’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti

Il ricorso si fondava principalmente su due punti:

1. Violazione dell’art. 74 d.P.R. 309/1990: La difesa lamentava che il quadro indiziario non spiegava perché si dovesse ritenere integrato uno stabile inserimento in un gruppo organizzato, piuttosto che una semplice, seppur continuativa, attività di spaccio individuale.
2. Travisamento dei fatti: Veniva evidenziata l’illogica interpretazione di un’intercettazione in cui i vertici del clan rimproveravano l’indagato per aver venduto una partita di droga a loro insaputa. Secondo la difesa, questo episodio dimostrava proprio la sua autonomia e non la sua appartenenza organica al gruppo.

A sostegno di questa tesi, veniva richiamata anche la dichiarazione di un collaboratore di giustizia, secondo cui l’indagato, pur appartenendo alla famiglia legata al clan, gestiva una sua piazza di spaccio in autonomia, non era stipendiato e aveva persino dei contrasti con l’organizzazione principale.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha accolto il primo motivo di ricorso, ritenendolo fondato. I giudici hanno rilevato una profonda contraddizione nella motivazione dell’ordinanza impugnata. Sebbene il Tribunale del riesame avesse citato elementi che descrivevano un’organizzazione complessa, non era riuscito a giustificare in modo adeguato e logico come l’indagato vi fosse inserito stabilmente.

La Corte ha sottolineato che l’intercettazione chiave, in cui l’indagato veniva rimproverato, e le dichiarazioni del collaboratore di giustizia sembravano militare in senso opposto alla tesi accusatoria. Questi elementi, infatti, facevano emergere un quadro di subalternità forzata in un singolo episodio e di sostanziale autonomia gestionale, elementi che mal si conciliano con il concetto di partecipazione stabile a un’associazione criminale. In particolare, non era stato spiegato come l’indagato potesse essere considerato parte dell’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti ma, al tempo stesso, estraneo al clan mafioso di riferimento, come peraltro ammesso dallo stesso Giudice per le Indagini Preliminari.

Le Conclusioni

In conclusione, la Suprema Corte ha stabilito che il quadro probatorio delineato dal Tribunale del riesame appariva “scevro da contraddizioni” e insufficiente a sostenere la partecipazione dell’indagato al sodalizio criminale. La semplice molteplicità delle condotte di spaccio non è, di per sé, prova di un vincolo associativo stabile. Per questo motivo, la Corte ha annullato l’ordinanza con rinvio, ordinando al Tribunale di Napoli di procedere a una nuova valutazione, più rigorosa e logicamente coerente, della posizione dell’indagato.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza di custodia cautelare?
La Corte ha annullato l’ordinanza perché ha ritenuto la motivazione del Tribunale del riesame contraddittoria e illogica. Gli elementi di prova presentati (intercettazioni e dichiarazioni di un collaboratore di giustizia) non dimostravano in modo chiaro e coerente lo stabile inserimento dell’indagato nell’associazione criminale, ma sembravano piuttosto indicare una sua attività autonoma.

Qual è la differenza fondamentale tra spaccio di droga e partecipazione a un’associazione per delinquere?
La differenza risiede nella stabilità del vincolo. Lo spaccio, anche se ripetuto, è un reato individuale. L’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti (art. 74 d.P.R. 309/1990) richiede invece la prova di un accordo stabile e di una struttura organizzata, seppur minima, in cui il singolo è inserito come parte di un programma criminale comune e duraturo.

Che valore hanno avuto le dichiarazioni del collaboratore di giustizia in questo caso?
Le dichiarazioni del collaboratore di giustizia sono state decisive per evidenziare le contraddizioni dell’accusa. Egli ha affermato che l’indagato gestiva la sua attività “da solo”, non era stipendiato dal clan e aveva persino dei contrasti con esso. Queste affermazioni hanno rafforzato la tesi difensiva dell’autonomia dell’indagato rispetto al sodalizio criminale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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