Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 15730 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 15730 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 31/01/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME nato a Napoli il 10/03/1990 Autore AntonioCOGNOME nato a Napoli il 08/10/1993 COGNOME NOMECOGNOME nato a Napoli il 23/11/1991 COGNOME NOME, nato a Napoli il 28/11/1992 COGNOME NOME nata a Torre del Greco il 15/06/1976 COGNOME NOMECOGNOME nata a Napoli il 30/03/1989 NOMECOGNOME nato a Napoli il 21/07/1987 COGNOME NOME, nato a Napoli il 24/02/1981 COGNOME NOMECOGNOME nato a Napoli il 28/08/1987 COGNOME MarcoCOGNOME nato a Battipaglia il 20/09/1988 NOMECOGNOME nato a Napoli il 31/03/1978 COGNOME NOME nato a Napoli il 25/07/1981 COGNOME NOME nato a Napoli il 30/01/1990 COGNOME NOME nato a Napoli il 06/07/1977 COGNOME NOMECOGNOME nato a Napoli il 13/04/1991 COGNOME NOMECOGNOME nato a Napoli il 21/07/1974 COGNOME NOMECOGNOME nato a Napoli il 30/04/1994 COGNOME NOMECOGNOME nato a Napoli il 08/05/1988
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendola declaratoria di inammissibilità dei ricorsi; udito per l’imputato COGNOME l’avv. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo riportandosi ai motivi ed insistendo nell’accoglimento del ricorso. udito per l’imputato COGNOME l’avv. NOME COGNOME che ha concluso riportandosi ai motivi e chiedendo l’accoglimento del ricorso udito per l’imputato NOME NOME l’avv. NOME COGNOME che ha concluso elencando i motivi di ricorso ed insistendo per l’accoglimento; udita per l’imputato COGNOME l’avv. NOME COGNOME che ha concluso riportandosi ai motivi ed insistendo nell’accoglimento del ricorso; udita per l’imputato NOME COGNOME l’avv. NOME COGNOME in sostituzione dell’avv. NOME COGNOME che ha concluso riportandosi ai motivi ed insistendo nell’accoglimento del ricorso; udito per l’imputato COGNOME l’avv. NOME COGNOME che ha concluso riportandosi ai motivi ed insistendo nell’accoglimento del ricorso; udito per l’imputato COGNOME l’avv. NOME COGNOME che ha concluso riportandosi ai motivi ed insistendo nell’accoglimento del ricorso; udito per l’imputato COGNOME l’avv. NOME COGNOME che ha concluso riportandosi ai motivi ed insistendo nell’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 06/03/2024, la Corte di appello di Napoli confermava la sentenza emessa in data 10/11/2022, all’esito del giudizio abbreviato, dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Napoli, con la quale era stata affermata la responsabilità degli attuali ricorrenti per il reato di cui all’art. 74 d.P.R 309/1990 ed irrogate le pene relative, rideterminando la pena inflitta a COGNOME NOME, COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOMECOGNOME NOME NOME COGNOME NOME, NOME, NOME junior e confermando nel resto.
I Giudici di merito, dato atto che la vicenda processuale traeva origine da una complessa attività investigativa posta in essere dai CC del Comando provinciale di Napoli, accertavano l’esistenza di un’organizzazione criminale dedita allo spaccio di sostanze stupefacenti, prevalentemente hashish, operante – almeno dal 2014 al 2021 – all’interno del carcere di Napoli Secondìgliano, nel Reparto Ligure AS3 (Alta Sicurezza), organizzata nell’ambito della Seconda, Terza e Quarta Sezione, con la partecipazione di detenuti, tra loro collegati, che si avvalevano, per gli scambi, della collaborazione di addetti alle funzioni di lavoranti (i cd spesini), e d appartenenti al corpo di Polizia Penitenziaria corrotti, incaricati di introdurre l stupefacente all’interno del penitenziario dietro corrispettivo, nonchè di alcuni familiari degli imputati detenuti, che curavano l’approvvigionamento all’esterno della sostanza stupefacente; il sistema operava grazie al procacciamento dello stupefacente ordinato periodicamente dal carcere attraverso i familiari dei detenuti organizzatori dei sottogruppi delle tre sezioni interessate: la sostanza stupefacente, in occasione dei colloqui, veniva consegnata dai familiari ad un agente penitenziario corrotto, il quale la introduceva nel carcere, ove si procedeva al taglio, nelle cucine o nelle celle, e distribuito, poi, nelle varie sezioni tramite “spesini”; il materiale probatorio posto a fondamento dell’affermazione di responsabilità risultava costituito dalle dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia, alcuni dei quali detenuti proprio presso il reparto carcerario, dal contenuto delle intercettazioni telefoniche e ambientali effettuate nei confronti di alcuni imputati, dai sequestri operati nell’ambito penitenziario e dalle risultanze degli ulteriori accertamenti di PG. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione COGNOME Autore NOMECOGNOME SalvatoreCOGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME MarcoCOGNOME SalvatoreCOGNOME PietroCOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME
NOME, NOMECOGNOME NOME NOME e NOMECOGNOME chiedendo l’annullamento ed articolando i motivi di seguito enunciati.
COGNOME, a mezzo del difensore di fiducia, propone un unico motivo di ricorso, con il quale deduce ‘Violazione dell’art. 74, comma 6, d.P.R 309/1990 e vizio di motivazione.
Espone che, in sede di giudizio di appello, aveva rinunciato ai motivi gravame afferenti alla richiesta assolutoria relativa al reato associativo di capo a) dell’imputazione ed insistito nella richiesta di riqualific dell’associazione ai sensi dell’art. 74, comma 6, d.P.R. n. 309/1990 e che la C di appello aveva rigettato tale richiesta sulla base di una errata applicazione norma.
Argomenta che il Giudice, in aderenza al dato normativo, nel decidere se si in presenza o meno di una compagine associativa ex comma 6 dell’art. 74 d.P.R. n. 309/1990, deve valutare la genesi del fenomeno associativo e non soffermars semplicemente, come operato dalla Corte territoriale, sulla concreta realizzazi o meno di episodi di lieve entità; la Corte di appello, quindi, non valuta momento genetico del fenomeno associativo aveva posto in essere una valutazione erronea integrando il vizio di cui all’art. 606 lett b) cod.proc inoltre, la motivazione esposta era circolare e contraddittoria, in quanto il probatorio dimostrava che i reati-fintera*alificabili come fatti di lieve ent quanto aventi ad oggetto piccoli quantitativi di sostanza stupefacent considerato sia che il luogo dello spaccio (una precisa porzione di un singolo ist carcerario) constava di un bacino di utenza decisamente limitato la strut associativa non aveva consistente capacità economica.
NOME, a mezzo del difensore di fiducia, articola un unico, con il quale deduce violazione di legge e manifesta contraddittorietà ed illogicità motivazione, lamentando che la Corte territoriale si era limitata ad aderir relationem alla prospettazione del giudice di prime cure, senza verificare rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali e senza tener co delle argomentazioni difensive; la pena irrogata risultava sproporzionata quanto la Corte di appello non aveva tenuto conto della incensuratezz dell’imputata e del ruolo marginale svolto nella vicenda.
DI NOME, a mezzo del difensore di fiducia, propone tre motivi di ricorso.
Con il primo motivo deduceolazione dell’art. 74 d.P.R. n. 309/1990 e vizi di motivazione, lamentando che la Corte di appello aveva ritenuto, c
argomentazioni illogiche l’esistenza dell’associazione criminosa, senza analizz la sussistenza dell’elemento soggettivo, la cd affectio societatis e la circostanza che l’associazione era dedita al commercio di beni eterogenei, tra cui an sostanze stupefacenti.
Con il secondo motivo deduce vizio di motivazione in ordine alla mancata derubricazione dei fatti nell’ipotesi di cui all’art. 74, comma 6, d.P.R. n. 309 lamentando che la Corte di appello aveva confermato la valutazione del primo giudice che si presentava contraddittoria nella parte in cui aveva riconosciu circostanze attenuanti generiche per lo spaccio limitato di droghe legge, ritenuto il fatto grave e non sussumibile nell’ipotesi associativa di minore gr la valutazione di gravità delle condotte non era condivisibile perchè dava ril esclusivamente al contesto ed alle modalità organizzative dei fatti.
Con il terzo motivo deduce vizio di motivazione in ordine alla sussistenza del circostanza aggravante di cui all’art. 74, comma 3, d.P.R. n. 309/19 lamentando che la Corte di appello aveva espresso sul punto argomentazioni illogiche, dando rilievo ad un mero dato presuntivo e, cioè, che alla consideraz che tutti i detenuti dovessero conoscere l’esistenza dell’associazione crimino i suoi affiliati.
NOME e NOME COGNOME, a mezzo del difensore di fiducia, propongono tre motivi di ricorso, premettendo che, in sede di giudizio di appel avevano rinunciato ai motivi di gravame afferenti alla richiesta assolutoria rel al reato associativo di cui al capo a) dell’imputazione ed alle aggravanti conte ed insistito nelle richieste di riqualificazione dell’associazione ai sensi del comma 6, d.P.R. n. 309/1990 e di rideternninazione della pena.
Con il primo motivo si deduce t Zlazione dell’ad 74, comma 6, d.P.R. n. 309/1990 e vizio di motivazione, lamentando che la Corte territoriale, denegare la richiesta di riqualificazione dell’associazione in termini di m gravità, non aveva considerato che il dato qualitativo (la sostanza stupefac introdotta nell’istituto penitenziario era sempre e solo hashish) e quantitat quantitativo di sostanza stupefacente era irrisorio in quanto non risultava superiore a qualche “panetta”, sempre suddivisa in pezzi e poi distribuita varie sezioni della struttura carceraria).
Con il secondo motivo si deduce inosservanza dell’art. 99 e vizio motivazione con riferimento alla posizione di NOME PasqualeCOGNOME lamentando che l Corte di appello aveva ritenuto sussistente la contestata recidiva dando rilievo ai precedenti penali dell’imputato.
Con il terzo motivo si deduce inosservanza dell’art. 62-bis cod.pen. e vizi motivazione colíferimento alla posizione di NOME COGNOME lamentando che la Cort
di appello, pur concedendo le circostanze attenuanti generiche in regime prevalenza rispetto alle circostanze aggravanti contestate, le aveva applicate nella massima estensione richiamando i precedenti penali dell’imputato; valutazione non era condivisibile in quanto la Corte di appello non ave considerato quali elementi favorevoli all’applicazione delle circostanze attenu generiche nella massima estensione il comportamento processuale ed il ruolo marginale assunto dall’imputato nell’associazione criminosa.
NOME COGNOME a mezzo del difensore di fiducia, propone tre motivi di ricorso, premettendo che, in sede di giudizio di appello, aveva rinunciato al mot di gravame afferente alla richiesta assolutoria relativa al reato associativo di capo a) dell’imputazione ed insistito nella richiesta di riqualific dell’associazione ai sensi dell’art. 74, comma 6, d.P.R. n. 309/1990.
t–Con il primo motivo deduceMolazione degli artt. 74, comma 6, d.P.R. n. 309/1990 e 192 cod.proc.pen. e vizio di motivazione, lamentando che i Giudici d merito, nel disattendere la qualificazione giuridica prospettata dalla d dell’imputato, avevano travisato gli elementi fattuali e logici emersi dagli indagine, e che dimostravano che il sodalizio era caratterizzato da tutti gli ele oggettivi e soggettivi dell’ipotesi lieve di cui alla predetta norma.
Con il secondo motivo deduce violazione dell’art. 62-bis cod.pen. e vizio motivazione, lamentando che il Giudice del merito aveva omesso di riconoscere le concesse attenuanti generiche nella giusta misura, con argomentazione disancorata dagli elementi fattuali e logici riconosciuti all’imputato.
Con il terzo motivo deduce violazione dell’art. 133 cod.pen. e vizio motivazione, lamentando che il Giudice del merito aveva adottato un trattamento punitivo manifestamente inconferente.
NOMECOGNOME a mezzo del difensore di fiducia, propone tre motivi di ricorso premettendo che, in sede di giudizio di appello, aveva rinunc al motivo di gravame afferente alla richiesta assolutoria relativa al associativo di cui al capo a) dell’imputazione ed insistito nelle richi esclusione della qualità di capo ed organizzatore, riqualificazione dell’associaz ai sensi dell’art. 74, comma 6, d.P.R. n. 309/1990 e di rideterminazione della p
Con il primo motivo di ricorso deduce violazione di legge in relazione all’a 74, comma 1, d.P.R. n. 309/1990 e vizio di motivazione.
Argomenta che con l’atto di appello si lamentava che diversi collaboratori giustizia, pur narrando di fatti aventi ad oggetto smerci e commerci vietati n medesima sezione in cui era ristretto il ricorrente, non avevano mai fatto menzio del NOME; il collaboratore NOMECOGNOME poi, si era attribuito la paternità dell
del commercio illecito all’interno della casa circondariale senza fornire alcun sul ricorrente nonostante la sovrapponibilità dei periodi di detenzion collaboratore D’COGNOME, inoltre, aveva affermato di aver avuto rapporti dirett esponenti della consorteria cd. NOME COGNOME, operante nel medesimo territo ove si trova la casa circondariale teatro degli eventi e che avevano insta rapporti con alcuni agenti della polizia penitenziaria per scegliere la colloca nelle celle e controllare anche dall’interno le attività svolte dai sodali ri libertà, nonchè inciso sul fenomeno criminale avente ad oggetto l’ingresso de sostanza stupefacente in carcere; la Corte di appello aveva confermato valutazioni del giudice di primo grado, ritenendo il ricorrente capo e organizza del sodalizio, senza valutare il contributo dichiarativo dei collaboratori NOME COGNOME, così incorrendo in omissione motivazionale; inoltre, la motivazio presentava anche un aspetto di contraddittorietà, in quanto riconoscendo il ru di organizzatore al ricorrente si evidenziava una organizzazione caratterizzata una struttura vertìcistica, mentre in precedenza i Giudici di appello avev affermato che l’associazione criminosa era caratterizzata da una struttur , orizzontale, i cui componenti avrebbero cooperato in maniera autonoma nell’intento comune di smerciare la droga all’interno dell’istituto carcerario.
Con il secondo motivo deduce violazione dell’art. 74, comma 6, d.P.R. n. 309/1990 e vizio di motivazione, lamentando che fa Corte territoriale, disattendere la richiesta di riqualificazione avanzata dalla difesa del ricorrent aveva considerato che il dato quantitativo (ogni panetto di hashish introdott carcere con cadenza settimanale sarebbe stato diviso in piccole dosi ciascuna peso pari a 8 grammi ), il dato qualitativo (la sostanza stupefacente cadu sequestro non era stato, oggetto di alcun accertamento invasivo al fine appurarne purezza, principio attivo e qualità) e il bacino di utenza (certam circoscritto non potendosi paragonare il carcere ad un ambito cittadi caratterizzato da un numero indefinito di acquirenti), erano elementi comprovavano la configurabilità dell’ipotesi lieve di cui al comma 6 dell’art d.P.R. n. 309/1990.
Con il terzo motivo deduce vizio di motivazione nella parte in cui i Giudici merito avevano rigettato il motivo di gravame con cui si chiedeva di retrodat la condotta dell’appellante sino all’11.08.2018.
Espone che il ricorrente era stato detenuto presso il carcere di Secondigli dall’8.5.2015 al11 1 11.8.2018 e, successivamente dal dicembre 2018 fino al 21.2.2019 ed argomenta che la Corte di appello aveva disatteso la richiesta retrodatare la condotta contestata all’11.8.2018, non valutando che dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia ( e in particolare quelle rese d NOME e COGNOME NOME) ed il materiale intercettivo comprovavano che il NOME
NOME, una volta abbandonato l’istituto di pena nell’agosto 2018, si sar disinteressato di ogni sorta di affare ivi esistente; la motivazione (p70) era i perché si era affermato che il periodo di scarcerazione era stato breve e che NOME NOME aveva ripreso a condurre lo smercio di oggetti proibiti al momento del s rientro in carcere, nonostante l’assenza di elementi probatori al riguardo dichiarazioni rese dai collaboratori COGNOME e COGNOME; la motivazione presentava anc un profilo di contraddittorietà, in quanto i Giudici di appello avevano dato at parte precedente della sentenza (p56), che NOME NOME aveva gestito l’att illecita almeno per un arco temporale di tre anni e che allo stesso era suben COGNOME NOME alias NOME
NOME COGNOME, a mezzo del aznEznalrl difensore di fiducia, propone tre motivi di ricorso, premettendo che, in sede di giudizio di appello, a rinunciato al motivo di gravame afferente alla richiesta assolutoria relativa al associativo di cui al capo a) dell’imputazione ed insistito nella richi riqualificazione dell’associazione ai sensi dell’art. 74, comma 6, d.P. 309/1990.
Con il primo motivo deduc COGNOME iolazione degli artt. 74, comma 6, d.P.R. n. 309/1990 e 192 cod.proc.pen. e vizio di motivazione, lamentando che i Giudici d merito, nel disattendere la qualificazione giuridica prospettata dalla d dell’imputato, avevano travisato gli elementi fattuali e logici emersi dagli indagine, e che dimostravano che il sodalizio era caratterizzato da tutti gli el oggettivi e soggettivi dell’ipotesi lieve di cui alla predetta norma.
Con il secondo motivo deduce violazione dell’art. 62-bis cod.pen. e vizio motivazione, lamentando che il Giudice del merito aveva omesso di riconoscere le concesse attenuanti generiche nella giusta misura, con argomentazione disancorata dagli elementi fattuali e logici riconosciuti all’imputato.
Con il terzo motivo deduce violazione dell’art. 133 cod.pen. e vizio motivazione, lamentando che il Giudice del merito aveva adottato un trattamento punitivo manifestamente inconferente.
NOME COGNOME a mezzo del difensore di fiducia, articola un unico complesso motivo, con il quale deduce: violazione di legge e vizio di motivazio in ordine alla ritenuta gravità indiziaria del reato di cui all’art. 74, comm d.P.R. n. 309/1990; violazione di legge in relazione alla valutazione frammentar delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia e mancanza di riscontri es violazione di legge in ordine al mancato riconoscimento dell’ipotesi attenuat cui all’art. 74, comma 6, d.P.R. n. 309/1990.
Argomenta che la Corte di appello aveva confermato l’affermazione di responsabilità in ordine al reato associativo, trascurando le censure difensiv le quali si evidenziava che le prove erano assolutamente carenti; i”rticola prove erano rappresentate esclusivamente dalle dichiarazioni rese da un so collaboratore di giustizia (NOME COGNOME, dal contenuto estremamente generico equivoco, e dagli esiti di alcune intercettazioni telefoniche/ambientali, ch vedevano il COGNOME come interlocutore ed erano irrilevanti e poco significative ai della dimostrazione dell’assunto accusatorio; inoltre, andava anche considera che nessuna sostanza stupefacente di qualsiasi tipo era stata materialme rinvenuta nella disponibilità del Valda; non era stata, quindi, raggiunta la della condotta ascritta all’imputato nè dell’apporto che sarebbe stato fo all’associazione;
La Corte di appello, poi, aveva omesso di motivare in ordine allo specifi motivo di appello, con il quale si chiedeva la diversa qualificazione giuridic reato contestato in quello meno grave di cui al comma 6 dell’art. 74 d.P.R 309/1990.
COGNOME a mezzo del difensore di fiducia, propone un unico motivo, con il quale deduce vizio di mancanza, contraddittorietà e manifes illogicità della motivazione.
Argomenta che la sentenza impugnata aveva confermato la sentenza di primo grado senza confrontarsi con le tematiche sollevate nell’atto di appell esprimendo una motivazione assertiva, lacunosa, contradditoria e manifestamente illogica; le dichiarazioni rese dai collaboratori giustizia COGNOME e COGNOME non pot riscontrarsi tra di loro, in quanto il primo assegnava al COGNOME il ruolo di a al taglio dello stupefacente ed il secondo il ruolo di custode della sos stupefacente e la Corte di appello, in maniera illogica, in luogo di rile contrasto tra le due versioni, cumulava i due ruoli attribuiti al COGNOME dichiarazioni rese dal collaboratore COGNOME, poi, erano generiche e non potev colmare l’insanabile contrasto tra le dichiarazioni rese dal COGNOME e dal COGNOME era emerso, quindi, un preciso contributo del COGNOME all’associazione criminos e anche in termini di continuità che consapevolezza di fare parte di un’associazi criminosa e di cooperare al suo illecito sviluppo.
QUINDICI NOME a mezzo del difensore di fiducia, propone cinque motivi di ricorso.
Con il primo motivo deduce 7 1olazione dell’art. 74 d.P.R. n. 309/1990 e vizio di motivazione in ordine alla sussistenza dell’associazione criminosa e del ruol partecipe del Quindici.
Lamenta che la Corte di appello aveva confermato l’affermazione di responsabilità con motivazione apparente, limitandosi ad allinearsi alle conclus del primo giudicante, senza fornire puntuale risposta alle censure difensive particolare non era stata analizzata la sussistenza dell’elemento soggettivo, affectio societatis e non si era tenuto conto che l’associazione era ded commercio di beni eterogenei (telefonini, profumi, generi alimentari e anc droga) e che la droga era solo uno dei beni trattati ma non quello esclusiv dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, poi, presentavano evidenti ed insa contraddizioni e non si era tenuto conto di quelle rese da COGNOME il aveva dichiarato che il COGNOME non aveva mai partecipato all’attività delittuo
Con il secondo motivo deduce vizio di motivazione in relazione all’art. comma 6, d.P.R. n. 309/1990.
Argomenta che la Corte di appello aveva denegato la configurabilità dell’ipotesi attenuata di cui all’art. 74, comma 6, d.P.R. n. 309/1990 aderend valutazioni del primo giudice, lasciandosi condizionare dal fatto che i detenuti la compiacenza degli agenti di polizia, potevano in qualsiasi momento far entr droga in carcere e smistarla e senza valutare la gravità delle condotte realiz
Con il terzo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione i relazione alla contestata recidiva lamentando che la Corte di appello, s rispondere alle censure difensive, aveva confermato la contestata recidiva, considerando che i precedenti erano lontani nel tempo e non vi era alcun nes con le condotte contestate; la motivazione era carente ed illogica, in quan Corte di appello aveva confermato la valutazione dei primo giudice con un stringata frase di stile;
Con il quarto motivo deduce vizio di motivazione in relazione alla sussisten della circostanza aggravante di cui all’art. 74, comma 3, d.P.R. n. 309/1 lamentando che la Corte di appello aveva espresso sul punto una motivazione illogica e contraddittoria, dando rilievo ad un mero dato presuntivo di conosce da parte dei detenuti in ordine alla conoscenza dei partecipi all’associa criminosa ed al loro numero effettivo.
Con il quinto motivo deduce vizio di motivazione in relazione all’art. 62cod.pen., lamentando che la Corte di appello aveva omesso qualsivogli motivazione in ordine alle censure difensive concernenti l’applicazione de circostanze attenuanti generiche nella loro massima estensione.
COGNOME a mezzo del difensore di fiducia, propone un unico motivo, con il quale deduce violazione degli artt. 192 e 533 cod.proc.pen. e v di motivazione e travisamento della prova in relazione alla valutazione attendibilità dei collaboratori di giustizia COGNOME e COGNOME
Argomenta che la Corte di appello aveva confermato la valutazione di attendibilità estrinseca dei collaboratori di giustizia COGNOME NOME e NOME quindi, l’affermazione di responsabilità del ricorrente per il contestato associativo, con motivazione illogica e carente; in particolare, la Corte di a aveva affermato che il narrato dei due collaboratori di giustizia si riscon reciprocamente, utilizzando, però, come elementi di riscontro soltanto quan coincidente tra le varie versioni e non superando in chiave logica te numer discrasie emergenti; con specifico motivo di appello, si era evidenziato come dichiarazioni di COGNOME NOME e COGNOME NOME non erano reciprocamente riscontrabili (il COGNOME ammetteva di aver partecipato all’attività illecita con i ma non citava mai il COGNOME come partecipe o organizzatore dello spaccio; il COGNOME invece, indicava il COGNOME come uno degli organizzatori dello smercio di drog cellulari) e si ponevano in contrasto con quelle rese dagli altri collabora giustizrche non avevano menzionato il COGNOME; la motivazione della Corte d appello era dunque viziata perchè illogica e basata sul travisamento del mater probatorio.
COGNOME NOMECOGNOME a mezzo del difensore di fiducia, propone tre motivi di ricorso.
Con il primo motivo deduce erronea applicazione degli artt. 74, commi 2 e 3 d.P.R. n. 309/1990e 192 cod.proc.pen. e travisamento della prova.
Argomenta che la Corte territoriale aveva confermato la valutazione d attendibilità dei collaboratori di giustizia sulle cui dichiarazioni era stat l’affermazione del COGNOME per il reato associativo, senza che le pre dichiarazioni fossero corroborate da riscontri esterni individualizzant particolare, le dichiarazioni rese da COGNOME COGNOME, COGNOME e COGNOME si caratterizzavano per numerose differenze in tema partecipativo oltre di struttura associativa e vi era divergenza temporale in ordine alla presenza COGNOME e del COGNOME nel medesimo reparto e nella medesima sezione con il COGNOME; inoltre, gli altri collaboratori di giustizia non avevano mai indi COGNOME quale partecipe dell’associazione criminosa, anzi avevano dichiarato non conoscerlo; la Corte territoriale non si era confrontata con le speci doglianze difensive inerenti l’attendibilità intrinseca ed estrinseca dei collab di giustizia COGNOME e COGNOME , esprimendo una motivazione apparente e basata s travisamento di prove rilevanti; non risultava provata oltre ogni ragionev dubbio, sotto il profilo volitivo, la partecipazione del COGNOME all’associ criminosa, in luogo dell’eventuale concorso ex art. 73 d.P.R. n. 309/1990.
Con il secondo motivo deduce erronea applicazione degli artt. 74, comma 6, d.P.R. n. 309/1990, 61 n. 9 cod.pen. e travisamento della prova.
Argomenta che la Corte territoriale aveva denegato la configurabilit dell’ipotesi attenuata di cui al comma 6 dell’art. 73, ~-, dpr n. 309 senza confrontarsi con i motivi di gravame proposti dalla Messa; in particola l’argomentazione del concorso con i poliziotti penitenziari era sconfes dall’assoluzione di COGNOME NOME e delle assoluzioni in ordine ai capi ) dell’imputazione in tema di corruzione, non era stata considerata la quantità grammi sequestrati dal 2014 al 2021j, la qualità dello stupefacente (dr leggera), i canali di approvvigionamento (con i colloqui o con lancio dall’est della sostanza e non con il coinvolgimento della polizia penitenziaria) e il con pericolo di diffusione della sostanza; non sussisteva la contestata aggravan cui all’art. 61 n. 9 cod.pen. nei confronti del COGNOME sotto il profilo sogge quanto il predetto non si occupava dell’approvvigionamento della sostanza pertanto non aveva contatti con agenti penitenziari.
Con il terzo motivo deduce erronea applicazione dell’art. 99 cod.pen lamentando che la Corte territoriale aveva rigettato il motivo inerente l’esclu della contestata recidiva, limitandosi a rilevare l’ostatività della prevalenz attenuanti generiche rispetto alla recidiva contestata, senza valutare precedenti penale erano relativi a condotte risalenti nel tempo.
NOME a mezzo del difensore di fiducia, propone sei motivi di ricorso.
Con il primo motivo deduce violazione dell’art. 192, comma 3 e 4, cod.proc.pen. e vizio di motivazione in relazione alla valutazione di credib soggettiva ed attendibilità intrinseca delle propalazioni dei collaborat giustizia.
Espone che al ricorrente era stato riconosciuto il ruolo di parte dell’associazione criminosa quale principale collaboratore di Autore NOME, con compito di custodire la droga e in qualche occasione di cederla in singole dosi i vari detenuti, sulla base delle dichiarazioni rese da COGNOME coimputato COGNOME NOME; richiamati i principi di diritto affermati dalle SU Mar in ordine alla valutazione delle dichiarazione dei collaboratori di giustizia, l che la Corte di appello aveva omesso un’adeguata verifica in tal senso; la Cort appello aveva espresso un generico giudizio di credibilità soggettiva, dando ril ad un pregresso giudizio di attendibilità espresso in altri procedimen particolare, quanto alle dichiarazioni auto e etero accusatorie rese da NOMECOGNOME esse erano intervenute dopo l’esecuzione a suo carico dell’ordinanza custodia cautelare ed erano state valutate superficialmente ed erroneamente giudici di merito come elemento di novità idoneo ad integrare il quadro probator a carico del ricorrente, senza tener conto della tempistica delle dichiarazioni,
circostanza che i temi erano già noti e disvelati dai verbali delle dichiarazioni collaboratori di giustizia, e della finalità utilitaristica della volontà di co inoltre, anche l’ulteriore verifica della attendibilità intrinseca del narrato de collaboratore era incompleta, risultando le dichiarazioni generiche, inconsisten non riscontrate; non era stato considerato, poi, che il collaboratore COGNOME che aveva maturato la decisione di collaborare dopo l’esecuzione dell’ordinan cautelare e che era stato allocato nelle stesse sezioni in cui era dete COGNOME i aveva riferito di non saper dire nulla sul predetto; ancora / non era stato considerato che anche il collaboratore COGNOME Tommaso, detenuto nella seconda sezione del carcere, nulla aveva riferito in merito al COGNOME; inf collaboratore COGNOME Giuseppe aveva riferito solo di una cessione di un telef cellulare riferibile al COGNOME; quanto, poi, alla valutazione dei riscontri e carattere individualizzante, la motivazione della sentenza impugnata era caren e non teneva conto delta divergenza delle dichiarazioni rese da COGNOME NOME COGNOME NOME in ordine alla esatta allocazione del COGNOME nella stru carceraria.
Con il secondo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’affermazione di responsabilità del COGNOME per il reato di cui 74 d.P.R. n. 309/1990.
Lamenta che la sentenza di appello aveva aderito in maniera acritica al sentenza di primo grado senza tener conto delle censure difensive; la sente impugnata non aveva argomentato né in ordine all’elemento oggettivo della partecipazione al reato associativo, la cd. messa a disposizione da parte ricorrente all’associazione dedita al traffico di stupefacenti (inteso come cont stabile e continuativo al mantenimento ed al rafforzamento del sodalizio) né ordine all’elemento soggettivo, la cd affectio societatis (ossia la consapevolezza di far parte stabilmente del gruppo criminoso), che presuppone la prova del pactum sceleris.
Con il terzo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione i relazione all’art. 74, comma 6, d.P.R. n. 309/1990.
Lamenta che anche sul punto la sentenza di appello aveva aderito in maniera acritica alla sentenza di primo grado senza tener conto dei criteri valutativi in tema dalla giurisprudenza di legittimità e, in particolare, la rilevanza dell’ e dell’elemento ponderale dell’attività di spaccio; inoltre, non era stata consi la non consistenza del profitto illecito né la mancanza in capo al gruppo di posizione di controllo del mercato dell’intero centro penitenziario e l’assen diversi canali di approvvigionamento e di mezzi consistenti.
Con il quarto motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione i relazione alla mancata riqualificazione della condotta associativa in pturime ipo di detenzione ex art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990.
Lamenta che anche sui punto la sentenza di appello aveva aderito in maniera acritica alla sentenza di primo grado; argomenta che la circostanza che le reite cessioni di droga siano avvenute all’interno del penitenziario ove oper un’associazione sussumibile nel disposto dell’art. 74 d.P.R. n. 309/1990 poteva escludere la configurabilità nell’ipotesi di specie dell’ipotesi del conc persone in plurimi episodi di spaccio, non essendo emersi elementi certi idone provare il ruolo di partecipe in capo al ricorrente.
Con il quinto motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione pe omessa valutazione delta esclusione della recidiva.
Lamenta che la sentenza di appello, sul punto della recidiva contestata applicata al ricorrente, aveva aderito in maniera acritica alla sentenza di grado senza tener conto dei principi di diritto espressi dalla giurispruden legittimità in ordine alla relazione quantificata tra il reato commesso precedenti penali.
Con il sesto motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordi alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche nella massim estensione con giudizio di prevalenza rispetto alle contestate aggravanti.
Lamenta che la sentenza di appello non aveva fornito una idonea ed adeguata motivazione circa le ragioni per le quali aveva ritenuto di non concedere circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza previa esclusione de recidiva.
COGNOME a mezzo del difensore di fiducia, propone sei motivi di ricorso.
Con il primo motivo deduce violazione dell’art. 192, comma 3 e 4, cod.proc.pen. e vizio di motivazione in relazione alla valutazione di credib soggettiva ed attendibilità intrinseca delle propatazioni dei collaborat giustizia.
Espone che al ricorrente era stato riconosciuto il ruolo di parte dell’associazione criminosa quale collaboratore di Autore NOME, addetto al tag della sostanza stupefacente ed alla cessione delle singole dosi tra i vari det sulla base delle dichiarazioni rese da COGNOME e COGNOME NOME e da coimputato COGNOME NOME; richiamati i principi di diritto affermati dalle SU Mar in ordine alla valutazione delle dichiarazione dei collaboratori di giustizia, l che la Corte di appello aveva omesso un’adeguata verifica in tal senso; la Cort appello aveva espresso un generico giudizio di credibilità soggettiva, dando ril
ad un pregresso giudizio di attendibilità espresso in altri procedimenti; quanto dichiarazioni auto e etero accusatorie rese da COGNOME NOME, esse er intervenute dopo l’esecuzione a suo carico dell’ordinanza di custodia cautelare erano state valutate superficialmente ed erroneamente dai giudici di merito com elemento di novità idoneo ad integrare il quadro probatorio a carico del ricorre senza tener conto della tempistica delle dichiarazioni, della circostanza che i erano già noti e &svelati dai verbali delle dichiarazioni dei collaboratori di giu e della finalità utilitaristica della volontà di collaborare; inoltre, anche l verifica della attendibilità intrinseca del narrato del singolo collaborat incompleta, risultando le dichiarazioni generiche, inconsistenti e non riscontr non era stato considerato, poi, che il collaboratore COGNOME COGNOME che aveva matu la decisione di collaborare dopo l’esecuzione dell’ordinanza cautelare e che stato allocato nelle stesse sezioni in cui era detenuto COGNOME aveva riferito saper dire nulla sul predetto; quanto, poi, alla valutazione dei riscontri es carattere individualizzante, la motivazione della sentenza impugnata era caren e non teneva conto della divergenza delle dichiarazioni rese da COGNOME NOME e COGNOME NOME in ordine alla esatta allocazione di COGNOME nella stru carceraria.
Con il secondo motivo deduce violazione di legge e Vizio di motivazione in relazione all’affermazione di responsabilità di NOME per il reato d all’art. 74 d.P.R. n. 309/1990.
Lamenta che la sentenza di appello aveva aderito in maniera acritica al sentenza di primo grado senza tener conto dette censure difensive; la sente impugnata non aveva argomentato né in ordine all’elemento oggettivo della partecipazione al reato associativo, la al. messa a disposizione da part ricorrente all’associazione dedita al traffico di stupefacenti (inteso come cont stabile e continuativo ai mantenimento ed al rafforzamento del sodalizio) né ordine all’elemento soggettivo, la cd affectio societatis (ossia la consapevolezza di far parte stabilmente del gruppo criminoso), che presuppone la prova del pactum sceleris.
Con il terzo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione relazione all’art. 74, comma 6, d.P.R. n. 309/1990.
Lamenta che anche sul punto la sentenza di appello aveva aderito in maniera acritica alla sentenza di primo grado senza tener conto dei criteri valutativi in terna dalla giurisprudenza di legittimità e, in particolare, la rilevanza dell e dell’elemento ponderate dell’attività di spaccio; inoltre, non era stata consi la non consistenza del profitto illecito né la mancanza in capo al gruppo di posizione di controllo del mercato dell’intero centro penitenziario e l’asse diversi canali di approvvigionamento e di mezzi consistenti.
Con il quarto motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione i relazione alla mancata riqualificazione della condotta associativa in plurime ipo di detenzione ex art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990.
Lamenta che anche sul punto la sentenza di appello aveva aderito in maniera acritica alla sentenza di primo grado; argomenta che la circostanza che le reite cessioni di droga siano avvenute all’interno del penitenziario ove oper un’associazione sussumibile nel disposto dell’art. 74 d.P.R. n. 309/1990 poteva escludere la configurabilità nell’ipotesi di specie dell’ipotesi del conco persone in plurimi episodi di spaccio, non essendo emersi elementi certi idone provare il ruolo di partecipe in capo al ricorrente.
Con il quinto motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordin alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche nella massim estensione con giudizio di prevalenza rispetto alle contestate aggravanti.
Lamenta che la sentenza di appello non aveva fornito una idonea ed adeguata motivazione circa te ragioni per te quali aveva ritenuto di non concedere circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza previa esclusione de recidiva.
Con il sesto motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione pe omessa valutazione della esclusione della recidiva.
Lamenta che la sentenza di appello, sul punto della recidiva contestata applicata al ricorrente, aveva aderito in maniera acritica alla sentenza di grado senza tener conto dei principi di diritto espressi dalla giurispruden legittimità in ordine alta relazione quantificata tra il reato commesso precedenti penali.
COGNOME a mezzo del difensore di fiducia, propone tre motivi di ricorso.
Con il primo motivo deduce violazione dell’art. 192 cod.proc.pen. e vizio motivazione con riferimento alla valutazione delle dichiarazioni rese collaboratori di giustizia e delle dichiarazioni spontanee rese dall’imputato.
Argomenta che la Corte di appello aveva confermato l’affermazione di responsabilità del COGNOME, basata sulle dichiarazioni di collaboratori di giu limitandosi a condividere le valutazioni del primo giudice e senza considerare specifiche doglianze mosse con l’appello; le dichiarazioni valorizzate dai Giudic merito non si riscontravano tra di foro da un punto di vista temporale e fat ed erano slegate dallo stesso capo di imputazione; i Giudici di merito non aveva valutato le dichiarazioni in base al disposto dell’art. 192, comma 3, cod.p incorrendo così in violazione di legge e in vizio di motivazione.
Con il secondo motivo deduce violazione dell’art. 74, comma 6, d.P.R. n. 309/1990 e vizio di motivazione.
Argomenta che le caratteristiche minimali dell’associazione, i quantitativ sostanze stupefacente ceduti, la qualità della sostanza (droga leggera), le r umane impiegate, la destinazione ad uso personale di gran parte della sostan acquistata, avrebbero dovuto condurre ad una corretta qualificazione del fat nella fattispecie meno grave di cui al sesto comma dell’art. 74 d.P.R. n. 309/1
Con il terzo motivo deduce violazione degli artt. 99, comma 4, e 133 cod.pen e vizio di motivazione.
Argomenta che la pena irrogata risulta sproporzionata, previa verifica del costituzionalità dell’art. 74 d.P.R. n. 309/1990 con riferimento alle pene pre secondo l’ordinanza di rimessione della questione del Tribunale di Brescia d 6/11/2023, nonché della circostanza che le sanzioni non tengono conto dell tipologia di sostanza stupefacente trattata; lamenta, poi, che la Corte di ap aveva confermato la sussistenza della recidiva contestata senza valutare ch fatto era sintomatico di una maggiore attitudine a delinquere dell’imputato duole, infine, della individuazione di una pena superiore ai minimi edittali s relativa motivazione.
COGNOME, a mezzo dei difensori di fiducia propone due distinti ricorsi.
Con il ricorso, a mezzo del difensore di fiducia NOME COGNOME articola sei motivi.
Con il primo motivo espone che al ricorrente era stato riconosciuto il ruol capo e organizzatore dell’associazione criminosa quale principale collaboratore NOME NOME COGNOME con la funzione di dirigere i partecipi ed organizzare l’a di approvvigionamento e spaccio dello stupefacente e di raccolta del relat pagamento, sulla base delle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME; richiamati i principi di diritto afferm dalle SU Marino in ordine alla valutazione delle dichiarazione dei collaborator giustizia, lamenta che la Corte di appello aveva omesso un’adeguata verifica in senso; la Corte di appello aveva espresso un generico giudizio di credibi soggettiva, dando rilievo ad un pregresso giudizio di attendibilità espresso in procedimenti; inoltre, anche l’ulteriore verifica della attendibilità intrin narrato del singolo collaboratore era incompleta, risultando le dichiaraz generiche, inconsistenti e non riscontrate; non era stato considerato, poi, coimputato COGNOME NOMECOGNOME che aveva maturato la decisione di collaborare dopo l’esecuzione dell’ordinanza cautelare, nulla aveva riferito in ordine allo S
ancora non erano state considerate le dichiarazioni rese dal collaborator giustizia COGNOME COGNOME che aveva maturato la decisione di collaborare d l’esecuzione dell’ordinanza cautelare e che aveva riferito di non conoscere NOME; quanto, poi, alla valutazione dei riscontri esterni di car individualizzante, la motivazione della sentenza impugnata era carente e n teneva conto della divergenza delle dichiarazioni rese dai tre collaborato giustizia in ordine al ruolo dello COGNOME nell’associazione criminosa nè circostanza che i collaboratori di giustizia COGNOME NOME e NOME COGNOME pur confermando il coinvolgimento di NOME NOME junior nell’attività illeci spacce non avevano reso dichiarazioni in merito ad un eventuale coinvolgimento di COGNOME Salvatore.
Con il secondo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’affermazione di responsabilità di COGNOME NOME per il reato all’art. 74 d.P.R. n. 309/1990 ed al ruolo associativo attribuitogli.
Lamenta che la sentenza di appello aveva aderito in maniera acritica al sentenza di primo grado senza tener conto delle censure difensive; la senten impugnata non aveva argomentato né in ordine all’elemento oggettivo della partecipazione al reato associativo con riferimento al preminente ruolo svolto cd messa a disposizione da parte del ricorrente all’associazione dedita al tra di stupefacenti (inteso come contributo stabile e continuativo al mantenimento al rafforzamento del sodatizio) ( né in ordine all’elemento soggettivo, la cd affectío societatis (ossia la consapevolezza di far parte stabilmente del gruppo criminoso), che presuppone la prova del pactum sceleris.
Con il terzo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione i relazione all’art. 74, comma 6, d.P.R. n. 309/1990.
Lamenta che anche sul punto la sentenza di appello aveva aderito in maniera acritica alla sentenza di primo grado senza tener conto dei criteri valutativi in tema dalla giurisprudenza di legittimità e, in particolare, la rilevanza dell’ e dell’elemento ponderate dell’attività di spaccio; inoltre, non era stata consi la non consistenza del profitto illecito né la mancanza in capo al gruppo di posizione di controllo del mercato dell’intero centro penitenziario e l’assen diversi canali di approvvigionamento e di mezzi consistenti.
Con il quarto motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione i relazione alla mancata riqualificazione della condotta associativa in plurime ipo di detenzione ex art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990.
Lamenta che anche sul punto la sentenza di appello aveva aderito in maniera acritica alla sentenza di primo grado; argomenta che la circostanza che te reite cessioni di droga siano avvenute all’interno del penitenziario ove oper un’associazione sussumibile nel disposto dell’art. 74 d.P.R. n. 309/1990 n
poteva escludere la configurabitità nell’ipotesi di specie dell’ipotesi del conco persone in plurimi episodi di spaccio, non essendo emersi elementi certi idone provare il ruolo di partecipe e tantomeno di organi’cilore in capo al ricorrent
Con il quinto motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione pe omessa valutazione della esclusione della recidiva.
Lamenta che la sentenza di appello, sul punto della recidiva contestata applicata al ricorrente, aveva aderito in maniera acritica alla sentenza di grado senza tener conto dei principi di diritto espressi dalla giurispruden p legittimità in ordine atta relazione ijantiflcata tra il reato commess precedenti penali.
Con il sesto motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordin alta mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche nella massim estensione con giudizio di prevalenza rispetto alle contestate aggravanti.
Lamenta che la sentenza di appello non aveva fornito una idonea ed adeguata motivazione circa le ragioni per te quali aveva ritenuto di non concedere circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza previa esclusione del recidiva.
Con il ricorso, a mezzo del difensore di fiducia NOME COGNOME, articol quattro motivi.
Con il primo motivo deduce violazione degli artt. 191 cod.proc.pen. e 16 quater I. 15 marzo 1991 n. 82.
Espone che l’affermazione di responsabilità di COGNOME NOME era st basata sulle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia COGNOME NOME; dichiarazioni erano inutilizzabili ai sensi dell’art. 16-quater 15 marzo 1991 n perché rese oltre il termine di 180 giorni e, precisamente il 29.9.2021, manifestazione di volontà di collaborare, avvenuta in data 8.8.2019.
Con il secondo motivo deduce erronea applicazione dell’art. 74, comma 1, d.P.R. n. 309/1990 e vizio di motivazione.
Argomenta che con l’appello si era contestata la mancanza di prova circa l condotta di partecipazione al reato associativo e, comunque, l’erronea attribuzi del ruolo di capo ed organizzatore della associazione; le dichiarazioni res collaboratori di giustizia, che, pur affermavano l’inserimento dello Scotti consorteria criminale, non si riscontravano quanto al ruolo ricoperto dal ricorr la Corte di appello con motivazione illogica, carente ed apodittica affermava la non convergenza delle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia e apparenti in quanto vi era la suddivisione della consorteria in sottogruppi adottavano diverse modalità di occultamento e diversi luoghi di custodia de sostanza stupefacente nonché una interscambiabilità delle funzioni; il ruol
organizzatore riconosciuto alto COGNOME poi, si basava sulle generiche dichiara dei collaboratori di giustizia, che lo avevano indicato quale uno dei “gestori traffico di sostanza stupefacente.
Con il terzo motivo deduce violazione dell’art. 74, comma 6, d.P.R. 309/1990.
Argomenta che la Corte di appello aveva erroneamente denegato la configurabilità dell’ipotesi associativa meno grave, dando rilievo a circostanze rilevanti, qual* la reiterazione per lungo tempo delle condotte e la car criminale degli assodati, senza considerare che le singole cessioni avevano oggetto modesti quantitativi di sostanza stupefacente.
Con il quarto motivo deduce vizio di motivazione in relazione agli artt. 1 cod. proc.pen. e 99 cod.pen.
Lamenta che la Corte di appello aveva confermato la sussistenza della recidiv contestata limitandosi ad affermare la correttezza delle conclusioni della sent di primo grado, senza confrontarsi con i motivi di appello; inoltre, con motivaz illogica, la Corte di appello aveva escluso la recidiva ai coimputati che ave rinunciato ai motivi di appello valorizzando come positivo it comportament processuale degli stessi e non aveva, invece, tenuto conto del posit comportamento processuale dello Scotti dimostrativo di sicura sottomissione all Giustizia.
AUTORE NOME a mezzo dei difensori di fiducia, articola sei motivi di ricorso.
Con il primo motivo deduce violazione degli artt. 74 d.P.R. n. 309/1990 e 12 cod.proc.pen. e vizio di motivazione in relazione all’elemento oggettivo del re associativo.
Argomenta che elemento che contraddistingue il delitto di cui all’art. 74 d. n. 309/1990, e lo differenzia dai concorso di persone nel reato di spacci sostanze stupefacenti, è la predisposizione di una struttura organizzata stabil consenta la realizzazione del programma criminoso; nella specie, la Corte appello aveva erroneamente ritenuto sussistente il contestato reato associa sebbene l’attività di spaccio venisse esercitata all’interno dell’istituto attraverso una serie di articolazioni; non era stato dimostrato, infatti, che gruppo avessero dato vita ad un unico sodalizio criminoso, difettando una cas comune e la predisposizione di uomini e mezzi da parte dei vertici del sodaliz neppure era emerso che le modalità di spaccio venissero concordate tra i soda nè che vi fossero direttive impartite dai vertici dell’associazione.
Con il secondo motivo deduce violazione dell’art. 74 d.P.R. n. 309/1990 e viz di motivazione in relazione all’elemento soggettivo del reato associativo.
Argomenta che il ricorrente viene indicato dai Giudici di merito qual organizzatore del gruppo operante nella seconda sezione del Reparto Ligure S3; in particolare, il ruolo svolto da NOME NOME era quello di adoperars l’approvvigionamento dello stupefacente, che acquistava da detenuto ristret nella quarta sezione del Reparto; i Giudici di merito non avevano, però, motiva in ordine alla stabilità del rapporto di fornitura, requisito essenziale per s un rapporto di mera sinatlagmaticità contrattuale ed integrare la cointeresse associativa; il collaboratore di giustizia COGNOME l’unico a riferi modalità di approvvigionamento detto stupefacente, non riferiva in maniera precis e dettagliata di specifici episodi di approvvigionamento e conseguente cession tanto da non potersi -dimobtidla la stabilità del rapporto di fornitura; anco generiche risultavano le dichiarazioni rese dagli altri collaboratori di giustizi
Con il terzo motivo deduce violazione dell’art. 74 d.P.R. n. 309/1990 e vi di motivazione in relazione ai ruolo di organizzatore a carico d.eí Autore NOME
Espone che i Giudici di merito avevano ritenuto che l’associazione di c all’imputazione avesse carattere composito, in quanto costituita da mic articolazioni operanti nette varie sezioni; rimarca, quindi, che i comparteci un’associazione priva di una struttura gerarchica non possono essere ritenut maniera automatica promotori o organizzatori e che, nella specie, non vi era pro che Autore NOME fosse stato designato dai capi del sodalizio come organizzator di una specifica articolazione dell’associazione; le dichiarazioni del collabor COGNOME riportate in sentenza non trovavano conferma, quanto all modalità delta condotta attribuita al ricorrente, nelle altre dichiarazioni r collaboratori di giustizia; la motivazione della sentenza impugnata, che ave confermato le valutazioni del primo giudice, era, dunque carente e profondamente illegittima.
Con il quarto motivo deduce violazione dell’art. 74, comma 6, d.P.R. n 309/1990 e vizio di motivazione.
Argomenta che la Corte di appello aveva erroneamente denegato la configurabilità dell’ipotesi associativa meno grave, dando rilievo a circostanze rilevanti, quale la reiterazione per lungo tempo delle condotte e la corruzio alcuni agenti di polizia penitenziaria, senza considerare che le modalità di ta conservazione dello stupefacente erano rudimentali, nonchè che te singole cession avevano ad oggetto modesti quantitativi di sostanza stupefacente del tipo drog leggere, erano limitate a singole dosi per uso personale ed il profitto illecit scarsissima consistenza; neppure era stato considerato che l’attività di spacci stata posta in essere in un ambito territoriale ristretto (ovvero nel repar erano ristretti gli imputati)..
Con il quinto motivo deduce violazione degli artt. 62-bis e 69 cod.pen. e vizio di motivazione.
Argomenta che la Corte di appello aveva denegato l’applicazione delle circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza rispetto alle contestate circostanze aggravanti, dando rilievo ostativo al curriculum criminale di NOME NOME, senza considerare che i quantitativi di droga rinvenuti non erano elevati, che le modalità di taglio e conservazione dello stupefacente erano rudimentali, che le cessioni erano modeste e limitate all’uso personale e che il profitto era modesto.
Con ° testo motivo ponj:Zestione di legittimità costituzionale dell’art. 74, comma 1, d,P.R. n. 309/1990 per contrasto con gli artt. 3,27 e 117 della Cost. e 49 CEDU), nella parte in cui prevede un trattamento sanzionatorio irragionevole e sproporzionato nel caso in cui il reato associativo abbia ad oggetto la commercializzazione di droghe cd leggere che sono già sanzionate dall’art. 73, comma 4, d.P.R. n. 309/1990 in modo inferiore rispetto alle droghe pesanti, avuto riguardo alle altre figure di reato associative (416, 416-bis, 270 e 270-bis cod.pen.),
I difensori di COGNOME NOME, COGNOME Salvatore, COGNOME, COGNOME Emanuele, COGNOME Salvatore, COGNOME Marco e COGNOME NOME hanno chiesto la trattazione orale dei ricorsi in pubblica udienza. Il PG ha depositato memoria ex art. 611 cod.proc.pen., nella quale ha concludeso chiedendo la declaratoria di inammissibilità dei ricorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi vanno dichiarato inammissibili.
Vanno esaminati, previamente, i motivi di ricorso afferenti all’affermazione di responsabilità per il contestato reato associativo.
Va rilevato, innanzitutto, che COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME Alfredo Junior e COGNOME Pasquale hanno rinunciato ai motivi di appello afferenti all’affermazione di responsabilità.
Va ricordato che la rinuncia parziale ai motivi d’appello determina il passaggio in giudicato della sentenza gravata limitatamente ai capi oggetto di rinuncia, di talché è inammissibile il ricorso per cassazione con il quale si propongono censure attinenti ai motivi d’appello rinunciati e non possono essere rilevate d’ufficio le questioni relative ai medesimi motivi (Sez.2, n. 47698 del 18/09/2019, Rv.278006 – 01.Sez. 4, n. 9857 del 12/02/2015, Rv. 262448).
Ciò posto, vanno dichiarati inammissibili, sulla base del principio di diritto suesposto, il primo motivo di ricorso di COGNOME NOME e il motivo di ricorso di
COGNOME NOME nella parte in cui si deduce il vizio di motivazione in relaz all’affermazione di responsabilità.
I motivi in esame attengono entrambi all’affermazione di responsabilità per reato associativo e, stante la rinuncia da parte delle ricorrenti a tale punt decisione di primo grado in sede di appello, sono inammissibili perchè censu attinenti a motivi d’appello rinunciati.
Va, quindi, esaminato il primo motivo del ricorso di COGNOME Salvatore a fir dell’avv. NOME COGNOME avente natura preliminare, con il quale si dedu l’inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia Enz perché rese oltre il termine di 180 giorni dalla manifestazione della volont collaborare, in violazione, quindi, dell’art. 16-quater I. 15 marzo 1991 n. 82.
La censura è manifestamente infondata.
Costituisce, infatti, ius receptum che le dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia oltre il termine di centottanta giorni dalla manifestazione della volo collaborare sono utilizzabili nella fase delle indagini preliminari, in partico fini della emissione delle misure cautelari personali e reali, oltre che nell’u preliminare e nel giudizio abbreviato. (Sez.U, n. 1149 de/ 25/09/2008, dep.13/01/2009, Rv. 241882 – 01; conf. Sez.U., 25 settembre 2008, dep. 13 gennaio 2009, n. 150, Correnti; Sez.U., 25 settembre 2008, dep. 13 gennaio 2009 n. 1151, COGNOME ed altri, Sez.U., 25 settembre 2008, dep. 13 gennaio 2009 1152, COGNOME ed altri, tutte non massimate sul punto).
Tale principio è stato ribadito con la pronuncia della Sez.1, n. 54844 06/06/2018, Rv. 274653 – 01, che ha affermato che sono pienamente utilizzabili nel giudizio abbreviato le dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia o termine di centottanta giorni dalla manifestazione della volontà di collabor atteso che la sanzione dell’inutilizzabilità prevista dall’art. 16-quater, gennaio 1991, n. 8, convertito nella legge 15 marzo 1991, n. 82, come modificat dall’art. 14, legge 13 febbraio 2001, n. 45, per le dichiarazioni successive a termine, riguarda esclusivamente la fase del dibattimento.
Nella specie, quindi, essendosi celebrato il giudizio di merito nelle forme giudizio abbreviato, la questione di inutilizzabilità delle dichiarazioni re collaboratore di giustizia NOME COGNOME risulta del tutto destituita di fondamento.
Vanno, quindi, esaminati, il motivo di COGNOME NOME (nella parte relati all’affermazione di responsabilità per il reato associativo ed alla valutazione dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia), il motivo di ricorso di COGNOME, il primo motivo di ricorso di COGNOME NOME, il motivo di ricorso di COGNOME NOME, il primo motivo di ricorso di COGNOME NOME, il primo, il secon motivo ed il quarto motivo di COGNOME, il primo, il secondo motivo ed quarto motivo di COGNOME Emanuele, il primo motivo di COGNOME NOME, il prim
il secondo ed il quarto motivo del ricorso di COGNOME Salvatore a firma dell’avv. D NOME COGNOME ed il secondo motivo del ricorso di COGNOME Salvatore a firm dell’avv. NOME COGNOME il primo, il secondo ed il terzo motivo di NOME NOME, il primo motivo d ricorso di COGNOME NOME COGNOME.
I motivi in esame, tutti afferenti a doglianze con le quali si prospet violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla sussistenza fattis associativa di cui all’art. 74 d.P.R. 309/1990 ed alla condotta di partecipaz sono inammissibili e, comunque, manifestamente infondati.
5.1. Prima di procedere all’esame dei motivi, ragioni di economia processuale e di ordine sistematico, impongono di svolgere alcune considerazioni di carattere generale.
E’ pacifica acquisizione della giurisprudenza di questa Suprema Corte come debba essere ritenuto inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi c riproducono le medesime ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice d gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici.
La mancanza di specificità del motivo, infatti, va valutata e ritenuta non s per la sua genericità, intesa come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle po a fondamento dell’impugnazione, dal momento che quest’ultima non può ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificit conduce, a norma dell’art. 591 comma 1, lett. c) cod. proc. pen., inammissibilità della impugnazione (in tal senso sez. 2, n. 29108 del 15.7.201 Cannavacciuolo non mass.; conf. sez. 5, n. 28011 del 15.2.2013, COGNOME, Rv. 255568; sez. 4, n. 18826 del 9.2.2012, COGNOME, Rv. 253849; sez. 2, n. 19951 de 15.5.2008, COGNOME, Rv. 240109; sez. 4, n. 34270 del 3.7.2007, COGNOME Rv. 236945; sez. 1, n. 39598 del 30.9.2004, COGNOME, Rv. 230634; sez. 4, 15497 del 22.2.2002, Palma, Rv. 221693). Ancora di recente, questa Corte di legittimità ha ribadito come sia inammissibile il ricorso per cassazione fondato s stessi motivi proposti con l’appello e motivatamente respinti in secondo grado, per l’insindacabilità delle valutazioni di merito adeguatamente e logicamen motivate, sia per la genericità delle doglianze che, così prospettate, apparentemente denunciano un errore logico o giuridico determinato (sez. 3, n 44882 del 18.7.2014, COGNOME e altri, Rv. 260608).
Va, poi, evidenziato che ci si trova di fronte ad una “doppia conforme affermazione di responsabilità – per quanto rileva in questa sede – e legittimamente, in tale caso, è pienamente ammissibile la motivazione dell sentenza di appello per relationem a quella della sentenza di primo grado, sempre che le censure formulate contro la decisione impugnata non contengano elementi ed argomenti diversi da quelli già esaminati e disattesi.
E’, infatti, giurisprudenza pacifica di questa Suprema Corte che la sentenza appellata e quella di appello, quando non vi è difformità sui punti denunciati, si integrano vicendevolmente, formando un tutto organico ed inscindibile, una sola entità logico- giuridica, alla quale occorre fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione, integrando e completando con quella adottata dal primo giudice le eventuali carenze di quella di appello (Sez.3, n.44418 del 16/07/2013, Rv.257595; Sez. 2 n. 34891 del 16.05.2013, Vecchia, Rv. 256096, non massimata sul punto; conf. Sez. 3, n. 13926 del 1.12.2011, dep. 12.4.2012, COGNOME, Rv. 252615: sez. 2, n. 1309 del 22.11.1993, dep. 4.2. 1994, COGNOME ed altri, Rv. 197250). Ne consegue che il giudice di appello, in caso di pronuncia conforme a quella appellata, può limitarsi a rinviare per relationem a quest’ultima sia nella ricostruzione del fatto sia nelle parti non oggetto di specifiche censure, dovendo soltanto rispondere in modo congruo alle singole doglianze prospettate dall’appellante. In questo caso il controllo del giudice di legittimità si estenderà alla verifica della congruità e logicità delle risposte fornite alle predette censure.
Inoltre, secondo la giurisprudenza di questa Corte, nella motivazione della sentenza il giudice del gravame di merito non è tenuto a compiere un’analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo invece sufficiente che, anche attraverso una loro valutazione globale, spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni del suo convincimento, dimostrando di aver tenuto presente ogni fatto decisivo (Sez. 4, n.26660 del 13/05/2011, COGNOME e altro, Rv. 250900; Sez. 5, n.8411 del 21/05/1992, COGNOME ed altri, Rv. 191488).
Ne consegue che in tal caso debbono considerarsi implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata (cfr. sez. 6, n. 49970 del 19.10.2012, COGNOME ed altri Rv.254107, Sez 3, n.7406 del 15/01/2015, dep. 19/02/2015, Rv.262423).
La motivazione della sentenza di appello è del tutto congrua, in altri termini, se il giudice d’appello abbia confutato gli argomenti che costituiscono “l’ossatura” dello schema difensivo dell’imputato, e non una per una tutte le deduzioni difensive della parte, ben potendo, in tale opera, richiamare alcuni passaggi dell’iter argomentativo della decisione di primo grado, quando appaia evidente che tali motivazioni corrispondano anche alla propria soluzione alle questioni prospettate dalla parte (sez. 6, n. 1307 del 26.9.2002, dep. 14.1.2003, COGNOME, Rv. 223061).
È stato anche sottolineato da questa Corte che in tema di ricorso in cassazione ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod.proc.pen. la denunzia di minime incongruenze argomentative o l’omessa esposizione di elementi di valutazione,
che il ricorrente ritenga tali da determinare una diversa decisione, ma che non siano inequivocabilmente munite di un chiaro carattere di decisività, non possono dar luogo all’annullamento della sentenza, posto che non costituisce vizio della motivazione qualunque omissione valutativa che riguardi singoli dati estrapolati dal contesto, ma è solo l’esame del complesso probatorio entro il quale ogni elemento sia contestualizzato che consente di verificare la consistenza e la decisività degli elementi medesimi oppure la loro ininfluenza ai fini della compattezza logica dell’impianto argomentativo della motivazione (sez. 2, n. 9242 dell’8.2.2013, Reggio, Rv. 254988).
Non è, dunque, censurabile in sede di legittimità la sentenza che indichi con adeguatezza e logicità le circostanze e le emergenze processuali che siano state determinanti per la formazione del convincimento del giudice, consentendo così l’individuazione dell’iter logico-giuridico seguito per addivenire alla statuizione adottata. Pertanto, anche il silenzio su una specifica deduzione prospettata col gravame non rileva qualora questa sia stata disattesa dalla motivazione della sentenza complessivamente considerata perché non è necessario che il giudice confuti esplicitamente la specifica tesi difensiva disattesa, ma è sufficiente che evidenzi nella sentenza una ricostruzione dei fatti che conduca alla reiezione implicita di tale deduzione senza lasciare spazio ad una valida alternativa (cfr. Sez.2, 12/02/2009, n. 8619).
Infine, ulteriore causa di inammissibilità deve individuarsi nella esposizione di censure che si risolvono in una mera rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata, sulla base di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, senza individuare vizi di logicità tali d evidenziare la sussistenza di ragionevoli dubbi, ricostruzione e valutazione, quindi, in quanto tali precluse in sede di giudizio di cassazione (cfr. Sez. 1, 16.11.2006, n. 42369, De COGNOME, Rv. 235507; sez. 6, 3.10.2006, n. 36546, COGNOME, Rv. 235510; Sez. 3, 27.9.2006, n. 37006, COGNOME, Rv. 235508).
Va, quindi, ribadito, che, anche a seguito delle modifiche dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. introdotte dall’alt 8 della L n. 46 del 2006, non consentito dedurre il “travisamento del fatto”, stante la preclusione per il giudice di legittimità di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito (Sez.6,n.27429 del 04/07/2006, Rv.234559; Sez. 5, n. 39048/2007, Rv. 238215; Sez. 6, n. 25255 del 2012, Rv.253099) ed in particolare di operare la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (cfr. Sez. 6, 26.4.2006, n. 22256, Rv. 234148).
La Corte di Cassazione deve circoscrivere il suo sindacato di legittimità, sul discorso giustificativo della decisione impugnata, alla verifica dell’assenza, in
quest’ultima, di argomenti viziati da evidenti errori di applicazione delle r della logica, o fondati su dati contrastanti con il senso della realt appartenenti alla collettività, o connotati da vistose e insormontabili incongru tra loro, oppure inconciliabili, infine, con “atti del processo”, specificamente i dal ricorrente e che siano dotati autonomamente di forza esplicativ dimostrativa, tale che la loro rappresentazione disarticoli l’intero ragiona svolto, determinando al suo interno radicali incompatibilità, così da vanificare rendere manifestamente incongrua la motivazione (Sez. 4 08/04/2010 n. 15081; Sez. 6 n. 38698 del 26/09/2006, Rv. 234989; Sez.5, n.6754 del 07/10/2014, dep.16/02/2015, Rv.262722).
5.2. Tanto premesso, va osservato che, nella specie, i Giudici di merito pp da 25 a 180 della sentenza di primo grado e pp. da 24 a 54 della sentenza appello) si sono soffermati a lungo nell’esaminare e valutare le risult istruttorie (costituite prevalentemente dalle dichiarazioni rese da nume collaboratori di giustizia, dal contenuto delle intercettazioni telefoni ambientali effettuate nei confronti di alcuni imputati, dai sequestri e risultanze degli accertamenti di Pg) dimostrative dell’esistenza di organizzazione criminosa dedita alla commissione di una serie indeterminata d reati di spaccio di stupefacente, operante – almeno dal 2014 al 2021- all’int del carcere di Napoli Secondigliano, nel Reparto di Alta Sicurezza Ligure AS3 strutturata nell’ambito della Seconda, Terza e Quarta Sezione.
La Corte territoriale ha, innanzitutto, condiviso e confermato la valutazione attendibilità dei collaboratori di giustizia espressa dal primo giudice motivazione congrua e conforme ai principi di diritto affermati da questa Corte subiecta materia.
Va ricordato che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte d legittimità (cfr. Sez. U, n. 20804 del 29/11/2012, dep. 2013, Aquilina, 255145), il giudice è tenuto a verificare, ai sensi dell’art. 192, comma 3, cod. pen., la sussistenza di tre requisiti: 1) la credibilità soggettiva del dic valutata alla stregua di elementi personali quali le sue condizioni socio-economi e familiari, il suo passato, i rapporti con l’accusato, la genesi e le ragio hanno indotto alla confessione e all’accusa dei coautori e complici; 2) l’attendi intrinseca del contenuto dichiarativo, desunta da dati quali la spontaneit verosimiglianza, la precisione, la completezza della narrazione dei fatt concordanza tra le dichiarazioni rese in tempi diversi; 3) la riscontrabilità ogg del dichiarante, attraverso elementi di prova o indiziari estrinseci, i quali essere esterni alla chiamata onde evitare il fenomeno della c.d. “circolar probatoria e che possono consistere in elementi probatori o indiziari di quals tipo e natura, ivi compresa un’altra chiamata in correità (Sez. 1, n. 1679
9/4/2010, COGNOME, Rv. 246948; Sez. 2, n. 16183 del 1/2/2017, Fiore, Rv. 269987); a condizione, in quest’ultimo caso, che le convergenti dichiarazioni accusatorie, ritenute intrinsecamente attendibili, siano realmente autonome e che la loro coincidenza non sia fittizia, come nel caso in cui una chiamata abbia condizionato l’altra (cfr. ancora Sez. U, n. 20804 del 29/1.1/2012, dep. 2013, COGNOME, Rv. 255143).
La possibilità che plurime dichiarazioni di coimputati nel medesimo reato (o in procedimento connesso o collegato ai sensi dell’art. 12 cod. proc. pen.) siano idonee a fungere da riscontro reciproco è, quindi, una acquisizione consolidata della giurisprudenza di legittimità, ribadita in molteplici arresti di questa Corte concordi nel richiedere che tali dichiarazioni convergano sul nucleo essenziale del narrato, rimanendo quindi indifferenti eventuali divergenze o discrasie che investano soltanto elementi circostanziali del fatto, a meno che tali discordanze non siano sintomatiche di un’insufficiente attendibilità dei chiamanti stessi (Sez. U., n. 20804 del 29/11/2012, dep. 2013, COGNOME e altri, Rv. 255145; Sez. 1, n. 7643 del 28/11/2014, dep. 2015, COGNOME e altro, Rv. 262309; Sez. 1, n. 34102 del 14/07/2015, COGNOME e altro, Rv. 264368; Sez.1, n.17370 del 12/09/2023, dep.29/04/2024, Rv.286327 – 01). In tali pronunce si è affermato che, in tema di valutazione della convergenza delle dichiarazioni di reità o di correità dei collaboranti e, più in generale, della concordanza della prova orale, questa Corte di cassazione ha avuto modo di stabilire il principio di diritto, secondo il quale i “nucleo essenziale” della propalazione deve essere individuato e apprezzato non già in termini astratti dal contesto delle rappresentazioni, con esclusivo e limitato riferimento all’azione tipizzata dalla norma incriminatrice, bensì in rapporto allo “specifico fatto materiale oggetto dalla narrazione” nella sua interezza e alla stregua del rilievo assegnato dal dichiarante, nell’impianto narrativo, agli accadimenti, ai fatti, alle circostanze evocati. Invero, l’esigenza di convergenza e di concordanza fra le dichiarazioni accusatorie provenienti da diversi soggetti rientranti fra quelli menzionati nei commi terzo e quarto dell’art. 192 cod. proc. pen., in funzione di reciproco riscontro fra le dichiarazioni stesse, non può essere spinta al punto di pretendere che queste ultime siano totalmente sovrapponibili tra di loro, in ogni particolare, spettando invece pur sempre al giudice il poteredovere di valutare, dandone atto in motivazione, se eventuali discrasie possano trovare plausibile spiegazione in ragioni diverse da quelle ipotizzabili nel mendacio di uno o più fra i dichiaranti. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
I Giudici di merito hanno fatto buon governo dei suesposti principi di diritto con argomentazioni adeguate e prive di vizi logici e diffusamente illustrate alle pagine da 171 a 180 della sentenza di primo grado ed alle pagine da 45 a 54 della motivazione della sentenza di appello, valutando positivamente la credibilità
soggettiva e l’attendibilità estrinseca dei propalanti nonchè l’esistenza di riscontri oggettivi al narrato accusatorio.
In tali spazi sono state affrontate le censure difensive, qui riproposte, in particolar modo analizzando la genesi dei contributi informativi alla luce della storia criminale dei propalanti, del contenuto dei verbali di interrogatorio, degli elementi di riscontro oggettivo, nonché degli ulteriori parametri richiesti per vagliare la validità delle informazioni, sottolineando anche il consistente dato numerico dei propalanti, assolutamente convergenti sul nucleo essenziale relativo all’esistenza di un organizzazione criminosa capace di fare entrare droga all’interno del carcere di Secondigliano e di gestirne alcune attività fondamenti, quali l’allocazione dei detenuti nelle celle e nei reparti, attraverso la corruzione di agenti penitenziari.
I Giudici di merito hanno rimarcato che tutte le dichiarazioni concordavano nel nucleo essenziale dei fatti e spiegato che le eventuali imprecisioni e discrasie erano giustificate dal fatto che ciascun collaboratore aveva potuto raccontare più compiutamente le vicende che avvenivano nella sezione del carcere in cui era allocato; è stato evidenziato, inoltre, il tempo trascorso dai fatti , quale fattore discrasie nei diversi racconti, nonchè la circostanza che il periodo di coinvolgimento nei fatti variava da collaboratore a collaboratore, sicchè, anche sotto profilo erano plausibili discrasie tra i racconti; tali profili rendevano del pari plausibile circostanza che ciascun imputato era stato raggiunto dalle chiamate in correità solo di alcuni collaboratori e non di altri, considerando anche la struttura del Reparto Ligure del carcere di Secondigliano, suddiviso in sezioni e in piani, che induceva a ritenere non inverosimile che un medesimo fatto attribuibile ad un certo imputato fosse nel patrimonio di conoscenza dell’uno o dell’altro collaboratore; andava, inoltre, considerato che i dichiaranti erano allocati in sezioni diverse e, quindi, avevano maggiore conoscenza di fatti avvenuti nella sezione in cui erano detenuti e che coloro che partecipavano all’attività di spaccio ne mettevano al corrente i “nuovi” solo quando essi venivano ritenuti “affidabili” e interessati a A -) prendere parte al traffico illecito. I Giudici/appello, poi, rispondendo alle censure difensive, hanno spiegato che la positiva valutazione di attendibilità di COGNOME NOME, le cui propalazioni erano intervenute subito dopo la notifica dell’ordinanza cautelare emessa nei suoi confronti, non era minata da tale profilo temporale e dalla circostanza che egli aveva avuto conoscenza dei fatti contestati, in quanto il COGNOME aveva ammesso pienamente gli addebiti ed aveva reso dichiarazioni eteroaccusatorie di rilevante importanza nei confronti di gran parte degli imputati, arricchendo ulteriormente il materiale probatorio raccolto fino a quel momento; inoltre, i collaboratori di giustizia COGNOME Tommaso e COGNOME COGNOME, già da tempo prima, avevano indicato COGNOME Eugenio come un detenuto in rapporti con gli Corte di Cassazione – copia non ufficiale
organizzatori del traffico illecito e con le guardie penitenziare e ne ave sottolineato il ruolo importante svolto anche grazie al suo compito di addetto spesa, che gli consentiva grande libertà di movimento all’interno del carcere Secondigliano; era, quindi, evidente il livello di conoscenza diretta dei fatti da di COGNOME NOME, che aveva attualizzato i racconti dei precedenti collaborator giustizia, fornendo dettagli e precisazioni, che non avrebbe potuto ricavare d possibile lettura dell’ordinanza cautelare.
5.3. La Corte territoriale ha, quindi, descritto plurimi elementi fattuali – e dalle complessive risultanze istruttorie – dimostrativi dell’accordo criminoso av ad oggetto la commissione di una serie non preventivamente determinata di delitt in materia di stupefacenti e delle modalità operative del sodalizio crimino l’esistenza di un sistema collaudato, con specifica ripartizione dei all’occorrenza interscambiabili, che si snodava in maniera precisa ed accurata da fase dell’approvvigionamento dall’esterno della struttura carceraria della sost stupefacente, preceduta dagli ordinativi effettuati dalle varie sezioni, a dell’introduzione in carcere della droga per il taglio e la successiva cessi detenuti che ne avevano fatto richiesta; la predisposizione di nascondigli creat occultare la droga da tagliare; l’individuazione di appositi custodi della sos stupefacente; l’esistenza di collaudati collegamenti tra i diversi sotto-gruppi sezioni seconda, terza e quarta del Reparto Ligure per gli ordinativi e pe successiva trasmissione della droga; l’attuazione dei collegamenti con collaborazione degli “spesini” e attraverso la complicità di alcuni agenti di p penitenziaria corrotti, importanti elementi di raccordo con l’esterno, grazie ai veniva realizzato il sistema organizzativo; le varie sezioni interessate del Re Ligure costituivano articolazioni della medesima piazza di spaccio e tra di ess fulcro del traffico di droga era la quarta sezione, che distribuiva lo stupefa anche alle altre sezioni tramite spesini e lavoranti o attraverso un panier passava da un piano all’altro della medesima verticale; l’attività illecita della sezione era gestita da NOME NOME COGNOME a cui subentrava COGNOME Angelo entrambi esponenti del clan COGNOME, nella seconda sezione il traffico di drog organizzato da Autore Antonio e nella terza sezione da COGNOME NOME, COGNOME NOME COGNOME NOME; la piazza di spaccio operava su varie articolazioni, i componenti risultavano variamente relazionarsi tra di loro nel<ell'ambito di reciproca e consapevole cooperazione; la struttura organizzativa era unica e t al raggiungimento dell'unico fine di distribuire lo stupefacente all'intern carcere attraverso la collaborazione di agenti penitenziari corrotti e di lavor spesini per il passaggio di droga anche tra sezioni diverse; la struttura assoc aveva, inoltre, carattere composito ed i segmenti operavano anch Corte di Cassazione – copia non ufficiale
separatamente, in particolare quanto ai canali di approvvigionamento dello stupefacente.
Risultano, pertanto, individuati plurimi elementi fattuali dimostrativi dell'accordo criminoso avente ad oggetto la commissione di una serie non preventivamente determinata di delitti in materia di stupefacenti, della permanenza del vincolo associativo e dell'esistenza di una articolata organizzazione che consentiva la realizzazione concreta del programma criminoso (pp. 55, 56,57,58 della sentenza impugnata e pp. 272,273,274,275,276 della sentenza di primo grado).
La motivazione esposta dalla Corte territoriale è congrua e priva di vizi logici e si sottrae, pertanto al sindacato di legittimità. Essa è, altresì, in linea con i principi di diritto affermati da questa Suprema Corte in subiecta materia. Va ricordato che questa Corte ha precisato che, ai fini della configurabilità di un'associazione per delinquere finalizzata al narcotraffico è necessaria la presenza di tre elementi fondamentali: a) l'esistenza di un gruppo, i membri del quale siano aggregati consapevolmente per il compimento di una serie indeterminata di reati in materia di stupefacenti; b) l'organizzazione di attività personali e di beni economici per il perseguimento del fine illecito comune, con l'assunzione dell'impegno di apportarli anche in futuro per attuare il piano permanente criminoso; c) sotto il profilo soggettivo, l'apporto individuale apprezzabile e non episodico di almeno tre associati, che integri un contributo alla stabilità dell'unione illecita (Sez.4, n.44183 del 02/10/2013, Rv. 257582Sez. 1, n 10758 del 18.02.2009, Rv. 242897). L'elemento aggiuntivo e distintivo del delitto di cui all'art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990, rispetto alla fattispecie del concorso d persone nel reato continuato di detenzione e spaccio di stupefacenti, va individuato nel carattere dell'accordo criminoso, avente ad oggetto la commissione di una serie non preventivamente determinata di delitti e nella permanenza del vincolo associativo nonchè nell'esistenza di una organizzazione che consenta la realizzazione concreta del programma criminoso (Sez.6, n.27433 del 10/01/2017, Rv. 270396 – 01; Sez.6 n. 17467 del 21/11/2018, dep.23/04/2019, Rv.275550 01) Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, quindi, alla base della figura dell'associazione finalizzata a traffici di sostanze stupefacenti è identificabil un accordo destinato a costituire una struttura permanente in cui i singoli associati divengono – ciascuno nell'ambito dei compiti assunti o affidati – parti di un tutto finalizzato a commettere una serie indeterminata di delitti D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 73, preordinati alla cessione o al traffico di droga.
La prova del vincolo permanente, nascente dall'accordo associativo, può essere data anche per mezzo dell'accertamento di facta condudentia, quali i contatti continui tra gli spacciatori, i frequenti viaggi per il rifornimento della drog le basi logistiche, le forme di copertura e i beni necessari per le operazioni delittuose, le forme organizzative, sia di tipo gerarchico che mediante divisione dei compiti tra gli associati, la commissione di reati rientranti nel programma criminoso e le loro specifiche modalità esecutive (Sez. 6, n. 10781 del 13/12/2000, dep. 16/03/2001, Rv. 218731). Ai fini della configurabilità dell'associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, non è, dunque, richiesto un patto espresso fra gli associati, ben potendo desumersi la prova del vincolo dalle modalità esecutive dei reati-fine e dalla loro ripetizione, dai rapporti tra gli autor dalla ripartizione dei ruoli fra i vari soggetti in vista del raggiungimento di u comune obiettivo e dall'esistenza di una struttura organizzativa, sia pure non particolarmente complessa e sofisticata, indicativa della continuità temporale del vincolo criminale (Sez. 6, n. 40505 del 17/06/2009, dep. 19/10/2009, Rv. 245282); è, pertanto, sufficiente l'esistenza tra i singoli partecipi di una durevole comunanza di scopo, costituito dall'interesse ad immettere sostanza stupefacente sul mercato del consumo, non essendo di ostacolo alla costituzione del rapporto associativo nemmeno la diversità degli scopi personali e degli utili che i singoli partecipi, fornitori ed acquirenti si propongono di ottenere dallo svolgimento della complessiva attività criminale (Sez. 4, n. 4497 del 16/12/2015, Addio, Rv. 265945; Sez. 6, n. 4800 del 15/02/1993, COGNOME, Rv. 194539; Sez. 1, n. 825 del 02/11/1995, Marino, Rv. 203489; Sez. 1, n. 7758 del 10/06/1996, COGNOME, Rv. 205531; Sez. 5, n. 1291 del 17/03/1997, COGNOME, Rv. 208231; Sez 5, n. 10077 del 23/09/1997, COGNOME, Rv. 208822; Sez. 6, n. 3509 del 10/01/2012, COGNOME, Rv. 251574; Sez. 6, n. 41612 del 19/06/2013, COGNOME, Rv. 257798). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Con riferimento all'elemento organizzativo, per la configurazione del reato associativo ex art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 non è necessaria la presenza di una complessa ed articolata organizzazione dotata di notevoli disponibilità economiche, ma è sufficiente l'esistenza di strutture, sia pure rudimentali, deducibili dalla predisposizione di mezzi, anche semplici ed elementari, per il perseguimento del fine comune, in modo da concretare un supporto stabile e duraturo alle singole deliberazioni criminose, col contributo dei singoli associati (Sez.2, n.19146 del 20/02/2019, Rv.275583 – 01; Sez.2, n.16540 del 27/03/2013, Rv.255491 – 01; Sez.6, n.3886 del 07/11/2011, dep.31/01/2012, Rv.251562 – 01; Sez 1, n.30463 del 07/07/2011, Rv.251011-01; Sez.6,n.25454 del 13/02/2009, Rv 244520-01); è si è anche precisato che l'assenza di una c.d. «cassa comune» non è ostativa al riconoscimento dell'associazione, essendo sufficiente, anche nell'ipotesi di una gestione degli utili non paritaria né condivisa
tra i vari sodali, che tra questi sussista un comune e durevole interesse ad immettere nel mercato sostanza stupefacente, nella consapevolezza della dimensione collettiva dell'attività e dell'esistenza di una sia pur minima organizzazione (Sez.3, n. 12705 del 15/02/2019, Rv.275478 – 01).
Si è affermato, in particolare, che non solo è sufficiente un'organizzazione minima perché il reato si perfezioni ma anche che la ricerca dei tratti organizzativi non è diretta a dimostrare l'esistenza degli elementi costitutivi del reato, ma a provare, attraverso dati sintomatici, l'esistenza di quell'accordo fra tre o più persone diretto a commettere più delitti, accordo in cui il reato associativo di per sé si concreta (Sez. 6, n. 15158 del 14/02/2001, Enea, Rv. 218953; Sez. 6, n. 10725 del 25/09/1998, COGNOME, Rv. 211743).
E si è osservato che l'elemento organizzativo deve essere valutato non solo e non tanto nel suo aspetto statico, quanto – soprattutto – nella sua dimensione dinamica, dimostrativa dell'esistenza di una "affectio societatis" destinata a perpetuarsi nel tempo e che sopravvive al singolo episodio criminoso. L'elemento "strutturale-organizzativo" assurge, infatti, ad elemento tipizzante-selettivo della fattispecie associativa destinato a fornire "materialità" al fatto, in ossequio a principio di necessaria (quantomeno) potenziale offensività del reato, sotto il profilo della idoneità e adeguatezza dell'azione a ledere in modo permanente il bene protetto (cfr in termini, Sez.3, n.6871 del 08/07/2016, dep.14/02/2017, Rv.269150 – 01, che ha osservato, più in particolare, che quando si evoca il requisito strutturale-organizzativo occorre tenere presente che il concetto di organizzazione comporta l'esistenza di una volontà "organizzante" di persone e cose che non necessariamente devono essere dedicate in via esclusiva allo scopo sociale, come se si trattasse, appunto, di un'azienda o del capitale sociale o di beni strumentali dell'impresa e che nel caso di associazioni per delinquere i beni possono essere -e normalmente sono – quelli di uso comune, indifferentemente utilizzati a scopi leciti o illeciti. Quel che rileva, appunto, è che il loro uso den l'esistenza della regola unificante che li organizza, quando necessario, in vista dello scopo; un'associazione per delinquere non è tale se rispecchia determinate caratteristiche strutturali -che non possono ovviamente essere predeterminate per legge- ma è tale se, a prescindere dalle forme organizzative scelte -eventualmente lecite e ad essa preesistenti o sovrapponibili- persegue il fine di commettere più delitti). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
E' stato, inoltre, anche chiarito che per la configurabilità di un'associazione per delinquere finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti non è necessaria l'esistenza di una struttura di tipo verticistico, ma è sufficiente un minimo sostrato organizzativo, anche "orizzontale", purché strumentale alla
realizzazione di uno scopo che si proietta oltre la consumazione dei singoli reatifine (Sez.3, n. 9457 del 06/11/2015, dep.08/03/2016, Rv.266286 – 01).
In definitiva, a fronte di un percorso argomentativo adeguato, non manifestamente illogico e corretto in diritto, le censure proposte dai ricorrenti si appalesano meramente contestative, ripetitive di censure già adeguatamente vagliate dai Giudici di appello e prive di confronto con le complessive argomentazioni esposte nella sentenza impugnata.
5.4. La Corte territoriale, poi, nel richiamare e confermare le argomentazioni del Tribunale ha ampiamente motivato in ordine al contributo partecipativo di ciascuno dei ricorrenti, valutando specificamente le relative risultanze probatorie e confutando le censure difensive mosse con l'atto di appello, con argomentazioni congrue e non manifestamente illogiche, nonchè conformi al principio di diritto secondo cui per la configurabilità della condotta di partecipazione ad un'associazione finalizzata al traffico illecito di stupefacenti non è richiesto un atto di investitura formale, ma è necessario che il contributo dell'agente risulti funzionale per l'esistenza stessa dell'associazione, connotandosi come consapevole ed effettivo contributo all'esistenza e al rafforzamento dell'associazione in un dato momento storico (Sez.3,n.22124 del 29/04/2015, Rv. 263662 – 01; Sez.4,n.51716 del 16/10/2013, Rv. 257905 – 01; Sez.6, n.34563 del 17/07/2019, Rv. 276692 -01).
Vanno, quindi, esaminate le singole posizioni.
Con riferimento a NOME NOME, detenuto nella terza sezione del Reparto Ligure, i Giudici di appello ne hanno individuato il ruolo specifico di custode dello stupefacente (nascondeva nella sua cella i borselli che entravano con oggetti proibiti, tra i quali la droga, poi distribuiti tra i detenuti che ne facevano richies in aderenza alle risultanze istruttorie costituite dalle dichiarazioni dei collaborator di giustizia NOME COGNOME e NOME COGNOME, di contenuto specifico e corroborate anche da riconoscimento fotografico del Valda, tra di loro convergenti e riscontrate dagli accertamenti di Pg che attestavano la sussistenza di periodi di detenzione comune dei propalanti e del Valda; hanno, quindi, evidenziato che l'assenza di sequestri a carico del Valda, questione posta con le censure difensive, costituiva circostanza assolutamente neutra, e che la mancata indicazione del COGNOME anche da parte degli altri collaboratori di giustizia era plausibilmente spiegabile con la considerazione che fx=stir non l'avessero conosciuto (pp. 93 e 94 della sentenza impugnata).
Con riferimento a COGNOME NOME e COGNOME NOME, entrambi detenuti nella quarta sezione del Reparto Ligure e nella stessa cella n. 16, i Giudici di appello, ne hanno individuato il ruolo specifico di addetti alle operazioni di taglio dello stupefacente da spacciare e in alcune occasioni anche di custodi dello stupefacente
( operavano nell'ambito del traffico di stupefacenti, in particolare di hashis conto di NOME NOME COGNOME) in aderenza alle risultanze istruttorie costituit dichiarazioni dei collaboratori di giustizia COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, di contenuto specifico, corroborate anche da riconoscimento fotografico e assolutamente convergenti tra di loro nonchè riscontrate dagli accertamenti di che attestavano la sussistenza di periodi di detenzione comune dei propalanti parte coincidente con quelli del Molinaro e del Quindici (pp 95 e 96 della senten impugnata).
Con riferimento alla posizione di COGNOME NOME, detenuto nella quart sezione del Reparto Ligure, i Giudici di appello, ne hanno individuato il ru specifico di addetto alla custodia ed al taglio dello stupefacente nella dispon del gruppo facente capo a COGNOME NOME COGNOME, nonchè, in alcune occasioni anch di preposto allo smercio dello stupefacente, in aderenza alle risultanze istru costituite dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia COGNOME NOME e NOME di contenuto specifico, frutto di una conoscenza diretta, corroborate riconoscimento fotografico del Porcino e convergenti tra di loro, nonchè riscontr dagli accertamenti di Pg che attestavano la sussistenza di periodi di detenz comune dei propalanti in parte coincidenti con quelli del Porcino (pp 97 e 98 de sentenza impugnata).
Con riferimento a Autore NOME, detenuto nella seconda sezione del Reparto Ligure, i Giudici di appello, lo hanno individuato come colui che organizzava gestiva il traffico di stupefacenti nella seconda sezione del Reparto Li (acquistava grossi quantitativi di hashish che faceva poi tagliare e spaccia altri detenuti coordinando l'attività di spaccio, avvalendosi di vari collabo primo tra tutti NOME NOME; ciò in aderenza alle risultanze istrut costituite dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia COGNOME NOME, COGNOME, COGNOME Giuseppe, nonchè, successivamente, dalle dichiarazioni di COGNOME, COGNOME NOME e COGNOME Eugenio; le dichiarazioni dei predetti era specifiche, frutto di conoscenza diretta e corroborate anche da riconoscimen fotografico dell'Autore ed erano convergenti tra di loro e trovavano ulteri riscontro negli accertamenti di Pg che attestavano la sussistenza di period detenzione comune dei primi tre collaboratori di giustizia e di Autore NOME ( 74,75, 76, 77,78 della sentenza impugnata). La Corte territoriale rimarcava che qualità di organizzatore e promotore di Autore NOME si evinceva chiarament dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, che avevano riferito del attività di coordinamento del traffico illecito nella sezione in cui era recluso, snodava dalla fondamentale ed imprescindibile fase dell'approvvigionamento dello stupefacente, di cui egli si interessava in prima persona, a quelle della cus del taglio e della successiva cessione dello stupefacente, attività che delega
altri detenuti; emergeva, quindi, un'attività di evidente rilevanza organizzativa relativa ad ogni fase del traffico dello stupefacente.
Con riferimento a COGNOME NOME, detenuto nella seconda sezione del Reparto Ligure, i Giudici di appello, ne hanno individuato il ruolo specifico di addetto alla custodia ed allo spaccio della sostanza stupefacente del gruppo facente capo a Autore NOME, in aderenza alle risultanze istruttorie costituite dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia COGNOME Tommaso e COGNOME, di contenuto specifico, frutto di una conoscenza diretta, corroborate da riconoscimento fotografico del COGNOME e convergenti tra di loro, nonchè riscontrate dagli accertamenti di Pg che attestavano la sussistenza di periodi di detenzione comune dei propalanti, nella stessa seconda sezione del Reparto Ligure, in parte coincidenti con quello del COGNOME (pp 78,79,80,81 della sentenza impugnata).
Con riferimento a COGNOME COGNOME, detenuto nella seconda sezione del Reparto Ligure, i Giudici di appello, ne hanno individuato il ruolo specifico di spesino addetto allo spaccio al dettaglio dello stupefacente ai vari acquirenti, in aderenza alle risultanze istruttorie costituite dalle dichiarazioni dei collaboratori giustizia COGNOME e COGNOME e del coimputato COGNOME COGNOME che nell'interrogatorio del 20/04/2022 rendeva dichiarazioni auto ed etero accusatorie (il COGNOME'COGNOME si autoaccusava del reato associativo e ammetteva di aver preso parte in prima persona al traffico di stupefacenti all'interno del carcere di Secondigliano, chiarendo che, in qualità di spesino, aveva ampia libertà di movimento e, quindi, anche in considerazione del suo lungo periodo di detenzione pari quasi a tre anni, poteva riferire di circostanze per conoscenza diretta, anche con riferimento a sezioni del carcere diverse da quella di appartenenza), così fornendo riscontro alle dichiarazioni dei due collaboratori di giustizia ed arricchendo il quadro probatorio che, in precedenza, era stato ritenuto incompleto dal Giudice per le indagini preliminari in sede di valutazione della richiesta del Pnrì di emissione di ordinanza cautelare nei confronti di Abbatiello; le dichiarazioni dei predetti erano specifiche, frutto di conoscenza diretta e corroborate da riconoscimento fotografico di Abbatiello ed erano convergenti tra di loro e trovavano ulteriore riscontro negli accertamenti di Pg che attestavano la sussistenza di periodo di detenzione comune dei propalanti e di Abbatiello (pp. 81,82,83 della sentenza impugnata). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Con riferimento a COGNOME NOME, detenuto nella seconda sezione del Reparto Ligure, i Giudici di appello, ne hanno individuato il ruolo specifico di principale collaboratore di Autore NOME nella gestione del traffico di stupefacente, in aderenza alle risultanze istruttorie costituite dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia COGNOME e del coimputato (COGNOME Eugenio nell'interrogatorio del 20/04/2022 rendeva dichiarazioni auto ed etero accusatorie,
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così fornendo riscontro alle dichiarazioni del COGNOME ed arricchendo il quadro probatorio che, in precedenza, era stato ritenuto incompleto dal Giudice per le indagini preliminari in sede di valutazione della richiesta del Pm di emissione di ordinanza cautelare nei confronti del COGNOME); le dichiarazioni dei predetti erano specifiche, frutto di conoscenza diretta e corroborate anche da riconoscimento fotografico del COGNOME ed erano convergenti tra di loro e trovavano ulteriore riscontro negli accertamenti di Pg che attestavano la sussistenza di periodo di detenzione comune dei propalanti e del Chirivino (pp. 83,84,85 e 86 della sentenza impugnata).
Con riferimento a COGNOME NOME, detenuto nella terza sezione del Reparto Ligure nella quale svolgeva anche il compito di spesino, i Giudici di appello, ne hanno individuato il ruolo specifico di addetto allo spaccio al dettaglio dello stupefacente ai vari acquirenti (egli svolgendo il compito di spesino, sfruttando la maggiore libertà di movimento consegnava la droga che prendeva dalla quarta sezione ai detenuti delle altre sezioni), in aderenza alle risultanze istruttori costituite dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia COGNOME NOME e COGNOME NOME e del coimputato COGNOME NOME (COGNOME Eugenio nell’interrogatorio del 20/04/2022 rendeva dichiarazioni auto ed etero accusatorie, così fornendo riscontro alle dichiarazioni dei predetti ed arricchendo il quadro probatorio che, in precedenza, era stato ritenuto incompleto dal Giudice per le indagini preliminari in sede di valutazione della richiesta del Pm di emissione di ordinanza cautelare nei confronti del COGNOME); le dichiarazioni dei predetti erano specifiche, frutto d conoscenza diretta e corroborate anche da riconoscimento fotografico del Polverino ed erano convergenti tra di loro e trovavano ulteriore riscontro negli accertamenti di Pg che attestavano la sussistenza di periodo di detenzione comune dei propalanti e del Polverino ( pp 91 e 92 della sentenza impugnata). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Con riferimento a NOME NOME COGNOME detenuto nella quarta sezione del Reparto Ligure, i Giudici di appello, in aderenza alle assolutamente convergenti dichiarazioni dei collaboratori di giustizia COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME COGNOME, COGNOME Tommaso, COGNOME NOME, ne hanno individuato il ruolo di capo ed organizzatore del traffico di stupefacenti all’interno del carcere di Secondigliano; la quarta sezione del Reparto Ligure era il fulcro del traffico illecito e il COGNOME ne era il capo e l’organizzatore: egli aveva strett accordo con un agente penitenziario che provvedeva ad introdurre nel carcere lo stupefacente (proveniente da Soccavo ove operava il clan Vigilia) e lo consegnava al predetto, il quale, poi, lo affidava ai soggetti che individuava per lo svolgimento dell’attività di taglio dello stupefacente e per la successiva attività di spaccio co distribuzione sia ai vari detenuti della sezione che a quelli di altre sezioni del Reparto Ligure; il COGNOME incassava i guadagni del traffico illecito e corrispondeva
uno stipendio mensile ai suoi collaboratori (pp 68,69 e 70 della sente impugnata)
Con riferimento a COGNOME NOME, detenuto nella quarta sezione del Repart Ligure, i Giudici di appello, ne hanno individuato il ruolo specifico di più s collaboratore del capo dell’organizzazione, NOME NOME COGNOME, quale “braccio destro” con ruolo di preminenza nella gestione del traffico illecit aderenza alle risultanze istruttorie costituite dalle dichiarazioni dei collabor giustizia COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, di contenuto specifico corroborate anche da riconoscimento fotografico dello COGNOME ed assolutament convergenti tra di loro nonchè riscontrate dagli accertamenti di Pg che attestav la sussistenza di periodi di detenzione comune dei propalanti in parte coincide con quelli di COGNOME NOME; la Corte territoriale precisava, a confutazione censure difensive, che le divergenze nelle indicazioni dei propalanti in ordine modalità di ingresso e modalità della custodia dello stupefacente erano so apparenti in quanto spiegabili con la circostanza che l’associazione criminosa suddivisa in sottogruppi, con distinte e diverse modalità di introduzione in car della droga e diversi luoghi di custodia dello stupefacente, e che, vi era comun una interscambiabilità nelle funzioni, soprattutto in quelle esecutive dei partecipi (pp 99,100,101 della sentenza impugnata); i Giudici di appel confermavano il ruolo di organizzatore di COGNOME NOMECOGNOME evidenziando come l convergenti e precise dichiarazioni dei collaboratori di giustizia lo indicavano c colui che, in sinergia con NOME NOME COGNOME gestiva il traffico dello stupefa del quale il fulcro era costituito, come già evidenziato, proprio dalla quarta se del Reparto Ligure, che distribuiva lo stupefacente anche alle altre sez (attraverso l’utilizzo di panieri per raggiungere le sezioni che si trovavano stessa verticale); la Corte di merito rimarcava anche che COGNOME unitamente a NOME NOME COGNOME aveva assunto decisioni di rilevan organizzativa e, cioè, l’individuazione del nascondiglio più sicuro pe stupefacente (all’interno della sala barberia del carcere). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Risultano, pertanto, puntualmente evidenziati in motivazione significativ elementi fattuali che comprovano lo stabile coinvolgimento dei ricorrenti nel dinamiche del gruppo associativo, emergendo dalla valutazione di tali element probatori la volontaria e consapevole realizzazione di concrete attività funzion apprezzabili come effettivo e operativo contributo all’esistenza e al rafforzame dell’associazione.
La motivazione è congrua e non manifestamente illogica e le censure mosse in questa sede dai ricorrenti sono meramente contestative, prive di confronto c le complessive argomentazioni esposte dalla Corte territoriale ed orientat sollecitare un riesame delle risultanze istruttorie, precluso in sede di legitti
Risulta, inoltre, corretta in diritto la qualificazione della condotta partecip di COGNOME NOME e Autore NOME in termini, ciascuno, di organizzatore d gruppo criminoso, in quanto basata – come suesposto – sulla individuazione delle concrete e rilevanti attività di coordinamento ed impiego delle risorse associat svolte da ciascuno.
Va ricordato che questa Corte ha affermato il principio, che va condiviso secondo cui, in tema di associazione per delinquere, la qualifica di organizzat spetta a colui il quale riveste il ruolo – anche non dall’inizio dell’associazi anche in unione ad altri – di coordinare ed assicurare la funzionalità delle stru di cui il sodalizio si compone, senza necessità che detto ruolo sia svolto riferimento all’associazione nella sua interezza (Sez.1, n.47741 del 29/11/2017 dep.19/10/2018, Rv.274369 – 01).
Tale principio è stato ribadito da Sez.3, n.2039 del 02/02/2018 dep.17/01/2019, Rv.274816 – 03, che ha precisato che la qualifica d organizzatore spetta a colui che, in autonomia, cura il coordinamento e l’impieg delle strutture e delle risorse associative nonché reperisce i mezzi necessari realizzazione del programma criminoso, ponendo in essere un’attività che assume i caratteri dell’essenzialità e dell’infungibilità, non essendo, invece, necessar Io stesso soggetto sia anche investito di compiti di coordinamento e di direzio dell’attività di altri soggetti. Si è osservato che, in materia di reati ass l’attribuzione a taluno del ruolo di “organizzatore” non implica che costui deb essere necessariamente investito di compiti di coordinamento e di direzione dell’attività di altri soggetti, rientrando piuttosto i detti compiti in quelli p “capi” e “dirigenti”, ma richiede soltanto che l’attività del soggetto abbia i re della essenzialità e della infungibilità, intesa, quest’ultima, peraltro, i relativo, e cioè come non facile intercambiabilità e non come assolut insostituibilità; requisiti i quali possono sussistere anche indipendentemente da continuità della suddetta attività; e nello stesso senso, più recentemente Sez.3, n. 18370 del 19/01/2024, Rv. 286272 – 02. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Ed è stato anche chiarito che una volta verificata l’esistenza, an rudimentale, della struttura e delle relazioni personali tra i componenti, per p affermare la qualità di “promotore” od “organizzatore” è necessaria la prova de ruolo in concreto svolto da coloro cui tale qualifica viene attribuita, atteso compartecipi di un’associazione priva di una struttura gerarchica non possono, pe ciò stesso ed in modo automatico, essere ritenuti “promotori” od “organizzatori (Sez. 6, n. 25698 del 15/06/2011, Rv.250515 – 01; Sez. 1, n. 17027 de 25/03/2003, Rv.224808 – 01).
Del pari corretta è la qualificazione della condotta partecípativa di NOME COGNOME quale capo ed organizzatore del gruppo criminoso basata – come
suesposto – sulla individuazione delle concrete e rilevanti attività svolte, non di reperimento ed introduzione nel carcere dei mezzi necessari alla realizzazio del programma criminoso ed all’effettivo impiego delle risorse associative ma anche di direzione e coordinamento dell’attività degli altri sodali; risulta evi che nella condotta del Vigilia si concentravano le due funzioni di capo organizzatore del gruppo criminoso, come delineate dai principi di diritto suespos
Ne consegue la manifesta infondatezza delle doglianze sollevate sul punto dai ricorrenti COGNOME Alfredo COGNOME Salvatore e COGNOME NOMECOGNOME
Il terzo motivo di ricorso di NOME NOME COGNOME è inammissibile.
La Corte di appello ha disatteso la doglianza difensiva qui ripropost valutando il periodo di scarcerazione del Vigilia (dal 11.8.2018 al 12.12.201 come breve e non rilevante ai fini della richiesta della retrodatazione della cond associativa contestata, spiegando che al rientro in carcere il NOME a proseguito nella condotta illecita mai definitivamente abbandonata.
La motivazione è congrua e non manifestamente illogica e si sottrae al sindacato di legittimità;
Il ricorrente, attraverso una formale denuncia di vizio di motivazione, richie sostanzialmente una rivisitazione, non consentita in questa sede, delle risulta processuali.
Nel motivo in esame, infatti, si espongono censure le quali si risolvono in u mera rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisi impugnata, sulla base di diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fa senza individuare vizi di logicità, ricostruzione e valutazione, quindi, preclu sede di giudizio di cassazione.
Vanno, poi, trattati congiuntamente perché oggettivamente connessi, il motivo di ricorso di COGNOME Salvatore, il secondo motivo di ricorso di COGNOME il primo motivo di ricorso di NOME e COGNOME PasqualeCOGNOME il primo motivo ricorso di NOMECOGNOME il secondo motivo di ricorso di COGNOME Alfredo COGNOME, primo motivo di ricorso di NOME COGNOME– motivi tutti non oggetto di rinunc in sede di appello -, il motivo di ricorso di COGNOME Raffaele COGNOMEnella parte relat mancato riconoscimento dell’ipotesi delittuosa di cui all’art. 74, comma 6, d.P n. 309/1990), il secondo motivo di ricorso di COGNOME, il secondo motivo ricorso di COGNOME NOME (nella parte relativa alla erronea applicazione dell 74, comma 6, d.P.R. n. 309/1990 e travisamento della prova), il terzo motivo d COGNOME NOME, il terzo motivo di COGNOME, il secondo motivo di COGNOME NOME, il terzo motivo di entrambi i ricorsi di COGNOME NOME, il motivo di ricorso di Autore AntonioCOGNOME
I motivi in esame, tutti afferenti a doglianze con le quali si prospett violazione di legge e vizio dì motivazione in relazione al diniego di configurabil
della fattispecie associativa di cui all’art. 74, comma 6, d.P.R. 309/1990, inammissibili e, comunque, manifestamente infondati.
Va osservato che costituisce orientamento consolidato che la fattispeci delittuosa di cui all’art. 74, comma 6, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, è configur a condizione che i sodali abbiano programmato esclusivamente la commissione di fatti di lieve entità, predisponendo modalità strutturali e operative incompat con fatti di maggiore gravità e che, in concreto, l’attività associativa manifestata con condotte tutte rientranti nella previsione dell’art. 73, comma d.P.R. n. 309 del 1990 (Sez. 6, n. 1642 del 09/10/2019, dep.16/01/2020 Rv.278098 – 01); ed è stato anche precisato che, ai fini della configurabilità reato di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti di lieve entità sufficiente considerare la natura dei singoli episodi di cessione accerta concreto, ma occorre valutare il momento genetico dell’associazione, nel senso che essa deve essere stata costituita per commettere cessioni di stupefacente lieve entità, e le potenzialità dell’organizzazione, con riferimento ai quantitat sostanze che il gruppo è in grado di procurarsi (Sez.3, n.44837 del 06/02/2018 Rv.274696 – 01, che ha precisato che “Siccome il reato di cui al d.P.R. n. 309 1990, articolo 74, allo stesso modo di tutte le fattispecie associative, è un re pericolo, ne deriva che il maggiore o minore grado di pericolosità dell’associazi non può essere legato solo ai singoli episodi di cessione accertati in concreto, deve tener conto della potenzialità dell’organizzazione di procurarsi quantita rilevanti di sostanze stupefacenti e tale dato costituisce la cifra che conse diversificare l’associazione tipica o ordinaria da quella costituita e successivam mantenuta in vita “per commettere i fatti descritti dal comma 5 dell’articolo 73
Si è anche rimarcato che, “pur se l’associazione sia finalizzata commissione di episodi di cessione che, considerati singolarmente, presentino l caratteristiche dei fatti descritti dall’art. 73, comma 5, dei d.P.R. 9 ottobr n. 309, deve essere esclusa l’ipotesi di cui all’art. 74, comma 6, del medes decreto quando, per la complessiva attività in concreto esercitata, per molteplicità degli episodi di spaccio, reiterati in un lungo arco di tempo, e p predisposizione di un’idonea organizzazione che preveda uno stabile e continuativo approvvigionamento di quantitativi rilevanti di sostanze stupefacenti, quell’atti sia incompatibile con il carattere della lieve entità (Sez.4, n. 3492 14/06/2017, Rv.270803 – 01); e si è chiarito che, ai fini dell’applicabilità fattispecie di cui all’art. 74, comma sesto, d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, sufficiente tener conto delle quantità effettivamente scambiate, ma occorre f riferimento anche a quelle trattate e offerte in vendita dai partecip all’associazione (Sez. 4, n. 38133 del 02/07/2013, Rv. 256289, che ha evidenziat che la complessiva attività di spaccio, in concreto esercitata, può esorbitare d
previsione di fatto di lieve entità, avuto riguardo alla molteplicità degli epis spaccio, al loro reiterarsi in ampio arco di tempo e alla predisposizione di un’ido e strutturata organizzazione).
Nella specie, la Corte territoriale, nel richiamare e condividere le valutazi del primo giudice, ha rimarcato il significativo dato quantitativo, le dimensioni durata nel tempo del traffico di stupefacenti (almeno dal 2014 al 2021 l’inserimento della realizzazione dei reati-fine nell’ambito di strategie e mod particolarmente insidiose messe a punto dal sodalizio criminoso, il luogo ove sodalizio operava (una struttura carceraria e, in particolare, un Reparto di A Sicurezza), il coinvolgimento di soggetti istituzionalmente tenuti alla funzione sovraintendere alla fase di esecuzione della pena, quali iiplurimi elementi ostat al riconoscimento della ipotesi di lieve entità di cui all’art. 74, comma 6, d.P. 309/1990; i Giudici di appello hanno anche evidenziato che i sodali non avevano concordato di limitarsi a condotte di spaccio occasionali o di lieve entità ma contrario avevano organizzato un vero e proprio sistema, operante per anni, per il continuo e duraturo approvvigionamento dello stupefacente, che contemplava la corruzione di alcuni poliziotti penitenziari (e, in particolare della gu penitenziaria COGNOME) ed il sostanziale controllo di un intero reparto carcere, con contatti di comunicazione all’esterno con i clan di appartenenz continuando, quindi, nell’operato illecito senza problemi nonostante lo stato detenzione (pp da 55 a 60 della sentenza impugnata).
La Corte territoriale ha, dunque, dato corretto rilievo non solo al d quantitativo delle singole cessioni ma al complesso e strutturato siste organizzativo posto in essere dal sodalizio criminoso, connotato da uno stabile continuativo approvvigionamento di quantitativi rilevanti di sostanze stupefacent e da una durata protrattasi per un lungo arco temporale.
Le argomentazioni sono congrue e prive di vizi logici nonchè conformi ai principi di diritto affermati da questa Corte in subiecta materia.
A fronte di un siffatto adeguato e corretto percorso argomentativo, i ricorren propongono censure meramente contestative, prive di confronto con le complessive argomentazioni della Corte di appello e, in sostanza, orientate sollecitare un riesame delle risultanze istruttorie, precluso in sede di legittim
8. Vanno, poi, esaminati il terzo motivo di ricorso di COGNOME Luisa e il quar motivo di ricorso di COGNOME NOME, censure entrambe afferenti alla sussistenza del circostanza aggravante di cui all’art. 74, comma 3, d.P.R. n. 309/1990.
Le censure sono inammissibili.
Dalla lettura della sentenza impugnata e, in particolare, della parte relativ riepilogo dei motivi di appello proposti da COGNOME (pagina 17), risulta che
questione relativa alla sussistenza della circostanza aggravante di cui all’art comma 3, d.P.R. n. 309/1990 non era stata oggetto di motivo di appello.
Va ricordato che è inammissibile il ricorso per cassazione con cui si deduca una violazione di legge verificatasi nel giudizio di primo grado, se non si proc alla specifica contestazione del riepilogo dei motivi di appello, contenuto n sentenza impugnata, che non menzioni la medesima violazione come doglianza già proposta in sede di appello, in quanto, in mancanza della predet contestazione, il motivo deve ritenersi proposto per la prima volta in cassazio e quindi tardivo (Sez.2, n.31650 del 03/04/2017,Rv.270627 – 01).
Va, quindi, richiamato l’orientamento costante di questa Corte (Sez. U. 30.6.99, Piepoli, Rv. 213.981) secondo cui la denuncia di violazioni di legge no dedotte con i motivi di appello costituisce causa di inammissibilità origina dell’impugnazione; non possono, quindi, essere dedotte con il ricorso pe cassazione questioni sulle quali il giudice di appello abbia correttamente omes di pronunciare, perché non devolute alla sua cognizione (Sez.3, n.16610 de 24/01/2017,Rv.269632), tranne che si tratti di questioni rilevabili di ufficio in stato e grado del giudizio o che non sarebbe stato possibile dedurre in preceden (Sez.2, n.6131 del 29/01/2016, Rv.266202), ipotesi che non ricorre nella specie
COGNOME NOME, come anticipato al paragrafo 2, ha rinunciato ai motivi d appello afferenti all’affermazione di responsabilità, insistendo nelle richies riqualificazione dei fatti nell’ipotesi di cui all’art. 74, comma 6, d.P.R. n. 309 nonchè nelle richieste di esclusione della qualità di capo e di organizzatore e n rideterminazione del trattamento sanzionatorio (motivi questi ultimi accolti dal Corte di appello).
Ebbene, la rinuncia a tutti i motivi di appello afferenti all’affermazion responsabilità deve ritenersi comprensiva anche di quei motivi concernenti l sussistenza delle circostanze aggravanti del reato, in quanto relativi a un p della decisione distinto e autonomo rispetto a quello afferente al trattame sanzionatorio. (Sez.4, n. 46150 del 15/10/2021, Rv.282413 – 01).
Peraltro, come si evince della parte relativa al riepilogo dei motivi di app proposti da COGNOME Luisa (pagina 12), risulta che la questione relativa sussistenza della circostanza aggravante di cui all’art. 74, comma 3, d.P.R. 309/1990 non era stata oggetto di motivo di appello. Anche sotto tale ulterio profilo, quindi, si profila l’inammissibilità del motivo.
Il secondo motivo di ricorso di COGNOME NOMECOGNOME nella parte in cui deduce erronea applicazione dell’art. 61 n. 9 e travisamento della prova inammissibile.
Il ricorrente, attraverso una formale denuncia di violazione di legge travisamento della prova, richiede sostanzialmente una rivisitazione, no consentita in questa sede, delle risultanze processuali.
Nel motivo in esame, infatti, si espongono censure le quali si risolvono in u mera rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisi impugnata, sulla base di diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fa senza individuare vizi di logicità, ricostruzione e valutazione, quindi, preclu sede di giudizio di cassazione (cfr. Sez. 1, 16.11.2006, n. 42369, COGNOME, R 235507; sez. 6, 3.10.2006, n. 36546, COGNOME, Rv. 235510; Sez. 3, 27.9.2006, n. 37006, COGNOME, Rv. 235508); la censura, peraltro, è anche priva del necessa confronto critico con la motivazione della Corte di appello (pagine 60 e 61), c ha individuato plurimi elementi fattuali (ambiente ristretto in cui oper l’organizzazione criminosa, i contatti tra i detenuti aventi maggior rilievo all’i del sodalizio criminoso, aventi contatto con le guardie penitenziarie, e qu svolgenti funzioni esecutive) dimostrativi della consapevolezza da parte di c (come il COGNOME) si curava delle fasi connesse all’approvvigionamento dell sostanza stupefacente delle specifiche modalità della condotta criminosa (e, cio del coinvolgimento di agenti di polizia penitenziaria).
10. Vanno, poi, trattati congiuntamente, perché oggettivamente connessi, il secondo motivo di ricorso di COGNOME Pasquale, il terzo motivo di COGNOME NOME, terzo motivo di COGNOME NOME, il quinto motivo di ricorso di COGNOME NOME, il sesto motivo di ricorso di COGNOME, il terzo motivo COGNOME NOME (nella parte relativa alla recidiva contestata), il quinto moti ricorso di COGNOME Salvatore a firma dell’avv. NOME COGNOME ed il quarto mot del ricorso di COGNOME Salvatore a firma dell’avv. NOME COGNOME.
Tali motivi, tutti afferenti al terna della sussistenza della contestata rec sono manifestamente infondati.
La Corte di appello ha confermato la sussistenza della recidiva contestata a predetti ricorrenti condividendo e richiamando le valutazioni del primo giudic (vedi pag 95 con riferimento a COGNOME NOME, p. 101, con riferimento a COGNOME Salvatore, p 81 con riferimento a COGNOME NOME, p 83 con riferimento a COGNOME NOME, p 86 con riferimento a COGNOME NOME, pp 92 e 93 con riferimento a COGNOME NOME, p 66 con riferimento a COGNOME Pasquale; e le pagi 281, 282 e 283 della sentenza di primo grado).
Il Giudice di primo grado con diffuse argomentazioni aveva specificamente valutato la sussistenza delle recidive contestate ai ricorrenti, consider innanzitutto, i precedenti penali degli imputati, evidenziandone la gravità circostanza che si trattava di reati della stessa indole e la vicinanza temporal il nuovo grave reato di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309/1990; valutava, poi, c
nuovo reato era stato commesso in carcere da soggetti pluripregiudicati, con duplice risultato di rendere del tutto inutile il profilo rieducativo della pe evidenziare che le organizzazioni criminali erano in grado di operare anch all’interno di un carcere di massima sicurezza; da tali rilievi veniva tra conseguente considerazione che la ricaduta nell’ulteriore grave reato oggetto d presente procedimento, tenuto conto delle modalità e circostanze del fatto, e espressione di una maggiore pericolosità e di una tendenza a delinquer incontenibile.
La valutazione dei Giudici di merito è conforme ai principi di diritto afferma da questa Corte in subiecta materia.
Secondo la condivisibile giurisprudenza di questa Corte, infatti, l’applicazi dell’aumento di pena per effetto della recidiva facoltativa attiene all’esercizio potere discrezionale del giudice, del quale deve essere fornita adegua motivazione, con particolare riguardo all’apprezzamento dell’idoneità della nuov condotta criminosa in contestazione a rivelare la maggior capacità a delinquer del reo, conseguendo da ciò un preciso onere motivazionale da parte del giudice nell’ipotesi di aggravamento della pena per effetto della ritenuta recidiva (Se n.34702 del 16/07/2008, Rv.240706;Sez.5, n.46452 del 21/10/2008, Rv.242601; Sez.6, n.42363 del 25/09/2009, Rv.244855; Sez.6, n. 14550 del 15/03/2011, Rv. 250039; Sez. 3, n.19170 del 17/12/2014, dep.08/05/2015, Rv.263464).
Compito del giudice è quello di verificare in concreto se la reiterazio dell’illecito sia sintomo effettivo di riprovevolezza della condotta e di perico del suo autore, avuto riguardo alla natura dei reati, al tipo di devianza di cu sono il segno, alla qualità e al grado di offensività dei comportamenti, alla dist temporale tra i fatti e al livello di omogeneità esistente tra loro, all’ev occasionalità della ricaduta e a ogni altro parametro individualizzante significat della personalità dell’imputato e del grado di colpevolezza, al di là del me indifferenziato riscontro formale dell’esistenza di precedenti penali, comportan ciò un preciso onere motivazionale a carico del giudice qualora intenda avvalers della facoltà discrezionale di aggravare la pena.
Nella specie, i Giudici di merito hanno compiutamente adempiuto all’onere motivazionale, rimarcando non solo i precedenti degli imputati ma anche la natura omogenea degli stessi, le modalità e circostanze del nuovo reato, quali element che, complessivamente valutati, davano atto che il nuovo delitto commesso fosse espressione di una elevata capacità a delinquere.
I ricorrenti non possono fondatamente dolersi della mancanza di una più approfondita disamina dei motivi di appello, atteso che, come già è stato chiari (Sez.4, n.19043 del 29/03/2017, Rv.269886; Sez. 2, n. 19619 del 13/02/2014, Bruno, Rv. 25992901; Sez. 5, n. 3751 del 15/02/2000, Re Carlo, Rv. 21572201),
è legittima la motivazione della sentenza di appello che, disattendendo le censu dell’appellante, si uniformi, sia per la ratio decidendi, sia per gli elementi di prova, ai medesimi argomenti valorizzati dal primo giudice, soprattutto se la consisten probatoria di essi è così prevalente e assorbente da rendere superflua og ulteriore considerazione. Nè i ricorrenti deducono specifici elementi pretermes dalla Corte di appello, che avrebbero inciso in maniera significativa su valutazione già compiuta dal primo giudice e condivisa dalla Corte di appello.
11. Vanno, quindi, esaminati il motivo di ricorso di COGNOME NOME (nel I v , parte relativo 4zio di motivazione4Pentità della pena irrogata), il terzo motivo ricorso di NOMECOGNOME con il quale si deduce inosservanza dell’art. 62-bis cod. e vizio di motivazione, il secondo ed il terzo motivo di ricorso di NOME con i quali si deduce violazione degli artt. 62-bis e 133 cod.pen. e vizi motivazione, il secondo ed il terzo motivo di ricorso di NOME COGNOME co quali si deduce violazione degli artt. 62-bis e 133 cod.pen. e vizio di motivazio il sesto motivo di ricorso di COGNOME NOME, il quinto motivo di ricorso COGNOME, il sesto motivo di ricorso di COGNOME Salvatore a firma dell’ NOME COGNOME con i quali i predetti ricorrenti lamentano violazione di legg vizio di motivazione in relazione alla mancata applicazione delle concess circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza, nella massim estensione, rispetto alle contestate aggravante; il quinto motivo di ricor Autore NOME, con il quale si lamenta la mancata applicazione in regime di prevalenza delle concesse circostanze attenuanti generiche; il terzo motivo ricorso di COGNOME NOME nella parte in cui si deduce vizio di motivazion relazione alla individuazione di una pena superiore ai minimi edittali.
11.1. Il motivo di ricorso di COGNOME NOME è manifestamente infondato.
La sentenza impugnata ha fatto corretto uso dei criteri di cui all’art. cod.n., ritenuti sufficienti dalla Giurisprudenza di legittimità, per la co motivazione in termini di determinazione della pena; la Corte territoriale, rideterminare in melius l’entità della pena determinata dal primo giudice ha richiamato la scelta collaborativa dell’imputata.
Va ricordato che, ai fini del trattamento sanzionatorio, è sufficiente ch giudice di merito prenda in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 cod. quello (o quelli) che ritiene prevalente e atto a consigliare la determinazione pena; e il relativo apprezzamento discrezionale, laddove supportato da un motivazione idonea a far emergere in misura sufficiente il pensiero dello stes giudice circa l’adeguamento della pena concreta alla gravità effettiva del reat alla personalità del reo, non è censurabile in sede di legittimità se congruame motivato. Ciò vale, a fortiori, anche per il giudice d’appello, il quale, pur non dovendo trascurare le argomentazioni difensive dell’appellante, non è tenuto
un’analitica valutazione di tutti gli elementi, favorevoli o sfavorevoli, dedotti parti, ma, in una visione globale di ogni particolarità del caso, deve indicare q ritenuti rilevanti e decisivi ai fini della concessione o del diniego, rima implicitamente disattesi e superati tutti gli altri, pur in carenza di contestazione (Sez.2, n.19907 del 19/02/2009, Rv.244880; Sez.4, 4 luglio 2006, n. 32290).
Del resto, in tema di determinazione della pena, quando la pena venga irrogata in misura pari o prossima al minimo edittale, come nella specie, l’obbl di motivazione del giudice si attenua, sicché è sufficiente anche il richiamo a cr di adeguatezza, nel quale sono impliciti gli elementi di cui all’art. 133 cod (Sez. 2,n.28852 del 08/05/2013 dep.08/07/2013, Rv. 256464, Sez. 4, 21 settembre 2007, n. 38536).
11.2. Il terzo motivo di ricorso di NOME è manifestamente infondato.
La Corte territoriale, richiamando la personalità negativa dell’imputato com emergente dal certificato penale, ha, con motivazione congrua e logica, assolt all’obbligo di motivazione circa la mancata applicazione delle circostan attenuanti generiche nella massima estensione.
Al riguardo, va osservato che è stato anche affermato che la mancata concessione delle attenuanti generiche nella massima estensione di un terzo non impone al giudice di considerare necessariamente gli elementi favorevoli dedotti dall’imputato, sia pure per disattenderli, essendo sufficiente che nel riferimen quelli sfavorevoli di preponderante rilevanza- come avvenuto nella specieritenuti ostativi alla concessione delle predette attenuanti nella mass estensione, abbia riguardo al trattamento sanzionatorio nel suo complesso ritenendolo congruo rispetto alle esigenze di individualizzazione della pena, ex a 27 Cost. (Sez.7, n.39396 del 27/05/2016,Rv.268475; Sez.2 n. 17347 del 26/01/2021, Rv.281217 – 01).
11.3. Il secondo ed il terzo motivo di ricorso di NOME son inammissibili.
La Corte di appello, nel rideterminare in melius l’entità della pena irrogata dal primo giudice ha richiamato la scelta collaborativa dell’imputato, riducendo la pe base al minimo edittale, con le già concesse circostanze attenuanti generiche regime di equivalenza con le contestate aggravanti.
Il ricorrente con i motivi in esame lamenta che la Corte di appello non avrebb tenuto conto nel determinare la pena “di elementi oggettivi e soggettivi di fav che dovevano inevitabilmente trovare stretta corrispondenza nella entità d trattamento punitivo” e il mancato riconoscimento del “beneficio concesso dell attenuanti generiche nella misura di giustezza logica”.
Tali motivi sono del tutto generici e privi di concretezza. I motivi, quindi, caratterizzandosi per assoluta genericità, integrano la violazione dell’art. 581 lett. d) cod.proc.pen., che nel dettare, in generale, quindi anche per il ricorso per cassazione, le regole cui bisogna attenersi nel proporre l’impugnazione, stabilisce che nel relativo atto scritto debbano essere enunciati, tra gli altri, “I motivi, co l’indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto ch sorreggono ogni richiesta”; violazione che, ai sensi dell’art. 591 comma 1, lett. c) cod.proc.pen., determina, per l’appunto, l’inammissibilità dell’impugnazione stessa (cfr. Sez. 6, 30.10.2008, n. 47414, Rv. 242129; Sez. 6, 21.12.2000, n. 8596, Rv. 219087).
11.4. Il secondo ed il terzo motivo di ricorso di NOME Salvatore sono inammissibili.
La Corte di appello, nel rideterminare in melius l’entità della pena irrogata dal primo giudice ha richiamato la scelta collaborativa dell’imputato e, previa esclusione della recidiva, ha ridotto la pena base al minimo edittale, applicando le circostanze attenuanti generiche in regime di prevalenza sulle ulteriori aggravanti, non nella massima estensione in ragione della personalità negativa dell’imputato, come emergente dal certificato penale.
Il ricorrente con i motivi in esame lamenta che hi£3225:11Eaffiste~e la Corte di appello non avrebbe tenuto conto nel determinare la pena “di elementi oggettivi e soggettivi di favore che dovevano inevitabilmente trovare stretta corrispondenza nella entità del trattamento punitivo” e il mancato riconoscimento del “beneficio concesso delle attenuanti generiche nella misura di giustezza logica”.
Tali motivi sono del tutto generici e privi di concretezza e, quindi, inammissibili, sulla base delle argomentazioni di cui al paragrafo che precede, che si richiamano.
11.5. Il sesto motivo di ricorso di COGNOME NOME, il quinto motivo di ricorso di COGNOME, il sesto motivo di ricorso di COGNOME Salvatore a firma dell’avv. NOME COGNOME e il quinto motivo di ricorso di NOME NOMECOGNOME sono manifestamente infondati.
I ricorrenti lamentano la mancata applicazione delle circostanze attenuanti con regime di prevalenza, previa esclusione della recidiva.
Va rilevato, innanzitutto, come sono stati già valutati manifestamente infondati i motivi proposto & dai predetti ricorrenti in ordine alla ritenuta applicabilità della recidiva, richiamando a tal proposito le argomentazioni esposte al paragrafo 10.
Va, poi, osservato che la Corte di appello ha espresso adeguata e corretta motivazione in ordine alle ragioni giustificatrici del giudizio di equivalenza delle concesse attenuanti generiche con le contestate aggravanti.
Con riferimento alla posizione di COGNOME, la Corte territoriale ha d correttamente atto che, in ragione della sussistenza della recidiva di cui all’ar comma 4, cod.pen. Or operava il divieto di cui all’art. 69 comma 4 cod.pen..
Giova ricordare che questa Corte ha valutato come manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 69, comma quarto, cod. pen. contrasto con gli artt. 3, 25 e 27 Cost., nella parte in cui prevede il div prevalenza delle attenuanti generiche sulla recidiva reiterata di cui all’ar comma quarto, cod. pen., trattandosi di disposizione derogatoria all’ordina disciplina del bilanciamento, non trasmodante nella manifesta irragionevolezza o nell’arbitrio, in quanto riferita ad un’attenuante comune che, come tale, non h funzione di correggere la sproporzione del trattamento sanzionatorio, ma d valorizzare, in misura contenuta, la componente soggettiva del reato qualifica dalla plurima ricaduta del reo in condotte trasgressive di precetti penalme sanzionati (Sez.3, n. 29723 del 22/05/2024, Rv.286747 – 01; Sez.6,n.16487 del 23/03/2017, Rv.269522 – 01).
Con riferimento alla posizione di COGNOME Salvatore e Autore NOME, la Corte territoriale ha condiviso il giudizio del primo giudice, che av ritenuto congruo il regime di equivalenza tra le attenuanti generiche e contestate aggravanti in ragione della natura della sostanza stupefacente ogget del traffico illecito e dell’ambito circoscritto della piazza di spaccio (vedi p 281 sentenza di primo grado), sottolineando per Autore NOME anche, quale elemento ulteriore, i precedenti penali dell’imputato.
In tale motivazione non vi è alcuna manifesta illogicità o carenza sindacabil in questa sede.
Infatti, secondo l’orientamento di questa Corte, condiviso dal Collegio, per corretto adempimento della motivazione in tema di bilanciamento di circostanze eterogenee è sufficiente che il giudice dimostri di avere considerat sottoposto a disamina gli elementi enunciati nella norma dell’art. 133 cod. pen gli altri dati significativi, apprezzati come assorbenti o prevalenti su quelli di opposto, essendo sottratto al sindacato di legittimità, in quanto espressione potere discrezionale nella valutazione dei fatti e nella concreta determinazi della pena demandato al detto giudice, il supporto motivazionale sul punto quando sia aderente ad elementi tratti obiettivamente dalle risultanze processuali e altresì, logicamente corretto (Sez.2, n.3610 del 15/01/2014, Rv.260415; Sez.5,n.5579 del 26/09/2013, dep.04/02/2014, Rv.258874 – 01; Sez.4, n.25532 del 23/05/2007, Rv.236992). E si è precisato che non incorre nel vizio del difet di motivazione la sentenza che ometta di indicare i motivi per i quali il giud nella specie d’appello, abbia confermato il giudizio di equivalenza fra circostan formulato dal giudice di primo grado, in quanto é sufficiente la sola enunciazio
della eseguita valutazione delle circostanze concorrenti (Sez.7, n. 11571 d 19/02/2016, Rv.266148;Sez.3, n.116 del 22/11/2013, dep.07/01/2014, Rv.258147).
11.6. Il terzo motivo di ricorso di COGNOME Pietro, nella parte in cui si de vizio di motivazione in relazione alla individuazione di una pena superiore ai minim edittali, è manifestamente infondato.
La Corte di appello ha congruamente motivato in ordine alle ragioni che giustificavano la determinazione della pena base in misura superiore al minimo edittale, richiamando la personalità negativa del COGNOME, come emergente dai numerosi e specifici precedenti di cui al certificato penale in atti, ed il specifico svolto nel sodalizio criminoso (trattandosi di “spesino”, e come tale dot di maggiore libertà di movimento all’interno del Reparto, che provvedeva alla consegna della droga ai detenuti incaricati dello spaccio al dettaglio d stupefacente).
Va ricordato che, ai fini del trattamento sanzionatorio, è sufficiente ch giudice di merito prenda in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 cod.p quello (o quelli) che ritiene prevalente e atto a consigliare la determinazione d pena; e il relativo apprezzamento discrezionale, laddove supportato da una motivazione idonea – come nella specie – a far emergere in misura sufficiente pensiero dello stesso giudice circa l’adeguamento della pena concreta alla gravi effettiva del reato e alla personalità del reo, non è censurabile in sede di legit se congruamente motivato.
Vanno, infine, esaminate le questioni di legittimità costituzionale dell’ 74 d.P.R. n. 309/1990 sollevate con il terzo motivo di ricorso di COGNOME con il sesto motivo di ricorso di Autore NOME.
La questione sollevata da COGNOME COGNOME, con generico richiamo all’ordinanza di rimessione della questione del Tribunale di Brescia del 6/11/2023, è stata g dichiarata manifestamente infondata dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 138 depositata 19/7/2024. La Consulta ha dichiarato inammissibili, con riferimento agli artt. 3 e 27 Cost., le questioni di legittimità costituzionale d 74 d.P.R. n. 309 del 1990, nella parte in cui, al comma 1, punisce chi promuove costituisce, dirige, organizza o finanzia un’associazione finalizzata a commette più delitti tra quelli previsti dal precedente art. 73 con la reclusione non inf agli anni venti, anziché con la reclusione non inferiore agli anni sette; non nella parte in cui, al comma 2, punisce chi partecipa all’associazione con reclusione non inferiore agli anni dieci, anziché con la reclusione non inferiore anni cinque. La Corte Costituzionale pur riconoscendo che, in rapporto alla fattispecie criminosa dell’associazione finalizzata al narcotraffico, si registra fenomenologia, in termini di ‘frattura sanzionatoria’ tra ipotesi ordinaria’ e i
‘lieve’ del reato”, analoga a quella censurata con la sentenza n. 40 del relativamente ai delitti di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990, la C dichiarato l’inammissibilità delle questioni, affermando che al vulnus denunciato non é possibile porre rimedio nel modo indicato dal rimettente, ossia mediant l’allineamento dei minimi edittali della fattispecie maior ai massimi della minor.
E’ stato rimarcato che tale soluzione “venne scartata (…) già con riferim al delitto di cui all’art. 73, comma 1, t.u. stupefacenti, sul presupposto c continuità nella progressione dell’offesa non deve necessariamente corrisponder una continuità della risposta sanzionatoria, ben potendo la tenuità o levità del essere prese in considerazione dal legislatore a diverso titolo e con effe possono determinare spazi di discrezionalità discontinua nel trattament sanzionatorio”.
Si è, quindi, osservato che, “sarebbe illogico e contraddittorio che il cri allora scartato venisse impiegato oggi con riguardo alla fattispecie associativ cui all’art. 74 t.u. stupefacenti”, tanto più che, ove tale criterio venisse a produrrebbe “un rilevantissimo abbattimento della risposta punitiva minima a fatt che, nella valutazione legislativa, presentano un disvalore particolarmen marcato, in ragione del connubio, che con essi si realizza, tra associazioni criminale e mercato della droga”.
A differenza della soluzione adotta con l’indicata sentenza n. 40 del 2019, n caso in esame non è rinvenibile una pena che possa essere utilmente impiegata come parametro per riequilibrare l’assetto sanzionatorio censurato. Infatti, disciplina penale degli stupefacenti non lascia emergere, con riguardo alla figu criminosa in questione, norme omologhe a quelle utilizzate dalla sentenza n. 4 del 2019 per l’intervento sulla cornice edittale del delitto di cui all’art. 73, 1, t.u. stupefacenti”.
Infine, la Consulta non ha ritenuto attuabile il confronto con i minimi editt comminati da altre fattispecie associative speciali, le quali, pur prescindendo d finalità di volta in volta perseguite, non prevedono, come il censurato art. alcuna distinzione tra fattispecie “ordinaria” e fattispecie “di lieve entità”.
Vanno richiamate anche le condivisibili pronunce di questa Corte sulla questione.
Questa Corte con la sentenza della Sez.6, n. 4445 del 02/12/2004, dep.08/02/2005, Rv. 230758 – 01 ha ritenuto manifestamente infondata, con riferimento agli articoli 3 e 27 Cost., la questione di legittimità costituz dell’art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (T.U. delle leggi in mater stupefacenti), nella parte in cui non configura un distinto reato associativo, m gravemente sanzionato, per il caso di gruppi finalizzati al traffico di sos riconducibili alla II ed alla IV delle tabelle previste dall’art. 14 del T.U.
Costituisce infatti legittimo esercizio della discrezionalità legislativa la scelta di no differenziare le pene per l’associazione, riguardata nella sua essenza unitaria di fenomeno organizzativo per scopi criminali, pur essendo comminate sanzioni diverse, secondo la natura dello stupefacente che ne costituisce l’oggetto, quanto alle specifiche condotte di narcotraffico. Né tale scelta contrasta con il più mite trattamento sanzionatorio previsto dal sesto comma dello stesso art. 74 per le associazioni finalizzate alla commissione di fatti di “lieve entità”, poiché per esse è logicamente prospettabile una minor rilevanza criminale proprio sotto il profilo organizzatorio, quale diretta implicazione delle circostanze delineate al comma quinto del precedente art. 73.
Ed in precedenza anche Sez.6, n. 11526 del 16/02/2022, Rv. 283049 – 01, aveva affermato che è manifestamente infondata, con riferimento agli artt. 3 e 27 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell’art. 74 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, nella parte in cui non configura un distinto reato associativo, meno gravemente sanzionato, per il caso di gruppi finalizzati al traffico di sostanze riconducibili alla II ed alla IV delle tabelle previste dall’art. 14 del T.U., costituen legittimo esercizio della discrezionalità legislativa la scelta di non differenziare l pene per l’associazione, riguardata nella sua essenza unitaria di fenomeno organizzativo per scopi criminali, a seconda della natura dello stupefacente che ne costituisce l’oggetto, quanto alle specifiche condotte di narcotraffico.
La questione sollevata da COGNOME COGNOME è, dunque, manifestamente infondata, non prospettando argomentazioni e profili diversi da quelli già valutati dalla Consulta.
Manifestamente infondata è anche la questione sollevata da Autore NOME.
Va richiamata la condivisa affermazione di questa Corte, che ha dichiarato già manifestamente infondata, con riferimento agli articoli 3 e 27 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell’art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, nella parte in cui prevede un trattamento sanzionatorio più severo rispetto alle altre fattispecie associative di cui agli artt. 416, 416-bis, 270 e 270-bis cod. pen., in considerazione del diverso bene giuridico tutelato – la salute pubblica in un caso e l’ordine pubblico e la personalità dello Stato nell’altro – e dell’ampia discrezionalità con cui il giudice può stabilire il trattamento sanzionatorio, adeguandolo al diverso disvalore delle singole violazioni in modo da realizzare la finalità rieducativa cui la pena deve tendere (Sez.4,n. 40903 del 28/06/2016, Rv.268229 – 01; Sez.6, n. 5560 del 26/09/2019,dep.12/02/2020,Rv.278208 – 01).
Si è sottolineato in tali pronunce che la Corte Costituzionale, con orientamento costante, abbia da tempo affermato il principio che il legislatore, in presenza di situazioni diverse e in applicazione del principio di uguaglianza, può prevedere una disciplina diversa, purché le predette situazioni siano identificate m- modo non
irragionevole e rispettando il principio di proporzionalità (ex plurimis sentenza n. 83 del 2010). La Corte Costituzionale conseguentemente, ha ritenuto che i principi di uguaglianza, di ragionevolezza cdi proporzionalità, possono dirsi violati so quanto il legislatore, senza alcuna plausibile e ragionevole giustificazione, tra maniera sensibilmente diversa una fattispecie rispetto ad un’altra fattispecie quale, per le sue similitudini e analogie con la prima sia idonea a fungere tertium comparationís (cfr Corte Cost. ordinanza n. 240 del 2011). Si è osservato che l’inasprimento della pena di cui all’art. 74 d.P.R. 309/90 non collide con l 3 Cost. atteso che appare giustificato dal fatto che l’associazione per delinq finalizzata al traffico di stupefacenti è un reato che espone a diretto e immedi pericolo valori essenziali della collettività generale, quali la salute pubblica, e l’integrità psicofisica di una moltitudine di individui. Ne discende che non app quindi irragionevole che il legislatore punisca più severamente un’organizzazione criminale che con la propria condotta contribuisca a compromettere la salute e l vita di una moltitudine indeterminata di soggetti per fini di lucrò, rispet organizzazioni (quali ad esempio le associazioni eversive o terroristiche ovver quelle di stampo mafioso) le quali, pur accettando, peraltro non sempre e non necessariamente, la possibilità di dover compiere atti di violenza fisica, individu pur sempre le loro vittime tra soggetti o gruppi determinati, e, in ogni caso, pongono la lesione dell’altrui integrità psico-fisica come l’effetto inevitabile loro azione La scelta discrezionale del legislatore circa la modulazione d trattamento sanzionatorio non può definirsi arbitraria o ingiustificata, sopratt in considerazione del persistente dilagare del fenomeno criminoso e dello scopo di lucro sempre sotteso alla commissione di tale reato, che comporta la diffusione d sostanze nocive per la salute pubblica e privata. Occorre tenere presente differente bene giuridico tutelato dalle associazioni di cui agli artt. 416, 416 270 e 270 bis cod. pen. (ovvero l’ordine, pubblico e la personalità dello Stat quello di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309/90, ovvero la salute collettiva, consi sin dal codice del 1931 un bene fondamentale da proteggere con sanzioni assai più severe rispetto ad altri beni giuridicamente protetti, laddove, ad esempio fattispecie di cui all’art. 438 cod. pen., ovvero l’epidemia, cui può essere accos lo spaccio di ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti, è punita con la massima dell’ergastolo. La differenza di bene giuridico tutelato giustifica, dunqu la differenza di trattamento sanzionatorio. E l’inasprimento della pena di cui all 74 d.P.R. 309/90 non si pone in contrasto neppure con l’art. 27, terzo comma, Cost., in quanto la finalità rieducativa della pena non viene meno laddove si osser che il giudice ha ampia discrezionalità in ordine alla graduazione della pena e c la norma prevede una forbice significativa tra il minimo ed il massimo edittale. proprio la previsione di un minimo e di un massimo consente al giudice di stabilir Corte di Cassazione – copia non ufficiale
il trattamento sanzionatorio adeguandolo al diverso disvalore delle singole violazioni rientranti nella previsione della norma, così realizzando la finalità
rieducativa cui la pena stessa deve tendere.
Rispetto a tale quadro di riferimento la questione, per come prospettata nel presente procedimento, è sostanzialmente sovrapponibile a quella già esaminata
e non presenta caratteri di difformità tali da indurre a ripensare le considerazioni già esposte. Ne discende, come anticipato, la manifesta infondatezza del motivo
di ricorso.
13. Consegue, pertanto, come anticipato, la declaratoria di inammissibilità dei ricorsi.
14. Essendo i ricorsi inammissibili e, in base al disposto dell’art. 616 cod. proc.
pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna dei
ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata in
dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 31/01/2025