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Associazione terroristica: quando manca la struttura?

La Corte di Cassazione ha esaminato un caso di presunta associazione con finalità di terrorismo e propaganda razziale. Ha stabilito che per configurare il reato di terrorismo non basta la comunanza ideologica, ma serve una struttura organizzativa concreta e capace di agire, escludendo il reato per il gruppo in questione. Ha però confermato la gravità indiziaria per il reato di propaganda, basata sulla diffusione di contenuti estremisti online.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Associazione con finalità di terrorismo: quando l’ideologia non basta

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sentenza n. 25206/2025) offre un’analisi cruciale sui criteri necessari per distinguere una vera e propria associazione con finalità di terrorismo da un gruppo di individui accomunati da ideologie estremiste, ma privi di una concreta capacità operativa. La pronuncia chiarisce che la sola condivisione di idee radicali e la propaganda online non sono sufficienti per configurare il grave delitto previsto dall’art. 270-bis del codice penale.

I Fatti del Caso: Dalla Propaganda Online all’Accusa di Terrorismo

Il caso ha origine da un’indagine su un individuo accusato di due distinti reati: partecipazione ad un’associazione con finalità di terrorismo (art. 270-bis c.p.) e propaganda e istigazione a delinquere per scopi di discriminazione razziale, etnica e religiosa (art. 604-bis c.p.). Inizialmente, il Giudice per le indagini preliminari aveva emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per entrambi i reati.

L’Ordinanza del Tribunale del Riesame

Successivamente, il Tribunale del Riesame di Bologna, riesaminando il caso, aveva annullato l’ordinanza per quanto riguarda l’accusa di terrorismo. Secondo il Tribunale, sebbene il gruppo manifestasse un’ideologia estremista e avesse tentato azioni come un volantinaggio e una riunione, queste si erano rivelate fallimentari e sintomatiche di un’organizzazione rudimentale, priva di mezzi e di una struttura stabile capace di attuare un programma criminoso. Il Tribunale aveva invece confermato la gravità indiziaria per il reato di propaganda razziale, ritenendo provata l’attiva partecipazione dell’indagato alla diffusione di contenuti discriminatori su canali telematici.

La Decisione della Cassazione e i requisiti per l’associazione con finalità di terrorismo

La Procura della Repubblica e la difesa dell’indagato hanno entrambe proposto ricorso in Cassazione. La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso del Pubblico Ministero e ha rigettato quello dell’indagato, confermando di fatto la valutazione del Tribunale del Riesame.

La Corte ha ribadito un principio fondamentale: per la sussistenza di un’associazione con finalità di terrorismo, non è sufficiente individuare un gruppo di persone unite da una base ideologica. È essenziale dimostrare l’esistenza di una consolidata struttura organizzativa dotata di una capacità concreta di esprimere un programma criminoso. Tale capacità deve essere valutata in relazione al numero dei soggetti, ai mezzi a disposizione e alla natura dei contatti, che devono essere tali da rendere plausibile il passaggio all’azione.

Nel caso specifico, il gruppo mancava di mezzi adeguati (anche finanziari), i suoi collegamenti erano principalmente telematici e non erano strutturalmente legati a organizzazioni più consolidate. I tentativi di azione operativa si erano dimostrati inefficaci, dimostrando l’inidoneità del gruppo a costituire una minaccia concreta.

Le Motivazioni

La Corte ha motivato la propria decisione distinguendo nettamente i due piani di accusa. Per il reato di terrorismo (art. 270-bis c.p.), la Cassazione ha sottolineato che l’analisi del Tribunale era corretta: il carattere rudimentale dell’organizzazione, l’assenza di armi, il fallimento delle iniziative pratiche e la natura velleitaria dei progetti (come un ipotetico attentato mai diventato progetto operativo) escludevano la configurabilità del reato associativo. I giudici hanno specificato che le attività online, pur rilevanti, non potevano da sole sopperire alla mancanza di un effettivo assetto organizzativo capace di sovvertire l’ordinamento dello Stato con atti di violenza.

Per quanto riguarda invece il reato di propaganda (art. 604-bis c.p.), la Corte ha ritenuto fondata l’accusa. L’adesione piena dell’indagato a gruppi e canali telematici che diffondevano contenuti di impronta razzista, antisemita e negazionista, unita al suo impegno nel proselitismo, costituiva un contributo concreto e un rafforzamento del proposito di divulgare tali contenuti. La sua condotta, quindi, integrava pienamente gli estremi del reato contestato.

Infine, riguardo alle esigenze cautelari, la Corte ha confermato la sussistenza del pericolo di reiterazione del reato. Nonostante un affievolimento dei contatti dell’indagato con il gruppo, la durata pregressa di tali rapporti, la gravità delle condotte e la sua personalità fragile e proclive a propositi estremi sono stati ritenuti elementi sufficienti a giustificare il mantenimento di una misura cautelare (nel frattempo modificata dalla custodia in carcere all’obbligo di dimora).

Le Conclusioni

Questa sentenza è di grande importanza perché traccia una linea netta tra l’attività di propaganda, pur penalmente rilevante, e la partecipazione a un’associazione terroristica. La Cassazione chiarisce che per quest’ultimo, gravissimo reato, è necessaria la prova di un quid pluris rispetto alla mera condivisione ideologica: una struttura organizzata, stabile e dotata di una concreta potenzialità offensiva. La decisione sottolinea come il diritto penale debba colpire i fatti concreti e pericolosi, senza scivolare nella punizione delle sole intenzioni o delle manifestazioni di pensiero, per quanto esecrabili possano essere.

Quando un gruppo di persone può essere considerato un’associazione con finalità di terrorismo secondo la legge?
Secondo la Corte di Cassazione, non è sufficiente la condivisione di una base ideologica. È necessaria l’esistenza di una consolidata struttura organizzativa, dotata di mezzi e contatti tali da renderla capace di esprimere un programma criminoso e di passare concretamente all’azione violenta.

La semplice propaganda di idee razziste su canali telematici è sufficiente a configurare il reato di terrorismo?
No. La sentenza chiarisce che, sebbene la propaganda di idee razziste possa costituire un reato a sé stante (art. 604-bis c.p.), non è di per sé sufficiente a integrare il delitto di associazione con finalità di terrorismo se manca la prova di una struttura organizzativa concreta e capace di compiere atti di violenza.

In base a quali criteri si valuta il pericolo di reiterazione del reato per giustificare una misura cautelare?
La valutazione si basa su più elementi, tra cui la significativa durata pregressa dei contatti illeciti, la gravità delle condotte, la personalità dell’indagato (nel caso di specie, definita fragile e proclive a propositi estremi) e la possibilità che possa riallacciare contatti analoghi. Questi fattori possono giustificare una misura cautelare anche a fronte di un affievolimento dei rapporti con il gruppo originario.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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