LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Associazione terroristica: giurisdizione e prove

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 3671/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un cittadino siriano accusato di partecipazione a un’associazione terroristica. La Corte ha chiarito che la giurisdizione italiana sussiste non solo per l’ingresso clandestino nel paese, ma anche per le successive condotte tenute sul territorio nazionale, come la gestione di materiale propagandistico sul proprio smartphone. Questa sentenza sottolinea come anche un ‘frammento’ dell’azione criminale, se compiuto in Italia, sia sufficiente per radicare la competenza dei nostri tribunali nel contrasto al terrorismo internazionale.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 27 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Associazione Terroristica: Quando un ‘Frammento’ di Condotta in Italia Fonda la Giurisdizione

La lotta al terrorismo internazionale pone complesse questioni giuridiche, in particolare riguardo alla competenza dei tribunali nazionali a giudicare reati commessi in parte all’estero. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali su quando la giurisdizione italiana possa essere affermata per il reato di associazione terroristica, anche se il gruppo opera principalmente fuori dai confini. L’analisi si concentra sul valore delle condotte poste in essere sul territorio italiano, sebbene apparentemente marginali, come la gestione di materiale propagandistico su uno smartphone.

I Fatti del Caso: Dall’Ingresso Clandestino all’Accusa di Terrorismo

Il caso riguarda un cittadino siriano, indagato per il delitto di cui all’art. 270-bis del codice penale, ovvero partecipazione a un’associazione terroristica siriana legata alla rete di “Al Qaeda”. L’uomo era stato sottoposto a custodia cautelare in carcere a seguito di un’ordinanza del Tribunale di Messina, confermata anche in sede di riesame. La difesa dell’indagato ha presentato ricorso in Cassazione, contestando la decisione su due fronti principali: la carenza di giurisdizione italiana e la debolezza del quadro indiziario.

I Motivi del Ricorso: Giurisdizione e Gravità degli Indizi in Discussione

Il difensore ha sostenuto, in primo luogo, una violazione dell’art. 6 del codice penale, che disciplina l’applicazione della legge penale italiana. Secondo la difesa, il Tribunale avrebbe erroneamente fondato la giurisdizione italiana sul solo fatto dell’ingresso clandestino dell’indagato nel nostro Paese. Tale ingresso, di per sé, non costituirebbe un contributo attivo alla vita o al rafforzamento dell’associazione. Inoltre, i messaggi trovati sul suo telefono, pur essendo potenzialmente probanti, non permettevano di stabilire con certezza il luogo da cui erano stati inviati.

In secondo luogo, il ricorso contestava la gravità degli indizi, sostenendo che i messaggi e i video rinvenuti sullo smartphone non avessero un significato univoco tale da dimostrare una partecipazione consapevole e attiva al sodalizio criminale.

La Decisione della Corte: Ricorso Inammissibile e Conferma della Misura

La Corte di Cassazione ha rigettato entrambe le argomentazioni, dichiarando il ricorso inammissibile. I giudici supremi hanno confermato la validità della misura cautelare, ritenendo le motivazioni del Tribunale del riesame logiche e giuridicamente corrette.

Le Motivazioni: Perché la Giurisdizione Italiana è Fondata per l’Associazione Terroristica

La Corte ha smontato la tesi difensiva sulla carenza di giurisdizione. Sebbene il testo dell’ordinanza impugnata potesse apparire ambiguo nel collegare la giurisdizione al “nudo dato dell’ingresso”, una lettura complessiva della motivazione rivelava un ragionamento più articolato. Il Tribunale, infatti, non si era limitato a considerare l’arrivo in Italia, ma aveva valutato tale evento unitamente a comportamenti successivi e rilevanti. Tra questi, spiccavano:

1. La gestione del materiale propagandistico: l’indagato aveva parzialmente cancellato contenuti jihadisti dal suo telefono dopo l’ingresso in Italia, conservandone però una parte. Questo atto è stato interpretato come una condotta attiva, volta a gestire le prove della sua appartenenza, avvenuta sul suolo italiano.
2. Le comunicazioni post-ingresso: anche dopo essere stato fermato, l’uomo aveva intrattenuto comunicazioni con i suoi familiari, anch’essi ritenuti aderenti al gruppo jihadista.

Questi elementi, secondo la Cassazione, costituiscono quel “frammento” della condotta di reato punibile sufficiente a radicare la giurisdizione del nostro Stato.

La Solidità del Quadro Indiziario per l’Associazione Terroristica

Per quanto riguarda il secondo motivo, la Corte lo ha ritenuto manifestamente infondato, in quanto mirava a una rivalutazione del materiale probatorio, inammissibile in sede di legittimità. L’ordinanza del Tribunale aveva illustrato in modo puntuale il ruolo dell’indagato all’interno del gruppo, basandosi su elementi concreti:

* Le chat: i messaggi rinvenuti rivelavano non solo apologia della “jihad”, ma anche un’esplicita rivendicazione di appartenenza, incitazioni alla guerriglia e discussioni sulla disponibilità di armi pesanti. Gli interlocutori si rivolgevano a lui con l’appellativo di “generale”.
* L’assenza di dissociazione: non è emerso alcun segno di allontanamento dall’ideologia del gruppo.
* Le modalità del viaggio: l’ingresso clandestino in Italia, pur essendo in possesso di un passaporto valido, è stato ritenuto un elemento fortemente suggestivo, in assenza di una plausibile giustificazione alternativa.

La Corte ha ribadito un principio consolidato: costituisce condotta partecipativa a un’associazione terroristica la sistematica reiterazione di atti di indottrinamento, proselitismo e propaganda apologetica rivolti a terzi.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza ribadisce l’approccio rigoroso della giurisprudenza italiana nel contrasto al terrorismo. L’insegnamento fondamentale è che la giurisdizione italiana può essere affermata anche quando l’attività principale di un’associazione terroristica si svolge all’estero. È sufficiente che una parte, anche minima ma penalmente rilevante, della condotta di partecipazione si verifichi sul territorio nazionale. La gestione di materiale propagandistico, le comunicazioni e le attività di proselitismo online, se effettuate dall’Italia, diventano l’anello di congiunzione che permette alla nostra magistratura di intervenire, garantendo la sicurezza nazionale e contribuendo allo sforzo globale contro il terrorismo.

È sufficiente l’ingresso clandestino in Italia per radicare la giurisdizione per il reato di associazione terroristica?
No, l’ingresso clandestino da solo non è sufficiente. Tuttavia, la Corte ha stabilito che tale dato, valutato insieme ad altri comportamenti tenuti in Italia (come la parziale cancellazione e conservazione di materiale propagandistico sul telefono e le comunicazioni con altri aderenti al gruppo), costituisce un “frammento” della condotta punibile che fonda la giurisdizione italiana.

Quali comportamenti sono considerati indici di partecipazione a un’associazione terroristica secondo la sentenza?
La sentenza indica che la sistematica reiterazione di atti di indottrinamento, proselitismo e propaganda apologetica, anche attraverso social network o contatti mediati, costituisce condotta partecipativa. Nel caso specifico, sono state decisive le chat rinvenute sul telefono dell’indagato, che rivelavano apologia della “jihad”, incitazioni alla guerriglia e disponibilità di armi.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi sono stati ritenuti manifestamente infondati. Il primo motivo sulla giurisdizione è stato respinto perché il Tribunale aveva correttamente valutato le condotte tenute in Italia. Il secondo motivo, sulla gravità degli indizi, è stato considerato un tentativo di rivalutare nel merito il materiale probatorio, attività non consentita in sede di legittimità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati