Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 834 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 834 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/11/2023
SENTENZA
nei confronti di COGNOME NOMECOGNOME nato a Bosa il 4/12/1993
avverso l’ordinanza del Tribunale di Cagliari del 01/06/2023
visti gli atti, l’ordinanza impugnata e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte del Pubblico ministero, in persona del Sost Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto che il ricorso ven dichiarato inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale del riesame di Cagliari con ordinanza del 10 giugno 2023 (motivazione depositata il successivo 22 giugno) ha rigettato la richiesta di riesame formulata da COGNOME NOME, confermando l’ordinanza genetica del Gip che ha applicato all’indagato la misura della custodia in carcere in relazione agli addebiti provvisori relativi ai delitti di cui all’art. 74 TU Stup. (Capo 2: associazione finalizzata al traffico e spaccio di ingenti quantità di cocaina, con l’aggravante della partecipazione di soggetti tossicodipendenti e del numero di associati superiore a dieci; “in epoca compresa tra l’aprile 2020 e il marzo 2022”) e a numerosi episodi ex art. 73 TU cit. (diciannove Capi distinti: ultimo episodio contestato al 20 gennaio del 2022, relativo alla illecita detenzione di 11 kg di cocaina).
Avverso l’ordinanza del riesame l’indagato, a mezzo del proprio difensore, ha presentato ricorso nel quale deduce due motivi. Con il primo eccepisce – in tema di gravi indizi di colpevolezza – la mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione dell’ordinanza impugnata con riferimento alla ritenuta appartenenza del ricorrente, quale “addetto alla custodia”, all’associazione ex art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990, sia sul piano dell’elemento oggettivo che su quello dell’elemento soggettivo. Con il secondo motivo deduce mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione con riferimento alla sussistenza delle esigenze cautelari sia sul punto dell’attualità e concretezza, sia su quello dell’adeguatezza e proporzionalità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato.
L’ordinanza impugnata ha, in modo certamente non illogico, argomentato in ordine alla sussistenza di una robusta piattaforma indiziaria a carico del COGNOME sia per quel che riguarda i diciannove episodi ex art. 73 TU Stup. (non contestati in sede di riesame, ma in merito ai quali nel ricorso si sostiene che tale ascrizione al COGNOME sarebbe un assioma “elusivo dei principi di formazione della prova in dibattimento e delle disposizioni costituzionali sul giusto processo”), sia in ordine alla partecipazione di COGNOME NOME all’associazione finalizzata al traffico di assai ingenti quantitativi di cocaina.
2.1. In particolare il Tribunale del riesame ha indicato, quali elementi che dimostrano la sussistenza dell’associazione in oggetto, la ripetizione di innumerevoli operazioni di narcotraffico, effettuate secondo un collaudato modus operandi, avente a oggetto rilevanti partite di cocaina di ottima qualità (l’ultima per undici chili), con la realizzazione di alti profitti, a giudicare dalla entità de
transazioni (per cui un chilo di cocaina veniva venduto a circa 45.000 euro); la destinazione della droga verso stabili acquirenti che agivano nel cagliaritano e verso un altro gruppo collocato nel sassarese, ossia verso zone del territorio sardo facilmente accessibili dalla posizione strategica in cui era custodita la droga ovvero dalle campagne di Silanus, nella Sardegna centro occidentale; l’utilizzazione di vetture, messe a disposizione del corriere di turno dai vertici del sodalizio, in particolare da COGNOME, con dei vani appositamente creati per l’alloggiamento della droga da recapitare e del denaro versato dagli acquirenti; la disponibilità da parte del gruppo criminale anche di piccole telecamere e rilevatori di microspie per “bonificare” autovetture e luoghi sensibili; la suddivisione dei compiti (corrieri, custodi e raccoglitori del denaro) tra i vari partecipi e, in particolare il ruolo svolt da un soggetto (tale COGNOME) quale collettore del denaro versato al corriere di turno, il quale dopo ogni consegna della cocaina si metteva in contatto con il ricorrente; la disponibilità, da parte degli stessi partecipi, anche di Mura e del compaesano COGNOME NOME – cugino dell’NOME – di svolgere il compito di trasportatore della sostanza e il ruolo dei due COGNOME, quali abituali custodi dello stupefacente, fino alla consegna ai corrieri di volta in volta incaricati della cessione in favore dei clienti sparsi in varie zone della Sardegna; l’utilizzazione costante di una messaggistica istantanea WhatsApp e di altri soda! media, finalizzata a eludere i controlli e le intercettazioni da parte degli investigatori; l’installazione s telefoni cellulari delle applicazioni, al fine di consentire solo la trasmissione di dat internet, utilizzate esclusivamente per comunicare con i loro fornitori; la prosecuzione delle operazioni di narcotraffico anche dopo i primi interventi della polizia e il ritrovamento del GPS nella vettura in uso a Mura in data 18 novembre 2021. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2.2. Elementi, questi, dai quali – come evidenziato dal PG nelle sue conclusioni scritte – si ricava in modo adeguato la giuridica configurabilità dell’associazione ex art. 74 TU Stup. Invero, In tema di associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, la ripetuta commissione, in concorso con altri partecipi, di reati fine dell’associazione, può integrare l’esistenza di indizi gravi, precisi e concordanti in ordine alla partecipazione al reato associativo, suscettibili di essere superati solo con la prova contraria dell’assenza di un vincolo preesistente con i correi, fermo restando che, stante la natura permanente del reato associativo, detta prova non può consistere nella limitata durata dei rapporti con costoro (Cass., sez. III, 10 gennaio 2020, n. 20003, CED 279505 – 02). Inoltre, l’ordinanza impugnata ha messo in rilievo l’esistenza di una articolata organizzazione, funzionale all’attività di traffico di cospicui quantitativi di stupefacenti, con ripartizione di compiti tra i diversi sodali e apprestamento di mezzi materiali idonei all’occultamento e trasporto delle
sostanze. Sul punto, questo Collegio ha già avuto modo di precisare (Sez. 6, n. 17467 del 21/11/2018 – dep. 2019, NOME COGNOME Rv. 275550 – 01) che «L’elemento aggiuntivo e distintivo del delitto di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990, rispetto alla fattispecie del concorso di persone nel reato continuato di detenzione e spaccio di stupefacenti, va individuato non solo nel carattere dell’accordo criminoso, avente ad oggetto la commissione di una serie non preventivamente determinata di delitti e nella permanenza del vincolo associativo, ma anche nell’esistenza di una organizzazione che consenta la realizzazione concreta del programma criminoso. (In motivazione, la Corte ha precisato che il reato associativo richiede la predisposizione di mezzi concretamente finalizzati alla commissione dei delitti ed il contributo effettivo da parte dei singoli per il raggiungimento dello scopo, poiché, solo nel momento in cui diviene operativa e permanente la struttura organizzativa, si realizza la situazione antigiuridica che giustifica le gravi sanzioni previste per tale fattispecie)».
3. Per quanto poi concerne la partecipazione dell’indagato a detta associazione, il Tribunale del riesame ha ricavato la sussistenza di una idonea piattaforma di gravità indiziaria “dal compito altamente fiduciario e di importanza fondamentale per il raggiungimento dell’oggetto sociale, rappresentato da quello di custode abituale dello stupefacente insieme al cugino e dai rapporti costanti con i capi COGNOME e COGNOME NOME oltre che con il corriere COGNOME NOME, con COGNOME, soggetto incaricato del prelievo del denaro e con suo cugino COGNOME NOME, anch’egli incaricato della custodia della cocaina”. Il Tribunale ha quindi desunto da tali circostanze la piena e consapevole partecipazione dell’indagato al sodalizio criminale. Ha altresì rilevato che lo svolgimento dell’attività illecita per una durata consistente, le modalità di azione e collaborazione tra i membri, la rilevanza obiettiva rivestita dal ricorrente per il sodalizio criminale, il cui fine precipuo è proprio quello di trarre profitti dal transazioni in materia di narcotraffico, testimonia del ruolo non meramente ancillare o di ausilio, ma di convinta adesione al programma associativo da parte del medesimo. In tal modo, l’ordinanza impugnata ha anche fatto buon governo del principio secondo cui «In tema di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, il dolo è costituito dalla coscienza e volontà di partecipare attivamente alla realizzazione dell’accordo, e quindi del programma delittuoso, in modo stabile e permanente» (Sez. 3, n. 27450 del 29/04/2022, Aguì, Rv. 283351 – 04).
Irrilevante risulta poi la deduzione difensiva circa l’assenza di elementi indiziari idonei a dimostrare che – come sostenuto nell’ordinanza impugnata l’indagato fosse associato da ben due anni, risultando, ai fini di ritenere la configurabilità della condotta partecipativa, comunque del tutto sufficiente il suo
coinvolgimento nei numerosissimi episodi del dicembre 2021/gennaio 2022 (culminati con la detenzione di ben 11 chilogrammi di cocaina), che, obiettivamente, dimostra il ruolo di rilievo svolto nell’organizzazione criminale.
4. Anche il secondo motivo è manifestamente infondato, avendo l’ordinanza impugnata congruamente motivato (riguardo a fattispecie ricompresa nell’ambito della particolare disciplina dell’art. 275 comma 3 cod. proc. pen.) circa l’esistenza di evidenti esigenze cautelari (derivanti dalla estrema gravità dei fatti, dalla spiccata pericolosità criminale dell’associazione e dal ruolo di “custode dello stupefacente” ricoperto nella stessa dal Morittu) e della necessità che le stesse vengano salvaguardate tramite la misura carceraria, apparendo irrilevante a tali fini lo stato di incensuratezza.
In tal modo, il Tribunale del riesame ha fatto buon governo del principio secondo cui «In tema di misure cautelari riguardanti il reato di associazione ex art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, la prognosi di pericolosità non si rapporta solo all’operatività della stessa, né alla data ultima dei reati fine, ma ha ad oggetto la possibile commissione di delitti che siano espressione della medesima professionalità e del medesimo grado di inserimento in circuiti criminali che caratterizzano l’associazione di appartenenza» (Sez. 4, n. 3966 del 12/01/2021, COGNOME, Rv. 280243 – 01). Così come nel caso di specie non risulta rilevante, al fine di escludere o attenuare le concrete esigenze cautelari, lo stato di incensuratezza dell’indagato. Invero, a fronte della gravità dei fatti – come sopra descritti – deve trovare applicazione il principio secondo cui «Ai fini della configurabilità dell’esigenza cautelare del pericolo di reiterazione dei reati, prevista dall’art. 274, lett. c), cod. proc. pen., il parametro valutativo costituito dalla personalit dell’indagato va desunto da comportamenti o atti concreti ovvero, in via disgiuntiva, dai suoi precedenti penali, nel senso che gli elementi per una valutazione di pericolosità possono trarsi anche solo da comportamenti o atti concreti – non necessariamente aventi natura processuale – in difetto di precedenti penali, poiché, diversamente opinando, l’incensurato che tenesse un comportamento processuale corretto si porrebbe automaticamente al di fuori di una diagnosi di pericolosità, benché, ai fini di tale previsione, l’analisi di quel comportamento sarebbe, se non inidonea, comunque del tutto insufficiente» (Sez. n. 5644 del 25/09/2014, Iov, Rv. 264212 – 01). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna dell’indagato al pagamento delle spese processuali e, non emergendo profili dai quali dedurre un’assenza di colpa nella proposizione del ricorso, della somma, ritenuta congrua, di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. La cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’art. 94 comma 1-ter disp. att. cod. proc. pen.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 10 novembre 2023