Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 23972 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 23972 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME nato a Lamezia Terme il 07/06/1971
avverso l’ordinanza del 03/12/2024 del Tribunale del riesame di Catanzaro visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME sentite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso; sentite le conclusioni della difesa, Avvocato NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME per il tramite del difensore, ricorre avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame di Catanzaro, adito ex art. 309 cod. proc. pen., che ha confermato la misura della custodia cautelare in carcere disposta dal Giudice delle indagini preliminari in ordine ai delitti di cui agli artt. 74 e 73 del d.P.R. n. 309 del 1990, ricompresi nei capi 129), 158), 160), 164), 263), 264), 267 – 273), 276 279), 281), 282), 285-287) e 289) dell’incolpazione provvisoria.
1.1. A NOME COGNOME viene provvisoriamente contestato di essere partecipe di un’associazione dedita al narcotraffico, che vedrebbe a capo NOME
COGNOME – cui si imputa l’operatività nell’ambito della compravendita di stupefacenti del tipo marijuana e cocaina -, con il ruolo di spacciatore per conto del COGNOME del quale, all’occorrenza, era anche fornitore di sostanza stupefacente.
1.2. Il Tribunale, sulla base dell’analisi delle risultanze processuali, con particolare riferimento alle intercettazioni telefoniche ed ambientali, ha ritenuto di confermare la valutazione operata dal Giudice delle indagini preliminari in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, sia per quel che riguarda l’operatività dell’associazione dedita al narcotraffico facente capo a . RAGIONE_SOCIALE, sia quanto alla partecipazione del Cimino a detta associazione, sia in ordine alla commissione dei reati fine contestati ai capi 158, 160, 164, 263, 264, 267-273, 276-279, 281, 282, 285-287, 289, smentendo l’interpretazione neutra data dalla difesa alle intercettazioni.
Il Collegio della cautela, anche sulla base della datazione dei fatti (2022) e del valorizzato mantenimento dei rapporti con il COGNOME, ha ritenuto esistessero le attuali e concrete esigenze cautelari, comunque presunte, anche con riferimento all’adeguatezza della misura cautelare in carcere disposta ex art. 275 cod. proc. pen.
2. La difesa di NOME COGNOME formula tre motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo deduce vizi di motivazione e violazione di legge in relazione agli artt. 125, comma 3, 273, 546, comma 1, lett. e), 272, 273 cod. proc. pen., con riferimento all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990 (capo 129).
La difesa rileva come dalle indagini emerga unicamente un rapporto bilaterale tra Vescio e Cimino, senza che si intravedano ulteriori contatti tra il ricorrente ed altri sodali. Ciò non ha consentito di delineare – si assume – un rapporto stabile tra acquirente e venditore, di tale portata da corroborare il contributo adesivo di natura stabile e durevole dell’agente all’associazione; non sussistono elementi da cui desumere che il ricorrente fosse consapevole che dietro al Vescio si celasse un’organizzazione dedita al narcotraffico e, tanto meno, di fornire con la propria condotta un contributo determinante ed utile all’associazione.
Il Tribunale, pur avendo analizzato il contenuto delle intercettazioni da cui emergeva un coinvolgimento nelle singole condotte asseritamente delittuose, ha omesso di spiegare da quali elementi si potesse desumere l’adesione al sodalizio criminale ed il vincolo durevole tra fornitore di droga ed acquirente.
2.2. Con il secondo motivo si deduce l’omessa motivazione in ordine alla mancata riqualificazione delle condotte contestate nel delitto di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, seppure la questione fosse stata dedotta con la memoria depositata in udienza di riesame.
2.3. Con il terzo motivo si deduce la violazione dell’art. 274 e 275 cod. proc. pen. quanto a sussistenza delle esigenze cautelari.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, in quanto infondato, deve essere rigettato.
Infondato risulta il primo motivo di ricorso fcon cui si rivolgono censure alla ritenuta partecipazione al sodalizio di NOME COGNOME pur in assenza di uno stabile e consapevole rapporto anche con riferimento al necessario presupposto della affectio societatis.
2.1. Secondo ormai pacifica giurisprudenza di questa Corte, integra la condotta di partecipazione ad un’associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti la costante disponibilità a fornire le sostanze oggetto del traffico del sodalizio, tale da determinare un durevole rapporto tra fornitore e spacciatori che immettono la droga nel consumo al minuto, a condizione che si accerti la coscienza e volontà di far parte dell’associazione, di contribuire al suo mantenimento e di favorire la realizzazione del fine comune di trarre profitto dal commercio di droga (Sez. 4, n. 19272 del 12/06/2020, Rv. 279249 – 01).
È stato precisato che non costituisce ostacolo / per la costituzione del vincolo associativo e la realizzazione del fine comune, la diversità degli scopi personali e degli interessi economici perseguiti dai singoli partecipi, sempre che emerga che le condotte siano poste in essere con la consapevolezza dell’esistenza di risorse dell’organizzazione su cui contare e con la coscienza e volontà di far parte del sodalizio e di contribuire, con la propria azione, al suo mantenimento (Sez. 2, n. 10468 del 10/02/2016, Ancora, Rv. 266405).
Risulta necessario, per ritenere che sia intervenuto un mutamento del rapporto tra fornitore ed acquirente, da relazione di mero reciproco affidamento a vincolo stabile, che la volontà dei contraenti abbia superato la soglia del rapporto sinallagmatico contrattuale, trasformandosi nell’adesione di l u a delle parti al programma criminoso, desumibile dalle modalità approvvigionamento continuativo della sostanza dal gruppo, dal contenuto economico delle transazioni, dalla rilevanza obiettiva che esse rivestono per il sodalizio criminale (Sez. 3, n. 21755 del 12/03/2014, COGNOME, Rv. 259881; in merito alla valutazione del rapporto tra acquirente e sodalizio, cfr. anche Sez. 6, n. 51500 del 11/10/2018, COGNOME, Rv. 275719).
La durata del periodo di osservazione delle condotte criminose, che può essere anche breve, può essere significativa quando dagli elementi acquisiti possa inferirsi l’esistenza di un sistema collaudato al quale gli agenti abbiano fatto riferimento
anche implicito, benché per un periodo di tempo limitato (Sez. 6, n. 42937 del 23/09/2021, COGNOME, Rv. 282122; Sez. 4, n. 50570 del 26/11/2019, COGNOME, Rv. 278440 – 02).
2.2. Ciò premesso in termini generali, deve osservarsi che, sulla base della motivazione dell’ordinanza impugnata, risulta adeguatamente apprezzata la consistenza del rapporto intercorrente tra NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Il Tribunale ha preliminarmente dato conto (pagg. da 2 a 10) dell’ampiezza del contesto · in cui operava l’organizzazione che faceva capo a NOME COGNOME; evidenziando in seguito (pagg. da 11 a 16) come NOME COGNOME, pur gestore di un’autonoma piazza di spaccio in Lamezia Terme, provvedesse ad acquistare grosse quantità e, all’occorrenza, a rifornire NOME COGNOME di sostanza stupefacente del tipo marijuana e cocaina.
Proprio la valorizzazione del contenuto delle intercettazioni tra i due e quelle intercorse tra COGNOME e Cracolici, specie là dove il ricorrente veniva messo al corrente del canale di approvvigionamento, la condivisione di notizie in ordine a controlli operati dalla polizia giudiziaria, intesi in chiave solidaristica della comune attività illecita affaristica, e le conversazioni successive all’arresto del COGNOME che “indicava al COGNOME come dovesse proseguire da solo” ed evocava i già operativi canali di approvvigionamento, costituiscono dimostrazione – nei limiti del giudizio che governa l’attuale fase cautelare – della partecipazione del ricorrente al sodalizio della cui consistenza, in ragione degli stretti e durevoli rapporti intrattenuti con NOME COGNOME era ben consapevole, palesando la necessaria stabilità del vincolo e la affectio societatis in conformità alla giurisprudenza sopra citata.
Il ricorso si presenta anche generico nella parte in cui omette un serio confronto con tutte quelle emergenze, pur valorizzate nel provvedimento impugnato, che delineano lo specifico ruolo del COGNOME in merito alla gestione dell’attività di spaccio oggetto di condivisione attraverso le frequenti conversazioni che erano tese ad evidenziare e risolvere profili di criticità emersi, per esempio, in ordine al ruolo del figlio del ricorrente, NOME, persona che, a detta del padre, era spesso irruento e, pertanto, in grado di costituire un pericolo per il sodalizio.
Generico risulta il secondo motivo , con cui si censura l’omessa riqualificazione dei reati fine nell’ipotesi lieve di cui al quinto comma dell’art. 73, d.P.R. n. 309 del 1990.
Non vi è ragione per non applicare anche in ipotesi di impugnazione dell’ordinanza emessa in sede di riesame il principio di diritto secondo cui è inammissibile il ricorso per cassazione i cui motivi si limitino a lamentare l’omessa valutazione, da parte del giudice dell’appello, delle censure articolate con il relativo
atto di gravame, rinviando genericamente ad esse, senza indicarne il contenuto, al fine di consentire l’autonoma individuazione delle questioni che si assumono irrisolte e sulle quali si sollecita il sindacato di legittimità, dovendo l’atto di ricors contenere la precisa prospettazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto da sottoporre a verifica (tra tante, Sez. 3, n. 35964 del 04/11/2014, dep. 2015, B, Rv. 264879).
Anche nel caso oggetto di scrutinio il ricorso non si sottrae alla necessità di una specifica censura che deve involgere il provvedimento impugnato. · Detta specificità sarebbe stata tanto più necessaria, visto che il ricorrente deduce l’omessa riqualificazione dei reati fine, senza neppure specificare a quale delle plurime contestazioni sia rivolta la censura.
A fronte di adeguata motivazione in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza circa le contestazioni mosse, non vengono evidenziate le ragioni che sarebbero alla base nella memoria depositata in sede di riesame ma neppure rievocate in sede di legittimità.
Generico e manifestamente infondato risulta il terzo motivo, attraverso il quale si rivolgono censure alla parte della decisione che ha ritenuto sussistenti le esigenze cautelari in ordine alla misura cautelare della custodia in carcere, sostituita il 28 aprile 2025 con quella degli arresti domiciliari.
Occorre in via preliminare osservare che l’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. prevede, in ipotesi di sussistenza dei gravi indizi in ordine al reato di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990, una presunzione relativa sia in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari, sia in ordine all’adeguatezza della misura cautelare in carcere; dette presunzioni possono essere superate tramite idonee e precise allegazioni da cui possa inferirsi l’assenza del rischio di recidiva, ovvero l’adeguatezza di differente misura.
In tema di misure coercitive disposte per il reato associativo di cui all’art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, la sussistenza delle esigenze cautelari, rispetto a condotte esecutive risalenti nel tempo, deve essere desunta da specifici elementi di fatto idonei a dimostrarne l’attualità, in quanto tale fattispecie associativa è qualificata unicamente dai reati fine e non postula necessariamente l’esistenza dei requisiti strutturali e delle peculiari connotazioni del vincolo associativo previste per il reato di cui all’art. 416-bis cod. pen., di talché, risulta ad essa inapplicabile la regola di esperienza, elaborata per quest’ultimo delitto, circa la tendenziale stabilità del sodalizio in difetto di elementi contrari attestanti il recesso individuale o lo scioglimento del gruppo (Sez. 6, n. 3096 del 28/12/2017, 2018, COGNOME, Rv. 272153).
Alla luce delle sopra evidenziate direttrici che governano la valutazione che il giudice della cautela deve operare in ordine all’esame delle esigenze cautelari
afferenti il partecipe dell’associazione dedita al narcotraffico, corretta risulta la motivazione del Tribunale della cautela che ha evidenziato, da un canto, come i
fatti, risalenti al 2022, fossero recenti, dall’altro, come,Arivelasse significativa la gestione della “piazza di spaccio” da parte della famiglia COGNOME, in generale, e di
NOME COGNOME in particolare, ed i legami esistenti con gli altri sodali, non recisi incostanza di detenzione del Vescio, là dove costui interloquiva, sia dal luogo ove
era sottoposto agli arresti domiciliari che dal carcere, con NOME COGNOME ed il figlio NOME COGNOME in merito alla gestione, in sua assenza, dell’associazione
dedita al narcotraffico specie con riferimento all’escussione di crediti vantati nei confronti di terzi per la fornitura di precedenti cessioni ed in ordine ai canali di
approvvigionamento da cui attingere per l’acquisto della sostanza stupefacente.
A fronte di precisa motivazione in punto di esigenze cautelari t supportate da
precisi riferimenti che ne confermavano la sussistenza ed in difetto di elementi di segno contrario che potessero confutare la presunzione relativa di cui all’art. 275
cod. proc. pen., il ricorrente si limita ad evocare giurisprudenza di questa Corte in ordine ai presupposti generali per ritenere sussistenti le esigenze cautelari, senza alcun confronto con le ragioni esposte dall’ordinanza impugnata.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, secondo quanto previsto dall’art. 616, comma 1, cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 14/05/2025.