Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 26827 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 26827 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 27/02/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
COGNOME NOME nato a PALERMO DATA_NASCITA
COGNOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
COGNOME NOME nato a VALLELUNGA PRATAMENO il DATA_NASCITA
COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/10/2021 della CORTE APPELLO di PALERMO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo
Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Ti PG si riporta alla requisitoria già depositata chiedendo l’inammissibilità dei ricorsi.
udito il difensore
L’avvocato COGNOME NOME si riporta alle conclusioni e deposita una copia in udienza.
L’avvocato COGNOME NOME si riporta alle conclusioni e memorie difensive deoositate.
L’avvocato COGNOME NOME si riporta al ricorso.
1
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 22-23 giugno 2018, il Tribunale di Palermo, per quanto qui rileva, si pronunciava sull’imputazione formulata a carico di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, imputati del reato di associazione a delinquere (con il ruolo di promotore per COGNOME), finalizzata alla commissione di una serie di delitti di falso, truffa e frode nel commercio, e per i reati fine dell’associazione. Il procedimento traeva origine da un’attività di indagine della Guardia di Finanza di Palermo, svolta tra il 2008 e il 2012, sulle manomissioni illecite di determinati impianti di distribuzione di carburante, commesse al fine di erogare quantitativi inferiori rispetto a quelli indicati nei display, con il conseguente pagamento, da parte degli acquirenti finali, di prezzi maggiori rispetto a quelli corrispondenti all quantità effettivamente erogate. Secondo il giudice del merito, i militari, coordinati dalla Procura della Repubblica territoriale, a seguito delle ispezioni e degli accertamenti tecnici effettuati su singole pompe di benzina, su depositi di carburante, sull’autobotte della ditta fornitrice, sugli stabilimenti della ditta manutenzione, su intercettazioni telefoniche degli imputati, avevano rinvenuto un quadro probatorio tale da far ritenere accertata l’esistenza di un sodalizio criminale, con precisa ripartizione dei ruoli e con l’obiettivo precipuo di indurre i clienti a scegliere un distributore in luogo di un altro alla luce del prezzo apparentemente favorevole. Il Tribunale, pertanto, ritenuta fra tutti i reati la continuazione, condannava: NOME COGNOME alla pena di anni cinque e mesi dieci di reclusione per il reato di associazione per delinquere, con ruolo di promotore, e per altri reati fine descritti nella citata sentenza; NOME COGNOME alla pena di anni tre di reclusione per il reato di associazione per delinquere e per altri reati fine descritti nella citata sentenza; NOME COGNOME alla pena di anni due e mesi due di reclusione per il reato di associazione per delinquere e per altri reati fine descritti nella citata sentenza; NOME COGNOME alla pena di anno uno e mesi sette di reclusione (pena sospesa) per il reato di associazione per delinquere e per altri reati fine descritti nella citata sentenza; NOME COGNOME alla pena di anni due e mesi cinque di reclusione per il reato di associazione per delinquere e per altri reati fine descritti nella citata sentenza; NOME COGNOME alla pena di anni due e mesi nove di reclusione per il reato di associazione per delinquere e per altri reati fine descritti nella citata sentenza. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Gli imputati venivano inoltre condannati, in relazione ai reati per quali erano stati rispettivamente ritenuti responsabili penalmente, al risarcimento dei conseguenti danni subiti dai soggetti che si erano costituiti parti civili.
Avverso la sentenza di primo grado, tutti gli imputati proponevano gravami a mezzo dei rispettivi difensori.
Con sentenza del 12 ottobre 2021, la Corte di appello di Palermo riformava parzialmente la sentenza di primo grado, confermandola per il resto. La Corte territoriale dichiarava non doversi procedere per intervenuta prescrizione per i singoli reati fine contestati agli imputati, affermando che ciò, invece, non si era verificato con riferimento al reato associativo e rideterminando così le pene come segue: per NOME COGNOME in anni tre di reclusione; per NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME e NOME COGNOME e NOME COGNOME in un anno di reclusione. La sospensione condizionale della pena, già concessa in primo grado ad NOME COGNOME, veniva concessa anche a NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Avverso la sentenza della Corte di appello di Palermo le difese degli imputati hanno proposto ricorsi per cassazione, chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata.
Nell’interesse di NOME COGNOME, la difesa ha proposto ricorso per cassazione articolato in due motivi.
5.1. Con il primo motivo, il ricorrente, richiamando l’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., censura la sentenza impugnata con riferimento alla mancata assoluzione di COGNOME dal reato di associazione per delinquere ex art. 416, comma 1, cod. pen, o in via subordinata per la mancata derubricazione della fattispecie di cui all’art 416, comma 1, cod. pen., in quella di cui all’art. 41 comma 2, cod. pen. Viene poi dedotta la contraddittorietà ed illogicità della motivazione.
La difesa critica la statuizione del giudice di appello, affermando che la sentenza di appello è stata redatta per relationem e si è risolta in una conferma acritica di quanto deciso dal Tribunale in primo grado.
Ad avviso della difesa, il giudice del gravame non avrebbe fornito una congrua e logica disamina giuridica in ordine alla responsabilità penale del ricorrente come promotore e organizzatore di un sodalizio criminale. In primo luogo, secondo la ricostruzione difensiva, le conversazioni intercettate, dalle quali sarebbe emersa la responsabilità dell’odierno ricorrente, non permetterebbero di desumere alcun elemento per affermare che COGNOME avesse fondato, costituito o organizzato un’associazione per delinquere, finalizzata alla frode in commercio nell’ambito dell’erogazione di carburante. In secondo luogo, viene contestata la carenza dei presupposti in base ai quali possa configurarsi un reato associativ
Mancherebbero, secondo l’argomentazione difensiva, tanto la consapevolezza dell’imputato di aver assunto un vincolo associativo (affectio societatis), quanto l’esistenza di una adeguata struttura organizzativa con ruoli e compiti ben definiti, come sarebbe dimostrato dalla non intensità e frequenza dei rapporti tra i presunti associati.
5.2. Con il secondo motivo, il ricorrente, richiamando l’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., deduce vizio di illogicità della motivazione con riferimento alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, ex art. 62-bis cod. pen.; alla mancata derubricazione della fattispecie delittuosa di cui all’art. 416, secondo comma, cod. pen., in quella prevista dal secondo comma del medesimo articolo; alla conseguente mancata concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena. La difesa deduce mancata osservanza dei criteri di commisurazione della pena, affermando che è stato generato un doppio binario sanzionatorio rispetto agli altri imputati.
Alcuni motivi esposti nell’ambito dei ricorsi proposti nell’interesse di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME riguardano l’affermazione di responsabilità e possono essere richiamati congiuntamente.
6.1. Con il primo motivo di ciascuno dei predetti ricorsi viene censurata l’erronea applicazione della legge processuale, richiamando l’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. Secondo tali argomentazioni difensive, dovrebbe essere dichiarata la nullità della sentenza, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 180 cod. proc. pen., 117 disp. att. cod. proc. pen. e 360 cod. proc. pen., con riferimento alla natura di accertamenti tecnici irripetibili degli atti svolti in sed indagine.
6.2. Con il secondo motivo di ciascuno dei predetti ricorsi si deduce travisamento del fatto e conseguente illogicità della motivazione. Secondo la ricostruzione difensiva, non si ravviserebbe nessun contatto tra ciascun imputato e gli altri membri del sodalizio criminoso, ivi compreso NOME COGNOME, ritenuto dalla Corte di merito il vertice dell’associazione. La difesa sostiene, inoltre, che i travisamento del fatto è dipeso dall’errore commesso dal giudice di appello, di considerare NOME COGNOME il tramite o l’anello di congiunzione tra COGNOME e i tecnici COGNOME, COGNOME e COGNOME.
Il terzo motivo proposto nell’ambito di ciascuno dei ricorsi proposti nell’interesse di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, così come i ricorsi proposti nell’interesse di NOME COGNOME e NOME COGNOME, hanno per oggetto il tempo del resto associativo commesso e possono essere richiama congiuntamente.
/IL/
Con tali motivi sovrapponibili le difese lamentano, richiamando l’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., violazioni degli artt. 157 e ss. e 416 cod. pen., con riferimento a quello che definiscono «spostamento» del tempus commissi delicti al 2 maggio 2012, data del sequestro di un impianto di carburante, diverso da quelli sui quali costoro, quali lavoratori dipendenti della ditta incaricata svolgevano attività di manutenzione. Ciò era avvenuto, secondo le difese, nonostante lo stesso COGNOME – unico soggetto che era stato rinviato a giudizio anche per quel reato fine che riguardava precisamente detto impianto – fosse stato assolto dalla specifica accusa relativa. Quanto detto, unitamente alla circostanza che nessuno degli imputati diversi da COGNOME risultava coinvolto nei fatti sopra menzionati, imporrebbe, secondo la difesa, di anticipare il tempo di commissione del reato al 10 agosto 2011, data del ritrovamento presso la sede della ditta di manutenzione di un totalizzatore manomesso, che costituirebbe l’ultimo atto significativo di condotta associativa; pertanto, dovrebbe pronunciarsi declaratoria di non doversi procedere per intervenuta prescrizione, anche per il reato di associazione per delinquere.
Il difensore della parte civile RAGIONE_SOCIALE ha depositato memoria con la quale osserva che tutti i ricorsi sono rivolti soltanto avverso la statuizione di conferma della condanna per il reato di associazione per delinquere e chiede che essi vengano dichiarati inammissibili, sulla base di articolata esposizione richiamante fra l’altro, punto per punto, la motivazione della sentenza di appello e taluni atti istruttori.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME, relativo alla valutazione di sussistenza della responsabilità penale e alla mancata derubricazione del reato contestato, è inammissibile.
1.1. La giurisprudenza di legittimità ha affermato che ricorre il vizio di motivazione manifestamente illogica nel caso in cui vi sia una frattura logica evidente tra una premessa, o più premesse nel caso di sillogismo, e le conseguenze che se ne traggono, e, invece, di motivazione contraddittoria quando non siano conciliabili tra loro le considerazioni logico-giuridiche in ordine ad uno stesso fatto o ad un complesso di fatti o vi sia disarmonia tra la parte motiva e la parte dispositiva della sentenza, ovvero nella stessa si manifestino dubbi che non consentano di determinare quale delle due o più ipotesi formulate dal giudice conducenti ad esiti diversi – siano state poste a base del suo convincimento (Sez. 5, n. 19318, del 20/01/2021, Rv. 281105-01).
1.2. In applicazione del richiamato principio di diritto, pienamente condivisibile, deve affermarsi, con riferimento al caso concreto ora in esame, che le doglianze difensive sono prive di pregio, poiché il giudice di appello ha diffusamente argomentato sui profili fattuali relativi al ruolo associativo dell’imputato, nonché al precipuo ruolo di promotore svolto da COGNOME all’interno dell’associazione. In particolare, il giudice del gravame, senza incorrere nei vizi lamentati dalla difesa, ha esposto il contenuto delle intercettazioni captate, da cui ha ragionevolmente desunto la partecipazione attiva dell’imputato e il suo ruolo centrale all’interno dell’associazione criminale. Il giudice di appello ha coerentemente segnalato la persistenza del rapporto associativo, evidenziando stabili e continuativi rapporti con i sodali e, soprattutto, con i manutentori preposti alla manomissione delle colonnine erogatrici, ai quali l’imputato offriva anche un significativo sostegno tecnico, data la sua esperienza nel settore. Il giudice di appello ha evidenziato, altresì, come dalle intercettazioni fosse emerso con chiarezza che COGNOME organizzava e coordinava l’attività illecita di manomissione degli impianti sin dalla fase iniziale della programmazione e ideazione dei congegni fraudolenti.
Il provvedimento impugnato, quindi, supera il vaglio di legittimità demandato a questa Corte, il cui sindacato deve arrestarsi alla verifica del rispetto delle regole della logica e della conformità ai canoni legali che presiedono all’apprezzamento delle circostanze fattuali.
A fronte dell’analitico e puntuale percorso argonnentativo offerto nella sentenza impugnata, privo di vizi di logicità e contraddittorietà, le doglianze difensive si presentano meramente riproduttive dei motivi di appello, in relazione ai quali il giudice del gravame ha reso congrua risoluzione. Posto che le censure trasmodano in una inammissibile rilettura del contenuto delle prove raccolte, il ricorso è inammissibile.
Il secondo motivo di ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME, volto a criticare la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, è inammissibile.
2.1. La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che la concessione delle circostanze attenuanti generiche non impone che siano esaminati tutti i parametri di cui all’art. 133 cod. pen., poiché è sufficiente che si specifichi a quale di esso s sia inteso fare riferimento (Sez. 1, n. 33506 del 07/07/2010, Rv. 247959-01; Sez. 2, n. 2285 del 11/10/2004, dep. 2005, Rv. 230691-01). Nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli rit
decisivi o comunque rilevanti, mentre rimangono tutti gli altri disattesi o superati da tale valutazione (Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Rv. 259899 – 01; Sez. 6, n. 34364 del 16/06/2010, Rv. 248244-01). In tema di circostanze attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Rv. 271269 – 01).
2.2. In applicazione dei richiamati principi di diritto, pienamente condivisibili, deve affermarsi, con riferimento al caso ora in esame, che la sentenza di appello è immune dai vizi lamentati e che le doglianze difensive non colgono nel segno, poiché il giudice di appello ha ritenuto insussistenti le circostanze attenuanti generiche, condividendo le argomentazioni del giudice di primo grado, all’esito di un adeguato e convincente percorso motivazionale. In particolare, il giudice del gravame ha segnalato l’assenza di elementi apprezzabili positivamente, valorizzando l’obiettiva gravità della condotta, realizzata in modo organizzato e reiterato; d’altra parte, la stessa incensuratezza dell’imputato è stata ritenuta dal giudice di appello subvalente rispetto agli altri elementi.
La sentenza di appello espone argomenti muniti di adeguata logicità, valutando i dati disponibili nell’esercizio della discrezionalità consentita al giudice del merito e pervenendo, in esito a un discorso specifico e dettagliato, alla negazione della sussistenza delle condizioni per accogliere la richiesta di concessione delle circostanze attenuanti generiche. Il ricorrente, nel lamentare la mancata considerazione di elementi favorevoli all’accoglimento della sua tesi, chiede, in realtà, una lettura alternativa degli elementi fattuali, inammissibile nel giudizio di legittimità.
Sono inammissibili i motivi di ricorso sovrapponibili relativi alla natura degli accertamenti tecnici realizzati nel corso delle indagini, motivi proposti nell’interesse di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME.
3.1. La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che sono atti irripetibili, sensi dell’art. 354 cod. proc. pen., quelli mediante i quali la polizia giudiziari prende diretta cognizione di fatti, situazioni e comportamenti umani, dotati di una qualsivoglia rilevanza penale e suscettibili, per la loro natura, di subire modificazioni o, addirittura, di scomparire in tempi più o meno brevi, così che, in seguito, potrebbero essere soltanto riferiti (Sez. 1, Sentenza n. 10145 del 08/10/1997, Rv. 208736-01).
La giurisprudenza di legittimità, inoltre, ha chiarito che, in tema di ricorso per cassazione, ai fini dell’osservanza del principio di specificità in relazione alla
prospettazione di vizi di motivazione e di travisamento dei fatti, è necessario che esso contenga la compiuta rappresentazione e dimostrazione di un’evidenza pretermessa o infedelmente rappresentata dal giudicante – di per sé dotata di univoca, oggettiva ed immediata valenza esplicativa, in quanto in grado di disarticolare il costrutto argonnentativo del provvedimento impugnato per l’intrinseca incompatibilità degli enunciati (Sez. 1, n. 54281 del 05/07/2017, Rv. 272492 – 01).
3.2. In applicazione dei richiamati principi di diritto, pienamente condivisibile, deve affermarsi, con riferimento al caso concreto ora in esame, che le doglianze difensive sono prive di pregio e sono generiche, poiché il giudice di appello, condividendo e ulteriormente argomentando le ragioni già rese dal giudice di primo grado, non è incorso in alcun errore di diritto e ha reso congrua motivazione nell’escludere che gli atti compiuti in fase di indagini, su strumenti sequestrati, possano qualificarsi come accertamenti tecnici irripetibili. In particolare, il giudic del gravame ha ragionevolmente constatato che gli accertamenti tecnici compiuti riguardavano il funzionamento dei meccanismi fraudolenti e che tali operazioni non avevano comportato un mutamento irreversibile dello stato dei luoghi, di talché le operazioni ben potevano essere ripetute riposizionando i congegni all’interno delle colonnine dei distributori; inoltre, il giudice di appello ha coerentemente rilevato che la rimozione dei sigilli, necessaria alla verifica sul funzionamento dei meccanismi fraudolenti, non costituiva oggetto di alcun accertamento tecnico.
Alla luce delle chiare argomentazioni rese nel giudizio di merito, i motivi di ricorso in trattazione risultano manifestamente infondati e comunque privi di specificità, quindi inammissibili, perché ripropongono le censure dedotte come motivi di appello e non prendono in considerazione, per confutarle, le argomentazioni in virtù delle quali i corrispondenti motivi di appello non sono stati accolti.
Sono inammissibili i motivi di ricorso sovrapponibili volti a far ritenere i travisamento delle prove, motivi proposti nell’interesse di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME.
In applicazione dei principi di diritto sopra già richiamati, riguardanti i lim del giudizio di legittimità in relazione alla logicità delle decisioni dei giudic merito, deve affermarsi, con riferimento al caso ora in esame, che la sentenza di appello è immune dai vizi lamentati poiché espone, su tale tema, argomenti muniti di adeguata logicità, valutando i dati disponibili nell’esercizio della discrezionalit consentita al giudice del merito e pervenendo, in esito a un discorso specifico e dettagliato, alla conferma delle valutazioni espresse dal giudice di primo grado relazione alla prova dei reati.
I ricorrenti, nel lamentare la mancata considerazione di elementi favorevoli all’accoglimento delle loro tesi, chiedono, in realtà, letture alternative degl elementi fattuali, letture inammissibili nel giudizio di legittimità.
Il provvedimento impugnato, quindi, supera il vaglio di legittimità demandato a questa Corte, il cui sindacato deve arrestarsi alla verifica del rispetto delle regole della logica e della conformità ai canoni legali che presiedono all’apprezzamento delle circostanze fattuali. A fronte di tale esaustiva motivazione, i motivi di ricors in trattazione espongono critiche generiche, ripetitive delle questioni già adeguatamente trattate dal giudice del merito. Le doglianze difensive, infatti, sono prive di pregio, poiché volte a censurare l’intero compendio probatorio, attraverso la contestazione di singoli frammenti.
Sono inammissibili i motivi di ricorso sovrapponibili, relativi al tempus commissi delicti e al rigetto della tesi circa la prescrizione del reato associativo, proposti nell’interesse di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME.
5.1. La giurisprudenza di legittimità ha affermato che la cognizione della Corte di cassazione è funzionale a verificare la compatibilità della motivazione della decisione con il senso comune e con i limiti di un apprezzamento plausibile, mentre non rientra fra le sue competenze lo stabilire se il giudice di merito abbia proposto la migliore ricostruzione dei fatti, né condividerne la giustificazione (ex multis, Sez. 1, n. 45331 del 17/02/2023, Rv. 285504-01). È stato anche precisato che il controllo del giudice di legittimità si dispiega in una valutazione necessariamente unitaria e globale, che attiene alla reale esistenza della motivazione e alla resistenza logica del ragionamento del giudice di merito, mentre è preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata, nonché l’autonoma adozione di diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa, rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (ex multis: Sez. 6, n. 22256 del 26/04/2006, Rv. 234148; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Rv. 265482).
5.2. In applicazione dei richiamati principi di diritto, pienamente condivisibili, deve affermarsi, con riferimento al caso concreto ora in esame, che le doglianze difensive sono prive di pregio, poiché il giudice di appello ha ragionevolmente ritenuto indicativi della permanenza del vincolo associativo tra gli imputati, da un lato, il ritrovamento, in data 10 agosto 2011, presso la sede della ditta di manutenzione, di un totalizzatore manomesso, che era stato rimosso da un distributore di carburante; dall’altro lato, l’intervento di NOME COGNOME, presso i distributore in INDIRIZZO, che era stato sequestrato il 2 maggio 2012,11
giudice di appello ha coerentemente valorizzato le manomissioni rilevate in detto impianto e i contatti ripetuti tra COGNOME e il figlio del titolare del distributo benzina, per affermare che il vincolo associativo era ancora presente all’epoca del sequestro – cioè il 2 maggio 2012 – e che, pertanto, non poteva essere dichiarata l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione.
In particolare, la Corte di appello ha spiegato congruamente la propria valutazione sul punto, affermando in modo logicamente plausibile che la riconducibilità delle manomissioni rilevate in detto impianto alla tecnica fraudolenta riscontrata in altri distributori (collegamenti anomali nelle colonnine erogatrici e presenza di un interruttore con cui attivare il meccanismo fraudolento) ed i ripetuti contatti del COGNOME con il figlio del titolare del distributore, in asse di un qualsiasi rapporto lecito o illecito tra loro, l’hanno indotta a ritenere ch nonostante l’assoluzione del COGNOME per tali manomissioni, almeno all’epoca del sequestro il vincolo associativo fosse ancora persistente.
La Corte di appello, quindi, tenendo conto dell’epoca di consumazione del reato associativo, e della sospensione dei termini di prescrizione nei giudizi di primo e di secondo grado (complessivamente per un anno, undici mesi e dieci giorni come chiarito a pag. 9 della sentenza di appello e non contestato) che il reato non era prescritto.
Le doglianze difensive propongono una diversa lettura dei fatti di causa, sino a spostare il tempus commissi delicti, attraverso una ricostruzione degli atti di indagini alternativa rispetto a quella realizzata in sede di merito.
Posto che il sindacato di legittimità è limitato alla verifica del rispetto d canoni della logicità e non contraddittorietà della motivazione, il ricorso risulta inammissibile, perché versa in fatto.
In conclusione, tutti i motivi di tutti i ricorsi devono essere dichiara inammissibili in applicazione dell’art. 606, comma 3, cod. proc. pen.
L’inammissibilità originaria dell’impugnazione, per la genericità e la manifesta infondatezza dei motivi, impedisce la valida instaurazione dell’ulteriore fase di impugnazione e, quindi, non consente di considerare il tempo ulteriormente trascorso successivamente alla sentenza di merito, al fine di affermare la prescrizione del reato (Sez. U, n. 8413 del 20/12/2007 Ud. (dep. 26/02/2008, Rv. 238467 – 01; Sez. 7, n. 6935 del 17/04/2015, dep. 2016, Rv. 266172-01; Sez. 1, n. 9288 del 20/01/2014 Ud., Rv. 259788-01).
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., i ricorrenti devono essere condannati al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma indicata nel seguente dispositivo alla Cassa delle ammende, non essendo dato escludere – alla
stregua del principio di diritto affermato da Corte cost. n. 186 del 2000 – la ricorrenza dell’ipotesi della colpa nella proposizione dell’impugnazione.
Inoltre, ciascuno dei ricorrenti deve essere condannato, in favore delle parti civili che hanno concluso nel presente giudizio in relazione ai reati rispettivamente contestati e alle rispettive domande risarcitorie proposte nei confronti dei vari imputati, alla rifusione delle relative spese, che si reputa giusto liquidare nelle misure indicate nel seguente dispositivo in considerazione delle attività svolta.
P. Q. M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Condanna gli imputati COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile RAGIONE_SOCIALE, che liquida in complessivi euro 5.000,00, oltre accessori di legge. Condanna, inoltre, gli imputati COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME NOME e di NOME COGNOME alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile RAGIONE_SOCIALE, che liquida in complessivi euro 5.000,00, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma il 27 febbraio 2024.