Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 11101 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 11101 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 08/08/2023 del TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria a firma del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME,
che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 3 agosto 2023, il Tribunale di Napoli – per quanto qui di interesse -, nel rigettare il ricorso proposto da COGNOME NOME, ha confermato l’ordinanza emessa il 3 luglio 2023 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli, applicativa della misura cautelare della custodia cautelare in carcere, per i delitti di partecipazione ad RAGIONE_SOCIALE finalizzata al traffico illec di sostanze stupefacenti e di detenzione a fini di spaccio di sostanze stupefacenti, entrambi aggravati dall’avere commesso il fatto con metodo mafioso e al fine di agevolare un’RAGIONE_SOCIALE di tipo mafioso, e il primo delitto anche dall’essere l’RAGIONE_SOCIALE armata.
Il COGNOME sarebbe partecipe di un’RAGIONE_SOCIALE finalizzata al traffico di stupefacenti, dotata di stabile struttura e con suddivisione di ruoli, avente lo scopo di commettere una pluralità di delitti legati al traffico e alla cessione di sostanz stupefacenti, anche attraverso l’organizzazione e la gestione di una vera e propria “piazza di spaccio”. Associazione promossa e diretta da COGNOME NOME e operativa nei territori di Cavalleggeri d’Aosta e di Agnano. Il delitto sarebbe aggravato, anche, dalla finalità di agevolare le attività e gli scopi dell’associazion RAGIONE_SOCIALE denominata RAGIONE_SOCIALE, promossa, diretta e organizzata da COGNOME NOME, operante nei territori di Cavalleggeri d’Aosta, Agnano e in zone limitrofe dell’area occidentale della città di Napoli, nell’ambito della sfera d influenza, di indirizzo e di controllo del cartello criminale noto come “RAGIONE_SOCIALE” o “RAGIONE_SOCIALE“, capeggiato dai RAGIONE_SOCIALE COGNOME, COGNOME e COGNOME.
Avverso l’ordinanza, l’indagato ha proposto ricorso per cassazione a mezzo del difensore di fiducia.
2.1 Con un primo motivo, deduce i vizi di motivazione e di erronea applicazione della legge penale.
Contesta una presunta «prassi» della Procura di Napoli, secondo la quale, laddove esista un’organizzazione RAGIONE_SOCIALE, esisterebbe necessariamente anche un’RAGIONE_SOCIALE finalizzata allo spaccio di stupefacenti. Prassi che la porterebbe a ritenere sempre sussistente quest’ultima fattispecie delittuosa, omettendo la verifica della sussistenza degli specifici elementi costitutivi del reato.
2.2. Con un secondo motivo, deduce i vizi di motivazione e di erronea applicazione della legge penale, in relazione agli artt. 273 cod. proc. pen. e 74 d.P.R. n. 309 del 1990.
Il ricorrente contesta la partecipazione dell’indagato all’RAGIONE_SOCIALE finalizzata al traffico di stupefacenti, sostenendo che: non sarebbe stato dimostrato l’accordo criminoso permanente tra l’indagato e gli altri presunti affiliati; l’indagato si sarebbe sempre sottratto all’esecuzione di qualsiasi richiesta proveniente dal COGNOME; l’indagato non avrebbe mai interagito con gli altri sodali per la realizzazione dei reati-fine e per la divisione dei proventi illeciti; l’indag e COGNOME NOME avrebbero gestito «una personale attività di spaccio di stupefacenti», «in autonomia, seppur sotto il controllo» del RAGIONE_SOCIALE; il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE non avrebbe «mai partecipato, ma al massimo» si sarebbe limitato «a ritirare quote estorsive», rimanendo «del tutto estraneo alla gestione della piazza di spaccio».
2.3. Con un terzo motivo, deduce i vizi di motivazione e di erronea applicazione della legge penale, in relazione all’art. 416-bis.1 cod. pen.
Contesta la sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen., sostenendo che: non vi sarebbero elementi per sostenere che l’indagato volesse apportare un contributo all’RAGIONE_SOCIALE; l’indagato si sarebbe sempre sottratto alle richieste del COGNOME.
2.4. Con un quarto motivo, deduce i vizi di motivazione e di erronea applicazione della legge penale, in relazione all’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990.
Il ricorrente sostiene che, «ove fosse provato che l’indagato vendesse lo stupefacente nel medesimo luogo, al di là della sussistenza della piazza di spaccio, il fatto parrebbe sussumibile nello schema legale del d.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 …».
Il Procuratore generale, nella sua requisitoria scritta, ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
AVV_NOTAIO, per l’indagato, ha depositato memoria scritta con la quale ha replicato alla requisitoria del Procuratore generale e ha chiesto di annullare l’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
1.1. Il primo motivo è inammissibile.
Esso, infatti, si presenta intrinsecamente generico, in quanto privo di una puntuale enunciazione delle ragioni di diritto giustificanti il ricorso e dei correlat congrui riferimenti alla motivazione dell’atto impugnato.
Va rilevato che, in ogni caso, il Tribunale ha adeguatamente motivato in ordine alla sussistenza dell’RAGIONE_SOCIALE per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti (cfr., in particolare, le pagine 10, 11 e 12 dell’ordinanza impugnata), distinguendola dall’RAGIONE_SOCIALE per delinquere di tipo mafioso. La particolare attenzione prestata dal Tribunale in ordine a tali distinti sodalizi è dimostrata dal fatto che il giudice del riesame ha ritenuto il quadro indiziario insufficiente a dimostrare la partecipazione dell’indagato all’RAGIONE_SOCIALE per delinquere di stampo mafioso, annullando l’ordinanza del giudice per le indagini preliminari che aveva applicato la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti del COGNOME anche con riferimento al reato di partecipazione al RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
1.2. Il secondo motivo è inammissibile.
Con esso, invero, il ricorrente ha articolato alcune generiche censure che, pur essendo state da lui riferite alle categorie dei vizi di motivazione e di erronea
applicazione della legge penale, ai sensi dell’art. 606 cod. proc. pen., non evidenziano alcuna effettiva violazione di legge né travisamenti di prova o vizi di manifesta logicità emergenti dal testo della sentenza, ma sono, invece, dirette a ottenere un inammissibile sindacato sul merito delle valutazioni effettuate dal Tribunale (cfr. Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, COGNOME, Rv. 207944; Sez. U, n. 18620 del 19/01/2017, COGNOME).
Al riguardo, va ricordato che «in tema di ricorso per cassazione, il controllo di legittimità, anche nel giudizio cautelare personale, non comprende il potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, né quello di riconsiderazione delle caratteristiche soggettive dell’indagato, trattandosi di apprezzamenti rientranti nelle valutazioni del Gip e del tribunale del riesame, essendo, invece, circoscritto all’esame dell’atto impugnato al fine di verificare la sussistenza dell’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato e l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento» (Sez. 2, n. 9212 del 02/02/2017, Sansone, Rv. 269438).
Va evidenziato che, in ogni caso, il Tribunale, in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico dell’indagato, ha motivato in maniera adeguata, coerente e senza incorrere in alcun vizio logico (cfr. pagine 7 e ss. dell’ordinanza). Dall’ordinanza emerge che svariati sono gli indizi analizzati e valutati dal Tribunale, che non solo ha riportato le conversazioni intercettate più significative, ma ne ha analizzato con rigore il contenuto – peraltro abbastanza esplicito -, evidenziandone la rilevanza al fine della dimostrazione della partecipazione dell’indagato al sodalizio criminale.
Il Tribunale ha ritenuto particolarmente significativa la conversazione dell’il. agosto 2022 – relativa al coinvolgimento del COGNOME nello smistamento di un’ingente quantità di hashish ad opera di COGNOME NOME -, dalla quale emergeva che il COGNOME, prima di acquistare la sostanza dall’COGNOME, si rivolgeva all’indagato al fine di valutare l’opportunità dell’affare nonché la possibilità di vendere la stessa presso la “piazza di spaccio” di INDIRIZZO.
Ha evidenziato anche l’attività di riscontro effettuata dalla polizia giudiziaria, che aveva portato all’arresto dell’indagato – trovato in possesso di sostanza stupefacente -, ponendola in correlazione con la significativa conversazione del 9 novembre 2022, nel corso della quale il COGNOME, nel commentare l’arresto, si lamentava del fatto che «sempre di qua fanno gli arresti, mai di là».
Si tratta di una motivazione adeguata e priva di vizi logici. Il ricorrente non si confronta effettivamente con essa, rendendo così il motivo di ricorso privo anche della necessaria specificità estrinseca.
1.3. Il terzo motivo è inammissibile.
Esso, invero, si presenta del tutto generico e basato su mere asserzioni.
Va, in ogni caso, rilevato che il Tribunale ha adeguatamente motivanto anche in ordine ai legami tra l’RAGIONE_SOCIALE finalizzata al traffico di stupefacenti e il cla COGNOME, evidenziando come l’attività della prima fosse funzionale anche all’esigenza del sodalizio camorristico di riaffermare il controllo sulle attivit criminali della zona, prevalendo sul RAGIONE_SOCIALE rivale (cfr., in particolare, le pagine 10 e 11 dell’ordinanza impugnata).
1.4. Il quarto motivo è inammissibile.
Tale motivo, oltre a essere esposto in maniera abbastanza confusa, si presenta del tutto generico.
Va, in ogni caso, ribadito che il Tribunale ha ampiamente motivato in ordine alla sussistenza dell’RAGIONE_SOCIALE per delinquere finalizzata allo spaccio di stupefacenti e alla partecipazione ad essa dell’indagato, evidenziando gli elementi caratteristici di tale fattispecie delittuosa, che la distinguono dal reato detenzione a fini di spaccio.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione, consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende, che deve determinarsi in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso, il 12 dicembre 2023.