Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 14688 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 14688 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/02/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME, n. Castellammare di Stabia (Na) DATA_NASCITA
COGNOME NOME, n. Torre Annunziata (Na) DATA_NASCITA
COGNOME NOME, n. Eboli INDIRIZZOSa) DATA_NASCITA
COGNOME NOME, n. Napoli DATA_NASCITA
NOME, n. Pollena Trocchia INDIRIZZO) DATA_NASCITA
avverso la sentenza n. 596/23 della Corte di appello di Salerno del 14/04/2023
letti gli atti, i ricorsi e la sentenza impugnata; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME; sentito il pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore generale
NOME COGNOME, che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi proposti da NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e per il rigetto dei ricorsi proposti da NOME COGNOME e NOME COGNOME;
sentiti per i ricorrenti l’AVV_NOTAIO COGNOME in sostituzione dell’a NOME COGNOME per COGNOME e COGNOME, l’AVV_NOTAIO COGNOME e l’AVV_NOTAIO. NOME COGNOME per COGNOME, l’AVV_NOTAIO NOME COGNOME e l’AVV_NOTAIO NOME COGNOME per COGNOME, i quali hanno insistito per l’accoglimento dei ricorsi rispettivamente patrocinati
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Salerno, in parziale riforma della decisione di primo grado, emessa con rito abbreviato dal G.i.p. del Tribunale di Salerno in data 08/04/2022:
ha ridotto la pena inflitta dal primo giudice a NOME COGNOME alla misura ritenuta di giustizia, confermandone la dichiarazione di colpevolezza in ordine al reato ascrittogli al capo 130 dell’imputazione di concorso in tentata estorsione ai danni di NOME COGNOME (artt. 110, 56, 629, 61 n. 2 cod. pen.) previo riconoscimento delle attenuanti generiche prevalenti sulle contestate aggravanti;
ha ridotto la pena inflitta a NOME COGNOME alla misura ritenuta di giustizia, confermandone la dichiarazione di colpevolezza in ordine ai reati ascrittigli ai capi 95, 99 (artt. 110 cod. pen., 73, comma 1, d.P.R. n. 309 del 1990) e 130 (artt. 110, 56, 629, 61 n.2 cod. pen.), ritenuti avvinti dal vincolo della continuazione, previa esclusione della contestata recidiva reiterata;
ha confermato le pene irrogate in primo grado nei confronti di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME in ordine ai reati di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990 (capo O per tutti e per COGNOME anche capo 77) nonché a plurimi episodi di concorso in traffico illecito di sostanze stupefacenti (artt. 110 cod. pen., 73, 80 d.P.R. n. 309 del 1990, capo 1 per COGNOME e COGNOME e capi 39, 57, 77, 86, 95, 99, 115, 128, 129 per COGNOME).
Oltre ai reati fine di traffico illecito di sostanze stupefacenti, l’imputato COGNOME stato, infatti, riconosciuto responsabile di avere partecipato – ricoprendo i diversi ruoli di corriere della droga, di autista del capo del sodalizio e di addetto all smercio al dettaglio – a due distinte associazioni dedite a detto traffico, la prima delle quali facente capo a NOME COGNOME (capo 0) operante in vari centri della provincia di Salerno, la seconda (capo 77) capeggiata da NOME COGNOME
attiva nel comune di Eboli (Sa); COGNOME e COGNOME sono stati anche riconosciuti responsabili di avere partecipato al primo di detti sodalizi col ruolo di stabil fornitori di consistenti quantitativi di cocaina; COGNOME e COGNOME, di avere, infine, tentato un’estorsione in danno del citato COGNOME connessa al mancato pagamento della fornitura di una partita di cocaina.
Avverso la sentenza hanno proposto ricorso per cassazione i predetti imputati che deducono i motivi di seguito esposti in forma riassuntiva (art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.)
2. Ricorso di COGNOME NOME
2.1. Violazione di legge penale in relazione al mancato riconoscimento del vincolo della continuazione tra i fatti di cui al presente giudizio e quelli costitue oggetto della sentenza n. 105 emessa dal G.u.p. del Tribunale di Torre Annunziata il 30/03/2021 e vizio di motivazione sul punto.
La Corte di appello ha escluso la continuazione invocata sostenendo che tra i fatti oggetto dei distinti giudizi fosse intercorso oltre un anno di distanza e che pertanto l’imputato non avrebbe potuto rappresentarsi così in anticipo la possibilità di intervenire a sostegno delle pretese creditorie del COGNOME, sebbene – si sostiene – nei fatti contestati (e ritenuti) nel primo giudizio figurasse anch l’incarico di svolgere il recupero dei crediti spettanti ai correi.
2.2. Violazione di legge e manifesta infondatezza della motivazione in ordine alla rideterminazione della pena a seguito del riconoscimento delle attenuanti generiche in prevalenza sulla contestata aggravante di cui all’art. 61 n.2 cod. pen.; difetta, secondo la difesa del ricorrente, la motivazione del perché le attenuanti generiche, per quanto riconosciute, non siano state applicate nella misura di un terzo invece che in quella di solo sei mesi.
3. Ricorso di COGNOME NOME
3.1. Violazione di legge penale in relazione al mancato riconoscimento del vincolo della continuazione tra i fatti di cui al presente giudizio e quelli del sentenza n. 8683 emessa dalla Corte di appello di Napoli il 03/06/2022 e vizio di motivazione sul punto.
La Corte di appello ha escluso la continuazione sostenendo che non era stata fornita dimostrazione del fatto che sin dai primi mesi del 2018 o comunque già a maggio dello stesso anno, epoca delle cessioni di stupefacenti per cui aveva riportato condanna, l’imputato avrebbe già elaborato per grandi linee l’intento di cedere cocaina nel 2019, con l’intervallo di oltre un anno da quelle prime forniture ed oltretutto in concorso con persone diverse dai precedenti sodali.
Diversamente si deduce che al fine di verificare l’unicità del disegno criminoso, si deve e si può avere riguardo a più indici sintomatici, rivelatori dell’ideazione e delle determinazione volitiva unitaria (prossimità temporale di commissione, omogeneità delle condotte, circostanze concrete di tempo, luogo dell’azione, etc.) senza che risulti necessario rintracciare la compresenza di tutti quegli elementi, potendo assumere rilevanza anche la ricorrenza di uno o più di essi.
3.2. Violazione di legge e manifesta infondatezza della motivazione in ordine alla rideterminazione della pena per effetto dell’esclusione della recidiva.
La Corte di appello, dopo avere escluso l’incidenza della recidiva, ha applicato una riduzione della pena a titolo di attenuanti generiche non nella misura massima consentita di un terzo, ciò motivando per il carattere tardivo della integrale ammissione degli addebiti da parte dell’imputato, ma dimenticando che egli è stato l’unico ad ammettere le proprie responsabilità dinanzi al G.i.p. in sede di interrogatorio di garanzia dopo l’applicazione nei suoi confronti della misura cautelare.
4. Ricorso di COGNOME NOME
4.1. Vizi congiunti di motivazione anche per travisamento della prova in relazione agli artt. 74 d.P.R. n. 309 del 1990 e 192 cod. proc. pen. con riferimento sia all’esistenza che alla partecipazione all’associazione contestata al capo O dell’imputazione.
4.2. Vizi congiunti di motivazione anche per travisamento della prova in relazione agli artt. 74 d.P.R. n. 309 del 1990 e 192 cod. proc. pen. con riferimento sia all’esistenza che alla partecipazione all’associazione contestata al capo 77 dell’imputazione.
4.3. Vizi congiunti di motivazione anche per travisamento della prova in relazione agli artt. 73 e 74 d.P.R. n. 309 del 1990 con riferimento alla mancata riqualificazione sia delle condotte di cessione ai sensi del comma 5 dell’art. 73 sia di quella associativa ai sensi del comma 6 dell’art. 74 d.P.R. cit.
4.4. Vizi congiunti di motivazione riguardo al trattamento sanzionatorio mediante diverso bilanciamento delle circostanze e contenimento degli aumenti a titolo di continuazione.
La Corte di appello ha ritenuto il trattamento sanzionatorio immodificabile in senso favorevole all’imputato, evidenziando che quello riservatogli dal primo giudice era stato già benevolo poiché parametrato sul minimo edittale e caratterizzato al riconoscimento delle attenuanti generiche nonostante la gravità dei fatti e l’assenza di positivi elementi di valutazione, non spiegando, tuttavia, le ragioni giuridiche che fondano tale statuizione.
Ricorso congiunto di NOME e NOME NOME
5.1. Violazione di legge processuale in relazione all’art. 267 cod. proc. pen. per inutilizzabilità delle intercettazioni, risultando il decreto autorizzativo emesso i data 22 dicembre 2018 affetto da nullità in ragione della sua solo apparente motivazione, con invalidità derivata delle captazioni del 12 e del 14 gennaio riguardanti il coinvolgimento dei ricorrenti nelle vicende di NOME COGNOME, persona originariamente fatta segno di intercettazione.
5.2. Violazione di legge sostanziale in relazione all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990 in punto di ritenuta sussistenza della volontaria adesione dei ricorrenti al programma criminoso dell’associazione e della stabile disponibilità ad attuarlo.
5.3. Erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990 in punto di ritenuta sussistenza del dolo di partecipazione alla predetta associazione.
5.4. Incompletezza della motivazione dettata dal mancato confronto con le censure difensive veicolate coi motivi di appello scritti, suscettibili di sovvertire ricostruzione operata dal primo giudice a proposito dell’esistenza di un sodalizio riconducibile all’ipotesi di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990.
5.5. Erronea applicazione della legge penale in ordine all’omessa applicazione dell’art. 74, comma 6, d.P.R. n. 309 del 1990 e alla ritenuta insussistenza del fatto di lieve entità.
5.6. Carenza assoluta di motivazione in ordine alle specifiche doglianze formulate dalla difesa, capaci di disarticolare il ragionamento spiegato sul tema della configurabilità del concorso del ricorrente COGNOME nel delitto di detenzione contestato alla COGNOME e di conseguenza nella condotta che lo attrae nel sodalizio criminale, pur avendo la difesa eccepito il travisamento della prova sui temi argomenti probatori valorizzati dal primo giudice ai fini della partecipazione ala associazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi vanno dichiarati inammissibili, per le ragioni di seguito indicate.
2. Ricorso COGNOME
2.1. La prima doglianza relativa alla denegata applicazione dell’istituto della continuazione cd. esterna è manifestamente infondata.
La Corte territoriale ha congruamente argomentato il diniego, in primo luogo rilevando l’intempestività della richiesta in quanto non formulata con l’atto di gravame e in secondo luogo ed in maniera dirimente attesa l’impossibilità di ravvisare un unico programma criminoso tra fatti temporalmente distanti tra loro circa un anno, dovendo, piuttosto, gli stessi ascriversi ad una generica tendenza del soggetto a commettere reati ovvero a consumare delitti della stessa indole di quelli per cui si procede (pag. 46-47 sent.).
Trattasi di valutazioni rispettose del dato normativo e conformi all’univoca elaborazione giurisprudenziale di questa Corte di cassazione, secondo cui il riconoscimento della continuazione, necessita (…) di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio -temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reat risultino comunque frutto di determinazione estemporanea (per tutte v. Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, Gargiulo, Rv. 270074) e che, dunque, sfuggono a censure di ordine logico-argomentativo.
2.2. La seconda doglianza è, invece, del tutto improponibile, risolvendosi in una non consentita critica al potere – dovere del giudice di merito di determinare il trattamento sanzionatorio, anche mediante la modulazione degli aumenti o delle diminuzioni di pena per effetto del riconoscimento di circostanze del reato.
3. Ricorso COGNOME
3.1. Il primo motivo di censura risulta praticamente sovrapponibile a quello formulato da COGNOME, tant’è che, come anticipato, la Corte territoriale ha affrontato unitariamente la questione alle pag. 46-47 della decisione; valgono, pertanto, le medesime considerazioni già svolte per il predetto ricorrente (par.
2.1.)
3.2. Considerazioni analoghe a quelle svolte riguardo al secondo motivo del ricorso COGNOME valgono per la seconda doglianza formulata da COGNOME: anche nella specie non si allegano profili di illegalità del trattamento sanzionatorio, ma si contestano aspetti connessi alla discrezionalità del giudice di modulare la pena, in tal caso già ridotta in favore dell’imputato appellante per effetto della esclusione della contestata recidiva.
4. Ricorso COGNOME
4.1. I primi due motivi di doglianza possono essere trattati congiuntamente
poiché, secondo la prospettiva difensiva, investono i temi dell’esistenza delle due associazioni dedite al narcotraffico configurate ai capi O e 77 della imputazione e la partecipazione ad esse del ricorrente, il quale lamenta l’insussistenza di prove a sostegno di detta partecipazione o quantomeno l’erronea (fino al travisamento) interpretazione del dato probatorio, per contro ritenuto adeguato e sufficiente ai fini della condanna dai giudici di merito.
Trattasi, tuttavia, di doglianze che non possono trovare neppure udienza nel presente grado di giudizio dal momento che, come da tempo ripete la giurisprudenza di questa Corte, l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione essere limitato, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l’adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali. Esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità l mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone al., Rv. 207944).
Nonostante la pronuncia non possa ritenersi propriamente recente, essa resta nondimeno insuperata poiché ribadisce i termini del significato e della natura del vaglio di legittimità, che altrimenti assumerebbe caratteristiche diverse da quelle stabilite dall’attuale ordinamento processuale penale.
4.2. Considerazioni in parte analoghe valgono per il terzo motivo di censura che, però, investe oltre al profilo della ribadita responsabilità in ordine ai va reati di traffico di stupefacenti (capi 39, 57, 77, 86, 95, 99, 115, 128, 129), anche la questione della mancata riconduzione degli stessi all’ipotesi di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990 e in maniera connessa, per quanto non automatica, all’art. 74, comma 6, st. d.P.R.
La doglianza è stata, tuttavia, già proposta all’attenzione della Corte di appello, sicché va considerata generica per reiterazione, in quanto riproduttiva di censure già adeguatamente vagliate e disattese con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito.
Ad ogni buon conto, al fine di escludere la ricorrenza dell’ipotesi del fatto lieve e dell’associazione ab origine strutturata per commettere tali fatti, la Corte territoriale ha evidenziato che, per quanto i singoli episodi di cessione in sé considerati possano presentare le caratteristiche dei fatti descritti dal citato art.
73, comma 5, anche in ragione del mancato accertamento dei quantitativi ceduti, deve essere escluso l’inquadramento delle condotte nella meno grave figura di reato “alla luce della complessiva attività in concreto esercitata dal gruppo organizzato, della molteplicità degli episodi di spaccio e della predisposizione di un’idonea organizzazione che preveda uno stabile e continuativo approvvigionamento di quantitativi rilevanti di sostanze stupefacenti” (pag. 70 sent.).
Il Collegio rileva che tale statuizione si connette logicamente alle risultanze probatorie costituite dalle circostanze che: a) l’associazione riconosciuta al capo 0 dell’imputazione, facente capo a NOME COGNOME, era stata in grado di operare in diversi centri della provincia di Salerno, sulla base di una ramificata rete di addetti alla cessione al dettaglio delle sostanze stupefacenti ed alla particolare diversificazione dei ruoli, contemplante anche la possibilità per alcuni partecipi di trasformare la cocaina in crack (pag. 14 sent.); b) l’associazione di cui al capo 77, facente capo a NOME COGNOME, aveva a sua volta allestito almeno due piazze di spaccio nel Comune di Eboli – situazione di per sé in genere incompatibile con l’ipotesi di reato di cui all’art. 73, comma 5 (Sez. 3, n. 20234 del 04/02/2022, COGNOME, Rv. 283203; Sez. 6, n. 13982 del 20/02/2018, COGNOME, Rv. 272529), dimostrandosi in grado di fornire cocaina anche a persone residenti in centri limitrofi (v. imputazione).
In definitiva deve ritenersi che i giudici di merito abbiano fatto buon uso del dato normativo, che impone di valutare congiuntamente i diversi indici individuati dalla legge al fine di valutare la ricorrenza dell’ipotesi di reato d fatto di lieve entità, sulla scorta di argomenti insuscettibili di critica sot profilo logico-argomentativo.
4.3. Improponibile è, invece, il quarto motivo di ricorso, per le stesse ragioni indicate ai punti 2.2. del ricorso COGNOME e 3.2. del ricorso COGNOME, cui testualmente si rinvia.
5. Ricorso congiunto NOME e COGNOME
5.1 Con il primo motivo di doglianza, i ricorrenti denunciano l’inutilizzabilità delle intercettazioni disposte con decreto del dicembre 2018, poiché affetto da nullità in ragione della sua solo apparente motivazione, con invalidità derivata delle captazioni del 12 e del 14 gennaio riguardanti il rispettivo coinvolgimento nelle vicende di NOME COGNOME, persona originariamente sottoposta ad intercettazione.
Tanto premesso ed a prescindere dalla questione della possibilità stessa di dedurre il vizio di inutilizzabilità in presenza del disposto dell’art. 438, comma 6-
bis, cod. proc. pen., per avere gli imputati optato in favore della celebrazione del giudizio di primo grado con rito abbreviato, il motivo si rivela generico perché da un lato non indica le ricadute concrete del vizio dedotto sul complessivo compendio probatorio esistente a carico degli imputati e dall’altro in quanto sia il decreto di intercettazione di conversazioni in caso di urgenza n. 1380/18/21 R.G. N.R. del Pubblico Ministero in data 21/12/2018 sia quello di convalida del G.i.p. del Tribunale di Salerno n. 1458/18 ed altri R.I.R. del 22/12/2018 (entrambi in atti) appaiono tutt’altro che immotivati, evidenziando – diffusamente quello del Pubblico Ministero e più sinteticamente quello del G.i.p. – le ragioni dell’iniziativ d’urgenza dell’ufficio requirente, strettamente connesso allo sviluppo delle captazioni allora in atto nei confronti di NOME COGNOME e derivante dalla emergenza di plurimi contatti telefonici tra questi e persone verosimilmente convolte come lui nel traffico illecito di sostanze stupefacenti.
5.2. Il secondo, il terzo ed il quarto motivo di censura possono essere trattati congiuntamente, dal momento che investono i temi della ribadita sussistenza dell’associazione dedita al narcotraffico configurata al capo O dell’imputazione e la partecipazione consapevole ad essa degli imputati.
Le stesse censure sono state formulate con l’atto di gravame e hanno già trovato debita considerazione nella sentenza impugnata.
In particolare, la Corte di appello ha stabilito di dover condividere le determinazioni del primo giudice quanto alla ritenuta sussistenza di una associazione dedita al narcotraffico facente capo ai fratelli NOME e NOME COGNOME (pag. 50-51), per poi passare specificamente al ruolo svolto da NOME COGNOME e dal di lei figlio NOME COGNOME in qualità di stabili fornitori di cocaina ragione variabile da 50 fino a 400 grammi per operazione) in favore di quel sodalizio, ruolo svolto per la durata di cinque mesi fino ai primi interventi d contrasto me gi in campo (tra cui l’arresto di NOME COGNOME) al fine di interrompere il traffico illecito (pag. 52-53).
Ora da lungo tempo la giurisprudenza di questa Corte di cassazione ammette che, a determinate condizioni, lo stabile fornitore di sostanze stupefacenti in favore di un sodalizio dedito al traffico illecito, possa egli stesso essere partecipe del gruppo criminale.
È stato, infatti, più volte affermato che integra la condotta di partecipazione ad un’associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti la costante disponibilità a fornire le sostanze oggetto del traffico del sodalizio, tale d determinare un durevole rapporto tra fornitore e spacciatori che immettono la droga nel consumo al minuto, sempre che si accerti la coscienza e volontà di far
parte dell’associazione, di contribuire al suo mantenimento e di favorire la realizzazione del fine comune di trarre profitto dal commercio di droga (tra molte v. Sez. 4, n. 19272 del 12/06/2020, Bellissima, Rv. 279249).
In termini astratti, perciò, nessuna violazione del disposto dell’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1900 può essere ravvisato nelle ricordate argomentazioni della Corte di merito.
In termini concreti, le censure che vengono mosse alla decisione su tali punti appaiono, oltre che palesemente destituite di fondamento, volte in realtà a conseguire una diversa valutazione del compendio probatorio per sovvertire l’esito decisorio del giudizio, sollecitando, però, a tal fine un’operazione palesemente estranea all’ambito del sindacato giurisdizionale di legittimità.
5.3. Per quanto ora detto, risulta manifestamente infondata anche la censura relativa al mancato riconoscimento del fatto di lieve entità e dell’ipotesi di cui all’art. 74, comma 6, d.P.R. n. 309 del 1990, essendo a tal fine sufficiente ricordare l’entità del dato ponderale sopra evidenziato per escludere la possibilità di ricondurre la fattispecie alla figura di reato invocata dai ricorrenti.
5.4. Improponibile in questa sede è, infine, la doglianza sulla dedotta insussistenza del concorso di NOME nel reato continuato ascritto alla madre nel capo 1 dell’imputazione.
Alle pertinenti e congrue argomentazioni svolte dalla Corte di merito (pag. 4849 sent.) si oppone la ricorrenza di un travisamento del dato probatorio, che finisce, tuttavia, per mascherare analoga sollecitazione rivolta a questa Corte di cassazione di sostituire indebitamente le proprie valutazioni di merito a quelle spettanti in via esclusiva ai giudici dei precedenti gradi del processo.
Alla dichiarazione d’inammissibilità delle impugnazioni segue, come per legge, la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e al versamento ciascuno di una somma in favore della cassa delle ammende, che stimasi equo quantificare in euro tremila.
P. Q. M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Il consi nere estensore COGNOME Così deciso, 1 febbraio 2024