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Associazione per delinquere: quando si è complici?

Un soggetto, ritenuto ‘stabile acquirente’ di stupefacenti, ha impugnato la misura di custodia cautelare sostenendo di essere stato costretto ad agire a causa del regime di monopolio imposto da un’organizzazione criminale. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la sua partecipazione all’associazione per delinquere. La decisione si fonda sul fatto che l’individuo non era un semplice acquirente, ma uno spacciatore stabile, inserito nell’organigramma, che versava i proventi e riceveva uno stipendio, dimostrando un’adesione volontaria al programma criminale.

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Pubblicato il 6 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Associazione per delinquere: la differenza tra acquirente e partecipe

La linea di demarcazione tra un semplice acquirente di sostanze stupefacenti e un membro a pieno titolo di un’associazione per delinquere è spesso sottile ma giuridicamente cruciale. Con la sentenza n. 10129 del 2024, la Corte di Cassazione torna a definire i contorni di questa distinzione, chiarendo quali elementi fattuali determinano il ‘salto di qualità’ da un rapporto di fornitura a una vera e propria partecipazione criminale. Il caso analizza la posizione di un soggetto che, pur definendosi un acquirente ‘stabile’, è stato ritenuto un elemento organico del sodalizio.

I Fatti del Caso

Il ricorrente si opponeva a un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per i reati di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti (art. 74 d.P.R. 309/1990) e altri reati connessi. La sua difesa si basava su un punto principale: il suo ruolo era quello di un ‘stabile acquirente’ all’interno di un’organizzazione che operava in regime di monopolio. Sosteneva che la violenza e la minaccia usate dal gruppo per imporre le proprie regole e impedire di rivolgersi a fornitori esterni lo ponevano in una condizione di coartazione, incompatibile con l’adesione volontaria richiesta per configurare la partecipazione associativa.

I Criteri Distintivi per l’Associazione per Delinquere

La Corte di Cassazione, nel rigettare il ricorso, ha colto l’occasione per ribadire la propria giurisprudenza consolidata. Non è la mera reiterazione degli acquisti a trasformare un acquirente in un associato, ma la presenza di specifici elementi che dimostrino un vincolo stabile e la consapevolezza di far parte di una struttura più ampia: la cosiddetta affectio societatis.

I giudici hanno evidenziato che un rapporto continuativo di fornitura può evolvere in partecipazione associativa quando presenta le seguenti caratteristiche:

Stabilità e Continuità

Il rapporto non deve essere episodico, ma deve avere caratteri di stabilità e continuità tali da renderlo un elemento funzionale all’operatività dell’organizzazione.

Rilevanza per il Sodalizio

L’attività dell’acquirente/spacciatore deve assumere una rilevanza oggettiva per il gruppo criminale, contribuendo in modo significativo al suo programma, ad esempio garantendo la distribuzione al dettaglio e la raccolta di profitti.

Consapevolezza e Volontà

È necessario che il soggetto sia consapevole di agire all’interno di un’organizzazione e che la sua condotta sia proiettata oltre la singola transazione, diventando parte di una struttura complessa e articolata.

Le Motivazioni della Decisione

Nel caso specifico, il Tribunale prima e la Cassazione poi hanno ritenuto che il ricorrente non fosse un semplice acquirente, ma uno ‘stabile spacciatore’ pienamente inserito nell’organigramma del sodalizio. Le prove raccolte, tra cui intercettazioni e dichiarazioni, hanno dimostrato che egli:

1. Interagiva regolarmente con uno dei vertici dell’organizzazione per rifornirsi di droga da spacciare.
2. Versava il ricavato della sua attività ai suoi ‘superiori gerarchici’.
3. Percepiva uno stipendio dall’associazione, a dimostrazione di un rapporto di stabile retribuzione e non di semplici transazioni commerciali.

La Corte ha specificato che il regime di monopolio e le eventuali intimidazioni non escludono la volontarietà della partecipazione. L’elemento decisivo è stata la prova che la stabilità del rapporto garantiva non solo l’operatività dell’associazione, ma anche un utile costante per il ricorrente, rivelando una piena adesione consapevole (affectio societatis) al programma criminale. La sua attività non era quella di un cliente coartato, ma di un ‘ramo d’azienda’ retribuito e funzionale agli scopi del gruppo.

Conclusioni

Questa sentenza riafferma un principio fondamentale: per determinare la partecipazione a un’associazione per delinquere, non conta l’etichetta formale (‘acquirente’ o ‘fornitore’), ma il ruolo funzionale svolto dal singolo all’interno della struttura. La costante disponibilità a operare per il sodalizio, la stabilità dei rapporti e la consapevolezza di contribuire a un fine comune sono gli elementi che trasformano un rapporto commerciale illecito in una piena partecipazione associativa. La decisione sottolinea come anche in contesti di apparente monopolio, la presenza di una retribuzione e di un’integrazione nella catena di comando siano prove schiaccianti di un’adesione volontaria e consapevole.

L’acquisto ripetuto di droga da un’organizzazione criminale rende automaticamente l’acquirente un partecipe dell’associazione?
No. La Corte chiarisce che una mera reiterazione della fornitura non è sufficiente. È necessario un ‘salto di qualità’ in cui il rapporto diventa stabile, continuativo e l’acquirente agisce con la consapevolezza di contribuire al programma criminale del sodalizio.

Se un’associazione opera in regime di monopolio e usa intimidazione, un acquirente può essere considerato costretto e quindi non partecipe?
Non necessariamente. Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che, nonostante il monopolio, l’imputato non fosse un soggetto coartato, ma un membro attivo che veniva regolarmente retribuito (‘stipendiato’) per la sua attività di spaccio, dimostrando un’adesione volontaria al programma criminale.

Quali elementi concreti trasformano un acquirente in un membro di un’associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti?
Secondo la sentenza, elementi decisivi sono: l’interazione regolare e abituale con i vertici, il versamento dei ricavi dell’attività di spaccio all’organizzazione, la percezione di uno stipendio o di una retribuzione fissa, e l’essere inserito in una struttura organizzata (come una ‘lista’ di spacciatori). Questi fatti dimostrano la consapevolezza e la volontà di far parte del sodalizio (‘affectio societatis’).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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