Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 1916 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 1916 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 03/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato a Lamezia Terme il 4/8/1990
avverso l’ordinanza del 29/2/2024 del Tribunale di Catanzaro visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo di dichiarare l’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 29 febbraio 2024 il Tribunale di Catanzaro ha confermato il provvedimento con cui il Giudice per le indagini preliminari ha applicato a NOME COGNOME la misura cautelare degli arresti domiciliari in relazione al delitto associativo di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309/90.
2. Avverso l’anzidetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, che ha dedotto la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento impugnato. All’indagato si contesterebbe di essere uno spacciatore per conto del sodalizio descritto al capo A) dell’editto accusatorio, ma non gli sarebbe stato contestato alcun reato di cessione di stupefacente. Non vi sarebbero indizi atti a far ritenere che l’indagato fosse partecipe del sodalizio, atteso che il Tribunale avrebbe fatto riferimento alla frequentazione del ricorrente con altri sodali, che, però, non sarebbe di per sé sintomatica dell’appartenenza all’associazione, e alle conversazioni intercettate di terzi, peraltro in un breve periodo, da cui non emergerebbe un solo riferimento all’indagato come coautore della condotta illecita. Peraltro, con riguardo alle conversazioni, riportate integralmente nelle due ordinanze, mancherebbe qualsiasi dato certo idoneo non solo a collegare l’attuale indagato alla vicenda estorsiva in discussione ma anche a consentire di identificare l’indagato in quello evocato in alcune conversazioni.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso deve essere rigettato.
2. Il Tribunale ha affermato che le intercettazioni telefoniche, i servizi di osservazione e controllo, l’attività di perquisizione e sequestro avevano disvelato l’esistenza, la perduranza e l’operatività di un’associazione per delinquere, finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, con centro nevralgico operativo in Lamezia Terme per quanto concerne la distribuzione del narcotico e con rapporti stabili di approvvigionamento con diversi fornitori, localizzati anche al di fuori del territorio calabrese.
Tale sodalizio aveva come vertici, in particolare, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, i quali attendevano personalmente alle operazioni di custodia, preparazione e confezionamento del narcotico secondo le specifiche richieste provenienti dai vari pusher, disponendo di buste sigillate, macchine per sottovuoto, escavatori, fusti, bidoni, tutti mezzi idonei al confezionamento e alla custodia anche in spazi esterni dello stupefacente trattato. I capi e organizzatori si avvalevano di una fitta rete di spacciatori, quali NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e avevano, quindi, messo in piedi una fiorente attività di spaccio di stupefacente, in particolare nnarijuana e cocaina, agendo in maniera sistematica e organizzata.
Con specifico riferimento al ricorrente il Collegio della cautela ha evidenziato che dalle conversazioni intercettate era emerso che l’indagato era individuato come soggetto su cui i vertici della consorteria facevano affidamento per il
sistematico approvvigionamento e successivo spaccio di stupefacente nelle zone di interesse. I vertici dell’associazione, infatti, nelle conversazioni annoveravano ripetutamente l’indagato tra i pusher da cui recuperare le somme ricavate dallo spaccio, anche di importo elevato, sintomatico della quantità ingente di stupefacente venduto.
Il Tribunale ha rimarcato, quindi, che «la continuità e sistematicità di transazioni, per quantità e qualità della sostanza commerciata, travalicavano i singoli rapporti contrattuali di scambio per caratterizzarsi come la messa a disposizione reciproca per il perseguimento del fine della consorteria».
Siffatte argomentazioni sfuggono a ogni rilievo censorio.
Giova ricordare che, come questa Corte regolatrice ha più volte affermato, la veste di partecipe ad un’associazione, finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, può essere fondatamente riconosciuta al soggetto che si renda disponibile a fornire ovvero ad acquistare le sostanze di cui il sodalizio fa traffico, tale da determinare un durevole, ancorché non esclusivo, rapporto (Sez. 6, n. 566 del 29/1/2015 – dep. 2016, COGNOME, Rv. 265764 – 01). Non sono, invero, di ostacolo alla costituzione del vincolo associativo e alla realizzazione del fine comune la diversità degli scopi personali, né la diversità dell’utile, né il contrasto tra gli interessi economici che i singoli partecipi si propongono di ottenere dallo svolgimento dell’intera attività criminale (ex multis: Sez. 2, n. 51714 del 23/11/2023, COGNOME, Rv. 285646 – 01; Sez. 4, n. 19272 del 12/06/2020, COGNOME, Rv. 279249 – 01; Sez. 6, n. 3509 del 10/01/2012, COGNOME e altri, Rv. 251574 – 01).
Nondimeno – come si è già condivisibilmente precisato in altri arresti – il mutamento del rapporto tra fornitore ed acquirente, da relazione di mero reciproco affidamento a vincolo stabile, può ritenersi avvenuto solo qualora risulti che la volontà dei contraenti abbia superato la soglia del rapporto sinallagmatico contrattuale, trasformandosi nell’adesione del fornitore o dell’acquirente al programma criminoso, desumibile dalle modalità dall’approvvigionamento continuativo della sostanza dal gruppo, dal contenuto economico delle transazioni, dalla rilevanza obiettiva che l’acquirente riveste per il sodalizio criminale (Sez. 6, n. 51500 dell’11/10/2018, COGNOME, Rv. 275719 – 01; Sez. 5, n. 32081 del 24/06/2014, COGNOME, Rv. 261747; Sez. 3, n. 21755 del 12/03/2014, COGNOME e altri, Rv. 259881 – 01).
A tali coordinate ermeneutiche si è conformato il Collegio del merito cautelare. Nell’ordinanza impugnata, infatti, a sostegno della ritenuta intraneità del ricorrente, sono stati valorizzati la frequenza e la stabilità delle transazioni, la numerosa serie di incontri tra i sodali, il riferimento al Boca come soggetto che prendeva dai vertici anche vari chilogrammi di narcotico, l’affidamento dei sodali
sulla disponibilità del ricorrente. Elementi, questi, gravi e concordanti circa il radicamento della condotta di partecipazione all’associazione e la consapevolezza di operare all’interno del sodalizio.
A fronte di tali rilievi il ricorrente si è limitato a lamentare l’asserita assenza di elementi indiziari, senza evidenziare profili di effettiva illogicità dell motivazione del provvedimento impugnato.
Il rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, secondo quanto previsto dall’art. 616, comma 1, cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 3 dicembre 2024.