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Associazione per delinquere: quando scatta il reato?

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un individuo in custodia cautelare per associazione per delinquere finalizzata al narcotraffico. La sentenza chiarisce che un rapporto continuativo e stabile di acquisto di stupefacenti, quando diventa un anello fondamentale della catena distributiva, integra la partecipazione al reato associativo, superando la mera reiterazione di singoli episodi di spaccio.

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Pubblicato il 1 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Associazione per delinquere: quando il rapporto stabile di spaccio diventa reato associativo

La distinzione tra il singolo reato di spaccio, anche se ripetuto nel tempo, e la partecipazione a un’associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti è una questione centrale nel diritto penale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti sui criteri che determinano il passaggio da una condotta all’altra, confermando che la stabilità e la funzionalità del rapporto tra fornitore e acquirente sono decisive. Analizziamo insieme la decisione per comprendere meglio i confini di questa grave fattispecie di reato.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un individuo sottoposto a misura di custodia cautelare in carcere perché ritenuto partecipe di una vasta organizzazione criminale dedita al narcotraffico. Secondo l’accusa, l’indagato non era un semplice acquirente, ma un ‘anello della catena di distribuzione’, con un ruolo stabile di spacciatore in una specifica piazza di spaccio. La sua identificazione era avvenuta tramite l’analisi di messaggi scambiati su diverse applicazioni, attività di osservazione e controllo sul territorio, culminate con l’arresto di un corriere e il sequestro di un chilogrammo di sostanza stupefacente.

L’indagato ha presentato ricorso per Cassazione contro l’ordinanza del Tribunale del Riesame che aveva confermato la misura cautelare, contestando la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza per il reato associativo.

I Motivi del Ricorso e l’associazione per delinquere

La difesa ha articolato il ricorso su tre punti principali:

1. Insussistenza del reato associativo: Secondo il ricorrente, il suo coinvolgimento sarebbe stato limitato a un breve arco temporale (due mesi) e non vi erano prove di un’adesione volontaria e stabile a una struttura organizzata. Inoltre, ha sostenuto una possibile sovrapposizione con altre associazioni criminali per cui era già indagato in altri procedimenti, sollevando una questione di ne bis in idem.
2. Carenza di prove per i reati fine: La difesa ha contestato l’identificazione dell’indagato come interlocutore in alcune conversazioni intercettate, opponendo una consulenza tecnica di parte e criticando il riconoscimento vocale effettuato da un carabiniere.
3. Mancanza di esigenze cautelari: Infine, è stata dedotta l’insussistenza delle esigenze cautelari e la sproporzione della misura, dato l’arco temporale limitato delle condotte contestate, risalenti a quasi due anni prima.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso infondato, rigettando tutte le doglianze difensive e fornendo una dettagliata analisi dei requisiti dell’associazione per delinquere in materia di stupefacenti.

Dal rapporto continuativo al vincolo associativo

Il punto centrale della motivazione riguarda la trasformazione di un rapporto continuativo tra fornitore e acquirente in un vero e proprio vincolo associativo. La Corte ribadisce che la semplice reiterazione delle cessioni non è sufficiente. È necessario un ‘salto di qualità’: il rapporto deve superare la soglia del mero accordo contrattuale per diventare un’adesione al programma criminoso del gruppo.

Questo avviene quando la fornitura assume caratteristiche di stabilità e continuità tali da diventare una vera e propria ‘somministrazione’ illecita. La Corte sottolinea che l’interruzione di tale rapporto provocherebbe un ‘prevedibile effetto destabilizzante’ per l’operatività del sodalizio. In altre parole, l’acquirente/spacciatore diventa un partecipante quando il suo ruolo è così integrato nella struttura da essere essenziale per il mantenimento e il successo del commercio di droga del gruppo.

Nel caso specifico, i giudici hanno ritenuto che le prove, in particolare i messaggi scambiati, dimostrassero l’esistenza di ‘stabili intese’ e ‘modalità abituali e collaudate di scambio’ tra l’indagato e un altro membro dell’associazione, configurando il ruolo del ricorrente come un ‘referente fisso’ e un ‘anello della distribuzione’.

Rigetto delle altre censure

La Corte ha inoltre qualificato come inammissibili le altre censure. La doglianza sul ne bis in idem è stata respinta perché inedita e non documentata. Le contestazioni sull’identificazione dell’indagato e sulla natura delle sostanze (indicate con lettere in codice) sono state ritenute questioni di merito, non rivalutabili in sede di legittimità, dato che il Tribunale aveva fornito una motivazione logica e coerente. Infine, riguardo alle esigenze cautelari, la Corte ha specificato che, in un reato permanente come l’associazione, il tempo trascorso non è di per sé sufficiente a far venir meno la pericolosità, in assenza di elementi concreti di rescissione del legame con il sodalizio.

Le conclusioni

La sentenza consolida un principio di fondamentale importanza pratica: nel contesto del narcotraffico, anche chi opera a un livello apparentemente più basso della catena, come lo spacciatore di piazza, può essere considerato a tutti gli effetti un partecipe dell’associazione per delinquere. Il fattore discriminante non è il ruolo gerarchico, ma la stabilità del rapporto e la sua funzionalità rispetto agli scopi dell’organizzazione. Se un soggetto, attraverso acquisti costanti, garantisce uno sbocco di mercato durevole e affidabile per il gruppo, contribuisce consapevolmente al suo mantenimento e alla realizzazione del programma criminale, integrando così la condotta del reato associativo.

Quando un acquirente abituale di droga diventa partecipe di un’associazione per delinquere?
Diventa partecipe quando il suo rapporto con i fornitori supera la semplice reiterazione di acquisti e si trasforma in un vincolo stabile e funzionale al programma criminoso del gruppo. Ciò accade se la sua attività di acquisto e successiva vendita è così integrata nell’organizzazione da costituire un canale di distribuzione essenziale, la cui interruzione destabilizzerebbe l’operatività del sodalizio.

È sufficiente la ripetizione di acquisti di droga per configurare il reato associativo?
No, la sola reiterazione delle cessioni non è sufficiente. Occorre dimostrare che la volontà delle parti abbia superato il semplice rapporto sinallagmatico (scambio) per trasformarsi in un’adesione al programma criminale più ampio, desumibile da elementi come la stabilità, la continuità, la rilevanza economica delle transazioni e il ruolo oggettivo che l’acquirente riveste per il gruppo.

La Corte di Cassazione può riesaminare le prove, come una perizia fonica, in sede di legittimità?
No, la Corte di Cassazione non ha il potere di revisionare gli elementi materiali e fattuali delle vicende, come lo spessore degli indizi o l’attendibilità di una perizia. Il suo controllo è limitato alla legittimità del provvedimento, verificando che la motivazione sia logica, coerente e giuridicamente corretta, senza evidenti vizi di illogicità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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