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Associazione per delinquere: quando non è lieve

La Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso di due persone condannate per associazione per delinquere finalizzata al traffico di cocaina e crack. I ricorrenti sostenevano l’inutilizzabilità delle intercettazioni e chiedevano la riqualificazione del reato in ipotesi di lieve entità. La Corte ha rigettato il ricorso, confermando che per valutare la gravità dell’associazione per delinquere si deve guardare alla sua capacità organizzativa e al potenziale offensivo complessivo, non solo ai singoli episodi di spaccio. Ha inoltre ribadito la legittimità delle intercettazioni basate su fonti confidenziali se supportate da altri elementi oggettivi.

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Pubblicato il 6 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Associazione per delinquere e stupefacenti: quando si esclude l’ipotesi lieve?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 10670 del 2024, torna a pronunciarsi su un tema cruciale nel diritto penale degli stupefacenti: la distinzione tra un’ordinaria associazione per delinquere finalizzata al traffico di droga e l’ipotesi attenuata di lieve entità. La decisione offre importanti chiarimenti sui criteri da adottare per questa valutazione e sulla legittimità dell’uso delle intercettazioni basate su fonti confidenziali.

I fatti del processo

Il caso trae origine da un’indagine su una rete di spaccio di cocaina e crack in un quartiere di Napoli. Le investigazioni, avviate dopo l’arresto di un soggetto e grazie a informazioni confidenziali, hanno portato all’identificazione di una presunta “piazza di spaccio itinerante”. Durante un servizio di osservazione, le forze dell’ordine hanno fermato una coppia a bordo di un’auto, trovando in possesso di uno dei due degli involucri di cocaina, una somma di denaro e un block notes con nomi e cifre. Durante il controllo, il cellulare dell’altro soggetto riceveva numerose chiamate. Sulla base di questi elementi, venivano autorizzate le intercettazioni che permettevano di ricostruire l’esistenza di un’organizzazione criminale. I due soggetti venivano condannati in primo e secondo grado per partecipazione ad associazione per delinquere finalizzata allo spaccio.

I motivi del ricorso in Cassazione

La difesa degli imputati ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su due argomenti principali:

1. Inutilizzabilità delle intercettazioni: Secondo i ricorrenti, il decreto autorizzativo delle intercettazioni era illegittimo perché basato esclusivamente su una fonte confidenziale e perché, al momento dell’autorizzazione, uno degli indagati era stato solo denunciato per una violazione amministrativa, senza che vi fossero gravi indizi di reato a suo carico.
2. Errata qualificazione giuridica del reato: La difesa sosteneva che i fatti dovessero essere riqualificati come ipotesi di lieve entità, sia per quanto riguarda il reato associativo (art. 74, comma 6, d.P.R. 309/1990) sia per i singoli episodi di spaccio (art. 73, comma 5). A supporto di questa tesi, veniva evidenziato come il ricavo totale degli episodi contestati, ricalcolato dalla difesa, fosse modesto e lo spaccio avvenisse in un circuito ristretto di conoscenti.

Le motivazioni dell’associazione per delinquere secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi inammissibili, respingendo entrambe le argomentazioni della difesa con motivazioni precise e in linea con l’orientamento consolidato della giurisprudenza.

In merito alle intercettazioni, i giudici hanno chiarito che le informazioni confidenziali possono legittimamente avviare un’indagine e contribuire alla richiesta di autorizzazione, a condizione che non costituiscano l’unico elemento. Nel caso specifico, le informazioni erano state corroborate da elementi oggettivi e concreti: il servizio di osservazione, il controllo, il rinvenimento della droga, del denaro e del block notes. Inoltre, la Corte ha ribadito un principio fondamentale: per autorizzare un’intercettazione sono necessari gravi indizi dell’esistenza di un reato, non necessariamente della colpevolezza del soggetto le cui comunicazioni si intendono captare. L’obiettivo è indagare sull’attività illecita nel suo complesso.

Sul punto più rilevante, quello della qualificazione del reato, la Cassazione ha spiegato perché l’associazione per delinquere non poteva essere considerata di lieve entità. La valutazione non deve basarsi esclusivamente sulla quantità delle singole cessioni di droga accertate. È necessario, invece, analizzare il “momento genetico” dell’associazione e la sua potenzialità offensiva complessiva. I giudici di merito avevano correttamente evidenziato che il sodalizio:

* Trattava sostanze di diversa natura (cocaina e crack).
* Aveva una notevole capacità di smaltimento in tempi brevi.
* Gestiva una vera e propria “piazza di spaccio” con una clientela articolata.
* Movimentava ingenti quantitativi di droga, generando profitti mensili stimati tra 80.000 e 90.000 euro.

Questi elementi delineano un’organizzazione strutturata e pervasiva, la cui operatività è intrinsecamente incompatibile con la finalità di commettere solo fatti di minore offensività. La capacità del gruppo di procurarsi e distribuire droga, assicurandosi guadagni rilevanti, esclude la possibilità di applicare l’attenuante.

le conclusioni

La sentenza ribadisce due principi cardine. Primo, la legittimità delle intercettazioni non è inficiata dall’uso di fonti confidenziali, se queste sono supportate da riscontri oggettivi che indicano l’esistenza di un’attività criminale. Secondo, e più importante, la qualificazione di un’associazione per delinquere finalizzata allo spaccio come “lieve” dipende dalla valutazione complessiva della sua struttura, organizzazione e potenziale offensivo, non dal mero calcolo aritmetico delle singole dosi cedute o dei ricavi documentati in specifici episodi. Un sodalizio capace di gestire un mercato florido e di generare profitti ingenti non può beneficiare di un trattamento sanzionatorio più mite, anche se le singole transazioni possono apparire di modesta entità.

Una fonte confidenziale è sufficiente per autorizzare le intercettazioni?
No, da sola non è sufficiente. Tuttavia, le informazioni confidenziali possono essere utilizzate per avviare un’indagine e richiedere le intercettazioni se sono supportate da altri elementi di prova oggettivi e concreti, come i risultati di servizi di osservazione, perquisizioni o sequestri, che indichino l’esistenza di un reato.

Come si distingue un’associazione per delinquere finalizzata allo spaccio “lieve” da una ordinaria?
La distinzione non si basa sulla quantità di droga venduta in ogni singolo episodio. Si deve invece valutare l’intera struttura e la potenzialità dell’organizzazione. Se il gruppo è stato creato per commettere solo fatti di lieve entità e ha una struttura e mezzi incompatibili con reati più gravi, allora si può configurare l’ipotesi lieve. Al contrario, se l’organizzazione dimostra capacità di movimentare notevoli quantità di droga, gestire un mercato ampio e generare profitti elevati, il reato non può essere considerato lieve.

È possibile presentare un ricorso in Cassazione ripetendo semplicemente le stesse argomentazioni dell’appello?
No, un ricorso basato sulla pedissequa reiterazione dei motivi già presentati in appello e respinti dalla Corte d’Appello con una motivazione adeguata è considerato inammissibile. Il ricorso per Cassazione deve contenere una critica specifica e argomentata contro la decisione impugnata, evidenziando vizi di legge o di motivazione, e non può limitarsi a riproporre le stesse questioni.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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