Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 38160 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 38160 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/07/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 09/05/2023 della Corte d’appello di Palermo visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
udito il P.M., in persona del Sostituto procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità dei ricorsi;
udito l’AVV_NOTAIO nell’interesse del ricorrente COGNOME NOME, che ha concluso chiedendo accogliersi il ricorso;
udito l’AVV_NOTAIO, nell’interesse di COGNOME NOME e, in sostituzione dell’AVV_NOTAIO, nell’interesse del ricorrente COGNOME NOME, che ha concluso chiedendo accogliersi i ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d’appello di Palermo, con la sentenza impugnata in questa sede, ha parzialmente riformato la sentenza del Tribunale di Palermo del 14 luglio 2020,
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dichiarando l’estinzione del reato di cui al capo I) contestato agli imputati COGNOME NOME e COGNOME NOME, e del reato di cui al capo P) contestato a tutti gli imputati rideterminando le pene già rispettivamente irrogate agli imputati, per i residui reati di cui ai capi A) (art. 416 cod. pen.) B), D) e F) (truffe commesse in concorso da tutti gli imputati), R) e T) (ulteriori truffe contestate al solo COGNOME NOME), condanna al risarcimento in favore delle parti civili costituite.
Ha proposto ricorso la difesa di COGNOME NOME deducendo con il primo motivo, violazione di legge in relazione all’art. 416 cod. pen. e vizio della motivazione, quanto all’affermata responsabilità per la partecipazione all’associazione per delinquere descritta al capo A). A giudizio del ricorrente la motivazione non aveva fornito dati probatori dimostrativi dei requisiti necessari per ipotizzare l’esistenza di un’associazione per delinquere (una struttura operativa stabile; la suddivisione dei ruoli tra i partecipi; una gerarchia interna; una cassa comune; la ripartizione degli utili tratti dai singoli reati; la permanenza del vincolo), risultando dagli atti al contrario solo l’esistenza di accord singolarmente conclusi tra gli imputati di volta in volta, in modo estemporaneo, pur ripetendo il medesimo schema di esecuzione delle truffe, circostanza quest’ultima che non poteva supplire alle carenze probatorie indicate.
2.1. Con il secondo motivo si deduce violazione di legge, in relazione all’art. 640 cod. pen., e vizio della motivazione, in relazione alle imputazioni di cui ai capi B), D), F), R) e T); le individuazioni fotografiche operate dalle persone offese non fornivano una base adeguata e sicura per attribuire la responsabilità dei singoli episodi di truffa denunciati al ricorrente, in ragione del tempo trascorso tra la commissione dei reati e l’attività di individuazione, dell’impossibilità di un raffronto tra le immagini, della mancanza di descrizioni preventive da parte delle presunte vittime; a ciò si aggiungevano le incertezze nel dichiarato delle persone offese sulle modalità delle truffe subae che rendevano ulteriormente inaffidabili gli operati riconoscimenti (peraltro influenzati dalla diffusione su giornali delle notizie relative ad uno degli episodi accaduti, che presentava vistose analogie con i fatti denunciati dalle persone offese).
2.2. Con il terzo motivo si deduce violazione di legge, in relazione agli artt. 62 bis, 99 e 133 cod. pen., e vizio della motivazione: mancava nella sentenza l’indicazione di elementi decisivi per affermare la maggiore pericolosità desunta dalla commissione dei nuovi reati, così come risultavano ingiustificati il diniego delle circostanze attenuanti generiche e la commisurazione in modo eccessivo della pena, atteso il modesto disvalore dei fatti e l’incerta attribuzione degli stessi.
Ha proposto ricorso la difesa dell’imputato COGNOME NOME deducendo con il primo motivo violazione di legge in relazione all’art. 416 cod. pen. e vizio della motivazione, per manifesta illogicità; il dato della ripetitività delle condotte diret alla realizzazione dei reati-fine non poteva valere quale indice dimostrativo dell’esistenza dell’associazione, potendo ricorrere la stessa caratteristica anche nella realizzazione in concorso di più reati; la ripartizione dei ruoli, esaltata dall Corte territoriale, trovava fondamento nella natura dei reati fine e nella necessità di realizzare le condotte artificiose proprie del reato di truffa; neppure il dat temporale poteva consentire di desumere l’esistenza tra gli autori dei singoli reati di un accordo diretto alla permanente collaborazione volta a realizzare un programma criminale indeterminato.
3.1. Con il secondo motivo si deduce violazione di legge, in relazione all’art. 62, n. 4 cod. pen. e vizio della motivazione; la sentenza non aveva saputo indicare ulteriori effetti pregiudizievoli, oltre quelli direttamente correlati alla perdita d somme irrisorie consegnate agli autori delle truffe, tali da escludere la speciale tenuità del danno sofferto dalle vittime.
3.2. Con il terzo motivo si deduce violazione di legge, in relazione all’art. 62 bis cod. pen. e vizio della motivazione quanto al diniego ingiustificato delle circostanze attenuanti generiche e alla misura della pena irrogata, non avendo valutato la Corte territoriale i dati obiettivi della modesta entità dei prof realizzati e della scarsa insidiosità delle condotte, attesa la possibilità per persone offese, con un livello minimo di diligenza, di smascherare la messa in scena che precedeva la richiesta di consegna del presunto prezzo dei preziosi offerti in vendita.
Ha proposto ricorso la difesa dell’imputato COGNOME NOME deducendo con unico motivo violazione di legge in relazione all’art. 416 cod. pen. e vizio della motivazione, perché mancante, contraddittoria e manifestamente illogica, in ordine sia al carattere permanente del vincolo ipotizzato tra gli imputati, sia al profilo soggettivo del reato contestato. Non era sufficiente per affermare il carattere permanente dell’ipotizzato accordo la reiterazione dei singoli reati, peraltro in un arco temporale non ininterrotto e tra soggetti tra loro diversi; non era stata valutata la distanza temporale tra i singoli reati fine addebitati a ricorrente; la suddivisione dei ruoli, così come la reciproca fiducia tra gli agenti erano dati comuni sia alla commissione di truffe in concorso tra più soggetti, sia al reato associativo; analoga carenza probatoria riguardava lo stabile carattere organizzato dell’attività posta in essere dagli imputati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso proposto nell’interesse di COGNOME NOME è inammissibile perché del tutto reiterativo delle censure formulate con l’atto di appello, che la sentenza ha esaminato con motivazione priva di alcuno dei vizi indicati dall’art. 606, lett. E) cod. proc. pen.
La formulazione dei motivi di ricorso mediante la riproduzione del testo, ovvero dei contenuti, delle doglianze poste a fondamento dell’atto di appello, espone il ricorso al rischio della declaratoria di inammissibilità.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, «è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso» (Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019 COGNOME NOME, Rv. 277710 – 01; Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, Rovinelli, Rv. 276970 – 01); difatti, i motivi di ricorso per cassazione possono riprodurre totalmente o parzialmente quelli di appello, ma soltanto nella misura in cui la riedizione delle censure in grado di appello risulti funzionale nell’individuare e documentare il vizio della sentenza impugnata, che deve essere «enunciato e dedotto con autonoma, specifica ed esaustiva argomentazione che si riferisca al provvedimento impugnato e si confronti con la sua motivazione» (Sez. 4, n. 38202 del 07/07/2016, COGNOME, Rv. 267611; Sez. 6, n. 34521 del 27/06/2013, COGNOME, Rv. 256133). Fissate tali premesse, risulta chiaro come il ricorso che riproponga pedissequamente le censure dedotte come motivi di appello (al più con l’aggiunta di frasi incidentali contenenti contestazioni, meramente assertive ed apodittiche, della correttezza della sentenza impugnata) senza prendere in considerazione, per confutarle, le argomentazioni in virtù delle quali i motivi di appello non siano stati accolti, deve essere dichiarato inammissibile per difetto di specificità (Sez. 6, n. 23014 del 29/04/2021 , B., Rv. 281521 – 01, nonché Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, NOME, Rv. 254584, ove si è specificato che «la funzione tipica dell’impugnazione è quella della critica argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce. Tale critica argomentata si realizza attraverso la presentazione di motivi che, a pena di inammissibilità (artt. 581 e 591 c.p.p.), debbono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Contenuto essenziale dell’atto di impugnazione è, pertanto, innanzitutto e indefettibilmente il confronto puntuale (cioè con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano il dissenso) con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta)»). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Tale principio, assolutamente pacifico, trova applicazione anche ove mediante il ricorso si intenda censurare il vizio di omessa motivazione rispetto alle censure sollevate con l’atto di appello; ribadito che «se il motivo di ricorso si limita riprodurre il motivo d’appello, per ciò solo si destina all’inammissibilità, venendo meno in radice l’unica funzione per la quale è previsto e ammesso (la critica argomentata al provvedimento), posto che con siffatta mera riproduzione il provvedimento ora formalmente ‘attaccato’, lungi dall’essere destinatario di specifica critica argomentata, è di fatto del tutto ignorato», si è puntualmente osservato che neppure la denuncia del vizio di omessa motivazione, da parte del giudice d’appello in ordine a quanto devolutogli nell’atto di impugnazione, può esser sostenuta correttamente attraverso la riproduzione grafica dei motivi d’appello: «quand’anche effettivamente il giudice d’appello abbia omesso una risposta, comunque la mera riproduzione grafica del motivo d’appello condanna il motivo di ricorso all’inammissibilità. E ciò per almeno due ragioni. È censura di merito. Ma soprattutto (il che vale anche per l’ipotesi delle censure in diritto contenute nei motivi d’appello) non è mediata dalia necessaria specifica e argomentata denuncia del vizio di omessa motivazione (e tanto più nel caso della motivazione cosiddetta apparente che, a differenza della mancanza “grafica”, pretende la dimostrazione della sua mera “apparenza” rispetto ai temi tempestivamente e specificamente dedotti); denuncia che, come detto, è pure onerata dell’obbligo di argomentare la decisività del vizio, tale da imporre diversa conclusione del caso» (Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, COGNOME, cit.).
Quanto al primo motivo di ricorso, la Corte territoriale (pagg. 13-14) ha dato conto delle doglianze dell’COGNOME e delle ragioni della loro infondatezza; in relazione al secondo motivo di ricorso, va rilevato che già nella decisione impugnata si denunciava il vizio del corrispondente motivo di appello (“ai limiti dell’inammissibilità per la sua genericità e per il mancato confronto con le diffuse argomentazioni spese dal giudice di primo grado in oridne all’attendibilità dei riconoscimenti operati”: pag. 19); infine, per ciò che concerne le questioni prospettate con il terzo motivo, le censure oltre a risultare reiterative sono del tutto generiche senza alcun confronto con la motivazione della sentenza impugnata che ha dato conto della ragioni del riconoscimento della recidiva, in ragione della spiccata capacità a delinquere, e del diniego delle circostanze attenuanti generiche in difetto di elementi positivi, neppure dedotti dalla parte (pag. 28).
Anche il ricorso proposto nell’interesse di NOME è inammissibile.
2.1. Il primo motivo di ricorso risulta con evidenza generico nella formulazione delle censure che si muovono alla motivazione della sentenza di secondo grado. Il
ricorrente, infatti, attacca l’impianto argomentativo della decisione ritenendo che il solo richiamo all’identità delle modalità esecutive dei singoli episodi di truffa, con costante ripartizione di ruoli, e all’elemento temporale non possano costituire indici significativi dell’esistenza di un’associazione per delinquere, trattandosi di dati espressivi della volontà degli imputati di realizzare semplicemente una pluralità di truffe; ma così omette di considerare la complessiva valutazione condotta dai giudici di merito (pagg. 14-17) che hanno messo in rilievo l’esistenza sia di una struttura organizzativa, pur se semplice ed elementare, ma funzionale alla realizzazione dei singoli reati attraverso il reperimento di strumenti e mezzi idonei allo scopo (i fasulli oggetti preziosi, la falsa documentazione per ingannare le vittime), oltre che mediante l’assegnazione dei ruoli svolti nell’esecuzione dei singoli delitti, sia il carattere permanente del vincolo derivante dall’accordo concluso tra i soggetti, dimostrato dall’arco temporale in cui sono stati realizzati i reati fine.
La motivazione così formulata si pone in linea di continuità con l’insegnamento della Corte, secondo il quale il delitto di associazione per delinquere si realizza persino nel caso di condotte sistematicamente tese all’arricchimento degli agenti, attuate nell’ambito di un programma illecito, temporalmente indeterminato, anche quando la vittima sia sempre un unico soggetto (Sez. 2, n. 47768 del 25/10/2023, Rizzello, Rv. 285446 – 01), purché siano dimostrati i requisiti della stabilità del vincolo associativo e dell’indeterminatezza del programma criminoso, elementi che possono essere provati anche attraverso la valutazione dei reati scopo, ove indicativi di un’organizzazione stabile e autonoma, nonché di una capacità progettuale che si aggiunge e persiste oltre la consumazione dei medesimi, aspetti che differenziano l’ipotesi associativa da quella del concorso di persone nel reato continuato dove l’accordo criminoso è occasionale e limitato, in quanto volto alla sola commissione di più reati ispirati da un medesimo disegno criminoso (Sez. 2, n. 22906 del 08/03/2023, Bronzellino, Rv. 284724 – 01; Sez. 5, n. 1964 del 07/12/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 274442 – 01).
2.2. Il secondo motivo è manifestamente infondato, poiché la Corte territoriale ha espressamente considerato il motivo di appello riguardante l’attenuante del danno di speciale tenuità (pag. 28), ritenendo insussistenti le condizioni per il riconoscimento della circostanza sia in ragione della contestazione della circostanza prevista dall’art. 61 n.7 cod. pen. per taluni dei reati fine, sia per le caratteristiche del danno cagionato per altri reati ove l’aggravante non era stata riconosciuta, per la misura del pregiudizio – ritenuto comunque non irrisorio né lievissimo, con valutazione di merito incensurabile in questa sede -.
2.3. Il terzo motivo di ricorso è anch’esso generico, oltre che manifestamente infondato; la sentenza della Corte d’appello ha motivato il diniego delle circostanze
attenuanti generiche e la conferma del profilo di determinazione della pena con argomenti corretti, richiamando quanto al diniego delle attenuanti il difetto di allegazione di elementi positivamente valutabili (Sez. 4, n. 32872 del 08/06/2022, COGNOME, Rv. 283489 – 01; Sez. 3, n. 24128 del 18/03/2021, COGNOME, Rv. 281590 – 01) a fronte di deduzioni – sulla scarsa consistenza del profitto realizzato o del carattere rudimentale delle condotte – del tutto sganciate dai risultati dell’attività istruttoria compendiata nelle sentenze di merito; quanto alla misura della pena, la congruità della stessa è stata affermata sottolineando il tenue scostamento dai minimi edittali, la correttezza degli aumenti per la contestata recidiva e per la ravvisata continuazione, in misura del tutto contenuta, a fronte della gravità dei fatti e del negativo giudizio sulla personalità dell’imputato; il che conferma il rispetto dello standard motivazionale richiesto per la valutazione dell’adeguatezza del trattamento sanzionatorio, come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di legittimità (Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, COGNOME, Rv. 276288 – 01; Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 271243 – 01).
Il ricorso proposto nell’interesse di COGNOME NOME è inammissibile perché generico.
Il ricorrente censura la sentenza che avrebbe affermato in modo illogico e contraddittorio la sussistenza del reato ex art. 416 cod. pen. facendo leva esclusivamente sui dati del modus operandi seguito dagli imputati nella commissione delle singole truffe e sulla permanenza del vincolo nel tempo, “travisando il contenuto della prova” in quanto le singole truffe erano state commesse da soggetti sempre diversi e in un contesto temporale non ininterrotto.
Come già rilevato nell’esame dell’omologo motivo del ricorso proposto nell’interesse del coimputato NOME AVV_NOTAIO, tali censure non si confrontano con il complessivo tessuto argomentativo della decisione, che ha tratto la prova della permanenza del vincolo dalla valutazione congiunta della serialità delle condotte, dell’individuazione di precisi ruoli affidati di volta in volta agli imputati (ind dell’interscambiabilità e della collaudata modalità di esecuzione dei reati), dell’esistenza di una struttura organizzativa e della capacità di riprodurre in un arco temporale significativo le medesime condotte, a dimostrazione di un accordo stabile e duraturo tra coloro che operavano le singole truffe.
Per le ragioni esposte, i ricorsi devono dunque essere dichiarati inammissibili, con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento del spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa del ammende.
Così deciso l’ 11 luglio 2024
Il Consig•re Estensore
La Presidente