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Associazione per delinquere: quando è reato associativo

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro la custodia cautelare per associazione per delinquere finalizzata allo spaccio. Secondo la Corte, la partecipazione costante e organizzata all’attività di spaccio, con turni, ruoli definiti e plurimi arresti in breve tempo, costituisce prova sufficiente del vincolo associativo stabile, superando la tesi difensiva di un mero concorso occasionale nel reato.

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Pubblicato il 10 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Associazione per Delinquere: Quando lo Spaccio Diventa un Reato Associativo

Nel complesso panorama del diritto penale, la linea di demarcazione tra il concorso di persone nel reato e la partecipazione a una associazione per delinquere è spesso sottile ma fondamentale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. n. 13086/2024) offre chiarimenti cruciali, specialmente in materia di traffico di stupefacenti, delineando quali elementi trasformano un’attività di spaccio in un reato associativo stabile e organizzato.

I Fatti del Caso: Dallo Spaccio Quotidiano all’Arresto

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un individuo sottoposto a custodia cautelare in carcere per i reati di traffico di stupefacenti e partecipazione a un’associazione finalizzata a tale scopo. Le indagini avevano rivelato l’esistenza di una complessa rete criminale, ben strutturata per la gestione dello spaccio in una determinata area urbana. L’organizzazione prevedeva una chiara divisione dei compiti: vedette per il controllo del territorio, pusher per la vendita al dettaglio e rifornitori per l’approvvigionamento. L’attività era scandita da turni di lavoro, mattutini e pomeridiani, e supportata da mezzi come ricetrasmittenti e ciclomotori per garantire efficienza e sicurezza.
L’imputato era stato identificato come uno dei numerosi pusher operativi, ripreso quotidianamente mentre effettuava centinaia di cessioni di droga. La sua attività criminale era culminata con un primo arresto in flagranza, a seguito del quale era stato rimesso in libertà. Tuttavia, meno di un mese dopo, veniva nuovamente arrestato in possesso di un ingente quantitativo di marijuana e cocaina, oltre a una ricetrasmittente, strumento tipico dell’organizzazione.

La Difesa dell’Imputato: Un Ruolo Occasionale?

Di fronte a queste accuse, la difesa aveva proposto ricorso in Cassazione sostenendo la mancanza di gravi indizi di colpevolezza per il reato di associazione per delinquere. Secondo la tesi difensiva, gli elementi raccolti avrebbero dimostrato al massimo una fattispecie di concorso in spaccio, ma non una partecipazione stabile all’associazione. L’imputato, a loro dire, sarebbe stato solo un operatore occasionale, remunerato per il suo turno di lavoro, senza manifestare alcuna affectio societatis, ovvero la volontà consapevole di far parte stabilmente del sodalizio criminale.

La Decisione della Cassazione: L’Associazione per Delinquere e le Prove

La Corte di Cassazione ha rigettato completamente la tesi difensiva, dichiarando il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza. I giudici hanno sottolineato come il Tribunale del riesame avesse fornito una motivazione ampia e dettagliata, pienamente idonea a dimostrare l’esistenza del vincolo associativo.

L’Affectio Societatis e la Stabilità del Vincolo

Secondo la Corte, la partecipazione dell’imputato non era affatto occasionale. Le riprese quotidiane, le centinaia di cessioni effettuate in coordinamento con altri sodali e sotto la regia di figure apicali, dimostravano un inserimento stabile nella struttura. L’elemento decisivo, tuttavia, è stato il secondo arresto: il fatto di essere stato sorpreso nuovamente a delinquere con le stesse modalità, a meno di un mese dal primo arresto, è stato interpretato come una prova inequivocabile della sua perseveranza e della sua piena adesione al programma criminale dell’associazione.

Le Esigenze Cautelari e la Scelta del Carcere

Anche le censure relative alle esigenze cautelari sono state respinte. La Corte ha evidenziato come la condotta dell’indagato, che ha continuato a delinquere nonostante un primo arresto, dimostri una pervicacia e una pericolosità sociale tali da rendere inadeguata qualsiasi misura meno afflittiva del carcere. La sua capacità di riattivare con ‘assoluta facilità’ i legami con la criminalità organizzata ha giustificato il mantenimento della custodia cautelare massima.

Le Motivazioni

Le motivazioni della sentenza si fondano su un principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità: la ripetuta commissione di reati-fine, in concorso con altri membri, può costituire un grave, preciso e concordante indizio della partecipazione a un’associazione per delinquere. Questo non è un automatismo, ma un dato fattuale di enorme peso che può essere superato solo con la prova contraria dell’assenza di un vincolo preesistente e stabile con gli altri correi.
La Corte ha chiarito che la natura permanente del reato associativo non richiede che i rapporti durino per anni; anche un coinvolgimento osservato per un periodo limitato, se inserito in una struttura palesemente organizzata e stabile come quella descritta (con ruoli, turni, e mezzi), è sufficiente a dimostrare l’adesione al patto criminale. L’ostinazione nel riprendere l’attività illecita dopo un primo arresto ha sigillato la valutazione negativa sulla personalità dell’imputato e sulla sua pericolosità.

Le Conclusioni

Questa pronuncia ribadisce la severità con cui l’ordinamento giuridico valuta i reati associativi legati al narcotraffico. Per gli operatori del diritto, emerge chiaramente che per contrastare un’accusa di partecipazione ad una associazione per delinquere non è sufficiente sostenere la natura occasionale della propria condotta. È necessario fornire prove concrete che dimostrino l’assenza di un inserimento stabile in una struttura organizzata. La sentenza sottolinea l’importanza degli elementi strutturali (divisione dei ruoli, uso di tecnologia, turni) e comportamentali (reiterazione del reato) come indicatori chiave della affectio societatis e, di conseguenza, della colpevolezza per il più grave reato associativo.

Come si distingue la semplice partecipazione a uno spaccio di droga (concorso di persone) dalla partecipazione a un’associazione per delinquere?
La distinzione risiede nell’esistenza di un vincolo stabile e permanente tra i soggetti (affectio societatis). Mentre il concorso si esaurisce nella commissione di uno o più reati specifici, l’associazione per delinquere presuppone una struttura organizzata (con ruoli, turni, mezzi) finalizzata a un programma criminale indeterminato di spaccio. La sentenza evidenzia che la partecipazione costante e strutturata all’attività, anche per un periodo limitato, dimostra questo vincolo stabile.

Essere arrestato più volte per spaccio in un breve periodo può essere considerato prova di appartenenza a un’associazione criminale?
Sì. Secondo la Corte, la ripetuta commissione di reati-fine dell’associazione, in concorso con altri partecipi, può integrare l’esistenza di gravi indizi di partecipazione al reato associativo. Nel caso specifico, essere stato arrestato, rilasciato e nuovamente arrestato in flagranza meno di un mese dopo, dimostra una perseveranza e un legame radicato con l’organizzazione criminale, rendendo inidonea qualsiasi misura cautelare diversa dal carcere.

Quali elementi concreti indicano l’esistenza di una struttura organizzata per lo spaccio di droga?
La sentenza elenca diversi elementi concreti che provano l’esistenza di una struttura organizzata, tra cui: la ripartizione dei luoghi di spaccio, l’organizzazione di turni di presidio (mattutini e pomeridiani), la distinzione dei ruoli tra i membri (vedette, pusher, rifornitori), l’uso di mezzi specifici come ricetrasmittenti e ciclomotori, e l’esistenza di luoghi dedicati alla custodia delle sostanze stupefacenti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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