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Associazione per delinquere: prova e ruoli distinti

La Corte di Cassazione si pronuncia su diversi ricorsi contro una sentenza della Corte d’Appello di Genova per associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti. La Corte rigetta la maggior parte dei ricorsi, consolidando il principio della “doppia conforme”, secondo cui le sentenze di primo e secondo grado si integrano a vicenda. Accoglie, tuttavia, il ricorso di un imputato, annullando con rinvio la sua condanna. La Corte d’Appello aveva riqualificato il reato associativo in riciclaggio, nonostante l’imputato fosse già stato assolto in via definitiva per tale accusa in primo grado, violando così il principio del ‘ne bis in idem’.

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Pubblicato il 9 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Associazione per delinquere: la Cassazione tra ‘doppia conforme’ e il divieto di ‘bis in idem’

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 20807/2024) offre importanti chiarimenti sui criteri di prova dell’associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti e riafferma con forza il principio del ne bis in idem. Analizzando i ricorsi di diversi imputati, la Suprema Corte ha confermato la solidità del concetto di “doppia conforme” ma ha anche sanzionato un grave errore procedurale commesso dalla Corte d’Appello, annullando una condanna.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da una complessa indagine che ha smantellato un’organizzazione criminale dedita all’importazione di ingenti quantitativi di cocaina dal Sud America verso l’Italia. A seguito delle condanne emesse dal Tribunale e confermate in larga parte dalla Corte d’Appello di Genova, numerosi imputati hanno proposto ricorso per Cassazione. Le difese contestavano principalmente la sussistenza stessa del vincolo associativo, la valutazione delle prove (in particolare le intercettazioni con linguaggio criptico) e, in un caso specifico, la legittimità della riqualificazione del reato operata in secondo grado.

La Decisione della Cassazione e le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha adottato un approccio differenziato, rigettando la maggior parte dei ricorsi ma accogliendone uno per ragioni procedurali di fondamentale importanza.

La Prova dell’Associazione per Delinquere e il Principio della ‘Doppia Conforme’

Per la maggior parte degli imputati, la Corte ha dichiarato i ricorsi inammissibili. La motivazione si fonda sul principio consolidato della “doppia conforme”. Quando il tribunale di primo grado e la corte d’appello concordano sulla responsabilità dell’imputato, le loro sentenze formano un unico corpo motivazionale. La Corte di Cassazione ha ribadito che, in tali casi, il giudice d’appello non è tenuto a riscrivere da capo l’intera motivazione, ma può legittimamente richiamare quella del primo giudice (per relationem), a condizione che risponda in modo adeguato e non apparente alle specifiche critiche mosse con l’atto di appello.

La Corte ha inoltre precisato che la prova del vincolo permanente tipico dell’associazione per delinquere può essere desunta da facta concludentia: non serve un patto esplicito, ma sono sufficienti elementi come i contatti continui tra i membri, i viaggi per l’approvvigionamento della droga, la divisione dei ruoli, l’esistenza di una contabilità e la ripetizione coordinata dei reati-fine.

L’Annullamento per Violazione del ‘Ne Bis in Idem’

Il punto più significativo della sentenza riguarda la posizione di un imputato, la cui condanna è stata annullata con rinvio ad un’altra sezione della Corte d’Appello. La sua vicenda processuale è emblematica:
1. Inizialmente, era accusato di partecipazione all’associazione per delinquere (art. 74 d.P.R. 309/90).
2. Durante il processo di primo grado, il Pubblico Ministero ha aggiunto una contestazione suppletiva per il reato di riciclaggio (art. 648-bis c.p.), in relazione alla sua attività di gestore di un call center usato per trasferire denaro.
3. Il Tribunale lo ha condannato per il delitto associativo ma lo ha assolto con formula piena dal reato di riciclaggio. Questa assoluzione è diventata definitiva, non essendo stata impugnata.
4. La Corte d’Appello, in una mossa sorprendente, ha riqualificato il reato associativo (capo A) proprio nel reato di riciclaggio (art. 648-bis c.p.) per cui l’imputato era già stato assolto in via irrevocabile, e lo ha condannato.

La Cassazione ha censurato duramente questa operazione, qualificandola come una palese violazione del principio del ne bis in idem, sancito dall’art. 649 c.p.p. Essendo l’imputato già stato assolto in modo definitivo per quel medesimo fatto, era precluso ai giudici d’appello emettere una nuova pronuncia di condanna, anche attraverso il meccanismo della riqualificazione giuridica di un’altra accusa. La sentenza d’appello è stata quindi annullata, con l’indicazione al giudice del rinvio di valutare nuovamente i fatti per verificare se possano configurare la partecipazione all’associazione o un concorso esterno, senza poter più considerare l’ipotesi del riciclaggio.

Le Conclusioni

La sentenza n. 20807/2024 offre due lezioni fondamentali. Da un lato, conferma la difficoltà di superare lo scoglio della ‘doppia conforme’ nei giudizi di legittimità, dove il vaglio della Corte è limitato alla coerenza logica e giuridica delle motivazioni e non può estendersi a una nuova valutazione dei fatti. Dall’altro lato, erige una barriera invalicabile a tutela del principio del ne bis in idem: un’assoluzione definitiva è intangibile e non può essere aggirata tramite artifizi procedurali come la riqualificazione di un diverso capo d’imputazione. Questo garantisce la certezza del diritto e protegge il cittadino dall’essere processato all’infinito per lo stesso fatto.

Quando due sentenze di primo e secondo grado sono conformi, come viene valutata la motivazione della Corte d’Appello?
In caso di “doppia conforme”, la sentenza di primo grado e quella di appello si integrano a vicenda, formando un’unica entità logico-giuridica. È sufficiente che la Corte d’Appello, anche richiamando la sentenza precedente, risponda in modo congruo alle specifiche censure mosse con l’impugnazione, senza dover ripetere l’intero percorso argomentativo.

È possibile che un imputato, assolto in via definitiva per un reato, venga poi condannato in appello per lo stesso fatto attraverso la riqualificazione di un’altra accusa?
No. La sentenza afferma che ciò costituisce una violazione del principio del ‘ne bis in idem’ (art. 649 c.p.p.). Una pronuncia di assoluzione divenuta irrevocabile impedisce al giudice d’appello di emettere una condanna per il medesimo fatto, anche se ciò avviene riqualificando un diverso capo d’imputazione per cui l’imputato era stato condannato in primo grado.

Come si può dimostrare l’esistenza di un’associazione per delinquere se non c’è un accordo scritto o esplicito?
La prova del vincolo associativo può essere desunta da ‘facta concludentia’, ovvero da una serie di comportamenti concludenti. La sentenza indica come elementi probatori i contatti continui tra gli affiliati, i viaggi frequenti per il rifornimento, la disponibilità di basi logistiche, la divisione gerarchica o funzionale dei compiti e la commissione ripetuta di reati che rientrano nel programma criminoso dell’organizzazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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