Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 36893 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 36893 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME, nato in Egitto il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 20/06/2025 del Tribunale di Roma
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dalla consigliera NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO generale NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale del riesame di Roma, in accoglimento dell’appello del Pubblico Ministero, ha applicato a NOME la misura degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico per i reati di cui agli artt. 416, cod. pen., 110, cod. pen., 5, comma 8-bis d. Igs. n. 268/1998.
Il ricorrente, cittadino egiziano, è stato individuato come organizzatore di un’associazione a delinquere (composta anche dalla moglie, da NOME COGNOME, consulente presso un centro servizi, e NOME COGNOME, ispettore di pubblica sicurezza in servizio presso l’ufficio Immigrazione della Questura di Roma), associazione volta a procurare, a un numero indeterminato di cittadini egiziani non
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residenti in Paese UE, permessi di soggiorno nel territorio dello Stato, in cambio di denaro. Sono stati individuati, in particolare, tre beneficiari di documentazione artefatta – relativa alla conoscenza della lingua italiana – con riferimento al reato di cui all’art. 5, comma 8-bis cit., d. Igs. n. 268 cit.
2.Con i motivi di ricorso, sintetizzati nei limiti strettamente indispensabili ai fini della motivazione ai sensi dell’art. 173, disp. att. cod. proc. pen., NOME denuncia:
2.1. erronea applicazione della legge penale (art. 274 cod. pen.) nella parte in cui il Tribunale ha ritenuto sussistenti esigenze cautelari, connesse al pericolo di recidiva valorizzando un “rilevante” fenomeno facente capo all’indagato ma, in realtà, superfetando le risultanze processuali sia sul piano degli indizi – non vengono, infatti, individuati i beneficiari della supposta attività illecita né viene ricostruito il giro di denaro – che delle esigenze cautelari. Il fenomeno descritto dal Tribunale è, infatti, frutto della suggestione dell’ufficio inquirente e privo di base fattuale. I fatti accertati son risalenti agli anni 2022 e 2023, erano già cessati nel 2024 e il Tribunale trascura il dato che l’indagato ha cambiato attività lavorativa ed è stabilmente assunto con contratto a tempo indeterminato. L’esecuzione della misura applicata porrebbe in serie difficoltà economiche la famiglia dell’indagato (moglie e tre figli piccoli);
2.2. violazione di legge (art. 416 cod. pen.) e vizio di motivazione sulla ritenuta sussistenza del reato associativo. Manca la prova della creazione di una struttura volta alla commissione di una serie indeterminata di reati e di un vincolo programmatico che raccoglie le adesioni dei “soci” connotando, così, l’affectio societatis. Al più ci si troverebbe di fronte, se provati i singoli episodi, ad un accordo sintomatico del concorso di persone nel reato continuato;
2.3. violazione di legge (art. 284 cod. proc. pen.) e cumulativi vizi di motivazione perché il Tribunale ha disposto, peraltro in carenza di specifica motivazione, l’applicazione del braccialetto elettronico, che non era stato neppure richiesto dal Pubblico Ministero, richiamando genericamente la “necessità di recidere drasticamente i ramificati contatti” dell’indagato e trascurando di spiegare in concreto perché misure meno afflittive sarebbero inidonee a realizzare la finalità di prevenzione.
3.11 ricorso è stato trattato con procedura scritta, ai sensi dell’art. 611, comma 1-bis cod. proc. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. E’ fondato il secondo motivo di ricorso, che concerne la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in relazione al reato associativo, il che comporta l’assorbimento dei motivi di ricorso sul punto della sussistenza delle esigenze cautelari e sulla adeguatezza della misura disposta che sono strutturati proprio su tale reato.
2.11 Tribunale ha richiamato il contenuto di alcune conversazioni intercettate, con le quali l’odierno ricorrente si adoperava, con un proprio dipendente, per farsi rilasciare false attestazioni di cessioni di fabbricato (pag. 14), condotta ritenuta in linea con la denuncia di un cittadino egiziano che aveva sostenuto di essere stato costretto a rilasciare una falsa dichiarazione di cessione di immobile perché Il necessaria al ricorrente; le conversazioni e i messaggi WhatsApp intercorsi con il coindagato COGNOME nonché le conversazioni e messaggistica intervenuti con il COGNOME e, soprattutto, la documentazione sequestrata presso la pizzeria di cui il ricorrente è proprietario, ovvero a bordo dell’auto a lui in uso e presso l’abitazione, in quanto ritenuta variamente collegata alle procedure di rilascio di permessi di soggiorno.
Secondo l’ordinanza impugnata gli elementi acquisiti comprovano la creazione di un vero e proprio sistema per procurare a concittadini egiziani la falsa documentazione funzionale a ottenere il permesso di soggiorno servendosi dell’aiuto dello COGNOME, che falsificava la documentazione utile, e del COGNOME, che assicurava il buon esito delle pratiche presso l’Ufficio Immigrazione.
Si tratta, tuttavia, di motivazione generica e inadeguata a dar conto della sussistenza della gravità indiziaria.
Elemento essenziale, ai fini della configurabilità del reato associativo di cui all’art. 416 cod. pen., è la esistenza di una struttura organizzata sovraordinata volta alla commissione di una serie indeterminata di reati, aspetto che rappresenta il pericolo per la sicurezza pubblica e giustifica, rispetto al mero accordo volto alla commissione di reati, la punibilità del reato associativo che, inoltre, deve essere connotato da stabilità nel tempo onde distinguerlo dalla fattispecie del concorso di persone nel reato continuato, fattispecie in cui l’accordo criminoso è occasionale e limitato, in quanto diretto soltanto alla commissione di più reati determinati, ispirati da un unico disegno che li prevede tutti (Sez. 6, n. 36131 del 13/05/2014, Torchia, Rv. 260292 – 01).
Ai fini della configurabilità di un’associazione per delinquere, legittimamente il giudice può dedurre i requisiti della stabilità del vincolo associativo, e dell’indeterminatezza del programma criminoso dal susseguirsi ininterrotto, per un
apprezzabile lasso di tempo, delle condotte integranti i reati fine ad opera di soggetti stabilmente collegati (tra le altre: Sez. 2, n. 53000 del 04/10/2016, Basso, Rv. 268540 – 01).
Dalla giurisprudenza della Cassazione emerge, dunque, che le condotte di partecipazione e promozione delle associazioni criminose possono essere provate attraverso i reati fine, sempre che le modalità con cui gli stessi vengono progettati e consumati, le relazioni tra i concorrenti, gli strumenti apprestati per la loro costituzione siano indicativi della sussistenza di una organizzazione stabile ed autonoma, dotata di una capacità progettuale che persiste anche “oltre” la consumazione dei reati-scopo.
3.L’ordinanza impugnata richiama, del tutto genericamente, riportando l’elencazione del verbale di sequestro, la documentazione sequestrata senza, tuttavia, individuare e descrivere il “giro” di affari dell’associazione ovvero l’esito di eventuali pratiche di rilascio di permessi seguite dall’indagato, al quale è contestato il ruolo di organizzatore: sono riportate unicamente due conversazioni tra il ricorrente e COGNOME, nel corso delle quali i due si limitano a sollecitare, COGNOME, i pagamenti e l’RAGIONE_SOCIALE i permessi, risultanze inidonee a comprovare la sussistenza di un sistema stabile nel tempo.
Né rileva, a fini di prova, la contestazione dei reati cd. fine, trattandosi di tre episodi relativi a false dichiarazioni di conoscenza della lingua italiana e alla falsificazione della data di validità di un documento di riconoscimento (un passaporto), documenti di cui non si conosce la rilevanza ai fini del conseguimento di illegittimi permessi di soggiorno: ciò tanto più che al ricorrente non è contestato il reato di cui all’art. 318 cod. pen., ascritto solo al COGNOME, e che il rilascio di tal permessi costituisce, in tesi, il vero scopo dell’associazione, poiché i falsi si rivelano mero strumento per il conseguimento dei permessi di soggiorno.
In sostanza, la contestazione del reato associativo supplisce alla carenza della dimostrazione di specifiche condotte illecite relative all’indebito rilascio di permessi di soggiorno, accentrando l’attenzione dell’interprete sul contenuto, non analizzato, della documentazione e sulla sua corrispondenza a permessi effettivamente rilasciati a cittadini egiziani.
4.11 Tribunale, in sede di rinvio, facendo uso dei suoi poteri al riguardo, uniformandosi ai principi di diritto che si sono illustrati sulla configurabilità del reato associativo, dovrà, pertanto, riesaminare la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e, di conseguenza, la sussistenza del pericolo di reiterazione e adeguatezza della misura.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Roma.
Così deciso il 22 ottobre 2025
La Consigliera relatrice
Il Presidente