Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 8212 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 8212 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/12/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da
COGNOME NOME nato a Aci Catena il 27/10/1968
NOME NOME nato a Caltagirone il 30/07/1981
NOME NOME nato a Caltagirone il 07/12/1972
avverso la sentenza emessa il 12 ottobre 2023 dalla Corte d’appello di Catania
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
udito il difensore, Avv. NOME COGNOME anche in sostituzione dell’Avv. NOME COGNOME per COGNOME nonché in sostituzione dell’Avv. NOME COGNOME per COGNOME e dell’Avv. NOME COGNOME per COGNOME che ha insistito per l’accoglimento dei ricorsi.
RILEVATO IN FATTO
1.Con la sentenza di primo grado il Tribunale di Catania, per quanto rileva in questa Sede, ha dichiarato NOME COGNOME responsabile del reato di cui all’articolo 74 d.P.R. 309/1990 (capo S), nonché di due reati fine contestati ai capi Si) e T); ha, invece, assolto NOME COGNOME ed NOME COGNOME dalla fattispecie associativa, ritenendo i medesimi responsabili della fattispecie di cui al capo Si).
Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Catania, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato non doversi procedere in ordine ai capi Si) e T) (art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990), limitatamente alle condotte concernenti sostanza stupefacente del tipo hashish, in quanto estinti per prescrizione, ed ha così rideterminato le pene in relazione alle condotte aventi ad oggetto la cocaina:
-quanto ad NOME COGNOME ha ritenuto la continuazione con il reato per il quale è stato giudicato dalla Corte di appello di Catanzaro e rideterminato la pena in anni 12 e mesi due di reclusione;
-quanto a NOME ed NOMECOGNOME ha rideterminato la pena in anni quattro e mesi due di reclusione ed euro 20.000 di multa.
Propongono separati ricorsi per cassazione NOME COGNOME NOME COGNOME ed NOME COGNOME.
NOME COGNOME ha dedotto due motivi di ricorso, di seguito riassunti nei termini strettamente necessari per la motivazione.
3.1 Violazione di legge e vizio della motivazione in ordine al giudizio di responsabilità relativo ai capi Si) e T) in quanto la Corte territoriale ha omesso di valutare la produzione documentale attestante che il ricorrente svolge da anni attività lavorativa di compravendita di auto usate, documentazione alla luce della quale poteva desumere una diversa interpretazione del riferimento al “foglio complementare” contenuto nelle conversazioni intercettate. Si lamenta, inoltre, che la sentenza impugnata non ha fatto menzione della conversazione valorizzata dal primo Giudice in cui l’interlocutrice NOME COGNOME faceva riferimento al “piatto doccia ed ha omesso di considerare la censura difensiva in cui si richiamava la deposizione del teste NOME COGNOME il quale aveva confermato la necessità della donna di sostituire il piatto doccia. Manca, infine, una motivazione in merito alle prove da cui si è desunto il tipo di sostanza stupefacente oggetto della condotta di spaccio.
3.2 Violazione di legge e vizio della motivazione in relazione al giudizio di responsabilità relativo al reato di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990. Rileva i ricorrente che la sentenza impugnata ha omesso di valutare la sussistenza nel caso di specie degli elementi costitutivi del reato associativo, valorizzando i frequenti contatti tra il ricorrente e NOME COGNOME senza considerare la produzione difensiva che dimostrava la sussistenza di un rapporto di convivenza tra il ricorrente e la donna.
NOME COGNOME ha dedotto tre motivi di ricorso, di seguito riassunti nei termini strettamente necessari per la motivazione.
4.1 vizio di motivazione in relazione al giudizio di responsabilità per la condotta di spaccio di cocaina di cui al capo Si) in quanto, nonostante il capo di imputazione indichi quale oggetto di spaccio sia hashish che cocaina, la sentenza impugnata non contiene alcuna motivazione in merito alle prove da cui ha desunto che la condotta di spaccio riguardasse anche la cocaina, né, tantomeno, ha specificato le circostanze di tempo e di luogo in cui l’imputato avrebbe contribuito alla consumazione di tali condotte.
4.2 Violazione di legge e vizio della motivazione relativa al diniego della riqualificazione della condotta ai sensi dell’art. 73, comma 5 d.p.r. n. 309 del 1990, in quanto fondato esclusivamente sul fatto che l’imputato ha accompagnato NOME COGNOME in uno dei suoi viaggi a Napoli e sulla «massima di esperienza» in forza della quale non ci si reca fuori regione per acquistare minime quantità di sostanza stupefacente. Rileva il ricorrente che la sentenza impugnata non ha tenuto conto che, in base alla giurisprudenza di legittimità, anche a Sezioni Unite, un medesimo fatto può essere ascritto a un imputato ai sensi dell’art. 73, comma 1, d.P.R. n. 309 del 1990 e ad altro imputato ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. cit. Si deduce, inoltre, ai fini della invocata riqualificazione, che: il ricorrente, all’epoca dei incensurato e molto giovane, è legato da un rapporto di parentela alla COGNOME; non vi sono riscontri concreti del tipo e della quantità di sostanza stupefacente acquistata; si è comunque trattato di una condotta occasionale.
4.3 Vizio della motivazione in relazione ai criteri di calcolo dell’aumento di pena ai sensi dell’art. 81 cod. pen., stante l’incertezza delle circostanze di tempo e di luogo degli episodi in cui si sarebbe consumato lo spaccio di cocaina.
NOME COGNOME ha dedotto tre motivi di ricorso, di seguito riassunti nei termini strettamente necessari per la motivazione.
5.1 Violazione dell’art. 192, comma 2, cod. proc. pen., travisamento delle prove ed illogicità della motivazione, stante la natura meramente indiziaria degli elementi probatori a carico del ricorrente e la carenza dei requisiti previsti dalla legge per inferirne la sua responsabilità. Si rappresenta, infatti, che la sentenza di primo grado aveva posto a fondamento del giudizio di responsabilità cinque conversazioni, intercettate su utenze telefoniche di terzi, dal contenuto criptico ed avvenute in un breve lasso di tempo (6/12/2004-5/1/2005) in cui gli interlocutori facevano riferimento ad un soggetto di nome “NOME“, identificato, senza adeguata motivazione, nell’odierno ricorrente. Ad avviso del ricorrente, la Corte territoriale, nell’integrare tale motivazione, è incorsa in un travisamento della prova attraverso una errata valutazione degli elementi probatori. Si richiama, in particolare, la parte della motivazione in cui si afferma che la posizione di NOME era compromessa dai rapporti con i correi, ma si fa riferimento ad occasioni di incontro, non esaminate in primo grado, alle quali il ricorrente non ha partecipato. In particolare, con riferimento alla conversazione intercettata il 13/12/2004, si rileva che l’episodio non coinvolge NOME e che, per quanto riguarda gli altri episodi del 15 e 16 dicembre 2004, non vi è prova che il soggetto di nome NOME, al quale si imputa la consegna dello stupefacente a Catania e a Caltagirone, sia proprio il ricorrente. La Corte ha, inoltre, omesso di considerare che il ricorrente non ha mai riportato condanne per droga, che all’epoca dei fatti svolgeva attività imprenditoriale e che era stata rigettata la richiest di applicazione della misura della sorveglianza speciale nei suoi confronti.
5.2 Violazione di legge e vizio della motivazione in relazione alla mancata riqualificazione della condotta ai sensi dell’art. 73 comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990 ovvero, in subordine, dell’art. 73, comma 4, d.P.R. cit., essendo incerta la quantità e la qualità della sostanza stupefacente.
5.3 Violazione di legge e vizio della motivazione in relazione all’aumento di pena per la continuazione con altro imprecisato reato, non indicato dalla sentenza impugnata, con conseguente illegalità della pena inflitta.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono fondati per le ragioni di seguito esposte.
I motivi relativi al giudizio di responsabilità in ordine al capo Si), nonché, limitatamente alla posizione di COGNOME, in ordine al capo T), da esaminare congiuntamente, sono fondati.
Preliminarmente, deve precisarsi che tutte le censure formulate dai ricorrenti con il primo motivo dedotto nei rispettivi ricorsi, si riferiscono al capo concernente la condanna per il reato di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990 e non anche a quello relativo alla dichiarazione di non doversi procedere in merito alla analoga condotta avente ad oggetto l’hashish.
Ciò premesso, rileva il Collegio che, nonostante i motivi in esame formulino delle argomentazioni ai limiti dell’ammissibilità là dove pretendono di sollecitare una non consentita diversa lettura del contenuto delle conversazioni intercettate (primo motivo di COGNOME) ovvero omettono ogni confronto critico con le argomentazioni della sentenza impugnata (primo motivo di COGNOME in merito alla riferibilità al ricorrente delle condotte contestate e alla sua identificabilità nell'”NOME” cui si faceva riferimento nelle conversazioni intercettate, argomento, questo, rispetto al quale la sentenza impugnata contiene una adeguata motivazione alle pagine 40 e 41), colgono, tuttavia, nel segno nel censurare il vuoto argomentativo e probatorio in merito alla riferibilità della condotta contestata anche alla cocaina.
Va, al riguardo, evidenziato che né la sentenza di primo grado né quella impugnata hanno indicato alcun elemento probatorio che possa supportare tale conclusione.
Pertanto, poiché tale carenza della motivazione non appare superabile attraverso ulteriori accertamenti di fatto, va disposto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata nei confronti di tutti i ricorrenti in ordine al capo Si), nonché nei confronti di COGNOME in ordine al reato di cui al capo T), limitatamente alle condotte relative alla cocaina, perché il fatto non sussiste.
L’accoglimento della doglianza in esame rende superfluo l’esame degli ulteriori motivi dedotti da COGNOME e COGNOME
Anche il secondo motivo di ricorso dedotto da COGNOME è fondato.
2.1. Va, innanzitutto, ribadito che ai fini della configurabilità di un’associazione per delinquere finalizzata al narcotraffico, è necessaria la presenza di tre elementi fondamentali: a) l’esistenza di un gruppo, i membri del quale siano aggregati consapevolmente per il compimento di una serie indeterminata di reati in materia di stupefacenti; b) l’organizzazione di attività personali e di beni economici per il perseguimento del fine illecito comune, con l’assunzione dell’impegno di apportarli anche in futuro per attuare il piano permanente criminoso; c) sotto il profilo soggettivo, l’apporto individuale apprezzabile e non episodico di almeno tre associati,
che integri un contributo alla stabilità dell’unione illecita (Sez. 4, n. 44183 de 02/10/2013, COGNOME, Rv. 257582; Sez. 1, n. 10758 del 18.02.2009, Rv. 242897).
Si comprende, in tale ottica, il significato che assume il profilo organizzativo, che pur potendo assumere una connotazione rudimentale, costituisce un elemento indispensabile non solo quale indice di stabilità dell’accordo tra i sodali, ma soprattutto al fine di conferirgli quella perdurante offensività in cui risiede la ragion della punizione della condotta in esame. Si è, infatti, condivisibilmente chiarito che la costituzione dell’associazione non coincide con l’accordo dei compartecipi, ma con quello della nascita di un’organizzazione permanente, frutto del concerto di intenti e di azione tra gli associati, ravvisandosi in detto elemento il discrimine tra l’ipotes associativa ex art. 74 d.P.R. n.309 del 1990 e quella del concorso ai sensi degli artt. 110 cod. pen. e 73 del citato d.P.R. (Sez. 6, n. 27433 del 10/01/2017, Avellino, Rv. 270396).
2.2. Quanto alla partecipazione ad un siffatto sodalizio, osserva il Collegio che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, qui ribadita, la prova del vincolo permanente, nascente dall’accordo associativo, può essere data anche mediante l’accertamento di facta concludentia, quali i contatti continui tra gli spacciatori, i frequenti viaggi per i rifornimenti della droga, le basi logistiche, i beni necessari per le operazioni delittuose, le forme organizzative utilizzate, sia di tipo gerarchico che mediante divisione dei compiti tra gli associati, la commissione di reati rientranti nel programma criminoso e le loro specifiche modalità esecutive (Sez. 3, n. 47291 del 11/06/2021, COGNOME, Rv. 282610; Sez. 5, n. 8033 del 15/11/2012, dep. 2013, COGNOME, Rv. 255207; Sez. 4, n. 25471 del 07/02/2007, COGNOME, Rv. 237002).
Va, inoltre chiarito che l’accertamento della commissione dei reati che costituiscono lo scopo del sodalizio, non è necessario ai fini della configurabilità e nemmeno ai fini della prova della sussistenza della condotta di partecipazione (Sez. 3, n. 9459/2016 del 06/11/2015, Venere, Rv. 266710); tuttavia anche il coinvolgimento in un solo reato-fine può integrare l’elemento oggettivo della partecipazione, laddove le connotazioni della condotta dell’agente, consapevolmente servitosi dell’organizzazione per commettere il fatto, ne rivelino, secondo massime di comune esperienza, un ruolo specifico in funzione delle dinamiche operative e della crescita criminale dell’associazione (Sez. 3, n. 36381 del 09/05/2019, Cruzado, Rv. 276701 – 06; Sez. 6, n. 1343/2016 del 04/11/2015, Policastri, Rv. 265890) ovvero laddove si tratti di un episodio comunque sintomatico dell’appartenenza al sodalizio (Sez. 1, n. 43850 del 03/07/2013, Durand e aa., Rv. 257800).
2.3. La sentenza impugnata non ha fatto buon governo di tali consolidati principi di diritto e, senza alcuna motivazione in merito alla sussistenza nel caso di specie degli elementi costitutivi della contestata associazione, nonché degli elementi sintomatici della partecipazione a tale sodalizio del ricorrente, ne ha confermato l’affermazione di responsabilità per il reato di cui al capo S) sulla base dei rapporti tra COGNOME e COGNOME, giudicata separatamente, nonché della precedente condanna del ricorrente per la detenzione di gr. 282 di cocaina, senza, peraltro, esaminare le specifiche allegazioni difensive.
Tale carenza della motivazione non può essere sanata da una lettura congiunta delle due sentenze di merito e ciò in quanto anche la sentenza di primo grado non contiene una adeguata motivazione sulla sussistenza del sodalizio.
Alla luce di tali considerazioni, va, dunque, disposto l’annullamento della sentenza impugnata nei confronti di NOME COGNOME in relazione al capo S) con rinvio per nuovo giudizio su tale capo ad altra Sezione della Corte di appello di Catania.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME, NOME NOME e NOME NOME relativamente al capo Si) e nei confronti di COGNOME NOME anche per il capo T) perché il fatto non sussiste.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME in relazione al capo S) e rinvia per nuovo giudizio su tale capo ad altra Sezione della Corte di appello di Catania.
Così deciso il 10 dicembre 2024
Il Consigliere estensore