Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 13639 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 13639 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 07/07/2023 del TRIB. LIBERTA’ di VENEZIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette la requisitoria e le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Venezia, in funzione di giudice del riesame, con la ordinanza emessa il 7 luglio 2023 confermava il provvedimento applicativo degli arresti domiciliari emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Verona, nei confronti di NOME COGNOME, ritenuto gravemente indiziato del delitto di partecipazione all’associazione per delinquere finalizzata alla commissione di furti con successiva commercializzazione di prodotti chimici (capo 1), nonché dei delitti di furto di molteplici prodotti chimici sottratti dai locali della RAGIONE_SOCIALE reati entrambi aggravati dall’abuso della relazione di prestazione d’opera ai sensi dell’art. 61, n.11, cod. pen. essendo il Ben Annmar, come i suoi complici, dipendenti della menzionata società.
Il ricorso, proposto nell’interesse di NOME COGNOME consta di due motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, secondo quanto disposto dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Il primo motivo denuncia violazione di legge in relazione all’art. 416 cod. pen. e vizio di motivazione.
L’ordinanza impugnata non offrirebbe elementi concreti in ordina al «prendere parte» dell’indagato all’associazione per delinquere, non essendo rilevante la «considerazione» che dell’indagato hanno altri componenti dell’associazione, non emergendo inoltre elementi concreti a carico, se non l’unico delitto di furto commesso il 5 dicembre 2022.
Il secondo motivo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla sussistenza della gravità indiziaria e delle esigenze cautelari.
La doglianza riguarda il difetto di gravità indiziaria in relazione ai furti divers da quello del 5 dicembre 2022, non essendo certo l’uso del furgone da parte dell’indagato.
In ordine alle esigenze cautelari il motivo rileva la circostanza che l’ordinanza impugnata non tenga in conto né lo stato di incensuratezza, né la cessazione del rapporto di lavoro, come anche non renderebbe conto della proporzione fra la misura e l’esigenza cautelare concreta.
Il ricorso è stato trattato senza intervento delle parti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Va delineato preliminarmente l’ambito di delibazione del giudizio di legittimità nel caso in esame.
E’ stato autorevolmente affermato come in tema di misure cautelari personali, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio dì motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte suprema spetti il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la
valutazione degli elementi indizianti rispetto al canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie.
Le Sezioni Unite hanno chiarito che la richiesta di riesame ha la specifica funzione, come mezzo di impugnazione, sia pure atipico, di sottoporre a controllo la validità dell’ordinanza cautelare con riguardo ai requisiti formali enumerati nell’art. 292 cod. proc. pen. e ai presupposti ai quali è subordinata la legittimità del provvedimento coercitivo, e hanno posto in evidenza come la motivazione della decisione del tribunale del riesame, dal punto di vista strutturale, debba essere conformata al modello delineato dal citato articolo, ispirato al modulo di cui all’art. 546 cod. proc. pen., con gli adattamenti resi necessari dal particolare contenuto della pronuncia cautelare, non fondata su prove, ma su indizi e tendente all’accertamento non della responsabilità, bensì di una qualificata probabilità di colpevolezza (Sez. U, Sentenza n. 11 del 22/0:3/2000, Audino, Rv. 215828).
Pertanto, in relazione alla peculiare natura del giudizio ed ai limiti che ad esso ineriscono, spetta questa Corte la verifica delle censure inerenti la adeguatezza delle ragioni addotte dal giudice di merito ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie e non il controllo di quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito (Sez. 2, Sentenza n. 27866 del 17/06/2019, Mazzelli, Rv. 276976).
Il primo e il secondo motivo sono strettamente connessi e vanno trattati unitariamente.
3.1 Va preliminarmente evidenziato come il ricorso sia del tutto aspecifico in ordine ai vari profili oggetto di censura, non confrontandosi con l’ordinanza impugnata.
Difatti, riferendosi all’appello, ma in pari misura richiamando il ricorso per cassazione, le Sezioni Unite hanno chiarito che è inammissibile per difetto di specificità dei motivi, quando non risultano esplicitamente enunciati e argomentati i rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto o di diritto poste a l`ondamento d decisione impugnata, fermo restando che tale onere di specificità, a carico dell’impugnante, è direttamente proporzionale alla specificità con cui le predette ragioni sono state esposte nel provvedimento impugnato (Sez. U, Sentenza n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, Galtelli, Rv. 268822).
Nello stesso senso è stato evidenziato, in modo condiviso da questo Collegio, che è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi non specifici, ossia generici ed indeterminati, che ripropongono le stesse ragioni già esaminate e ritenute infondate dai giudice del gravame o che risultano carenti della necessaria
correlazione tra le argomentazioni riportate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione (Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012 – dep. 16/05/2012, Pezzo, Rv. 253849), anche nel caso in cui il ricorrente abbia solo operato una aggiunta di espressioni che contestino, in termini meramente assertivi ed apodittici, la correttezza della sentenza impugnata, in difetto di una critica puntuale al provvedimento, che confuti in fatto e/o in diritto le argomentazioni in virtù delle quali i motivi di appello non sono stati accolti (Sez. 6 n. 23014 del 29/04/2021, B., Rv. 281521).
3.2 Nel caso in esame i motivi di ricorso risultano assolutamente aspecifici non confrontandosi con tutti gli elementi indicati, in modo corretto e non manifestamente illogico, dall’ordinanza impugnata, limitandosi il ricorso medesimo ad una analisi di una selezione riduttiva degli argomenti posti a base della decisione.
E così, quanto al concorso di NOME ai furti – ulteriori rispetto a quello in cui il 5 dicembre 2022 veniva immortalato nella video ripresa – il ricorrente non si confronta con l’argomento non manifestamente illogico che NOME aveva la disponibilità in via esclusiva del furgone, per quanto riferito da COGNOME (fol. 6 della ordinanza impugnata), titolare dell’azienda depredata, automezzo che veniva utilizzato per i plurimi furti, essendo stato ripetutamente caricato dei prodotti chimici sottratti: cosicché, lasciare a disposizione dei complici il furgone, rileva il Tribunale del riesame, garantiva un contributo concreto del ricorrente alla consumazione dei delitti medesimi, commessi dal gennaio al dicembre 2022. Difatti per tale arco temporale la RAGIONE_SOCIALE rilevava ammanchi per 170mila litri di prodotto, in assenza di segni di scasso, il che comprovava che i furti fossero avvenuti da parte di dipendenti.
A tal proposito, va anche evidenziato come la censura rivolta alla non esclusiva disponibilità del furgone si palesa aspecifica, analogamente a quanto già evidenziato dal Tribunale del riesame, e in questa sede non viene formulata alcuna denuncia di travisamento della dichiarazione del titolare della RAGIONE_SOCIALE, cosicché non vi è confronto con tale elemento da parte del motivo dì ricorso.
Anche tralascia, il ricorrente, di confrontarsi con le dichiarazioni dei dipendenti sottoposti a NOME, NOME e NOME, che riferivano che il carico del furgone avveniva su direttiva dell’indagato, come pure con le dichiarazioni rese da COGNOME e COGNOME, come pure con la circostanza che NOME fu controllato nei pressi del magazzino, locato da una complice, dove venivano trasferite le sostanze chimiche sottratte; infine neanche confronto vi è stato con la circostanza che il 17 giugno 2022 Ben NOME fu controllato con il complice COGNOME al di fuori dell’azienda.
In sostanza, l’argomentare del Tribunale del riesame non costituisce oggetto di doglianza, se non in minima parte, né è illogico manifestamente trarre
dall’insieme di tali elementi il concorso del ricorrente nei plurimi furti avvenuto nel corso dell’anno 2022, sempre con le stesse modalità e l’utilizzo del furgone a lui affidato.
Pertanto, dalla reiterazione di molteplici furti per importi notevoli svolto con le medesime modalità e con la messa a disposizione costante del furgone, oltre che dalle condotte ulteriori enumerate nell’ordinanza impugnata, quale la presenza presso il deposito, viene tratta la gravità indiziaria quanto alla partecipazione all’associazione per delinquere, alla quale «prende parte», in modo consapevole, l’indagato, consumando materialmente uno dei furti e rendendo disponibile il furgone per gli altri, oltre che trovandosi in una occasione presso il deposito ove veniva ricoverata la refurtiva.
In tal senso è fuori fuoco il motivo che lamenta che si sia valorizzato a tal fine la deposizione valutativa del ruolo del ricorrente da parte di altri associati: a ben vedere, i coindagati hanno riferito fatti, e non valutazioni sull’appartenenza o meno al sodalizio, per quanto emerge dall’ordinanza impugnata.
Inoltre, vanno richiamati i plurimi interventi giurisprudenziali che nelle varie forme associative consentono di trarre la prova del contributo al sodalizio criminale dalla commissione dei delitti fine, con una argomentazione sovrapponibile a quella utilizzata dal Tribunale del riesame.
Difatti, per l’associazione per delinquere ‘semplice’ si è evidenziato come singoli episodi di condotte illecite possano essere valutate in proiezione dinamica, anche quanto alla prova della esistenza del sodalizio e, quindi, del ruolo in esso svolto da un indagato (Sez. 3, n. 19198 del 28/02/2017, Forti, Rv. 269937 – 01).
Analogo principio è stato declinato in tema di associazione per delinquere di stampo mafioso, ritenendo le Sezioni Unite consentito al giudice, pur nell’autonomia del reato mezzo rispetto ai reati fine, dedurre la prova dell’esistenza del sodalizio criminoso dalla commissione dei delitti rientranti nel programma comune e dalle loro modalità esecutive, posto che attraverso essi si manifesta in concreto l’operatività dell’associazione medesima (Sez. U, Sentenza n. 10 del 28/03/2001, COGNOME, Rv. 218376 – 01; Sez. 2, n. 19435 del 31/03/2016, Ficara, Rv. 266670 – 01), poiché la partecipazione può essere desunta da indicatori fattuali dai quali, sulla base di attendibili regole di esperienza attinen propriamente al fenomeno della criminalità di stampo mafioso, possa logicamente inferirsi la appartenenza dinamica, intesa come « prendere parte», purché si tratti di indizi gravi e precisi – tra i quali, esemplificando, rientra anche la commissione di delitti-scopo, idonei senza alcun automatismo probatorio a dare la sicura dimostrazione della costante permanenza del vincolo, con puntuale riferimento, peraltro, allo specifico periodo temporale considerato dall’imputazione (Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 231670 – 01).
D’altro canto, analogo principio la Corte di cassazione ha formulato anche in relazione alla esistenza e alla partecipazione all’associazione criminale dedita al narcotraffico, affermando che a fronte di plurime commissioni, in concorso con altri partecipi, di fatti integranti i reati-fine dell’associazione, grava sul singol prova che il suo contributo non è dovuto ad un vincolo preesistente con i correi, fermo restando che, a motivo della natura permanente del reato associativo, detta prova non può consistere nella limitata durata dei rapporti con costoro (Sez. 3, n. 20003 del 10/01/2020, COGNOME, Rv. 279505 – 02; Sez. 3, n. 42228 del 03/02/2015, Prota, Rv. 265346 – 01), tanto più che i fini della configurabilità del reato di partecipazione a un’associazione per delinquere non rileva la durata del vincolo tra il singolo e l’organizzazione, potendo ravvisarsi il reato anche in una partecipazione di breve periodo (Sez. 1, Sentenza n. 5445 del 07/11/2019, dep. 11/02/2020, Rv. 278471 – 01).
Pertanto, alcuna illogicità o incongruità, ovvero carenza di motivazione, si coglie nella ordinanza impugnata in merito alla gravità indiziaria della partecipazione al sodalizio criminale.
Quanto alle esigenze cautelari, il Tribunale del riesame trae argomento non manifestamente illogico del pericolo di recidiva e di intensità dello stesso, oltre che dalle condotte di reato, anche dalla condotta successiva alla perquisizione, che non è oggetto di una censura specifica da parte del ricorrente.
Anche in questo caso difetta nel ricorso il confronto con l’argomentare non manifestamente illogico del Tribunale distrettuale, che trae l’esistenza dei pericolo di recidiva dal comportamento avuto dal NOME dopo la perquisizione operata dalla polizia giudiziaria nel dicembre 2022. Infatti, nonostante tale atto a sorpresa, NOME, rileva il Tribunale del riesame, continuò a sottrarre materiale chimico conferendolo alla officina Orma, a riprova della concretezza e della intensità del pericolo di reiterazione di analoghe condotte, limitabile solo con la misura degli arresti domiciliari, essendo dimostrata la sostanziale impermeabilità dell’indagato alle iniziative della polizia giudiziaria e non essendo il pericolo di reiterazione escluso o ridimensionato dall’intervenuta cessazione del rapporto di lavoro, ben potendo reiterare condotte analoghe anche al di fuori del contesto azìendale.
Si tratta di una motivazione certamente non manifestamente illogica, oltre che corretta, nella parte in cui il pericolo di reiterazione viene anche tratto dalla gravità della condotta (fol. 8 della ordinanza impugnata) in quanto il nuovo testo dell’art. 274, comma 1, lett. b) e c) cod. proc. pen., risultante dalle modifiche apportate dalla legge n. 47 del 2015, se non consente di desumere il pericolo di fuga e di recidiva esclusivamente dalla gravità del titolo di reato per il quale si procede, non osta alla considerazione, ai fini cautelari, della concreta condotta perpetrata e delle circostanze che la connotano, in quanto la modalità della
condotta e le circostanze di fatto in presenza delle quali essa si è svolta restano concreti elementi di valutazione imprescindibili per effettuare una prognosi di probabile ricaduta del soggetto nella commissione di ulteriori reati (Sez. 5, n. 49038 del 14/06/2017, COGNOME, Rv. 271522 – 0; Sez. 1, n. 37839 del 02/03/2016, COGNOME, Rv. 267798 – 01).
Ne consegue l’inammissibilità del ricorso e la condanna della parte ricorrente, ai sensi dell’art. 616 c.p.p. (come modificato ex L. 23 giugno 2017, n. 103), al pagamento delle spese del procedimento e al versamento della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, 06/12/2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente