Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 31697 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 31697 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/09/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI PALERMO COGNOME NOME nato a Palermo il 06/06/1999 nel procedimento a carico di quest’ultimo avverso l’ordinanza del 11/03/2025 del TRIB. DEL RIESAME di Palermo, udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso dell’indagato udito l’Avv. NOME COGNOME per il COGNOME, che ha chiesto che il ricorso prodotto dal pubblico ministero venga dichiarato inammissibile e che il proprio ricorso sia accolto.
RITENUTO IN FATTO
L ‘ordinanza impugnata è stata deliberata l’11 marzo 2025 dal Tribunale del riesame di Palermo, che ha parzialmente accolto la richiesta di riesame presentata nell’interesse di NOME COGNOME avverso il provvedimento del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Palermo che gli aveva applicato la misura cautelare della custodia in carcere, ritenendolo gravemente indiziato dei reati di partecipazione ad associazione finalizzata al traffico di stupefacenti e di tre episodi di cui all’art. 73 d.P.R. 309 del 1990.
Il Tribunale del riesame ha respinto il riesame dell’indagato quanto alla partecipazione di quest’ultimo al sodalizio, mentre lo ha accolto per quanto concerne i fatti sub capo 41) (cessione di stupefacenti del tipo haschisc) e sub capo 43) (ricezione e detenzione di stupefacenti di tipologia non nota, destinati alla cessione a terzi).
Il ricorso presentato dal difensore dell’indagato si compone di due motivi, di seguito sintetizzati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Il primo motivo di ricorso denuncia violazione di legge e vizio di motivazione circa il giudizio di gravità indiziaria in ordine al reato di cui all’art. 74 d.P.R. 309 del 1990, perché il Tribunale del riesame avrebbe illogicamente svalutato il limitato periodo di tempo in cui la condotta del ricorrente si era manifestata ed avrebbe trascurato la carenza di gravità indiziaria in ordine a due dei tre episodi ex art. 73 d.P.R. 309 del 1990 che costituivano l’originario addebito cautelare.
2.2. Il secondo motivo di ricorso lamenta violazione di legge e vizio di motivazione quanto alle esigenze cautelari, con particolare riferimento alla scelta di non applicare all’indagato una misura più tenue della custodia in carcere, nonostante la natura relativa della presunzione di adeguatezza. La misura estrema ⎯ sostiene il ricorrente ⎯ può essere applicata solo quando ogni altra misura risulti inadeguata.
Il ricorso del pubblico ministero lamenta vizio di motivazione e, in particolare, travisamento della prova per omissione quanto all’annullamento dell’ordinanza custodiale in ordine a l reato di cui al capo 43).
Il Tribunale del riesame ⎯ questa la critica del pubblico ministero ⎯ avrebbe errato nel ritenere indimostrato che l’oggetto consegnato da COGNOME a Chiarello fosse stupefacente, omettendo di valutare che le telecamere installate dagli investigatori avevano immortalato che l’involto era stato prelevato dal vicino terrazzino cortile (come documentato alle pagg. 336 e 337 dell’informativa del R.O.N.I. di Palermo del 12 giugno 2024); ed omettendo di dare rilievo indiziario al fatto che, in un’altra occasione, documentata alle pagg. 323 e 324 della citata informativa, COGNOME aveva prelevato droga consegnata a NOME COGNOME proprio da quel terrazzino/cortile.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono entrambi infondati e vanno, pertanto, respinti.
Il ricorso di COGNOME è, nel suo complesso, infondato per le ragioni di seguito indicate.
1.1. E’ infondato il primo motivo di ricorso, che denunzia violazione di legge e vizio di motivazione quanto al rigetto dell’istanza di riesame in ordine al reato associativo. La spiegazione del Tribunale del riesame ⎯ secondo cui il ricorrente aveva avuto un ruolo strategico, facendo da contabile, da contatto con gli spacciatori e da esattore dei pagamenti da parte di questi ultimi ⎯ non è manifestamente illogica. Di contro il ricorso lambisce l’inammissibilità laddove fonda quasi integralmente solo sulla presunta contraddittorietà del provvedimento impugnato legata all’annullamento dell’ordinanza cautelare per due dei tre episodi ex art. 73 d.P.R. 309 del 1990, senza rivolgere le proprie critiche, come sarebbe stato doveroso, verso gli indicatori di una partecipazione associativa che può prescindere dal coinvolgimento in singoli episodi di cessione o detenzione illecita e che può sostanziarsi anche in attività diverse, funzionali all’operatività dell’aggregato (si pensi alla rendicontazione delle somme ricevute dagli spacciatori al minuto).
1.2. Il secondo motivo di ricorso, che contesta il vaglio del Tribunale del riesame sulla scelta della misura estrema, è manifestamente infondato e del tutto aspecifico rispetto alle ragioni che hanno guidato la decisione avversata.
Va, innanzitutto, ricordato che vige, con riferimento al reato associativo ex art. 74, d.P.R. 309 del 1990, la presunzione, sia pur relativa, di adeguatezza della sola custodia cautelare in carcere; tale presunzione impone a colui che voglia vincerla di allegare elementi positivi che possano far ritenere che le esigenze cautelari siano suscettibili di essere adeguatamente fronteggiate con misura diversa e meno grave. In questo caso, non solo il ricorrente pare trascurare del tutto il confronto con questo dato normativo, ma omette altresì di denunziare specificamente vizi rilevanti ex art. 606 cod. proc. pen., nel ragionamento del Tribunale; ciò, nonostante il Collegio della cautela abbia spiegato come le esigenze cautelari non siano fronteggiabili con misura meno afflittiva, in ragione della necessità di sradicare l’indagato dal contesto criminale di riferimento e di impedire del tutto i contatti forieri di ulteriori illeciti, contatti cui non sarebbe di ostacolo la misura degli arresti domiciliari, neanche con il braccialetto elettronico. Così facendo, il Tribunale ha offerto una motivazione immune da vizi logici e giuridici e rispondente anche agli insegnamenti delle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui la natura relativa e non assoluta della presunzione in discorso non esonera il giudice dallo spiegare le ragioni della inidoneità degli arresti domiciliari controllati (Sez. U, n. 20769 del 28/04/2016, COGNOME, Rv. 266651- 01).
Il ricorso del pubblico ministero lamenta esplicitamente travisamento della prova per omissione e si duole che il Tribunale, annullando l’ordinanza genetica per il reato ricezione e detenzione di sostanze stupefacenti non identificate di cui al capo 43), avrebbe:
ignorato che COGNOME, subito dopo aver ricevuto da COGNOME la richiesta di dargli ‘qualcosa’, si era allontanato alla volta di un vicino terrazzino, per poi rientrare nell’androne dove lo attendeva COGNOME e consegnargli quel ‘qualcosa’, come attestato alle pagg. 336 e 337 della informativa del R.O.N.I: dei Carabinieri di Palermo del 12 giugno 2024;
omesso di mettere in collegamento il passaggio per il terrazzino con un analogo episodio avvenuto cinque giorni prima, in occasione del quale COGNOME, prelevandolo dal medesimo terrazzino, aveva consegnato stupefacente a NOME COGNOME, come attestato alle pagg. 323 e 324 della medesima informativa di P.G.
Orbene, quello che il pubblico ministero ricorrente lamenta non è un travisamento della prova.
E’ noto che tale vizio si configura quando il Giudice utilizzi un’informazione inesistente o ometta la valutazione di una prova e sempre che il dato probatorio, travisato od omesso, abbia il carattere della decisività nella motivazione; si ricorda altresì che tale vizio, intanto può essere dedotto, in quanto siano indicate in maniera specifica ed inequivoca le prove che si pretende essere state travisate e sempre che il ricorrente non le abbia solo parzialmente considerate a sostegno delle sue ragioni e non ne abbia adottato una lettura atomistica, scevra da un inquadramento di insieme (Sez. 2, n. 20677 del 11/04/2017, COGNOME, Rv. 270071; Sez. 4, n. 46979 del 10/11/2015, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 265053; Sez. 2, n. 26725 del 01/03/2013, COGNOME e altri, Rv. 256723; Sez. 5, n. 11910 del 22/01/2010, COGNOME, Rv. 246552).
Nel caso di specie, pur volendo recuperare il dato, emergente dall’ordinanza genetica, del passaggio di Campisi sul terrazzino prima della consegna a Chiarello, la prova ( recte , il dato indiziario) non valutata non sarebbe decisiva. Il mancato collegamento tra i due episodi, quello sub capo 43) e quello del 16 agosto 2023, infatti, non sarebbe decisivo perché, quand’anche il Collegio li avesse valutati congiuntamente, ne avrebbe ricavato un dato di interesse indiziario, ma non avrebbe potuto far discendere automaticamente da tale dato che anche il 21 agosto Campisi, da quel terrazzino, avesse prelevato stupefacente, soprattutto perché si tratta di episodi accaduti a giorni di distanza l’uno dall’altro, oltre che per la diversità dell’interlocutore. In altri termini, il dato
pretermesso sarebbe stato di interesse come uno dei tasselli per comporre il quadro indiziario, ma non sarebbe stato ‘decisivo’, nei sensi sopra precisati.
Al rigetto del ricorso di COGNOME consegue la sua condanna al pagamento delle spese processuali.
Giacché dal presente provvedimento non discende la rimessione in libertà del detenuto, si dispone che la Cancelleria effettui gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1ter , disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso di NOME COGNOME e lo condanna al pagamento delle spese processuali. Rigetta il ricorso del P.M. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1ter , disp. att. cod. proc. pen. Così è deciso, 05/09/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente COGNOME