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Associazione per delinquere: prova e confini del reato

La Cassazione analizza i ricorsi di quattro imputati condannati per associazione per delinquere finalizzata al narcotraffico. La Corte rigetta la maggior parte dei ricorsi, confermando le condanne e chiarendo i criteri per provare l’esistenza del vincolo associativo e la partecipazione. Viene annullata solo una condanna per un singolo capo d’imputazione per difetto di motivazione, con rinvio alla Corte d’Appello.

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Pubblicato il 5 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Associazione per delinquere e narcotraffico: la Cassazione traccia i confini della prova

Con la sentenza n. 29529 del 2024, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi su un caso complesso di associazione per delinquere finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti. La decisione offre importanti chiarimenti sui requisiti necessari per dimostrare l’esistenza di un sodalizio criminale e sulla natura dei motivi di ricorso che possono essere validamente presentati dinanzi alla Suprema Corte.

I fatti di causa: un’organizzazione dedita al traffico di droga

Il caso trae origine da una sentenza della Corte di Appello di Torino, che aveva condannato diversi imputati per aver partecipato a un’organizzazione criminale dedita all’importazione di ingenti quantitativi di droga dall’Albania e al successivo spaccio sul territorio italiano. La Corte di merito aveva parzialmente riformato la decisione di primo grado, assolvendo alcuni imputati da specifici capi di imputazione e rideterminando le pene per altri.

Quattro degli imputati condannati hanno proposto ricorso per cassazione, sollevando una serie di questioni sia di natura procedurale che di merito. Le difese contestavano, tra le altre cose, l’esistenza stessa dell’associazione, la valutazione delle prove a carico dei singoli, la violazione del principio del ne bis in idem e presunti vizi nella procedura di appello e nell’utilizzo delle intercettazioni.

Le questioni procedurali: appello del PM e intercettazioni

Prima di entrare nel merito delle singole posizioni, la Cassazione ha esaminato alcune eccezioni procedurali sollevate dai ricorrenti. In particolare, è stata contestata la tempestività di un appello presentato dal Pubblico Ministero in una fase precedente del processo e la legittimità delle registrazioni delle intercettazioni, eseguite con impianti diversi da quelli della Procura.

La Corte ha rigettato entrambe le questioni, ritenendole inammissibili e infondate. Sul primo punto, ha chiarito che il termine per l’impugnazione era stato correttamente calcolato. Sul secondo, ha ribadito che l’onere di provare l’inutilizzabilità delle intercettazioni grava sulla parte che la eccepisce, la quale deve fornire documentazione specifica, cosa non avvenuta nel caso di specie.

Associazione per delinquere: gli elementi costitutivi secondo la Cassazione

Il cuore della sentenza risiede nell’analisi degli elementi che provano l’esistenza di un’associazione per delinquere. La Corte ha ribadito i tre elementi fondamentali richiesti dall’art. 74 del d.P.R. 309/1990:

1. L’esistenza di un gruppo stabile: i membri devono essere aggregati consapevolmente per commettere una serie indeterminata di reati.
2. L’organizzazione di mezzi: disponibilità di persone e beni economici per perseguire il fine illecito comune.
3. Il contributo individuale: l’apporto apprezzabile e non episodico di almeno tre associati, che garantisca stabilità all’unione illecita.

La Suprema Corte ha sottolineato che la prova di tali elementi può essere fornita anche attraverso facta concludentia, ovvero da fatti e comportamenti concludenti come i contatti continui tra gli associati, i viaggi per i rifornimenti di droga, la disponibilità di basi logistiche (come appartamenti), l’uso di un linguaggio criptico e la capacità di importare ingenti quantitativi di stupefacenti dall’estero.

La decisione della Corte di Cassazione

Sulla base di questi principi, la Corte ha assunto decisioni diverse per i quattro ricorrenti:

* Due ricorsi dichiarati inammissibili: Per due imputati, i ricorsi sono stati ritenuti inammissibili perché generici, meramente ripetitivi di doglianze già respinte o volti a una nuova valutazione dei fatti, attività preclusa al giudice di legittimità.
* Un ricorso rigettato: Il ricorso di un altro imputato è stato rigettato nel merito, in quanto la Corte ha ritenuto che la motivazione della sentenza d’appello fosse logica e coerente nel dimostrare la sua partecipazione al sodalizio.
* Un ricorso parzialmente accolto: Solo per un imputato il ricorso è stato parzialmente accolto. La Cassazione ha annullato la sua condanna limitatamente a un singolo episodio di cessione di droga (capo 12, lett. d), rilevando un vizio di motivazione. La Corte d’Appello, infatti, aveva desunto la sua responsabilità in modo illogico e poco comprensibile. Per questo specifico punto, il processo dovrà essere celebrato nuovamente davanti a un’altra sezione della Corte d’Appello di Torino. La sua condanna per il reato associativo e per gli altri reati-fine è invece divenuta definitiva.

le motivazioni

La Corte di Cassazione ha motivato la propria decisione distinguendo nettamente tra vizi di legittimità, che può esaminare, e censure di merito, che non le competono. I ricorsi dichiarati inammissibili o rigettati miravano, secondo i giudici, a una rivalutazione delle prove (le telefonate, le testimonianze, i contatti tra gli imputati), che era già stata compiuta in modo logico e coerente dai giudici di primo e secondo grado. La Cassazione non è un “terzo grado di giudizio” nel merito, ma un giudice della corretta applicazione della legge.

L’annullamento parziale per uno dei ricorrenti si fonda invece su un vizio puramente logico della motivazione. I giudici di merito avevano collegato la responsabilità per una specifica cessione di droga a una conversazione dal contenuto “circospetto” e a un precedente scambio, senza però spiegare in modo convincente il nesso causale e probatorio. Questo “salto logico” ha reso la motivazione insufficiente, imponendo l’annullamento con rinvio.

le conclusioni

Questa sentenza ribadisce alcuni principi cardine del diritto penale e processuale. In primo luogo, conferma che la prova di un’associazione per delinquere non richiede necessariamente la scoperta di un “libro mastro” o di una struttura formale, ma può essere desunta da una pluralità di elementi indiziari gravi, precisi e concordanti. In secondo luogo, essa delinea chiaramente i limiti del ricorso per cassazione: non è una sede per rimettere in discussione i fatti, ma solo per denunciare errori di diritto o vizi logici manifesti nella motivazione della sentenza impugnata. Infine, la decisione evidenzia come, anche all’interno di un’unica posizione processuale, la Corte possa distinguere tra capi d’imputazione sorretti da prove solide e altri basati su motivazioni fragili, garantendo un controllo di legalità puntuale e specifico.

Quali elementi sono necessari per provare l’esistenza di un’associazione per delinquere finalizzata al narcotraffico?
Secondo la Cassazione, sono necessari tre elementi: l’esistenza di un gruppo stabile di almeno tre persone, un’organizzazione di uomini e mezzi per il perseguimento del fine illecito e un contributo non episodico da parte dei membri. La prova può derivare anche da ‘facta concludentia’, come contatti continui, basi logistiche e uso di un linguaggio criptico.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso è inammissibile quando è generico, si limita a ripetere motivi già respinti, tenta di ottenere una nuova valutazione dei fatti (che non spetta alla Cassazione) o è privo della documentazione necessaria a supportare le proprie argomentazioni (principio di autosufficienza).

È sufficiente la partecipazione a un solo reato-fine per essere considerati parte di un’associazione per delinquere?
Sì, la Corte ribadisce che anche il coinvolgimento in un unico reato-fine può integrare la prova della partecipazione all’associazione, a condizione che le modalità della condotta rivelino un ruolo specifico e funzionale dell’agente all’interno delle dinamiche operative e della crescita criminale del gruppo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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