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Associazione per delinquere: prova dei reati fine

Un pubblico ufficiale, parte di un’associazione per delinquere finalizzata a truccare appalti pubblici, è stato condannato in via definitiva. La Corte di Cassazione ha stabilito che, in piccole organizzazioni criminali con scopi ben definiti, il ruolo essenziale di un membro può essere sufficiente a provarne la responsabilità per i singoli reati commessi dal gruppo, anche senza una partecipazione materiale diretta. La sentenza chiarisce il nesso probatorio tra il reato associativo e i cosiddetti reati-fine.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Associazione per Delinquere e Reati Fine: La Prova della Responsabilità

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 45837/2024, affronta un tema cruciale nel diritto penale: come si prova la responsabilità di un membro di un’associazione per delinquere per i singoli reati commessi dal gruppo? La decisione chiarisce che, in contesti criminali specifici e circoscritti, il ruolo funzionale di un associato può diventare la chiave di volta per affermarne la colpevolezza, anche in assenza di una sua partecipazione diretta all’azione materiale. Analizziamo questo importante principio.

I Fatti del Caso: un Sistema di Corruzione negli Appalti Pubblici

La vicenda riguarda un ufficiale in servizio presso un reparto lavori di un’aeronautica militare, il quale, insieme ad altri complici, aveva creato un sistema rodato per alterare le procedure di gara. L’ufficiale, agendo come intraneus (cioè dall’interno), forniva informazioni cruciali ai complici esterni. Questi ultimi contattavano gli imprenditori interessati, indicando loro la percentuale di ribasso da offrire per vincere l’appalto. In cambio, gli imprenditori versavano tangenti calcolate in una percentuale (tra il 5% e il 10%) del valore dell’appalto ottenuto.

L’ufficiale non aveva contatti diretti con gli imprenditori, ma il suo ruolo era essenziale: senza il suo appoggio e il suo accesso a documenti riservati, l’intero sistema illecito non sarebbe stato possibile. La moglie di uno dei complici svolgeva un ruolo secondario, ma comunque attivo, in alcune delle vicende corruttive.

La Decisione della Corte di Cassazione e l’associazione per delinquere

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’ufficiale, confermando la sua condanna. La difesa sosteneva che la sua responsabilità per i singoli episodi di corruzione non potesse essere dedotta automaticamente dalla sua appartenenza all’associazione per delinquere, specialmente perché gli imprenditori corrotti non lo avevano accusato direttamente. La Corte, tuttavia, ha seguito un ragionamento diverso, valorizzando il quadro indiziario complessivo.

Diverso è stato l’esito per la coimputata, moglie di un complice. Mentre la sua condanna per un singolo episodio di corruzione è stata confermata, la Cassazione ha annullato la confisca di 71.000 euro disposta nei suoi confronti. La Corte ha ritenuto che tale confisca fosse illegittima, in quanto l’importo corrispondeva ai profitti di reati per i quali la donna non era stata condannata.

Le Motivazioni: Il Legame Funzionale tra Ruolo e Reato

Il cuore della motivazione della sentenza risiede nella distinzione tra diversi tipi di organizzazioni criminali. Secondo la Corte, il principio per cui l’appartenenza a un’associazione non implica di per sé la responsabilità per ogni reato-fine è valido soprattutto per le organizzazioni complesse e vaste, come quelle di stampo mafioso, dove non tutti i membri sono a conoscenza di ogni singola operazione.

Il caso in esame, invece, riguarda un’associazione per delinquere di dimensioni ridotte, con uno scopo molto specifico e un modus operandi consolidato. In un simile contesto, il contributo di ogni partecipe è funzionalmente collegato e indispensabile per il raggiungimento dello scopo comune. Il ruolo dell’ufficiale come intraneus era la condizione necessaria perché i complici esterni potessero operare. Questo “collegamento funzionale intrinseco” tra il suo ruolo e l’attività dei complici è stato ritenuto sufficiente a fondare una “prova logica” della sua piena consapevolezza e partecipazione ai singoli reati di corruzione.

In sostanza, non si tratta di una responsabilità automatica, ma di una deduzione logica basata sulla struttura stessa del sodalizio criminale. La Corte afferma che la prova dei reati-fine può essere desunta dall’ambito circoscritto del settore di operatività del gruppo e dalla commissione dei reati secondo modalità consolidate che implicano il necessario apporto di tutti.

Per quanto riguarda la confisca, la motivazione è strettamente ancorata al principio di personalità della responsabilità penale. La misura ablativa può colpire solo il profitto dei reati per i quali è intervenuta una condanna. Poiché la coimputata era stata condannata solo per un episodio di corruzione (peraltro basato su una promessa e non su un pagamento), non poteva essere soggetta alla confisca dei profitti derivanti da altri illeciti commessi dal gruppo.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa pronuncia della Cassazione offre un’importante chiave di lettura per i processi relativi a reati associativi. Le conclusioni che possiamo trarre sono principalmente due:

1. La struttura dell’associazione conta: Nei gruppi criminali piccoli e focalizzati su un’unica tipologia di reato, la difesa basata sulla “mancanza di partecipazione materiale” ha meno probabilità di successo. Se il ruolo dell’imputato è palesemente essenziale per la commissione dei reati-fine, la sua responsabilità può essere affermata anche su base logico-indiziaria.
2. La confisca segue la condanna: Viene ribadito il principio fondamentale secondo cui la confisca del profitto del reato è una misura che può essere applicata solo nei confronti di chi è stato condannato per quel reato specifico e solo se un profitto è stato effettivamente conseguito.

La partecipazione a un’associazione per delinquere comporta automaticamente la responsabilità per tutti i reati commessi dal gruppo?
No, non automaticamente. Tuttavia, la Cassazione chiarisce che in associazioni piccole e con uno scopo circoscritto (come truccare appalti), dove il contributo di ogni associato è funzionalmente necessario, la prova della partecipazione può essere sufficiente a dimostrare la responsabilità per i reati-fine, desumendola logicamente dal ruolo ricoperto.

Come viene provata la responsabilità per un reato-fine se l’imputato non ha compiuto l’azione materiale?
La responsabilità può essere provata attraverso un “quadro indiziario” solido e univoco. Nel caso di specie, il ruolo di “intraneus” del pubblico ufficiale era indispensabile per permettere ai complici di accedere alle informazioni e alterare le gare. Questo collegamento funzionale intrinseco è stato ritenuto prova della sua compartecipazione ai singoli reati di corruzione.

Quando è possibile disporre la confisca del profitto di un reato?
La confisca del profitto è possibile solo per i reati per cui un imputato è stato effettivamente condannato e dai quali è derivato un vantaggio economico concreto. Nel caso in esame, la confisca è stata annullata nei confronti di una coimputata perché l’importo si riferiva a reati per i quali non era stata condannata e, per l’unico reato confermato a suo carico, vi era stata solo una promessa di denaro, non una dazione effettiva, quindi nessun profitto materiale da confiscare.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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