Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 45837 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 45837 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/10/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da COGNOME NOMECOGNOME nato a Frosinone il 25/2/1967 NOME COGNOME nata in Romania il 20/9/1980
avverso la sentenza del 5/12/2023 emessa dalla Corte di Roma visti gli atti, la sentenza impugnata e i ricorsi; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per COGNOME l’annullamento con rinvio limitatamente ai reati di cui ai capi 7), 8), 12), 13), 26) e 27) e rigetto nel resto; per COGNOME NOME l’annullamento senza rinvio limitatamente alla confisca e rigetto nel resto; udita l’Avvocatessa NOME COGNOME in difesa di NOME COGNOME che ha
concluso per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Roma, riformando parzialmente la sentenza di primo grado, confermava la condanna di NOME COGNOME in ordine al reato di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di plurimi reati di corruzione e turbata libertà degli incanti, nonché per i reati di corruzione di cui ai capi 5), 8), 13), 18), 24) e 27), assolvendolo dalle imputazioni di cui ai capi 2) e 3) e dichiarando l’intervenuta prescrizione relativamente alle collegate contestazioni per il reato previsto dall’art. 353 cod. pen., con conseguente rideterminazione della pena in anni 5 e mesi 9 di reclusione.
L’imputata COGNOME invece, veniva assolta dal reato associativo, mentre per le turbative d’asta di cui ai capi 7), 11) e 16) si dichiarava l’intervenuta prescrizione, conseguentemente la condanna veniva confermata unicamente in relazione al reato di corruzione contestato al capo 8), con rideterminazione della pena in anni 2 e mesi 8 di reclusione.
Secondo la ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito, COGNOME in qualità di ufficiale in servizio presso il Reparto Lavori del genio dell’Aeronautica Militare di Ciampino, unitamente ad altri compartecipi e, in particolare, a NOME COGNOME e NOME COGNOME alterava sistematicamente le procedure di gara cui l’ufficio di appartenenza era preposto, nell’ambito di accordi corruttivi raggiunti con i privati aggiudicatari che, in cambio, promettevano e in alcuni casi versavano, importi variabili nella misura del 5-10% del valore degli appalti ottenuti.
In tale contesto, COGNOME operava quale intraneus e consentiva a COGNOME addetto al settore falegnameria dell’aeroporto – di accedere alle offerte, aprendo le buste al fine di individuare la percentuale di ribasso che gli imprenditori collusi avrebbero dovuto indicare al fine di vincere la gara. COGNOME non intratteneva direttamente i contatti con gli imprenditori che, invece, si rapportavano in via sostanzialmente esclusiva con COGNOME e COGNOME.
L’accertamento del modus operandi avveniva sia grazie alle dichiarazioni confessorie rese da alcuni degli imprenditori, sia sulla base delle intercettazioni, anche ambientali, che consentivano di far emergere l’attività dei predetti associati e le modalità utilizzate per accedere alla documentazione di gara.
La ricorrente COGNOME – moglie di COGNOME – avrebbe avuto un ruolo secondario e circoscritto a singole condotte corruttive, essenzialmente eseguendo le indicazioni ricevute dal marito.
Nell’interesse di NOME COGNOME sono stati proposti quattro motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo, deduce il travisamento della prova relativamente all’interpretazione della ripresa video relativa all’accesso del 6 novembre 2015 effettuato da COGNOME nell’ufficio del Comandante del reparto, ove era custodita la cassaforte con i documenti, relativi ad un’imminente gara di appalto, che dovevano essere modificati. Sostiene la difesa che la Corte di appello sarebbe incorsa nel travisamento della prova lì dove dà atto che COGNOME e COGNOME sarebbero ritratti congiuntamente, mentre l’unico soggetto ripreso era COGNOME.
2.2. Con il secondo motivo, deduce travisamento della prova e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta responsabilità per le ipotesi di corruzione contestate ai capo 8) e 18), rispettivamente connesse alle turbative delle gare di cui ai capi 7), 17), 20) e 21).
Per quanto concerne la vicenda che vede, nella veste di privato corruttore, l’imprenditore COGNOME (capo 8), si sottolinea come questi non ha in alcun modo coinvolto nella vicenda COGNOME, limitandosi a riferire di conoscerlo, senza che COGNOME – suo diretto interlocutore – gli avesse confidato che l’importo della tangente veniva poi distribuito a eventuali altri soggetti coinvolti.
Questione sostanzialmente analoga si pone anche in relazione alle gare e alla corrispondente corruzione coinvolgente l’imprenditore COGNOME il quale, sentito in due occasioni, ha menzionato COGNOME solo nell’interrogatorio del 12/1/2016, senza attribuirgli alcun ruolo nella vicenda corruttiva, il cui artefice era da individuare esclusivamente in COGNOME.
A fronte della sostanziale carenza di riferimenti da parte degli imprenditori rispetto al presunto ruolo svolto da COGNOME, anche quale destinatario di una quota delle tangenti versate o promesse, la Corte di appello avrebbe erroneamente ritenuto la responsabilità dell’imputato, sul presupposto che l’appartenenza all’associazione e le modalità di commissione dei reati-fine, consentivano di ritenere la sua piena partecipazione a questi ultimi.
Sottolinea la difesa come la partecipazione all’associazione non possa comportare l’automatica responsabilità anche per i reati-fine, in difetto di una prova concreta dell’apporto fornito dall’associato.
2.3. Con il terzo motivo, deduce violazione di legge e vizio di motivazione relativamente alle corruzioni contestate ai capi 13), 24) e 27) e alle connesse ipotesi di turbativa d’asta riguardanti i privati corruttori COGNOME e COGNOME.
Anche in questo caso, a fronte della sostanziale carenza di elementi probatori forniti dai privati corruttori, la responsabilità per le contestate corruzioni veniva desunta indirettamente dalla mera partecipazione di COGNOME all’associazione a delinquere e dall’impiego del medesimo metodo, affidato alle condotte materiali di COGNOME, per alterare l’esito delle procedure di gara.
2.4. Con il quarto motivo, deduce la carente motivazione relativa alla commissione dei reati fine, sottolineando come la sentenza, a pg. 31 (§7.4), rega una frase tronca e, quindi, dal significato non compiutamente intellegibile.
Nell’interesse di NOME COGNOME sono stati formulati quattro motivi di ricorso.
3:1. I primi tre motivi possono essere esaminati congiuntamente, denunciando il vizio di motivazione e travisamento della prova relativamente alla medesima vicenda fattuale, concernente la corruzione coinvolgente l’imprenditore COGNOME.
Sostiene la ricorrente che, dalla corretta lettura delle dichiarazioni rese dal privato corruttore, emerge pacificamente come il suo ruolo si sia limitato nel riferire all’imprenditore che, in base alle indicazioni date dal COGNOME, avrebbe dovuto depositare un’offerta con la percentuale di ribasso in bianco.
Si tratterebbe di una condotta al più qualificabile quale un’ipotesi di mera connivenza, ma sicuramente inidonea a dar luogo al reato di concorso nella corruzione, collocandosi nella fase successiva al raggiungimento dell’accordo.
Né a diverse conclusioni conduce il rinvenimento presso l’abitazione dei coniugi COGNOMECOGNOME di documentazione relative alle gare da svolgere e alle ripartizioni di tangenti, trattandosi di atti nella disponibilità del COGNOME e rispett quali alcun ruolo avrebbe svolto la ricorrente.
In definitiva, l’unico soggetto che aveva avuto rapporti con COGNOME era COGNOME che, al contempo, poteva essere individuato quale autore della turbativa d’asta, senza l’emersione di elementi di reità relativamente alla corruzione a carico della ricorrente.
2.2. Con il quarto motivo, deduce violazione di legge in ordine alla disposta confisca per la somma di €71.000, pari all’importo complessivo delle corruzioni contestate e, quindi, non parametrata rispetto alla sola imputazione confermata nei confronti della ricorrente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è proposto nell’interesse di Malzone è infondato.
Il primo motivo, concernente il travisamento della prova relativa alla videoripresa del 6 novembre 2015, è manifestamente infondato.
Il ricorrente sostiene che, diversamente da quanto risultante dalla ripresa video, la Corte di appello avrebbe dato atto che il filmato in oggetto raffigurava la
contemporanea presenza di COGNOME e COGNOME all’interno dell’ufficio del Comandante del reparto, ove era collocata la cassaforte contenente le offerte relative ad una delle gare oggetto di turbativa.
Deve premettersi che il ricorso per cassazione con cui si lamenta il vizio di motivazione per travisamento della prova, non può limitarsi, pena l’inammissibilità, ad addurre l’esistenza di atti processuali non esplicitamente presi in considerazione nella motivazione del provvedimento impugnato ovvero non correttamente od adeguatamente interpretati dal giudicante, quando non abbiano carattere di decisività, ma deve, invece: a) identificare l’atto processuale cui fa riferimento; b) individuare l’elemento fattuale o il dato probatorio che da tale atto emerge e che risulta incompatibile con la ricostruzione svolta nella sentenza; c) dare la prova della verità dell’elemento fattuale o del dato probatorio invocato, nonché della effettiva esistenza dell’atto processuale su cui tale prova si fonda; d) indicare le ragioni per cui l’atto inficia e compromette, in modo decisivo, la tenuta logica e l’intera coerenza della motivazione, introducendo profili di radicale incompatibilità all’interno dell’impianto argomentativo del provvedimento impugnato (Sez.6, n. 10795 del 16/2/2021, Rv. 281085).
I requisiti sopra elencati non ricorrono nel caso di specie.
Deve in primo luogo evidenziarsi come nel ricorso non vi sia alcun riferimento alla presunta decisività della prova che si assume travisata. Del resto, la Corte di appello ha richiamato la videoripresa in questione al solo scopo di ribadire come le modalità operative dell’associazione seguivano uno schema costante nel tempo, senza che tale dato sia di per sé decisivo nella struttura complessiva della motivazione. È significativo, al riguardo, che la prova in questione sia stata evocata essenzialmente per dimostrare il ruolo associativo svolto da COGNOME e, quindi, si riferisca ad un’ipotesi di reato (capo 1) per la quale l’imputato non ha proposto ricorso.
Ma a ben vedere è infondato lo stesso presupposto sul quale si fonda il dedotto travisamento della prova.
La Corte di appello, infatti, ha sintetizzato quanto emergeva dalla videoripresa, richiamando espressamente la ricostruzione in fatto contenuta nella sentenza di primo grado (si veda pg 73), lì dove si specifica che ad entrare nell’ufficio del Comandante e ad essere ripreso è stato il solo COGNOME il quale, tuttavia, subito dopo contattava COGNOME per avvisarlo di andare a riprendersi le chiavi della porta, dimostrando come i predetti fossero entrambi coinvolti nell’accesso abusivo al locale ove si trovava la cassaforte, oltre ad essere ben consapevoli dell’illiceità dell’attività svolta.
Ne consegue che, a prescindere dall’errore relativo all’indicata compresenza
fisica di COGNOME con COGNOME, il dato probatorio saliente è costituito dalla piena compartecipazione di entrambi i soggetti all’accesso abusivo nell’ufficio del Comandante del reparto in data 6 novembre 2015, dato pienamente confermato dalla concorde ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito.
Il secondo e terzo motivo di ricorso possono essere esaminati congiuntamente, in quanto la questione dedotta è sostanzialmente la medesima, contestandosi che la prova della responsabilità per i reati fine (corruzioni) possa essere desunta dalla partecipazione all’associazione.
Deve premettersi che la difesa ha correttamente sottolineato come i privati corruttori, pur quelli che hanno dichiarato di aver conosciuto COGNOME non hanno in alcun modo reso dichiarazioni accusatorie nei suoi confronti.
Si tratta di un dato con il quale i giudici di merito si sono adeguatamente confrontati, sottolineandone la non rilevanza ai fini dell’esclusione della responsabilità di COGNOME.
Viceversa, è stato valorizzato il quadro indiziario fondato su plurimi e univoci elementi dai quali desumere che tutte le turbative d’asta e le connesse corruzioni erano necessariamente gestite nell’ambito dell’attività associativa, con conseguente attribuzione della responsabilità dei reati fine anche a Malzone.
In particolare, i giudici di merito hanno evidenziato che COGNOME era l’unico soggetto intraneus all’apparato militare, nonché al reparto che si occupava dello svolgimento delle procedure di gara, avendo anche ricoperto in più occasioni il ruolo di presidente della commissione aggiudicatrice. Rispetto alla compagine associativa, gli altri correi agivano essenzialmente all’esterno dell’amministrazione, individuando gli imprenditori con i quali concludere gli accordi corruttivi e fornendo loro il necessario aiuto per la predisposizione di offerte destinate, grazie ai sotterfugi materialmente posti in essere da COGNOME, a prevalere sui restanti concorrenti.
La stessa attività del COGNOME, centrale nell’alterare l’esito delle gare mediante la visione delle offerte dei contraenti e l’indicazione delle percentuali di ribasso da inserire, è emblematica dell’essenzialità dell’appoggio fornito da Malzone.
I giudici di merito hanno sottolineato come COGNOME fosse un impiegato civile del Ministero della Difesa e, all’interno dell’aeroporto di Ciampino, era addetto alla falegnameria, tant’è che non era neppure autorizzato ad accedere ai locali del Reparto Lavori del genio dell’Aeronautica Militare.
Le intercettazioni richiamate nelle sentenze di merito danno ampiamente atto di come COGNOME sia in più occasioni intervenuto per consentire a COGNOME di entrare nell’ufficio ove si trovava la cassaforte che custodiva i documenti afferenti alle gare
di appalto, il che dimostra ampiamente il costante e stabile collegamento funzionale tra il ruolo di COGNOME e l’attività materiale posta in essere da COGNOME.
Ne consegue che, con motivazione logica e immune da censure, i giudici di merito hanno correttamente ricostruito l’articolata modalità operativa dell’associazione, ritenendo che l’attività di COGNOME – sicuramente indispensabile ai fini dell’alterazione delle procedure di gara – non sarebbe stata in alcun modo possibile senza l’ausilio prestato dal COGNOME.
L’intrinseco collegamento funzionale tra le due condotte e la necessità del coordinamento tra i predetti associati consente di ritenere che la prova logica posta a fondamento dell’accertamento dei reati fine è immune da censure in questa sede.
3.1. La difesa ha eccepito che il ragionamento indiziario seguito dai giudici di merito sarebbe partito dall’accertata sussistenza del reato associativo per desumerne la responsabilità per i singoli reati-fine, invertendo l’ordine logico che avrebbe imposto di accertare prima il ruolo svolto da ciascun correo nelle diverse ipotesi di corruzione e turbativa d’asta contestati.
Secondo un risalente principio giurisprudenziale, la sola appartenenza ad una associazione è di per sè inidonea a far ritenere responsabile come partecipe dei reati fine il singolo associato, in mancanza di prove sicure circa il suo volontario apporto causale alla commissione del fatto (Sez.1, n.2407 dell’8/6/1987, Romeo, Rv. 176563).
Il principio è stato ribadito in epoca più recente sia pur con specifico riferimento alle associazioni di tipo mafioso, essendosi ritenuto che la sola appartenenza all’organismo centrale di un’organizzazione criminale, investita del potere di deliberare in ordine alla commissione dei cosiddetti “omicidi eccellenti”, pur costituendo un indizio rilevante, non ha, tuttavia, valenza dimostrativa univoca del contributo di ciascuno dei componenti alla realizzazione del reato-fine, essendo necessario che ciascuno di questi, informato in ordine alla delibera da assumere, presti il proprio consenso, anche tacito, alla pianificazione dello specifico reato (da ultimo, Sez. 5, n. 40274 del 5/10/2021, COGNOME, Rv. 282090).
Si tratta di affermazioni che, concernendo le regole di giudizio applicabili a fronte di prove indiziarie, hanno una rilevanza generale necessariamente condizionata dalle specifiche fattispecie esaminate.
Ciò comporta che i principi affermati con riguardo alle associazioni mafiose, per loro natura aventi una struttura complessa e finalizzata alla commissione di una serie indeterminata di reati fine, non sono compatibili con la fattispecie in esame, connotata da un’associazione fondata su un numero ristretto di partecipi, ciascuno dei quali avente un ruolo ben determinato e funzionalmente collegato a
quello degli altri correi e, soprattutto, operante con riguardo ad una categoria di illeciti assolutamente circoscritta.
Il dato indiziario che non può essere sottovalutato deve essere ravvisato nella circostanza secondo cui l’associazione era finalizzata a commettere reati di corruzione e turbativa d’asta, in un settore delimitato e coincidente con le funzioni pubblicistiche svolte da Malzone, secondo schemi operativi costanti e fondati sul necessario apporto di ciascun correo.
In buona sostanza, il contributo di COGNOME era necessario e funzionale alla commissione delle corruzioni e delle conseguenti turbative d’asta, sicchè non è ipotizzabile che le attività materiali concretamente svolte da COGNOME potessero inserirsi in un contesto che non presupponesse la piena complicità di COGNOME.
Deve, pertanto, affermarsi il principio secondo cui in materia di associazione per delinquere, la prova che i reati fine siano stati progettati ed eseguiti dall’intera organizzazione, con la piena consapevolezza e condivisione da parte dei singoli associati del progetto delittuoso e delle connesse modalità esecutive, può essere desunta dall’ambito circoscritto del settore di operatività del sodalizio e dalla commissione dei reati fine secondo modalità consolidate, implicanti il necessario apporto funzionale di tutti i partecipi.
Il quarto motivo di ricorso proposto da COGNOME è manifestamente infondato.
Si deduce la carenza di motivazione sul presupposto che in sentenza vi è una frase (pg.31) monca, con conseguente impossibilità di comprenderne il significato.
Invero, la lettura della frase in questione, inserita nel complesso motivazionale, consente l’agevole comprensione del significato. Si deduce, infatti, che la Corte di appello ha affermato che i reati fine erano stati tutti commessi nell’ambito funzionale nel quale COGNOME operava e la sua capacità di interferenza doveva ritenersi sussistente anche nelle procedure nelle quali non era stato formalmente “incaricato di presiedere le commissione di gara”. Quest’ultimo inciso, evidentemente per effetto di un mero errore materiale, non è riportato in sentenza, ma è l’unico che conferisce senso compiuto alla frase, per come inserita nella complessiva motivazione.
Ne consegue che la sia pur formale carenza della conclusione della frase non è tale da impedire la comprensione del suo significato e, quindi, deve escludersi la sussistenza del vizio denunciato dal ricorrente.
Del resto, ove pure si omettesse integralmente di considerare la frase in questione, il senso complessivo del ragionamento probatorio non muterebbe.
5:11 ricorso proposto nell’interesse di COGNOME è parzialmente fondato.
5.1. I primi tre motivi sono inammissibili, nella misura in cui sottopongono all’esame della Corte questioni di merito, concernenti la valutazione del compendio probatorio e della rilevanza delle condotte accertate in capo alla ricorrente, senza enucleare vizi di manifesta illogicità o contraddittorietà della sentenza impugnata.
In entrambe le sentenze di merito è stato evidenziato un coinvolgimento diretto della ricorrente, nonchè una piena consapevolezza circa l’attività illecita svolta dal marito (COGNOME, rispetto alla quale forniva un apporto quanto meno agevolativo.
Nella specifica vicenda relativa oggetto dell’imputazione di corruzione di cui al capo 8), la tesi difensiva si sostanzia in una deduzione in fatto circa la qualificazione della condotta in termini di mera connivenza, in tal modo erroneamente svalutando l’apporto causale fornito dalla ricorrente, la quale, sia pur in base alle indicazioni datele dal COGNOME, forniva le necessarie indicazione al privato corruttore (COGNOME) circa la percentuale di ribasso che avrebbe dovuto inserire nell’offerta al fine di aggiudicarsi l’appalto.
È di tutta evidenza come la condotta – per come accertata dai giudici di merito – non è in alcun riconducibile alla mera connivenza, essendo consistita in un apporto causalmente rilevante rispetto alla complessiva vicenda corruttiva e di turbativa d’asta.
5.2. È, invece, fondato il quarto motivo relativo alla confisca.
Nei confronti della ricorrente, infatti, risulta confermata la sentenza di condanna con riguardo al solo capo 8), relativa ad un’ipotesi di corruzione rispetto alla quale vi è stata la sola promessa di dazione del denaro, non seguita dall’effettiva consegna e, quindi, non è configurabile un profitto del reato direttamente collegabile a tale fattispecie.
L’importo della confisca pari a €71.000 disposta fin dal primo grado, riguarda il profitto di reati per i quali COGNOME non è stata condanna, con la conseguente impossibilità di disporre la misura ablativa anche nei suoi confronti.
Alla luce di tali considerazioni, il ricorso di COGNOME può essere accolto limitatamente alla disposta confisca, mentre il ricorso proposto da COGNOME va rigettato con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME limitatamente alla disposta confisca nei suoi confronti rigettando nel resto
il ricorso.
Rigetta il ricorso nei confronti di COGNOME NOME che condanna al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 9 ottobre 2024 Il Consigliere estensore COGNOME
Il Présidente