Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 28523 Anno 2025
RITENUTO IN FATTO Penale Sent. Sez. 4 Num. 28523 Anno 2025 Presidente: COGNOME
Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Reggio Calabria, in parziale riforma della pronuncia del locale Tribunale, ritenuta la prevalenza del vizio parziale di mente di cu all’art. 89 cod . pen. sull’aggravante contestata al capo A) e sulla recidiva, ha rideterminato la pena inflitta ad NOME COGNOME in misura pari ad anni venti di reclusione; ha rideterminato la pena inflitta a NOME COGNOME in anni diciassette di reclusione. Relatore: NOME Data Udienza: 29/04/2025
1.1. Nei giudizi di merito, al COGNOME è stata riconosciuta la veste di organizzatore, unitamente ad altri soggetti giudicati separatamente, di un’associazione dedita al traffico di sostanze stupefacenti di vario tipo (capo A della rubrica), oltre ad una serie di reati fine (indicati nel capo AA della rubrica). Quanto al COGNOME, ritenuto lo stabile fornitore di sostanze stupefacenti al sodalizio di cui all’art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, nel reputarlo colpevole del reato associativo, il Tribunale ha riqualificato il suo ruolo in quello di partecipe.
1.2. Il compendio probatorio è rappresentato dalle risultanze delle attività di intercettazione, di osservazione, controllo e pedinamento svolte dalla polizia giudiziaria in fase di indagini, dagli esiti delle perquisizioni, dalle verifiche telefoniche relative alle celle agganciate dai clienti e dalle prove dichiarative assunte nel corso del dibattimento.
Avverso la sentenza di appello ricorrono gli imputati.
Il ricorso di NOME COGNOME consta di quattro motivi.
3.1. Con il primo motivo, si deducono violazione degli artt. 192 cod. proc. pen. e 74 d.P.R. 309/90, nonché vizio di motivazione. Non si sarebbe tenuto conto del tempo relativamente breve in cui si sono svolte le indagini (aprile – dicembre 2017) e del numero limitato di riscontri (in particolare di sequestri) con riferimento alla contestazione dei reati fine di spaccio. La Corte di appello non avrebbe speso argomenti a confutazione delle critiche difensive, attestandosi sui medesimi argomenti trattati dal Tribunale, insuperata rimanendo l’obiezione difensiva circa la mancanza di un effettivo vaglio critico del materiale. È rimasta invero senza specifica confutazione l’argomentazione difensiva relativa alla droga c.d. parlata e alle modalità del tutto improvvisate relative comunque ad episodi di spaccio di piccole quantità. Il Giudice di appello non avrebbe speso parola rispetto all’ulteriore osservazione difensiva per cui proprio le conversazioni intercettate in occasione dei contatti per l’affitto del locale e per il suo avvio offrono chiavi di lettura del tutto dissimili da quelle adoperate dal Tribunale;
3.2. Con il secondo motivo, si deduce v iolazione dell’art. 74, comma 6, d.P.R. 309/90, per avere la Corte territoriale disatteso la relativa doglianza difensiva che aveva evidenziato come si fosse trattato di un gruppo di persone dedite al piccolo spaccio, tutte consumatrici di droghe e prive di risorse significative, bastando riferirsi alle esigue quantità di stupefacente sequestrate e ai modesti movimenti di denaro. La Corte territoriale non avrebbe indicato quali sarebbero le ‘concrete articolazioni dell’attività’ tali da escludere la fattisp ecie di cui al comma 6 dell’art. 74 d.P.R. 309/90;
3.3. Con il terzo motivo, si deducono v iolazione dell’art. 73 T.U. Stup. , nonché vizio di motivazione . La Corte di appello avrebbe affastellato in un’unica valutazione tutte le ipotesi contestate senza operare alcun approfondimento caso per caso, limitandosi ad indicare a suffragio del proprio convincimento le intercettazioni disposte sul cellulare in uso all’imputato. La difesa sostiene che il contenuto dei dialoghi intercettati non sarebbe, in nessuno dei casi di cui al capo AA), idoneo a rimandare ad attività di compravendita di stupefacenti e che, nonostante il posizionamento di telecamere poste a riprendere il luogo nel quale si sarebbe consumata la contestata attività di spaccio, non è mai stata documentata alcuna cessione. Né si è proceduto all’escussione di alcuno dei presunti acquirenti, così sottraendo al processo la possibilità di verificare nel contraddittorio dibattimentale l’ ipotesi di accusa. In mancanza di evidenze sul tipo di sostanza che sarebbe stato oggetto di spaccio, non potrebbe che pervenirsi alla conclusione più favorevole all’imputato, dovendosi ricordare che il reato relativo alla vendita di una dose a tale NOME COGNOME era stato, in un precedente giudizio, definitivamente qualificato ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90;
3.4. Con il quarto motivo, si deducono violazione dell’art. 649 cod. proc. pen., nonché vizio di motivazione: sostiene la difesa che il singolo episodio relativo alla cessione al Battaglia di sostanza stupefacente sia il medesimo contestato nel presente procedimento. Le affermazioni della Corte territoriale sul punto contrasterebbero con la sentenza di primo grado.
Due gli atti di ricorso nell’interesse di NOME COGNOME. Il ricorso a firma dell’avv. NOME COGNOME si fonda su due motivi:
4.1. Con il primo motivo, si deducono violazione di legge, nonché manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione circa la ritenuta partecipazione (quale fornitore) al sodalizio dedito al traffico di stupefacenti. L’abitualità e la continuità dell’attività di fornitura sarebbero desunte dal solo debito accumulato e non saldato dai sodali apicali. La difesa ricorda il limitato arco temporale di azione dell’imputato (dall’aprile 2017 al 22 giugno 2017, inizio della detenzione per altra causa, tuttora in corso) e il fatto che l’attività associativa sia proseguita in epoca successiva. Ciò che
proverebbe la natura occasionale, non continuativa né abituale dell’eventuale apporto reso dal COGNOME, atteso che la concreta interruzione dello stesso non ha prodotto alcun effetto destabilizzante per la realizzazione e la prosecuzione del programma criminoso, disvelando pertanto l’assenza di qualsivoglia connotato partecipativo al sodalizio. Dalle captazioni sarebbe emersa la specifica volontà degli aderenti (COGNOME, COGNOME e COGNOME) di limitare la composizione dei sodali a soli tre componenti, contemplando un’operatività illecita distinta ed autonoma sia rispetto ai plurimi e diversificati canali di fornitura, sia con riguardo all’attività di detenzione dello stupefacente;
4.2. Con il secondo motivo, si deducono violazione di legge e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla determinazione del trattamento sanzionatorio con riguardo al riconoscimento dell’aggravante del numero dei sodali superiore a dieci, rispetto ai quali la Corte territoriale non avrebbe tenuto conto delle assoluzioni dei presunti sodali intercorse nei giudizi di merito; alla sussistenza e misura dell’aumento per la recidiva qualificata contestata, che è stata ancorata ai soli precedenti penali, senza in concreto verificare la maggiore pericolosità della condotta attuale; al diniego delle attenuanti generiche, fondato su dati generici.
Il ricorso nell’interesse di NOME COGNOME a firma dell’avv. NOME COGNOME consta di due motivi:
5.1. Con il primo motivo, si deducono violazioni di legge e vizio di motivazione per l’erronea configurazione del delitto associativo, stante la mancata identificazione di una struttura organizzativa stabile, idonea a realizzare un programma criminoso; travisamento della prova;
5.2. Con il secondo motivo, si deducono violazione degli artt. 192, 125 cod. proc. pen. e 74 T.U. Stup. nonché illogicità e carenza della motivazione in ordine alla configurabilità del ruolo di partecipe, con la qualifica di fornitore della sostanza stupefacente. Dalla sentenza impugnata non emergerebbe alcun elemento significativo da cui possa emergere la prova della volontà dell’imputato di inserirsi nel circuito del traffico di stupefacenti del sodalizio. La difesa sostiene che la Corte di appello non abbia motivato sulle ragioni per cui in concreto compendio probatorio fosse in grado di dimostrare che i rapporti tra l’imputato e l’associazione fossero effettivamente caratterizzati da stabilità.
Con requisitoria scritta, il Procuratore generale ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi.
L’avv. NOME COGNOME nell’interesse del COGNOME, ha fatto pervenire (il 12 marzo 2025) motivi nuovi ex art. 585, comma 4, cod. proc. pen., nonché (in data
15 aprile 2025) memoria di replica alle anzidette conclusioni del Procuratore generale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono infondati.
2. Le doglianze con cui si contestano -così i motivi primo e terzo di Condello l’interpretazione data dai Giudici di merito alle conversazioni captate sono volte a minare la ricostruzione dei singoli episodi operata dalle sentenze di merito, preminentemente sulla base di queste. Risulta pertanto evidente che si tratta di doglianze che introducono censure che non possono trovare ingresso nel giudizio di legittimità. È, del resto, noto il principio per cui, in materia di intercettazioni telefoniche, costituisce questione di fatto, rimessa all’esclusiva competenza del giudice di merito, l’interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni, il cui apprezzamento non può essere sindacato in sede di legittimità se non nei limiti della manifesta illogicità ed irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite (Sez. 3, n. 44938 del 05/10/2021, COGNOME, Rv. 282337). In tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, invero, l’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715).
Quanto al tema della cosiddetta ‘droga parlata’ -di cui al primo motivo del Condello – questa Corte di legittimità ha chiarito come, in tema di stupefacenti, qualora gli indizi a carico di un soggetto consistano in mere dichiarazioni captate nel corso di operazioni di intercettazione senza che sia operato il sequestro della sostanza stupefacente, la loro valutazione, ai sensi dell’art.192, comma 2, cod. proc. pen., deve essere compiuta dal giudice con particolare attenzione e rigore e, ove siano prospettate più ipotesi ricostruttive del fatto, la scelta che conduce alla condanna dell’imputato deve essere fondata in ogni caso su un dato probatorio “al di là di ogni ragionevole dubbio”, caratterizzato da un alto grado di credibilità razionale, con esclusione soltanto delle eventualità più remote Sez. 4, n. 20129 del 25/06/2020, COGNOME, Rv. 279251; Sez. 6, n. 27434 del 14/2/2017, Albano, Rv. 270299; Sez. 3, n. 16792 del 25/3/2015, COGNOME, Rv. 263356). Costituisce, dunque, ius receptum , il principio, in tema di stupefacenti, a mente del quale l’esistenza del reato può essere desunta anche dal solo contenuto delle conversazioni intercettate qualora il loro tenore sia sintomatico dell’organizzazione di una attività illecita e, nel caso in cui ai dialoghi captati non abbia fatto seguito alcun sequestro, il giudice di merito, al
fine di affermare la responsabilità degli imputati, è gravato da un onere di rigorosa motivazione.
Di questi principi la Corte territoriale ha fatto corretta applicazione, dando conto di un’attenta e scrupolosa valutazione del compendio probatorio. Con riguardo ai reati fine, contestati al capo AA) della rubrica, già il Tribunale aveva osservato che a nulla rilevava che il periodo di osservazione e di captazione telematica e telefonica si fosse concentrato tra aprile e dicembre 2017, successivamente all’arresto del Lonano (figura di vertice unitamente al COGNOME e al COGNOME), in quanto, seppur circoscritti ad un periodo relativamente breve, le dichiarazioni captate ed i relativi riscontri apparivano di rara trasparenza, ricostruendo in maniera inequivocabile il contesto associativo in cui si sono inserite le condotte oggetto di imputazione. Sotto il profilo del reato associativo, merita di essere ricordato che, in tema di associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, ai fini della verifica degli elementi costitutivi della partecipazione al sodalizio, ed in particolare dell’ affectio di ciascun aderente ad esso, non rileva la durata del periodo di osservazione delle condotte criminose, che può essere anche breve, purché dagli elementi acquisiti possa inferirsi l’esistenza di un sistema collaudato al quale gli agenti abbiano fatto riferimento anche implicito, benché per un periodo di tempo limitato. (Sez. 6, n. 42937 del 23/09/2021 COGNOME Umberto, Rv. 282122). Con riguardo ai reati fine ascritti al COGNOME, la sentenza impugnata, dopo avere premesso che le cessioni oggetto della contestazione di cui al capo AA) si erano tutte concentrate nel mese di dicembre 2017, in un arco temporale di sette giorni, ha osservato come dal compendio intercettativo sia pacificamente emerso che l’imputato si occupava in maniera diretta delle singole cessioni; ha ricordato che, in tale periodo, gli inquirenti avevano proceduto all’incrocio dei dati estrapolati dalle intercettazioni telefoniche, che avevano interessato l’utenza in uso all’imputato, con i riscontri concreti assunti per il tramite d ell’ attività di o.c.p., della visione dei filmati del sistema di videoripresa installato nei pressi del locale ‘R andom ‘ e della verifica delle celle telefoniche agganciate dai soggetti interessati; ha osservato che l’utenza sottoposta ad intercettazione, pur se formalmente intestata al Lonano, era in uso al Condello, per come si era potuto accertare tramite il riconoscimento vocale dello stesso e le attività di o.c.p. Come accertato in prima persona degli operanti tramite o.c.p. e visione dei filmati del circuito di videoregistrazione, il cliente raggiungeva il luogo dell’incontro con l’auto, il Condello si avvicinava e consegnava la droga. Nella maggior parte dei casi, continua la sentenza impugnata, erano state effettuate anche delle perquisizioni nei confronti dei cessionari, all’esito delle quali era stata rinvenuta la droga. Il teste di p.g. COGNOME rilevava inoltre come, ad ulteriore riscontro delle cessioni, fossero state espletate delle verifiche in merito ai dispositivi telefonici in uso ai clienti e fosse emerso che essi avevano agganciato le celle del luogo di scambio, proprio nell’ora e
nella data in cui era avvenuto l’incontro. N essun dubbio poi sull’identificazione del l’imputato, ripreso dalle telecamere nel luogo e in orari che combaciavano sempre con quelli indicati negli appuntamenti fissati da lui telefonicamente. Il COGNOME era peraltro noto agli operanti che avevano visionato i filmati.
I motivi uno e tre del ricorso del Condello sono pertanto privi di pregio. Parimenti si dica per il quarto motivo del medesimo ricorso, afferente ad una asserita violazione dell’art. 649 cd. proc. pen. relativamente al citato episodio di cessione al Battaglia. Si legge infatti nella sentenza impugnata che il giudice di primo grado non ha condannato nuovamente il Condello per detta cessione, atteso che, nella determinazione del trattamento sanzionatorio, non ha operato per tale episodio uno specifico ed autonomo aumento in continuazione della pena base inflitta per la fattispecie associativa ritenuta più grave (p. 20 sent. app.)
Quanto alla sussistenza dell’associazione d edita al narcotraffico -di cui al primo motivo di Laurendi del ricorso a firma dell’avv. COGNOME – e alla impossibilità di qualificarla ai sensi del comma 6 dell’art. 74 -di cui al secondo motivo del Condello – la sentenza impugnata ha offerto (pp. 21-24) una motivazione congrua e corretta in diritto. Giova premettere che, in tema di stupefacenti, la fattispecie associativa prevista dall’art. 74, comma 6, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, è configurabile a condizione che i sodali abbiano programmato esclusivamente la commissione di fatti di lieve entità, predisponendo modalità strutturali e operative incompatibili con fatti di maggiore gravità e che, in concreto, l’attività associativa si sia manifestata con condotte tutte rientranti nella previsione dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990 (cfr. Sez. 6, n. 1642 del 09/10/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278098) e che, per la configurabilità dell’art. 74, comma 6, non è sufficiente considerare la natura dei singoli episodi di cessione accertati in concreto, ma occorre altresì valutare il momento genetico dell’associazione, nel senso che essa deve essere stata costituita al solo scopo di commettere cessioni di stupefacente di lieve entità, nonché le potenzialità dell’organizzazione con riferimento ai quantitativi di sostanze che il gruppo è in grado di procurarsi (tra le altre, Sez. 6, n. 11526 del 16/02/2022, COGNOME COGNOME, in mot.; Sez. 6, n. 12537 del 19/01/2016, COGNOME, Rv. 267267). Tanto premesso, la sentenza di appello ha ricordato come il compendio probatorio abbia consentito di ricostruire, in maniera evidente, la costituzione dell ‘associazione ad opera del Condello e dei correi Divino e Lonano, giudicati separatamente con rito abbreviato, alla quale partecipava un numero non inferiore a dieci persone (circostanza confermata anche all’esito dei due gradi del giudizio abbreviato) ; come i tre si fossero reiteratamente confrontati in ordine all’organizzazione del sodalizio, prendendo altresì in affitto due locali, uno da utilizzare come esercizio commerciale di copertura, l’ex discoteca denominata ‘R andom ‘ , e l’altro come deposito; come l’ affectio societatis sia emersa dalle molteplici conversazioni intrattenute, soprattutto
nella fase organizzativa della conclusione del contratto di affitto del ‘R andom ‘ , nel corso delle quali i tre esponenti di vertice stabilivano le regole dell’associazione, tratteggiandone sia gli aspetti logistici e operativi, sia quelli economici, accordandosi anche in merito all’individuazione dei pusher per mezzo dei quali operare lo spaccio, nonché alle accortezze da utilizzare per evitare di essere scoperti dalle Forze dell’ordine. Evidenzia la sentenza impugnata come i tre organizzatori utilizzassero per lo più sempre il plurale proprio a ribadire l’unicità del sodalizio e la comunanza di finalità. Rilevante in tal senso appare anche l’unicità del capitale emergente dai discorsi dei sodali, tenuto conto che il Condello, nel corso delle conversazioni intercettate, ribadiva più volte che chiunque avesse voluto partecipare avrebbe dovuto versare alla cassa comune dell’associazione un contributo economico. In ultimo, anche la tipologia delle sostanze smerciate dal sodalizio (cocaina, marijuana ed eroina) appare, continua la Corte di appello, pienamente in linea con un contesto associativo ampio, in quanto di carattere eterogeneo. Ciò affermato, la Corte territoriale ha escluso che l’associazione di cui al capo A) possa essere ricondotta alla fattispecie attenuata di cui al comma 6 dell’art. 74 d.P.R. 309/90, considerati l’ampiezza dell’associazione, il livello di organizzazione , le modalità strutturali ed operative, il quantitativo complessivo di droga commercializzato, le plurime condotte di spaccio non rientranti nella previsione dell’articolo 73, comma 5, d.P.R. 309/90. Ha rilevato come il sodalizio abbia manifestato una capacità finanziaria per acquistare, in non limitate quantità, varie tipologie di stupefacenti, tanto da costituire un punto di riferimento nella zona e da poter contare su un organigramma tale da configurare l’aggravante di cui al citato art. 74, comma 3.
Infondati sono dunque il primo motivo del ricorso per il COGNOME a firma dell’avv. COGNOME ed il secondo motivo del Condello.
Il secondo motivo del ricorso COGNOME a firma dell’avv. COGNOME relativamente all’aggravante di cui art. 74, comma 3, T.U. Stup. non risulta essere stato devoluto in sede di appello ed è pertanto inammissibile.
Con riguardo ai motivi sulla partecipazione del fornitore COGNOME al sodalizio criminale (primo motivo ricorso avv. COGNOME, secondo motivo ricorso avv. COGNOME, occorre, in primo luogo ribadire, quan to alla dedotta violazione dell’art. 192 cod. proc. pen., che è inammissibile il motivo con cui si deduca la violazione dell’art. 192 cod. proc. pen. per censurare l’omessa o erronea valutazione degli elementi di prova acquisiti o acquisibili, in quanto i limiti all’ammissibilità delle doglianze connesse alla motivazione, fissati specificamente dall’art. 606, comma 1, lett. e) , cod. proc. pen., non possono essere superati deducendo la violazione della predetta disposizione (cfr. Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020, NOME COGNOME, Rv. 280027 -04). Deve poi altresì rammentarsi il principio per il quale integra la condotta di partecipazione ad un’associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze
stupefacenti la costante disponibilità a fornire le sostanze oggetto del traffico del sodalizio, tale da determinare un durevole rapporto tra fornitore e spacciatori che immettono la droga nel consumo al minuto, sempre che si accerti la coscienza e volontà di far parte dell’associazione, di contribuire al suo mantenimento e di favorire la realizzazione del fine comune di trarre profitto dal commercio di droga (Sez. 4 , n. 19272 del 12/06/2020, COGNOME COGNOME, Rv. 279249),
Nel caso di specie, la Corte territoriale (pp. 27-29 sent. app.) ha ricordato come il COGNOME fosse certamente uno dei due fornitori stabili e continui dell’associazione, «tanto che un’eventuale interruzione della sua somministrazione di stupefacenti avrebbe avuto senz’altro un effetto destabilizzante sulla diffusa e abituale attività di smercio del sodalizio». Si tratta di assunto che trova conferma, come si legge nella sentenza impugnata, nelle stesse conversazioni delle tre figure di vertice dell’associazione (Lonano, COGNOME e COGNOME), allorquando cominciavano a manifestare preoccupazione per il debito accumulato nei confronti del COGNOME, debito evidentemente non trascurabile che, oltre a disvelare l’ininterrotto rifornimento di droga garantito da ll’imputato , manifesta la sussistenza della affectio societatis e la comunione di intenti tra tali sodali nel realizzare il programma criminoso, considerato che il COGNOME cedeva a credito all ‘ organizzazione rilevanti quantitativi di stupefacente, attendendo il rimborso solo all’esito della vendita. Afferma la Corte di appello, con motivazione non manifestamente illogica, che la costante disponibilità del ricorrente a fornire a credito le sostanze oggetto del traffico del sodalizio – tale da aver determinato un durevole rapporto tra questo fornitore e gli associati di vertice – forse sostenuta anche dalla coscienza e volontà del medesimo imputato di far parte dell’organizzazione in parola, di contribuire al suo mantenimento e di favorire la realizzazione del fine comune di trarre profitto dal commercio di droga, in maniera solidale con gli altri affiliati. Sono stati pertanto correttamente ricondotti nell’alveo della condotta di partecipazione i sistematici contributi assicurati dal ricorrente al sodalizio criminale. Al riguardo, la Corte di legittimità ha affermato che l’associazione di cui all’art. 74 d.P.R. 309/1990 sussiste non solo nel caso di condotte parallele di persone accomunate dall’identico interesse di realizzazione del profitto societario mediante il commercio di droga, ma anche nell’ipotesi del vincolo che accomuna, in maniera durevole, il fornitore di droga agli acquirenti che, in via continuativa, la ricevono per immetterla al consumo. La diversità di scopo personale non è ostativa, infatti, alla realizzazione del fine comune, che è quello di sviluppare il commercio degli stupefacenti per conseguire sempre maggiori profitti. Né l’associazione criminosa è esclusa dalla diversità dell’utile che i singoli partecipi si propongono di ricavare, o da un contrasto degli interessi economici di essi, posto che né l’una, né l’altro sono di ostacolo alla costituzione ed alla persistenza del vincolo associativo, sol che colui che opera come acquirente sia stabilmente disponibile a
ricevere le sostanze, assumendo, così, una funzione continuativa, che trascende il significato negoziale delle singole operazioni, per costituire un elemento della complessa struttura che facilita lo svolgimento dell’intera attività criminale. Ne deriva che è ben configurabile, tra venditori e acquirenti di sostanze stupefacenti, l’associazione volta alla commissione di reati nella specifica materia (Sez. 5, n. 10077 del 23/09/1997, COGNOME, Rv. 208822; Sez. 4, n. 4497 del 16/12/2015, dep. 2016, Addio, Rv. 265945). Nel caso in esame, le connotazioni della condotta dell’agente, consapevolmente servitosi dell’organizzazione per commettere il fatto, ne rivelano, secondo massime di comune esperienza, un ruolo nelle dinamiche operative del gruppo criminale, così dando ragionevolmente atto, come afferma la sentenza impugnata, anche della sussistenza dell’ affectio societatis richiesta ai fini dell’integrazione del dolo di partecipazione. La circostanza, addotta nel ricorso, per cui l ‘imputato è stato operativo per soli due mesi all’interno del gruppo, non rileva perché, per l ‘integrazione del reato di cui si tratta, ciò che conta è che dagli elementi acquisiti possa inferirsi un contributo stabile alla realizzazione del programma criminoso, sia pure per un periodo di tempo limitato, come avvenuto nella fattispecie (cfr. Sez. 1, n. 5445 del 07/11/2019, COGNOME Giorgio, Rv. 278471).
Quanto al motivo sulla recidiva, di cui al secondo motivo del ricorso dell’avv . COGNOME, giova ricordare che, in presenza di un motivo di appello inammissibile perché generico, non ci si può lamentare, con il ricorso per cassazione, che il giudice di appello non l’abba esaminato (cfr. Sez. 3, n. 46588 del 03/10/2019, COGNOME, Rv. 277281, così massimata : ‘ In tema d’impugnazioni, è inammissibile, per carenza d’interesse, il ricorso per cassazione avverso la sentenza di secondo grado che non abbia preso in considerazione un motivo di appello inammissibile “ab origine” per manifesta infondatezza, in quanto l’eventuale accoglimento della doglianza non sortirebbe alcun esito favorevole in sede di giudizio di rinvio ‘ . Fattispecie in tema di mancata concessione delle attenuanti generiche, in cui l’imputato si doleva della mancata pronuncia della Corte di appello, a fronte di un motivo di appello manifestamente inammissibile perché non specificava le ragioni poste alla base dell’invocato riconoscimento delle stesse circostanze e non adduceva una motivata censura all’argomento al riguardo impiegato dal giudice di primo grado; nello stesso senso, Sez. 2, n. 35949 del 20/06/2019, COGNOME Paolo, Rv. 276745). N ell’att o di appello, il COGNOME si era genericamente limitato a sostenere che il giudizio sulla recidiva fosse ancorato ai suoi precedenti penali senza in alcun modo confrontarsi con l’argomentazione della sentenza di p rimo grado sul punto, la quale aveva ritenuto sussistere nei confronti dell’imputato la contestata recidiva «alla luce dei plurimi, recenti, continuativi e specifici precedenti … e della circostanza che lo stesso sia già stato ritenuto recidivo in più occasioni, elementi che incidono in maniera inevitabile sul giudizio di pericolosità e di riprovevolezza della condotta».
Esente da censure è poi il percorso argomentativo sul diniego delle circostanze attenuanti generiche, escluse in ragione delle gravi modalità della condotta e della biografia penale, costellata dagli anzidetti plurimi precedenti, anche specifici. La Corte di territoriale ha pur tuttavia rideterminato la pena base avendo ritenuto la pena inflitta dal primo Giudice eccessivamente lontana dal minimo edittale.
Al rigetto dei ricorsi segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 29 aprile 2025
Il Consigliere estensore NOME
Il Presidente
NOME COGNOME