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Associazione per delinquere: non basta comprare droga

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza di custodia cautelare, stabilendo che l’acquisto ripetuto di stupefacenti da un’organizzazione non è sufficiente a provare la partecipazione all’associazione per delinquere. Per configurare il reato associativo, è necessario dimostrare che il rapporto tra fornitore e acquirente si sia trasformato in un vincolo stabile e che l’acquirente sia consapevolmente inserito nella struttura criminale, contribuendo ai suoi scopi.

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Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Associazione per delinquere: l’acquisto di droga non equivale a partecipazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9446 del 2025, torna a delineare i confini tra un semplice rapporto continuativo di fornitura di stupefacenti e la partecipazione a un’associazione per delinquere. La decisione annulla un’ordinanza di custodia cautelare, sottolineando che per provare l’adesione a un sodalizio criminale non è sufficiente dimostrare acquisti ripetuti, ma occorrono elementi concreti che attestino un’effettiva e consapevole integrazione nella struttura organizzativa.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un individuo sottoposto a custodia cautelare in carcere con l’accusa di far parte di un’associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, ai sensi dell’art. 74 del d.P.R. 309/1990. L’indagato, tramite il suo ricorso, sosteneva di essersi limitato ad acquistare droga da un noto gruppo criminale per un periodo circoscritto (tre settimane) e per uso esclusivamente personale, senza mai cederla a terzi. A suo avviso, mancava la prova della cosiddetta affectio societatis, ossia la volontà di far parte dell’associazione, e del perseguimento di uno scopo comune.

La distinzione tra acquirente e partecipe dell’associazione per delinquere

La Suprema Corte accoglie il ricorso, basando la sua decisione su un’approfondita analisi giuridica. I giudici chiariscono che un rapporto continuativo di fornitura di stupefacenti può, in certi casi, evolvere in una vera e propria partecipazione al sodalizio criminale. Tuttavia, questa trasformazione non è automatica e non può essere presunta.

Il ‘salto di qualità’ da mero acquirente a partecipe si verifica solo in presenza di specifici elementi fattuali, che il giudice di merito ha il dovere di accertare. Tra questi, la Corte elenca:

* La durata e stabilità dell’accordo: un rapporto che va oltre episodi sporadici.
* Le modalità di approvvigionamento: procedure consolidate che indicano un legame fiduciario.
* Il contenuto economico delle transazioni: volumi e valori significativi.
* La rilevanza dell’acquirente per il sodalizio: l’acquirente deve rivestire un’importanza tale per l’organizzazione da potersi considerare un ‘ramo d’azienda’ essenziale per la sua operatività.

In sostanza, deve essere provato che l’acquirente ha superato la soglia di un semplice rapporto contrattuale per aderire consapevolmente al programma criminale, contribuendo al suo mantenimento e alla realizzazione del fine comune di trarre profitto dal commercio di droga.

Le motivazioni

La Corte ha ritenuto che il Tribunale avesse compiuto un ‘salto logico’, desumendo la partecipazione al sodalizio unicamente dalla reiterazione degli acquisti in un arco temporale limitato e dal rapporto confidenziale con uno dei membri del gruppo. Secondo gli Ermellini, questi elementi, seppur rilevanti per contestare il reato di spaccio (art. 73 d.P.R. 309/1990), sono insufficienti a dimostrare, con la qualificata probabilità richiesta in fase cautelare, una vera e propria partecipazione all’associazione per delinquere.

Il Tribunale ha omesso di verificare se il rapporto di fornitura presentasse quelle caratteristiche (stabilità, rilevanza economica, integrazione strutturale) che ne avrebbero giustificato la trasformazione in un rapporto di carattere societario. Pertanto, la Corte ha annullato l’ordinanza, rinviando il caso a un nuovo giudizio.

Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: per accusare qualcuno di partecipazione a un’associazione per delinquere, l’accusa deve andare oltre la prova della semplice e ripetuta condotta di acquisto. È necessario dimostrare un elemento psicologico e fattuale più profondo: la volontà consapevole di integrarsi in una struttura organizzata e di cooperare attivamente al suo mantenimento e ai suoi scopi illeciti. La decisione rappresenta un importante monito per i giudici di merito a non ricorrere a presunzioni, ma a fondare le misure cautelari su un quadro indiziario solido e dettagliato che provi tutti gli elementi costitutivi del grave reato associativo.

L’acquisto ripetuto di sostanze stupefacenti da un gruppo criminale significa automaticamente far parte dell’associazione?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che non ogni rapporto di fornitura, anche se continuativo, implica automaticamente l’adesione all’associazione criminale. È necessario dimostrare una trasformazione del rapporto da mero acquisto a stabile inserimento nel sodalizio.

Quali elementi sono necessari per provare la partecipazione a un’associazione per delinquere?
È richiesta la prova della cosiddetta ‘affectio societatis’, ossia la volontà di far parte del sodalizio. Questa si desume da elementi fattuali come la durata dell’accordo, le modalità di approvvigionamento, il contenuto economico delle transazioni e la rilevanza oggettiva che l’acquirente riveste per l’organizzazione.

Cosa succede quando un tribunale non valuta correttamente questi elementi in una misura cautelare?
Come avvenuto nel caso di specie, la Corte di Cassazione può annullare l’ordinanza. In questa situazione, l’ordinanza è stata annullata con rinvio, obbligando il tribunale a riesaminare il caso attenendosi ai principi di diritto stabiliti dalla Corte, illustrando in modo specifico gli elementi che dimostrino l’effettiva adesione del ricorrente all’associazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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