Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 5193 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 5193 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/12/2024
SENTENZA
Sui ricorsi proposti da NOME COGNOME nato a Napoli il 7 luglio 1981 NOME COGNOME nato a Napoli il 29 agosto 1979 NOME nato a Napoli il 10 dicembre 1974 COGNOME nato a Napoli il 14 ottobre 1982 COGNOME NOME nato a Napoli 14 Aprile 1976 COGNOME nato a Napoli il 21 dicembre 1987 COGNOME nato a Napoli il 15 maggio 1986 NOME COGNOME nato a Napoli il 30 agosto 1977 NOME nato a Napoli il 27 Aprile 1977 NOME nato a Napoli il 2 settembre 1964 avverso la sentenza resa il 10 ottobre 2023 dalla CORTE di APPELLO di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME sentite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento senza rinvio limitatamente al reato di cui al capo pp con rideterminazione della pena nei confronti di COGNOME e l’inammissibilità nel resto del ricorso di COGNOME e di tutti gli altri ricorsi;
sentite le conclusioni dell’avv. NOME COGNOME in difesa di COGNOME , COGNOME e COGNOME e in sostituzione dell’avv. COGNOME COGNOME; dell’avv. NOME COGNOME in difesa d COGNOME NOME e COGNOME NOME e di COGNOME; dell’avv. NOME COGNOME in difesa di COGNOME, dell’avv. NOME COGNOME in difesa di COGNOME, che hanno tutti insistito per l’accoglimento dei motivi di ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Napoli, parzialmente riformando la sentenza resa il 21 Febbraio 2020 dal Tribunale di Napoli, per quel che qui rileva:
ha assolto NOME COGNOME dal reato associativo ascritto al capo A per non avere commesso il fatto e ha rideterminato la pena per i reati fine di cui ai capi E, CC, QQ e PP;
ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di NOME NOME in ordine al reato contestato al capo EE perché estinto per intervenuta prescrizione e ha rideterminato la pena per i residui reati contestati ai capi A, E, G ed I;
ha confermato la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME Angelo.
La sentenza impugnata ha confermato l’esistenza di un sodalizio criminoso stabilmente dedito alla contraffazione e commercializzazione di biglietti per incontri di calcio e concerti musicali, che ha operato nella città di Napoli tra marzo 2010 e settembre 2011. Secondo quanto ricostruito dai giudici di merito, i componenti del sodalizio acquistavano i biglietti autentici in bianco presso soggetti che erano riusciti a sottrarli durante la spedizione dalla casa madre alla rivendita autorizzata o li avevano ricevuti per canali illeciti; venuti in possesso dei biglietti autentici, i soda provvedevano alla loro compilazione, avvalendosi dell’opera di alcuni soggetti con competenze specifiche nel settore tipografico; infine i biglietti così falsificat venivano venduti direttamente al pubblico all’esterno dello stadio, secondo il noto sistema del bagarinaggio.
Avverso detta sentenza propongono ricorso gli imputati.
NOME COGNOME condannato per il reato associativo e per i delitti di ricettazione contestati ai capi E,GG e HH, con atto sottoscritto dall’avv. NOME COGNOME deduce violazione dell’art. 62 bis cod.pen., per difetto di motivazione in ordine al rigetto della richiesta difensiva di concessione delle attenuanti generiche.
3.NOME COGNOME condannato per il reato associativo e diversi reati fine, con atto sottoscritto dall’avvocato NOME COGNOME deduce due motivi:
3.1 violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al diniego delle attenuanti generiche e alla riconosciuta recidiva, poiché la Corte ha reso motivazione non adeguata a dimostrare la sussistenza di detta aggravante, in quanto l’estinzione degli effetti penali, determinata dall’esito positivo dell’affidamento in prova al servizio sociale, comporta che delle relative condanne non possa tenersi conto agli effetti della recidiva. La sentenza pertanto va annullata, poiché non ha indicato le condanne di cui ha tenuto conto e se le stesse sono state eseguite con affidamento in prova, concluso con esito positivo.
3.2 Vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta partecipazione del COGNOME NOME al sodalizio contestato al capo A della rubrica e violazione dell’art. 416 cod.pen. poiché l’affermazione di responsabilità per il reato associativo impone la valutazione di tre elementi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità: il vincolo associativo e cioè l’accordo tra i sodali permanente e duraturo, la consapevolezza di ciascuno di far parte del sodalizio e la volontà di offrire un contributo per l’esecuzione di un comune programma criminoso. La Corte ha desunto la prova del vincolo associativo dalla durata nel tempo e dall’intensità dei contatti telefonici e dalla consumazione dei reati fine, ma così facendo ha violato la norma di cui all’art. 416 cod.pen., poiché le intercettazioni sono state effettuate soltanto tra ottobre 2010 e febbraio 2011, nè emergono elementi estrinseci da cui desumere la partecipazione del medesimo all’attività del sodalizio. Manca nel caso in esame , a giudizio del ricorrente, una stabile e duratura organizzazione gerarchica anche dopo la consumazione dei singoli reati fine.
4.NOMECOGNOME ritenuto responsabile in ordine al reato associativo e ai delitti di ricettazione contestati ai capi E, G, I, con atto sottoscritto dall’avv. NOME COGNOME deduce sette motivi che possono essere ricondotti a tre aree tematiche:
4.1 vizio di motivazione e violazione dell’art. 416 cod.pen. per motivazione apparente in ordine alla affermazione di responsabilità per il reato associativo.
Con l’appello si deduceva il carattere assiomatico dell’affermazione di responsabilità in ordine al reato associativo e l’assenza di elementi di fatto da cui desumere l’esistenza di un vincolo stabile e duraturo tra sodali, finalizzato alla commissione di una serie indeterminata di delitti, nonché l’assoluta carenza di prova in ordine all’elemento soggettivo da parte del ricorrente. Si osservava che i rapporti tra i computati non erano sintomatici di quella affectio societatis presupposto essenziale del delitto associativo; la Corte non si è confrontata con queste doglianze e ha fondato l’affermazione di responsabilità evocando intercettazioni o deposizioni testimoniali di ufficiali o agenti di PG, prescindendo dalla valutazione dei contenuti informativi di queste fonti di prova.
In particolare osserva il ricorrente che gli imputati del fatto associativo sono solo acquirenti che avrebbero dato vita ad un sodalizio tra loro volto all’acquisto di tagliandi della Lottomatica o TicketOne, in precedenza sottratti ai legittimi concessionari. Pertanto dovevano essere indicati gli elementi da cui desumere che gli acquisti, sebbene singolarmente effettuati da ciascuno degli acquirenti presso i fornitori, sottendevano uno stabile accordo e una condivisione di scopi e di mezzi. Dal testo della sentenza invece è evincibile unicamente l’esistenza di trattative per l’acquisto presso terzi di biglietti in bianco e non viene spiegato attraverso quale criterio si giunge a sussumere le condotte contestate nella fattispecie del reato associativo e in particolare si perviene alla individuazione della stabilità dell’accordo e di uno scopo comune che trascende l’esito della singola trattativa.
Con i motivi di appello si era altresì dedotto che gli accordi tra gli imputati non erano regolati da un patto stabile, ma dovevano ogni volta essere oggetto di nuove trattative tese a pervenire a intese nuove o a rinnovare le pregresse. Tali elementi si pongono in contrasto, sotto il profilo logico, con la ritenuta sussistenza di un accordo stabile e duraturo. Diversamente argomentando, e cioè postulando un accordo di procacciamento perdurante, continuativo e stabile che trascendeva il singolo rapporto tra il ricorrente e i suoi interlocutori, non vi sarebbe stato necessità di ricorrere a nuove negoziazioni.
Sotto questo profilo la decisione della Corte si palesa affetta da assoluta illogicità, poiché pretende di desumere la prova del sodalizio criminoso dall’esistenza di trattative, che invece concettualmente escludono l’accordo stabile. Osserva il ricorrente che la Corte territoriale è incorsa in un clamoroso errore laddove ha riconosciuto l’esistenza di un reato associativo, mentre avrebbe dovuto qualificare il rapporto come concorso di persone nel reato continuato.
Rileva altresì l’assenza di motivazione in ordine all’elemento soggettivo necessario per la configurabilità della fattispecie associativa da parte dell’Amirante che ha agito per proprie finalità personali e senza alcuna volontà e consapevolezza di operare in nome di scopi comuni.
4.2 Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’affermazione di responsabilità per i reati di ricettazione contestati ai capi E, G ed I; il ricorrent osserva che con l’appello aveva evidenziato che dai contenuti delle intercettazioni non si evinceva che i tagliandi di cui il ricorrente negoziava l’acquisto fossero di provenienza illecita, quale compendio di sottrazione clandestina realizzata da terzi in danno di concessionari Lottomatica.
La sentenza impugnata non offre alcuna argomentazione al riguardo e non indica gli elementi da cui possa evincersi la consapevolezza dell’Amirante di contrattare beni di provenienza illecita.
Inoltre con l’atto di appello si lamentava che, sulla scorta delle emergenze istruttorie, non fosse stata raggiunta la prova che il ricorrente aveva conseguito il possesso dei tagliandi e biglietti, di cui risultava avere contrattato l’acquisto. La Corte ha superato la questione affermando che non vi è prova del contrario, ma così facendo pretende di trarre conclusioni certe da un fatto ignoto, trascurando di non poterlo utilizzare quale fonte di una presunzione sulla quale fondare l’affermazione di responsabilità.
L’argomento che valorizza l’assenza di un’intercettazione da cui possa desumersi che il ricorrente non abbia conseguito il possesso delle cose asseritamente illecite da lui contrattate è fallace sul piano logico ed errato sotto il profilo giuridico, in quanto la generica confutazione delle spiegazioni alternative di un fatto non può supplire alla totale mancanza di prova positiva del fatto stesso.
La Corte, pertanto, non ha osservato il canone, dell’oltre ogni ragionevole dubbio quale metodo di accertamento del fatto e ha posto a fondamento del proprio giudizio una verifica probatoria incompleta e congetturale.
Nello specifico era stato dedotto che la condotta ascrivibile ad COGNOME era insuscettibile di integrare gli elementi costitutivi dei reati di ricettazione a contestati che non erano mai giunti a consumazione e quindi non erano punibili, se non a titolo di mero delitto tentato; inoltre con il gravame si era sostenuto che non potesse escludersi che le interlocuzioni registrate fossero orientate alla realizzazione di tagliandi contraffatti, mediante l’impiego di supporti in corso di alterazione e non necessariamente promananti dal legittimo concessionario, sicché il fatto ascrivibile al ricorrente era suscettibile di diversa qualificazione giuridi considerato che non può escludersi, a priori, che lui stesso abbia partecipato ai reati di falso.
4.3 Violazione di legge in ordine alla mancata riconduzione dei fatti contestati alla fattispecie di particolare tenuità prevista dal comma 4 dell’articolo 648 cod.pen..
La Corte ha escluso la sussistenza di detta attenuante sulla scorta del dato numerico dei biglietti acquistati e in ragione del prezzo pagato, ma si tratta di motivazioni apodittiche, poiché NOME voleva acquistare un quantitativo modico di biglietti ed è stata applicata nei suoi confronti una pena assolutamente sproporzionata rispetto alla concreta pericolosità sociale della condotta da lui posta in essere. Di contro, osserva il ricorrente che le modalità realizzative delle condotte, l’esiguità del prezzo pretesamente pagato e l’incertezza sul numero dei biglietti concretamente contraffatti o posti in vendita e sui ricavi consentono di ritenere che ricorrono i presupposti per il riconoscimento della invocata attenuante.
5.COGNOME condannato per i reati contestati ai capi B, E, cc, pp e qq deduce due motivi di ricorso:
5.1 Violazione di legge e vizio di motivazione poiché la sentenza ha confermato l’affermazione di responsabilità per i delitti di ricettazione sulla base di intercettazioni telefoniche, da cui emerge che i prezzi di cessione a terzi erano sproporzionati per difetto rispetto al valore di mercato e perché il COGNOME non è un rivenditore ufficiale. Osserva il ricorrente che, in assenza di sequestri, manca la prova che si tratti di beni contraffatti o rubati e il ragionamento seguito dalla Corte è superficiale e sbrigativo poiché, ad esempio, non può escludersi che si sia trattata di vendita di oggetti usati.
Perciò la Corte di legittimità dovrà verificare che il ragionamento seguito dai giudici di merito non sia solo uno dei percorsi corretti possibili, ma che sia l’unico logicamente corretto o il miglior percorso corretto possibile.
5.2 Vizio di motivazione con riferimento alle circostanze attenuanti generiche, alla recidiva e al trattamento sanzionatorio. La sentenza ha assolto COGNOME dal reato associativo per non aver commesso il fatto e ha circoscritto il reato contestato al capo E di ricettazione di biglietti ad una sola condotta relativa al 5 Febbraio 2011, così ridimensionando la responsabilità del ricorrente, ma non ha motivato sul diniego delle attenuanti generiche richieste, quantomeno con giudizio di equivalenza. La motivazione ha omesso ogni tipo di considerazione anche in ordine alla iniquità di una risposta giudiziaria così tardiva, che non tiene conto del fatto che con la tecnologia e le nuove normative il bagarinaggio illegale è completamente debellato e l’allarme sociale connesso a tali condotte è scemato.
La Corte, inoltre, ha fatto riferimento al casellario giudiziario del COGNOME per escludere la meritevolezza di ogni diminuzione di pena e non ha fatto buon governo dei criteri di cui all’art. 133 cod.pen. in quanto dalla lettura complessiva degli atti processuali emergevano circostanze favorevoli tali da contenere la pena e applicare le circostanze generiche in regime di equivalenza con le aggravanti.
COGNOME ritenuto responsabile del reato associativo e del reato di ricettazione contestato al capo O della imputazione, in esso ritenute assorbite le condotte contestate ai capi Q,II,MM,SS, deduce due motivi di ricorso:
6.1 Vizio di motivazione in ordine alla valutazione degli elementi idonei a dimostrare la responsabilità dell’imputato relativamente alla partecipazione al sodalizio contestato al capo A dell’imputazione e violazione di legge per avere ritenuto corretta la qualificazione giuridica del fatto operata in primo grado. Osserva il ricorrente che gli elementi desumibili dal compendio probatorio non consentono di ritenere COGNOME inserito stabilmente nel sodalizio criminale; inoltre non ricorre la prova di un vincolo tra i presunti componenti del sodalizio, poiché non è sufficiente a dimostrarla la ripetitività delle condotte; mancano la corrispondenza
tra gli autori dei reati fine e i presunti componenti del sodalizio e la prova della divisione di utili tra costoro; tali circostanze impediscono di individuare la ripartizione dei ruoli e il contributo singolarmente offerto alla stabilità della vi associativa.
La Corte territoriale ha desunto la prova dell’esistenza del sodalizio dalla durata delle attività illecite, dalla frequenza e stabilità dei contatti tra i sogg intercettati, in alcuni casi, legati da vincoli di parentela, dalla condivisione degli ut e dalla reciproca fiducia e conoscenza, ma la ripetitività delle azioni non è espressione di un programma criminoso indeterminato e la similarità dei reati fine non è sufficiente. Inoltre, dalle conversazioni registrate emerge che COGNOME, con condotte autonome ripetutamente commesse, operava singolarmente, non era inserito in un’organizzazione strutturata gerarchicamente, non condivideva i propri utili con gli altri correi ed era semplicemente uno dei tanti fornitori interpellati pe l’approvvigionamento di biglietti.
6.2 Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al reato di cui al capo O della imputazione e travisamento probatorio della interpretazione delle intercettazioni coinvolgenti il ricorrente. La Corte ha ritenuto sussistente la responsabilità di COGNOME NOME per la ricettazione di biglietti relativi all’incontro calcio tra Napoli e Villareal, come contestato al capo O della rubrica, ma le intercettazioni telefoniche non forniscono alcun elemento certo in ordine al coinvolgimento di COGNOME nella ricettazione dei titoli e il materiale captativo restituisce una diversa condotta, incompatibile con il reato di ricettazione, poiché COGNOME fornisce ad un tipografo i nomi degli acquirenti per la compilazione dei tagliandi da rivendere personalmente, così concorrendo materialmente nel reato presupposto di contraffazione. Nessuna prova è emersa circa la ricezione da parte di COGNOME di biglietti già contraffatti.
6.3 Con memoria contenente motivi nuovi, la difesa ha insistito nel prospettare vizio di motivazione in ordine al reato associativo per carenza dei presupposti e dei requisiti della fattispecie e ha invocato la dichiarazione di prescrizione dei reati contestati al COGNOME.
7.COGNOME e COGNOME, condannati per i reati di furto aggravato contestati ai capi B e C , con atto unico sottoscritto dal comune difensore di fiducia, deducono:
7.1Violazione degli articoli 521 e 157 cod.pen. avendo i giudici di merito omesso di ricondurre la condotta contestata come furto aggravato alla fattispecie di cui all’art. 646 cod.pen. con conseguente errore sulla pena. Ed infatti i due imputati avevano il possesso dei beni sottratti in ragione di un rapporto di lavoro con la ditta che si occupava del trasporto e consegna degli stessi rapporto di lavoro
che non è mai stato messo in dubbio in sentenza ma non è stato considerato tanto da ricondurre la loro condotta alla fattispecie incriminatrice più grave del furto anziché a quella della appropriazione indebita .
La difesa chiede conseguentemente che questa Corte proceda all’annullamento della sentenza impugnata previa riqualificazione del fatto e dichiarazione di intervenuta prescrizione del reato di appropriazione indebita.
7.2 Violazione dell’articolo 62 n. 4 cod.pen. poiché il giudice di appello ha escluso la configurabilità della circostanza attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità, fornendo una motivazione apparente, sulla scorta del numero dei biglietti contenuti all’interno dei plichi sottratti e del prezzo di acquisto dei bigli pagati dal sodalizio criminoso, unitamente al danno patito dai gestori delle competizioni sportive, ma dal compendio probatorio non emergono elementi per stabilire il numero dei biglietti realmente venduti e il corrispettivo effettivamente maturato.
Quanto al danno arrecato alla società sportiva, va rilevato che la stessa non si è neppure costituita parte civile nei confronti dei ricorrenti imputati, diversamente da quanto è accaduto per gli altri correi, proprio in ragione del numero esiguo dei titoli coinvolti negli episodi contestati rispetto al complessivo volume d’affari della suddetta società, unitamente all’impossibilità di determinare il danno economico concretamente subito.
8.COGNOME, ritenuto responsabile per il reato di ricettazione contestato al capo F, con l’unico motivo di ricorso deduce violazione di legge penale, poiché la Corte ha fondato il giudizio di responsabilità su un’unica telefonata ricevuta da COGNOME NOMECOGNOME che non appare idonea ad inquadrarlo nel novero dei soggetti che svolgevano attività di bagarinaggio; inoltre è stata negata l’invocata esclusione della recidiva contestata, che avrebbe determinato la prescrizione del reato, trattandosi di un fatto accaduto 15 anni orsono.
9.NOMECOGNOME ritenuto responsabile per i reati di ricettazione contestati ai capi V e AA, deduce:
9.1violazione di legge per motivazione mancante e meramente apparente poiché il tribunale perveniva all’affermazione di colpevolezza sulla base delle intercettazioni telefoniche del 28 ottobre 2010 e del 14 Febbraio 2011, succintamente esposte a pagina 48 della sentenza di primo grado; dal tenore delle intercettazioni non emerge che i tagliandi di cui il ricorrente negoziava l’acquisto fossero di manifesta provenienza illecita, quale compendio di presupposta sottrazione clandestina in danno di concessionari RAGIONE_SOCIALE, e la sentenza impugnata nulla osserva al riguardo. Inoltre la sentenza afferma che ricorre nel
caso in esame il delitto di ricettazione, pur riconoscendo che non è intervenuta la traditio delle cose di provenienza illecita.
Con il gravame si era dedotto che non era stata raggiunta la prova del materiale possesso dei beni di provenienza illecita, ma la decisione della Corte ha respinto la censura con argomenti privi di pregio logico giuridico. Osserva il ricorrente che a fronte delle specifiche deduzioni articolate con l’atto di appello la Corte di merito non ha operato l’invocato accertamento, teso ad individuare il fatto illecito presupposto rispetto ai reati ascritti al ricorrente.
Le conclusioni cui perviene la sentenza della Corte territoriale, nella parte in cui presuppone l’avvenuta consumazione del reato presupposto e postula la derivazione dei supporti in bianco, oggetto di interlocuzione nelle conversazioni cui partecipa il ricorrente, risulta fondata su un ragionamento probatorio ipotetico.
9.2 Violazione di legge per motivazione mancante e apparente in quanto sulla scorta delle modalità dei contestati illeciti, i fatti avrebbero potuto essere ricondotti alla fattispecie attenuata di cui al quarto comma dell’art. 648 cod.pen..
9.3 Violazione di legge in ordine all’applicazione della recidiva, poiché la Corte ha applicato l’aumento previsto ex art. 99 cod.pen. sulla scorta di un mero automatismo e sulla base di una motivazione apparente.
9.4 Vizio di motivazione in ordine alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche.
9.5 Con successivo ricorso il difensore di COGNOME NOME deduce :
Vizio di motivazione e violazione di legge in ordine all’affermata sussistenza della recidiva poiché la Corte ha al riguardo formulato una motivazione meramente apparente, nonostante le specifiche doglianze articolate con i motivi di appello .
Osserva, inoltre, il ricorrente che dal casellario giudiziale in atti emerge che all’epoca della consumazione dell’illecito oggetto del presente giudizio COGNOME risultava gravato da un’unica precedente condanna per un fatto commesso nel lontano 2001 e giudicato nel 2004, che non assume rilevanza rispetto ai fatti oggetto dell’odierno giudizio, poiché consumato oltre 5 anni prima.
Ne consegue l’esclusione della recidiva reiterata e l’annullamento della sentenza per essere decorsi i termini di prescrizione dei reati ascritti al COGNOME.
10.NOME condannato per il reato contestato al capo H, deduce:
10.1 violazione di legge per motivazione mancante carente e meramente apparente e manifesta illogicità della motivazione poiché per affermare la consumazione del reato ascritto al ricorrente la Corte di merito ricorre ad un giudizio ipotetico, ponendosi in radicale contrasto con il canone dell’oltre ogni ragionevole dubbio.
Sebbene con il gravame fosse stato dedotto che la sentenza di primo grado si era limitata ad osservare che dalle conversazioni indicate alle pagine 17 e 20 del
provvedimento emergeva inequivocabilmente che lo stesso riceveva e acquistava supporti in bianco di provenienza furtiva, senza argomentare sul punto, la Corte d’appello non si è confrontata con le articolate deduzioni devolute alla sua cognizione e ha ritenuto fondato il giudizio di responsabilità, senza verificare le censure difensive e confutare le ipotesi alternative apprezzabili in quanto probabili alla stessa stregua.
10.2 Violazione di legge per motivazione mancante o apparente in merito al mancato riconoscimento dell’attenuante prevista dal quarto comma dell’articolo 648 cod.pen., che la Corte ha escluso sulla scorta di una mera presunzione relativa al numero dei biglietti pretesamente rivenduti, formulando motivazioni apodittiche e affette da pregiudizio, poiché non è mai stato individuato il numero di tagliandi in possesso del ricorrente. Inoltre la Corte non valuta in alcun modo le concrete modalità con cui si è realizzata la condotta ascritta al ricorrente e valorizza l’entità del giro di affari mentre avrebbe dovuto formulare un giudizio nei confronti dell’imputato. Osserva infine il ricorrente che aveva richiesto il riconoscimento della causa di non punibilità prevista dall’art. 131 bis codice penale e anche sotto questo profilo la Corte non ha reso alcuna motivazione.
10.3 Violazione di legge e motivazione apparente in ordine alla riconosciuta recidiva, poiché la Corte ha applicato l’aumento previsto in virtù di un mero automatismo limitandosi a rilevare l’esistenza di precedenti condanne e a ritenere sussistente un’accresciuta pericolosità del ricorrente sulla scorta dei contatti col sodalizio criminoso. Si tratta di motivazione apodittica considerato che COGNOME ha intrattenuto rapporti con uno solo dei coimputati e non ha tenuto conto della assoluta occasionalità di questi contatti.
Con memoria trasmessa fuori udienza, il difensore della parte civile Comune di Napoli ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità dei ricorsi e la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.1 ricorsi sono tutti inammissibili perché tendono a reiterare le censure già formulate con l’atto e di appello e ad invocare una diversa valutazione in punto di fatto e non si confrontano con le considerazioni formulate dalla Corte di merito, che ha reso motivazione esaustiva e rispettosa dei principi affermati in tema dalla giurisprudenza di legittimità.
COGNOME NOMECOGNOME e COGNOME hanno proposto censure perlopiù analoghe in ordine alla sussistenza del sodalizio e alla partecipazione al reato associativo, sicchè è opportuno trattare la questione congiuntamente in questa parte generale.
E’ noto che ai fini della configurabilità del delitto di associazione per delinquere, è necessaria la predisposizione di un’organizzazione strutturale, sia pure minima, di uomini e mezzi, funzionale alla realizzazione di una serie indeterminata di delitti, nella consapevolezza, da parte di singoli associati, di far parte di un sodalizio durevole e di essere disponibili ad operare nel tempo per l’attuazione del programma criminoso comune. (Sez. 2, Sentenza n. 20451 del 03/04/2013 Ud. (dep. 13/05/2013 ) Rv. 256054 – 01), non essendo di ostacolo alla configurabilità del reato la diversità o la contrapposizione degli scopi personali perseguiti dai componenti, i quali rilevano esclusivamente come motivi a delinquere. (Sez. 3 , n. 2039 del 02/02/2018 (dep. 2019 ) Rv. 274816 – 02)
L’elemento aggiuntivo e distintivo del reato associativo rispetto alla contigua fattispecie del concorso di persone nel reato continuato è stato correttamente ravvisato nel carattere dell’accordo criminoso che contempla la commissione di una serie non previamente determinata di delitti, con permanenza del vincolo associativo tra i partecipanti che, anche al di fuori dell’effettiva commissione dei singoli reati programmati, assicura la propria disponibilità duratura e indefinita nel tempo al perseguimento del programma criminoso proprio del sodalizio (in tal senso sez. 5, n. 42635 del 4.10.2004, Rv. 229906).
Questa Corte ha inoltre avuto modo di rilevare (Sez. 2 ,. n. 22906 del 08/03/2023 , Rv. 284724 – 01) che le condotte di partecipazione e promozione dell’associazione per delinquere, che presentano i requisiti della stabilità del vincolo associativo e dell’indeterminatezza del programma criminoso, possono essere provate anche attraverso la valutazione dei reati scopo, ove indicativi di un’organizzazione stabile e autonoma, nonché di una capacità progettuale che si aggiunge e persiste oltre la consumazione dei medesimi.
Le due sentenze di merito, che si integrano reciprocamente, hanno esposto in modo esaustivo e conforme ai principi sin qui esposti gli elementi che comprovano la sussistenza del sodalizio e la partecipazione allo stesso degli imputati COGNOME, COGNOME, NOME, dei fratelli COGNOME, di COGNOME e COGNOME detto COGNOME.
L’esistenza della consorteria criminosa non è esclusa per il fatto che la stessa sia imperniata per lo più intorno a componenti della stessa famiglia o tra soggetti legati da rapporti di affinità, atteso che, al contrario, i vincoli parentali o coniugal sommandosi al vincolo associativo, rendono quest’ultimo ancora più pericoloso (Sez. 3, Sentenza n. 48568 del 25/02/2016, Rv. 268184).
In particolare il Tribunale ha riportato numerosi passaggi delle conversazioni intercettate tra gli imputati, da cui emergono i rapporti continui tra i predetti che, consapevoli di potere contare sull’apporto di ciascuno, usano un linguaggio quasi criptico, che presuppone la reciproca comprensione in ordine all’oggetto della conversazione e manifestano la piena consapevolezza di perseguire un interesse
comune GLYPH e di essere legati da un vincolo di affidamento stabile sull’apporto di ciascuno, a prescindere da gerarchie interne o condivisione dei profitti.
Secondo la giurisprudenza di legittimità, in tema di associazione per delinquere, la esplicita manifestazione di una volontà associativa non è necessaria per la costituzione del sodalizio, potendo la consapevolezza dell’associato essere provata attraverso comportamenti significativi che si concretino in una attiva e stabile partecipazione (Sez. 2, n. n. 28868 del 02/07/2020, COGNOME, Rv. 279589; Sez. 3, n. 20921 del 14/03/2013, Conte, Rv. 255776).
In conclusione l’ipotesi ricostruttiva contenuta nella sentenza pronunciata in grado di appello, conforme a quella già ritenuta plausibile in primo grado, è sorretta da un congruo discorso giustificativo che, conseguentemente, risulta sottratto al controllo di legittimità.
Ed infatti, è inammissibile il ricorso per cassazione che, offrendo al giudice di legittimità frammenti probatori o indiziari, solleciti quest’ultimo ad una rivalutazione o ad una diretta interpretazione degli stessi, anziché al controllo sulle modalità con le quali tali elementi sono stati raccolti e sulla coerenza logica della interpretazione che ne è stata fornita (Sez. 5, Sentenza n. 34149 del 11/06/2019, Rv. 276566).
Con riferimento alle varie posizioni processuali, la Corte di appello di Roma ha dato adeguata contezza del coinvolgimento dei singoli imputati, del loro intento di realizzare lo scopo criminale per cui l’associazione era stata costituita (alimentandone l’operatività) e, d’altro lato, del conseguimento di profitti illecit Nella motivazione della sentenza impugnata sono ben descritti i ruoli svolti dagli imputati e i singoli episodi criminosi, documentati anche da intercettazioni di univoco significato e non altrimenti interpretabili.
La Corte di appello ha dichiarato estinti per intervenuta prescrizione i reati contestati a COGNOME, COGNOME e COGNOME, tra cui anche il reato associativo e ha risposto alle analoghe censure sollevate dagli appellanti in modo cumulativo a pagina 11 della sentenza, evidenziando che per un lasso di tempo di circa sei mesi, durante il quale sono state effettuate le intercettazioni, sono state registrate numerosissime conversazioni tra i fratelli COGNOME, COGNOME e COGNOME che avevano ad oggetto l’acquisto in comune presso terzi di biglietti in bianco, poi destinati all’abusiva compilazione da parte dello stampatore, COGNOME Pasquale; sussisteva uno stabile accordo tra i singoli acquirenti dei biglietti, che avevano contatti regolari sia tra loro che con i fornitori, tra cui NOME COGNOME e NOME COGNOME, sia con i rivenditori; in particolare ha individuato COGNOME NOME e NOME Luigi come coloro che cercavano i biglietti in bianco da acquistare e poi li rivendevano su strada, anche avvalendosi dei familiari; COGNOME come il soggetto che proponeva l’acquisto dei biglietti raccordandosi con i fornitori che li avevano sottratti; COGNOME era il tipografo stampatore; COGNOME intratteneva contatti con i sodali e coordinava le varie attività come specificamente esposto a pag. 13.
2.NOME
L’unico motivo di ricorso, relativo al diniego delle circostanze attenuanti generiche, è manifestamente infondato poiché la Corte di merito ha reso corretta ed esaustiva motivazione, osservando a pagina 27 della sentenza impugnata che l’imputato è gravato non soltanto da condanne passate in giudicato prima della commissione dei reati per cui è giudizio, ma anche da condanne successive; ne desume correttamente e nel rispetto dei criteri di cui aWart.133 cod.pen. la pervicacia nell’illecito dell’imputato, che esclude quindi la sua meritevolezza di un giudizio di particolare indulgenza.
3.NOME COGNOME
3.1La prima censura è del tutto aspecifica in merito al diniego delle attenuanti generiche poiché neppure espone le ragioni a sostegno dell’impugnazione limitandosi a richiamarle nel titolo introduttivo; è generica in ordine al riconoscimento della recidiva, in quanto a pagina 28 la Corte evidenzia che l’imputato risulta gravato da 5 precedenti condanne per fatti commessi tra il 2001 e il 2004 e la censura formulata con il ricorso non si confronta con questa motivazione, se non in modo aspecifico.
E’ onere della difesa, che contesta il riconoscimento dell’aggravante della recidiva, rilevare ed indicare con precisione quali condanne passate in giudicato non producano effetti penali a detti fini.
Per le medesime ragioni si palesa generica la censura in merito alle attenuanti generiche che non considera gli elementi valorizzati in sentenza .
3.2 Anche la seconda censura è aspecifica, in quanto non espone le ragioni dell’illegittimità della motivazione, né esplicita in cosa consista la sua illogicità. L censura in realtà è reiterativa del motivo di appello e non supera il vaglio di ammissibilità.
4.AMIRANTE
4.1 La prima censura in ordine alla partecipazione dell’Amirante al reato associativo invoca in sostanza una ricostruzione alternativa del compendio probatorio, introducendo una critica al contenuto della prova che non supera il vaglio di ammissibilità. Sul punto vanno richiamate le considerazioni svolte nella al paragrafo 1.1 Gli argomenti a sostegno del ricorso risultano reiterativi dei motivi di appello e ripropongono temi già affrontati dalla Corte, con motivazione che risulta immune dai vizi dedotti.
Il ricorrente critica la motivazione dei giudici di merito osservando che non vi sono ragioni logiche per affermare che i tagliandi, oggetto delle conversazioni tra
COGNOME e gli altri interlocutori, fossero da ritenersi provento di furto o di attivi illecita; che non vi è prova che alle conversazioni captate abbia fatto seguito l’effettiva consegna dei tagliandi; che gli accordi intercorsi di volta in volt sottendessero un vincolo stabile ed un programma indeterminato, piuttosto che esaurirsi nella realizzazione dei distinti reciproci scopi, perseguiti dall’COGNOME con ciascuno dei suoi interlocutori. Ma dalla lettura delle diverse conversazioni emerge con evidenza che le trattative avevano ad oggetto l’acquisto di biglietti “in bianco” da compilare falsificandoli, e non residuano dubbi sulla natura illecita di questi beni; la frequenza dei contatti e le quantità ingenti di biglietti acquisitati e fatti falsifi confermano la persistenza di un vincolo stabile tra gli interlocutori e la consapevolezza da parte di ciascuno di avvalersi di un’organizzazione stabile e di contribuire all’attività di un sodalizio fondato su un accordo che permane al di là della singola contrattazione e che conferma l’affectio societatis , tanto che molti dei correi si definiscono “soci”. La diversità dei ruoli assunti nell’ambito dell’organizzazione non esclude ma conferma l’esistenza di un accordo stabile in cui i diversi sodali svolgevano funzioni prestabilite e coordinate tra loro, per perseguire l’obiettivo illecito comune.
D’altronde non può negarsi che l’attività illecita prevedeva diverse fasi, dal reperimento dei biglietti, alla compilazione e alla vendita, che necessariamente presupponevano un coordinamento trai vari soggetti preposti i quali sapevano di potere fare affidamento sull’apporto degli altri, senza di volta in volta dover concordare e coordinare le varie attività. Le trattative sul prezzo di alcune forniture non sono incompatibili con l’accordo stabile tra le parti, che riguarda la realizzazione coordinata di un’attività illecita, concordata nel reciproco interesse.
4.2 La Corte offre adeguata motivazione anche in ordine alla responsabilità dell’imputato per i reati di ricettazione contestatigli, a pagina 13 della sentenza richiamando il tenore delle conversazioni registrate il 3 gennaio 2011 e intercorse con NOME COGNOME per prendere accordi sull’organizzazione delle modalità di vendita dei biglietti in loro possesso per l’incontro di calcio da disputarsi il 9 gennaio 2011; poco dopo lo stesso NOME contattava COGNOME informandolo dell’acquisto di 200 biglietti dal COGNOME e gli forniva indicazioni sul numero di biglietti da compilare.
La conversazione del 5 Febbraio 2011 invece intercorre con NOME COGNOME con cui NOME prendeva accordi per ritirare i biglietti già acquistati.
Va comunque ribadito che, ai fini della consumazione del delitto di ricettazione non è necessario che all’acquisto, perfezionatosi in virtù dell’intervenuto accordo tra le parti, segua materialmente la consegna della ‘res’, come si desume dall’interpretazione letterale dell’art. 648 c.p. che distingue l’ipotesi dell’acquisto da quella della ricezione (Sez. 4, n. 14424 del 02/02/2012 Rv. 253302 – 01), sicchè
correttamente la Corte di merito ha escluso le censure formulate al riguardo e la derubricazione in tentativo delle condotte ascritte. Peraltro, anche l’argomento logico valorizzato dalla sentenza circa l’assenza di conversazioni intercettate da cui emerga che alla trattativa non avesse fatto seguito la materiale consegna dei biglietti acquistati, non ha natura congetturale e risulta logicamente ineccepibile e congruo rispetto alle emergenze processuali.
4.3 La terza censura in ordine all’attenuante del fatto di particolare tenuità è manifestamente infondata poiché proprio le modalità della condotta svolta in maniera organizzata, l’entità ingente dei biglietti acquistati di volta in volta e de profitti che l’imputato ha ottenuto, escludono che la vicenda possa essere fatta rientrare nell’ambito della lieve tenuità del fatto.
5.COGNOME condannato per il delitto di ricettazione di biglietti ( capo E) e di borse contraffatte ( capo cc) e di scope elettriche e di robot da cucina marca Bimby 5.1 La prima censura è generica e manifestamente infondata.
COGNOME è stato ritenuto responsabile sia della ricettazione di biglietti in bianco da compilare e falsificare, sia della ricettazione di beni di diversa natura, tra cui anche elettrodomestici di una nota casa di produzione, di provenienza furtiva.
La prova della responsabilità del COGNOME in ordine alla ricettazione dei biglietti è esposta a pagina 20 della sentenza: in particolare si evince che questi contratta con NOME COGNOME l’acquisto di un consistente quantitativo di biglietti in favore e nell’interesse di NOME COGNOME e chiede che COGNOME pratichi un buon prezzo.
Quanto alle altre condotte di ricettazione contestategli, la sentenza a pagina 22 afferma che COGNOME dalle conversazioni mostrava essere in possesso di numerosi elettrodomestici di note e costose case produttrici, che vendeva a prezzi di gran lunga inferiore a quelli di mercato, senza essere uno dei rivenditori autorizzati, e ne desume la prova della provenienza illecita di detti beni, nonostante gli stessi non siano stati oggetto di valutazione obiettiva.
Giova ricordare che ai fini della configurabilità del delitto di ricettazione, l mancata giustificazione del possesso di una cosa proveniente da delitto costituisce prova della conoscenza della illecita provenienza. (Sez. 2, n. 52271 del 10/11/2016 Rv. 268643 – 01).
La Corte ha reso al riguardo una motivazione immune dai vizi dedotti in quanto si basa su una interpretazione complessiva dei dati processuali, alla stregua dei corretti criteri di inferenza logica della prova indiziaria, considerato che COGNOME risulta avere la disponibilità di beni di natura diversa, non essendo un commerciante.
L’ipotesi che l’imputato fosse in possesso di beni usati, e che per questa ragione vendesse a prezzi inferiori a quelli di mercato, integra una mera allegazione
della difesa, tardivamente formulata, in quanto non è stata dedotta neppure con l’appello; né tale diversa ricostruzione della vicenda ha trovato un qualche appiglio in dati probatori o anche solo nelle dichiarazioni dell’imputato, rimanendo pertanto allo stato di mera congettura, che, postulando una diversa ricostruzione in punto di fatto, avrebbe dovuto essere oggetto del sindacato di merito e non può essere dedotta per la prima volta in sede di legittimità.
5.2 La seconda censura è manifestamente infondata poiché, a pagina 22 della sentenza, la Corte di merito respinge la richiesta delle attenuanti generiche, sia in relazione alla non modesta entità offensiva dei fatti, considerato che l’imputato era bene inserito in ambienti criminali dediti alla commercializzazione di beni di illecita provenienza, ma anche in relazione alle numerose condanne per ricettazione e furto dallo stesso riportate anche in epoca successiva ai fatti per cui è giudizio, che attestano la sua elevata propensione a delinquere e non solo integrano pienamente i presupposti per riconoscere l’aggravante della recidiva, ma concorrono a giustificare il diniego di un giudizio di maggiore indulgenza.
Anche le censure in ordine al trattamento sanzionatorio sono inammissibili poiché, secondo consolidata giurisprudenza di questa Corte, la determinazione della misura della pena tra il minimo e il massimo edittale rientra nell’ampio potere discrezionale del giudice di merito, che assolve il proprio compito anche laddove abbia richiamato globalmente con sintetica motivazione gli elementi indicati dall’articolo 133 cod.pen., specie quando la pena risulti determinata in una fascia medio bassa rispetto alla forbice edittale.
6. MENDOZZI.
6.1 Le censure formulate in ordine al reato associativo sono generiche e non si confrontano specificamente con la motivazione resa dalla Corte che alle pagine 24 e 25 della sentenza impugnata le ha respinte con argomenti conformi ai principi più volte ribaditi in materia dalla giurisprudenza di legittimità. Sul punto si rimanda a quanto esposto nella parte generale.
In particolare la Corte ha reso congrua motivazione in ordine alla partecipazione dell’imputato al sodalizio per cui è giudizio, osservando che costui è cognato di NOME COGNOME ed è in stabile contatto con quest’ultimo e con NOMECOGNOME ha la disponibilità di ingenti quantitativi di biglietti di provenienza illeci in ordine ai quali fornisce indicazioni al tipografo COGNOME; il suo ruolo nell’ambito del sodalizio assume centrale rilevanza, in quanto costituisce il raccordo tra i fornitori e il tipografo.
6.2 La seconda censura non è consentita e risulta comunque manifestamente infondata.
Deve osservarsi che la prospettazione della partecipazione del COGNOME al reato presupposto dell’art.648 cod.pen. non è mai stata formulata con i motivi di appello e non può esserlo in questa sede, trattandosi di una censura che comporta valutazioni in punto di fatto.
La Corte ha spiegato che il Tribunale ha ritenuto assorbite nell’unico reato contestato al capo O le distinte condotte di ricettazione contestate ai capi Q, I, mm, ss , desumibili da diverse conversazioni intercettate in date diverse e relative a diversi eventi, per le quali si sarebbe potuti pervenire ad un’autonoma pronunzia di condanna; ha reso adeguata motivazione in ordine alle diverse condotte originariamente contestate, osservando che l’imputato risultava dalle conversazioni intercettate essere in possesso di ingenti quantità di biglietti di provenienza illecita e che solo nella conversazione del 4 Marzo 2011 emerge che tali biglietti erano destinati alla successiva contraffazione, mentre nelle altre si evince che l’imputato è in possesso di biglietti già falsamente compilati, da rivendere.
6.3 Il motivo nuovo che deduce la intervenuta estinzione del reato per la prescrizione è manifestamente infondato poiché, in forza della recidiva reiterata specifica infraquinquennale riconosciuta dal Tribunale a carico del ricorrente e delle sospensioni del decorso della prescrizione intervenute nel corso del giudizio, all’epoca della sentenza di appello il termine di prescrizione del reato non era ancora maturato.
L’inammissibilità dei motivi di ricorso preclude la rilevanza di eventuali cause estintive, che possano essere maturate dopo la pronunzia della sentenza di appello.
7. COGNOME E COGNOME
7.1 II primo motivo dei ricorsi non è consentito ed è manifestamente infondato.
Dalla lettura della sentenza e dell’atto di appello emerge che la specifica censura in ordine alla qualificazione giuridica della condotta ascritta non è stata oggetto di gravame e non può essere dedotta in questa sede, implicando valutazioni in punto di fatto.
Va, comunque, rilevato che la censura è manifestamente infondata in quanto secondo consolidata giurisprudenza integra il delitto di furto (art. 624 cod. pen.) e non quello di appropriazione indebita (art. 646 cod. pen.) – la condotta del dipendente di un vettore che si impossessi della cosa mobile affidatagli per il trasporto, in quanto, pur detenendola materialmente “nomine alieno”, non ha alcuna disponibilità autonoma della cosa stessa. (Sez. 5, n. 31993 del 05/03/2018, Rv. 273639 – 01)
7.2 La seconda censura è generica e manifestamente infondata.
E’ stato precisato che ai fini del riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 62, primo comma, n. 4), cod. pen., il momento da prendere in considerazione per la determinazione dell’entità del danno è quello della
consumazione del reato, posto che il danno non può divenire di speciale tenuità in conseguenza di eventi successivi. (Sez. U, n. 42124 del 27/06/2024, COGNOME Rv. 287095 – 03)
A pagina 36 della sentenza impugnata la Corte ha correttamente valorizzato il numero e il valore non contenuto dei biglietti trafugati che venivano ceduti dai Formentini per un importo non inferiore a 5 € ciascuno (350 e 232 biglietti) e gli effetti pregiudizievoli del furto, sia per gli utenti, sia per i gestori delle competizi sportive, ne deriva che la Corte di merito ha correttamente negato il riconoscimento dell’invocata attenuante .
8.PICON E
8.1 La prima censura formulata con il ricorso è generica poiché reitera il motivo formulato con l’appello e non si confronta in alcun modo con la specifica motivazione resa a pagina 41 della sentenza impugnata, in cui si fa riferimento al contenuto di una conversazione telefonica nel corso della quale, alla richiesta dell’COGNOME di acquistare 100 biglietti per un incontro calcistico, l’imputato rispose di avere soltanto una rimanenza, così implicitamente confermando di avere avuto la disponibilità di altri biglietti della medesima natura.
8.2 Anche la recidiva è stata oggetto di adeguata motivazione, poiché la Corte ha spiegato che l’imputato ha riportato due precedenti condanne, una delle quali per una violazione di natura omogenea, e dalle intercettazioni risulta svolgere stabile attività di smercio di biglietti di provenienza furtiva, il che è st correttamente ritenuta espressione della sua maggiore pericolosità.
9.FRAIA
9.1 La prima censura è reiterativa e manifestamente infondata poiché la Corte a pagina 37 della sentenza impugnata ha osservato che le conversazioni dimostrano l’accordo raggiunto in ordine all’acquisto dei biglietti tra NOME e COGNOME NOME ; COGNOME non solo confermava l’accordo, ma rassicurava NOME sul fatto che gli avrebbe portato biglietti in bianco e non già compilati. La Corte poi facendo corretta applicazione della giurisprudenza di legittimità ha affermato che la prova dell’accordo è sufficiente ai fini del perfezionamento della fattispecie contestata, non essendo necessaria la prova della materiale traditio dei beni. La seconda censura è manifestamente infondata.
9.2 La seconda censura è generica in quanto reitera il motivo di appello cui la Corte aveva fornito corretta risposta a pag. 37, evidenziando che a dispetto del prezzo di vendita dei biglietti oggetto della contrattazione, l’episodio mantiene comunque una rilevanza offensiva significativa ed apprezzabile in termini di alterazione del mercato e dimostra anche che l’imputato conosceva i due principali esponenti del sodalizio e le loro modalità operative. Peraltro l’aver acquistato 25
biglietti dimostra che, evidentemente, NOME voleva rivenderli e immetterli sul mercato per conseguire un profitto ingiusto di entità sicuramente superiore all’importo speso per l’acquisto.
9.3 Il terzo motivo di ricorso è manifestamente infondato in quanto la Corte di merito, a pagina 38 della sentenza, risponde facendo corretta applicazione dei principi fissati in tema dalla giurisprudenza di legittimità, rilevando come la omogeneità delle violazioni e le modalità dei fatti indicative della continuità del prevenuto con un sodalizio criminoso inducono a ritenere che siano espressivi di una sua accresciuta pericolosità.
9.4 La quarta censura è generica e manifestamente infondata .
Le attenuanti generiche sono state invocate tramite un mero richiamo all’art. 62 bis cod.pen. contenuto nell’appello, privo del supporto di una qualche argomentazione. La Corte non aveva l’onere motivazionale di rispondere esplicitamente a detta aspecifica censura, che può ritenersi implicitamente respinta laddove ha ritenuto meritevole di conferma la sentenza appellata ed ha esposto le ragioni per cui non ricorrono i presupposti dell’attenuante di cui all’articolo 648 comma 4 cod.pen. .
Va poi osservato che neppure il ricorso allega un qualsivoglia elemento in ragione del quale l’imputato risulterebbe meritevole delle circostanze attenuanti generiche invocate, a riprova dell’estrema genericità della censura che non supera il vaglio di ammissibilità.
Non può ritenersi sufficiente rilevare la mancanza di motivazione in merito ad un beneficio invocato sic et simpliciter con il gravame, ma occorre anche dedurre che la Corte ha omesso di valutare circostanze di fatto ed elementi che, in astratto, avrebbero meritato una qualche considerazione da parte dei giudici di merito e che, ove valutate, avrebbero potuto giustificare il beneficio negato.
9.5 Il motivo proposto con il secondo ricorso è generico.
Occorre preliminarmente rilevare che la recidiva riconosciuta a carico dell’imputato è soltanto la recidiva specifica, sicché anche un solo addebito di ricettazione nel 2001, come ammette lo stesso ricorrente, potrebbe essere sufficiente ad integrare l’aggravante in parola, considerato che i fatti per cui è giudizio sano stati consumati nel dicembre 2010 e nel febbraio 2011.
Ma dall’esame del certificato penale emerge anche un altro precedente per ricettazione, divenuto definitivo nell’aprile 2019, in ordine al quale il condannato è stato ammesso all’affidamento in prova, il cui esito non è noto.
La prospettazione del motivo di appello era, peraltro, generica poiché si limitava ad invocare l’esclusione della recidiva, osservando che si trattava di fatti disomogenei rispetto a quelli oggetto dell’imputazione e commessi in epoca risalente, presupposti smentiti entrambi dall’esame degli atti.
La difesa con il ricorso ha dedotto che il primo precedente avrebbe estinto i suoi effetti penali alla scadenza dei 5 anni, ma tale prospettazione è manifestamente infondata poiché nei cinque anni successivi al passaggio in giudicato della sentenza che ha concesso il beneficio ex art. 163 cod.pen. l’imputato ha commesso il secondo delitto avente analoga natura.
10.MONNOLO
10.1 D primo motivo non è consentito poiché non deduce vizi della motivazione o violazioni di legge, ma si limita ad invocare genericamente possibili ricostruzioni alternative delle emergenze processuali, altrettanto plausibili, a giudizio del ricorrente, rispetto all’interpretazione offerta dalle sentenze, così invocando una rivalutazione nel merito che, non avendo come presupposto la manifesta illogicità della motivazione, esula dalle competenze di questa Corte
10.2 La seconda censura è manifestamente infondata.
La Corte ha reso adeguata motivazione evidenziando le modalità del fatto, e in particolare l’entità del giro di affari e la destinazione dei biglietti contraffazione e alla successiva commercializzazione, e la personalità allarmante dell’imputato, che inducono ad escludere le attenuanti generiche e l’attenuante prevista dall’art. 648 comma 4 cod.pen., non potendosi individuare ragioni per sostenere un giudizio di maggiore indulgenza e per qualificare la condotta come di infima rilevanza
Il motivo in ordine all’omessa motivazione sul diniego della causa di non punibilità ex art. 131 bis cod.pen. è manifestamente infondato poiché dall’esame dei due atti di appello proposti nell’interesse del COGNOME emerge che non è stata avanzata alcuna richiesta in ordine a detto istituto, sicchè la Corte di appello non aveva alcun onere motivazionale al riguardo, non essendo stato il punto devoluto alla sua cognizione.
11.L’inammissibilità dei ricorsi comporta la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che si ritiene congruo liquidare nella misura di 3.000 C ciascuno virgola in ragione e proporzione del grado di colpa nella proposizione della impugnazione .
Nulla viene liquidato in favore della parte civile Comune di Napoli in quanto nel giudizio di cassazione con trattazione orale non va disposta la condanna dell’imputato al rimborso delle spese processuali in favore della parte civile che non sia intervenuta nella discussione in pubblica udienza, ma si sia limitata a formulare la richiesta di condanna mediante il deposito di una memoria in cancelleria con
l’allegazione di nota spese. (Sez. U – , Sentenza n. 27727 del 14/12/2023 Ud. (dep. 11/07/2024 ) Rv. 286581 – 03 su rv 286581-03
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Nulla per le spese di parte civile Comune di Napoli.
Così deciso, il 12 dicembre 2024.