Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 3759 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 3759 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME, nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 05/09/2023 del Tribunale di Roma visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, la quale ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 05/09/2023, il Tribunale di Roma, giudicando in sede di rinvio dopo l’annullamento dell’ordinanza del 11/04/2023 dello stesso Tribunale operato con la sentenza n. 33781 del 13/07/2023 della Sesta sezione penale della Corte di cassazione, rigettava la richiesta di riesame che era stata proposta da COGNOME COGNOME contro l’ordinanza del 19/01/2023 del G.i.p. del Tribunale di Roma che aveva disposto, nei confronti dello stesso COGNOME, la misura della custodia cautelare in carcere in quanto gravemente indiziato del reato di partecipazione a un’associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti (capo 1 dell’imputazione provvisoria), oltre che di numerosi reati di cessione illecita delle stesse sostanze (capi da 39 a 57 dell’imputazione provvisoria, a eccezione dei capi
46 e 47 della stessa imputazione), confermando la suddetta ordinanza del 19/01/2023.
Avverso l’indicata ordinanza del 05/09/2023 del Tribunale di Roma, ha proposto ricorso per cassazione COGNOME, affidato a un unico motivo, con il quale deduce, in relazione all’art. 606, comma 1, lett. b), c) ed e), cod. proc. pen., con riferimento agli artt. 125, 192, commi 3 e 4, 273 e 627 dello stesso codice, la violazione di legge e il vizio della motivazione con riguardo alla ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza del reato di partecipazione a un’associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti di cui al capo dell’imputazione provvisoria.
Dopo avere esposto il contenuto della memoria che aveva depositato nel corso dell’udienza del 05/09/2023 e dei relativi motivi di riesame, il ricorrente lamenta il carattere «fragile e illogico» della motivazione dell’ordinanza impugnata in quanto: a) il carattere continuativo della sua attività di spaccio di sostanza stupefacente non potrebbe costituire un elemento sufficiente per ritenere la sussistenza di un permanente vincolo associativo, anche alla luce delle circostanze – che erano state evidenziate nella menzionata memoria – che le indagini avevano consentito di accertare cinque acquisti di sostanza stupefacente da parte del presunto vertice della cellula romana dell’associazione RAGIONE_SOCIALE (detta NOME), la quale si era rivolta a diversi fornitori, e che gli ulteriori episodi di spa che gli erano stati attribuiti, nella veste di presunto referente della cellula di RAGIONE_SOCIALE dell’associazione, erano stati realizzati quasi sempre in forma monosoggettiva; b) l’ordinanza impugnata non si sarebbe adeguatamente confrontata con la specifica censura relativa alla mancanza di prova che l’accordo tra NOME COGNOME e NOME COGNOME (detto il Greco) – che era emerso dalla intercettata chat tra i due del 02/12/2021 – di riconoscere a NOME COGNOME (detta COGNOME), presunta domina dell’organizzazione, una percentuale sulla fornitura di stupefacente proveniente dalla Grecia avesse avuto effettivamente seguito, tenuto anche conto del fatto che, con riguardo a tutti e cinque i menzionati cinque acquisti di droga, non risultavano conversazioni ascrivibili a NOME COGNOME; c) l’ordinanza impugnata non si sarebbe adeguatamente confrontata neppure con la specifica censura relativa all’assenza di contatti, durante l’intero periodo dell’indagine (dalla fine d novembre del 2021 ai primo giorni di febbraio del 2022), tra la stessa NOME COGNOME e i soggetti che avrebbero costituito la cellula romana dell’associazione, come pure tra il ricorrente e NOME, dovendosi ritenere «fragile» l’asserzione del Tribunale di Roma circa la possibilità che un’associazione per delinquere sia strutturata «per “compartimenti stagni”, nel senso che gli associati non si conoscano tutti e che il capo abbia contatti diretti soltanto con i soggetti posti alle sue dirette e immediate dipendenze», atteso che, se ciò può essere vero in linea Corte di Cassazione – copia non ufficiale
teorica, tuttavia, nel caso di specie, come era stato evidenziato nella più volte menzionata memoria, non era stato registrato alcun contatto tra NOME COGNOME e NOME COGNOME (detto “NOME di RAGIONE_SOCIALE“), asserito organizzatore della cellula pratese, e, soprattutto, alcun contatto tra NOME COGNOME e il suddetto NOME COGNOME (entrambi residenti a RAGIONE_SOCIALEo), il quale della COGNOME sarebbe stato il referente; d) l’argomentazione dell’ordinanza impugnata secondo cui «i traffici illeciti sono condotti dal ricorrente sempre sotto la direzione di NOME» sarebbe illogica e «carente», alla luce del dato, anch’esso evidenziato nella propria memoria, che egli concorreva con NOME (detta NOME) soltanto per due ipotesi di “spaccio”.
CONSIDERATO IN DIRITTO
L’unico motivo è manifestamente infondato.
Occorre preliminarmente rammentare che le Sezioni Unite di questa Corte hanno da tempo chiarito che, in tema di misure cautelari personali, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte suprema spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Sez. U., n. 11 del 22/03/2000, Audino, Rv. 21582801).
Tale orientamento, dal quale il Collegio non ha ragione di discostarsi e al quale intende, perciò, dare continuità, è stato ribadito anche in pronunce più recenti di questa Corte (tra le altre: Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, COGNOME, Rv. 25546001; Sez. 4, n. 22500 del 03/05/2007, COGNOME, Rv. 237012-01).
Da ciò consegue che «’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 cod. proc. pen. e delle esigenze cautelari di cui all’art. 274 stesso codice è rilevabile in cassazione soltanto se si traduce nella violazione di specifiche norme di legge od in mancanza o manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato. (In motivazione, la S.C. ha chiarito che il controllo di legittimità non concerne né la ricostruzione dei fatti, né l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e concludenza dei dati probatori, onde sono inammissibili quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito)» (tra le altre: Sez. F, n. 47748 del 11/08/2014, COGNOME, Rv. 261400-01).
3. Rammentati tali principi, il Collegio reputa che il Tribunale di Roma abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato con riguardo sia all’esistenza della contestata associazione criminosa sia alla partecipazione alla stessa da parte dello COGNOME, motivando, in modo, come si è detto, adeguato, in ordine alle fonti probatorie che consentivano di ritenere riscontrato il nucleo essenziale delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia NOME COGNOME, il quale aveva riferito dell’esistenza di una strutturata e ramificata organizzazione, che durava da tempo, costituita e composta da cinesi e operante a Roma e a RAGIONE_SOCIALEo, che si occupava del commercio in Italia della metamfetamina (cosiddetto shaboo) importata dall’estero, indicandone i principali esponenti, tra i quali NOME COGNOME (NOME) e COGNOME (NOME), la quale ultima operava a Roma, nonché, sommariamente, la ripartizione dei ruoli tra gli stessi esponenti.
Con riguardo all’esistenza dell’associazione, il Tribunale di Roma ha in particolare evidenziato come le indagini che erano state svolte a seguito delle dichiarazioni del menzionato collaboratore di giustizia (intercettazioni telefoniche e telematiche, servizi di osservazione controllo e pedinamento, perquisizioni e sequestri) avessero fatto emergere come: a) l’attività di “spaccio” della metamfetamina fosse non occasionale ma continuativa, senza determinazione di durata (come risultava dalle chat che erano state tratte dal telefono cellulare di NOME e dai colloqui della stessa con vari sodali, tra i quali NOME, alias NOME COGNOME, NOME COGNOME, detto “il Greco”, fornitore della droga); b) le modalità di reperimento dello stupefacente per la piazza di Roma erano collaudate e, anch’esse, continuative, giungendo la droga da RAGIONE_SOCIALEo (dove NOME inviava i propri corrieri a prelevarla) o direttamente dalla Grecia (tramite i grossisti NOME COGNOME e NOME COGNOME); c) sempre per la piazza di Roma, NOME COGNOME faceva pervenire lo shaboo anche alla RAGIONE_SOCIALE, ubicata in INDIRIZZO (come era stato riferito dal collaboratore di giustizia NOME COGNOME, così significativamente confermato nella sua attendibilità), servendosi, per il resto, di una serie di spacciatori; d) i ruoli fossero razionalmente ben ripartiti secondo un preciso e consolidato organigramma, a partire dal ruolo di vertice di NOME COGNOME (come emergeva dalla conversazione del 03/12/2021 tra NOME NOME e NOME COGNOME, nel corso della quale i due dialoganti mostravano di riconoscere a NOME una percentuale sui proventi incassati, a riprova dell’esistenza del sodalizio, oltre che del ruolo di vertice della stessa COGNOME, la quale avallava le forniture dello stupefacente dalla Grecia); e) quanto alla piazza di RAGIONE_SOCIALEo, era appunto NOME a essere informata dell’arrivo di nuove partite di
sostanza stupefacente, a decidere se un acquirente poteva riceverlo a credito, a dare le direttive allo COGNOME; f) quanto alla piazza di Roma, era NOME COGNOME a decidere in autonomia dove custodire lo stupefacente, a che prezzo venderlo e quali spacciatori al minuto assoldare e la stessa NOME COGNOME, quando i propri due corrieri COGNOME e COGNOME erano stati arrestati, aveva indicato alle loro famiglie il nome del legale dal quale farsi assistere e si era offerta di pagarne gli onorari; g) il collegamento tra le due “cellule” romana e pratese era confermato dal fatto che le iniziative delittuose dello COGNOME a RAGIONE_SOCIALEo per la fornitura dello stupefacente, così come alcune iniziative delittuose di NOME COGNOME a Roma erano note a NOME COGNOME ed erano da essa approvate, a conferma di una compagine organizzata, strutturata e con una ripartizione gerarchica dei ruoli.
Il Tribunale di Roma argomentava poi che il ruolo organico dello COGNOME all’interno della “cellula” di RAGIONE_SOCIALEo dell’associazione trovava conferma anche nell’ulteriore indice sintomatico costituito dalle plurime cessioni di sostanza stupefacente a lui attribuite di cui ai capi da 39) a 57) dell’imputazione provvisoria (con l’esclusione di quelle di cui ai capi 46 e 47 della stessa imputazione), le quali erano state compiute dallo COGNOME seguendo le direttive del capo dell’associazione NOME COGNOME, concordando previamente con essa i luoghi di consegna, le quantità e se cedere a credito o con sconti (in particolare, intercettazioni relative ai capi 42, 43, 44 e 48 dell’imputazione provvisoria), avvalendosi anche della moglie NOME (in particolare, intercettazione relativa al capo 48 dell’imputazione provvisoria) e di NOME COGNOME (in particolare, intercettazioni relative ai capi 56 e 57 dell’imputazione provvisoria) – entrambe organiche al sodalizio e in contatto anch’esse con NOME COGNOME – ed esercitando il proprio traffico anche assieme a NOME COGNOME, detto “NOME di RAGIONE_SOCIALEo” (intercettazioni relative ai capi 39 e 53 dell’imputazione provvisoria), con la conseguente riprova che l’attività di spaccio svolta dallo COGNOME era riconducibile al sodalizio che operava in RAGIONE_SOCIALEo e che era capeggiato da NOME COGNOME, come era stato ulteriormente comprovato dalla vicenda del 12/01/2022, in cui i Carabinieri avevano avuto modo di osservare direttamente una cessione di metamfetamina da parte dello COGNOME a una sua connazionale la quale, sentita a sommarie informazioni, aveva riferito di averlo acquistato prendendo previ accordi con una donna, da individuarsi, del tutto ragionevolmente, alla luce delle altre emergenze investigative, nella NOME Hu. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Tale motivazione della sussistenza di gravi indizi della contestata associazione criminosa e della partecipazione alla stessa da parte dello COGNOME risulta, oltre che rispettosa dell’art. 74 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, del tutto priva di illogicit tanto meno manifeste, e appare resistere agevolmente alle censure del ricorrente.
(R
Anzitutto, contrariamente a quanto lo stesso mostra di ritenere, il Tribunale di Roma non ha tratto i gravi indizi dell’esistenza dell’associazione esclusivamente dalla commissione di ripetuti reati di “spaccio” ma dal complesso di elementi che si sono appena evidenziati, i quali non risultano logicamente inficiati né dal fatto che RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE potesse essersi rivolta a diversi fornitori, stante il margine di autonomia, riconosciuto anche dal Tribunale di Roma, di cui tale capo della piazza romana godeva, né dal fatto che molti episodi di cessione di sostanza stupefacente erano stati contestati al ricorrente in forma monosoggettiva.
Parimenti non idonea a inficiare logicamente la motivazione dell’ordinanza impugnata è la censura del ricorrente relativa al difetto di prova che l’accordo tra NOME e NOME COGNOME di riconoscere al vertice dell’organizzazione NOME una percentuale sulla fornitura di stupefacente proveniente dalla Grecia avesse avuto effettivamente seguito, attesa l’evidente valenza dimostrativa che, ai fini della gravità indiziaria dell’esistenza del sodalizio criminoso, riveste il fatto stess del suddetto accordo e la mancata emersione di elementi che potessero indurre a dubitare della sua effettività e del suo effettivo rispetto.
Diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, il Tribunale di Roma ha dato conto dell’esistenza di rapporti tra il vertice dell’associazione NOME e NOME, a capo della “cellula” romana (pag. 13 dell’ordinanza impugnata), mentre si deve ritenere assolutamente non illogica la considerazione dello stesso Tribunale secondo cui, attesa l’autonomia operativa delle due articolazioni romana e pratese, si doveva ritenere di per sé non rilevante l’assenza di riscontrati contatti tra componenti dell’articolazione pratese, incluso lo COGNOME, e la RAGIONE_SOCIALE. Parimenti di per sé inidonea a disarticolare il ragionamento del Tribunale di Roma appare anche l’asserita assenza di contatti tra NOME e NOME.
Infine, come è stato adeguatamente argomentato dal Tribunale di Roma, il fatto che allo COGNOME fossero stati contestati solo due episodi di “spaccio” in concorso con NOME non esclude che lo stesso COGNOME operasse, in generale, sotto la direzione della stessa NOME COGNOME, come era emerso dalle già ricordate intercettazioni relative ai vari episodi di “spaccio”.
Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento, nonché, essendo ravvisabili profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle
ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma Iter, disp. att. cod. proc. pen. Così deciso il 19/12/2023.