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Associazione per delinquere: la prova in Cassazione

La Corte di Cassazione ha confermato un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per un soggetto accusato di far parte di un’associazione per delinquere dedita al traffico di stupefacenti. La Corte ha ritenuto inammissibile il ricorso, stabilendo che la valutazione del giudice di merito sui gravi indizi di colpevolezza era logica e ben motivata, basata su un complesso di elementi probatori che delineavano una struttura criminale organizzata e non su semplici episodi di spaccio.

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Pubblicato il 27 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Associazione per delinquere: come si provano i gravi indizi di colpevolezza?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 3759 del 2024, torna a pronunciarsi sui criteri di valutazione dei gravi indizi di colpevolezza necessari per l’applicazione di una misura cautelare in caso di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti. La pronuncia chiarisce che la prova non può basarsi solo sulla reiterazione di singoli reati, ma deve emergere da un quadro probatorio complesso che dimostri l’esistenza di una struttura organizzata e stabile.

I fatti del caso

Il caso trae origine da un’ordinanza del Tribunale di Roma che, in sede di rinvio, confermava la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di un soggetto. L’uomo era gravemente indiziato di far parte di un’associazione criminale dedita all’importazione e al commercio di metanfetamina, con basi operative a Roma e a Prato. L’indagine si era avvalsa delle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia, intercettazioni, servizi di osservazione e sequestri.

Il ricorrente, attraverso il suo difensore, contestava la solidità del quadro indiziario, sostenendo che gli elementi raccolti non provassero la sua partecipazione a un sodalizio stabile. In particolare, la difesa evidenziava che:
1. La semplice attività continuativa di spaccio non dimostra un vincolo associativo permanente.
2. Mancava la prova di contatti diretti tra il ricorrente, membro della cellula di Prato, e i vertici della cellula romana, così come tra alcuni membri della stessa cellula pratese.
3. L’accordo tra i vertici per la spartizione di profitti derivanti da una fornitura dalla Grecia non aveva avuto un seguito provato.

La decisione della Corte di Cassazione sulla prova dell’associazione per delinquere

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo la motivazione del Tribunale di Roma del tutto logica, coerente e giuridicamente corretta. I giudici di legittimità hanno ribadito un principio fondamentale: il loro compito non è quello di riesaminare nel merito le prove, ma di controllare la logicità e la correttezza giuridica del ragionamento seguito dal giudice che ha emesso il provvedimento impugnato.

Il Tribunale, secondo la Cassazione, aveva correttamente fondato la sua decisione su un complesso di elementi che, letti in modo unitario, delineavano chiaramente l’esistenza di un’associazione per delinquere strutturata e operativa, superando la mera somma di singoli episodi di spaccio.

Le motivazioni

La Corte ha smontato punto per punto le censure del ricorrente. Innanzitutto, ha chiarito che i gravi indizi non derivavano esclusivamente dalla commissione di ripetuti reati di spaccio, ma da un insieme ben più ampio di prove, tra cui:
* Una struttura organizzata: L’associazione era ramificata in due cellule (Roma e Prato) con un vertice comune che approvava le operazioni e ne traeva profitto.
* Ruoli definiti: Esisteva una chiara ripartizione dei compiti, con un capo-promotore, referenti locali (come il capo della cellula romana), fornitori, corrieri e spacciatori al minuto.
* Modalità operative stabili: Il reperimento dello stupefacente avveniva tramite canali collaudati (da Prato o direttamente dalla Grecia) e la distribuzione seguiva logiche predefinite.
* Struttura a “compartimenti stagni”: La Corte ha ritenuto del tutto logica l’argomentazione del Tribunale secondo cui l’assenza di contatti diretti tra tutti gli associati non esclude l’esistenza del sodalizio. Anzi, è tipico delle organizzazioni criminali strutturate che i membri di diverse cellule non si conoscano tra loro e che il vertice comunichi solo con i diretti subordinati. Questo serve a garantire la sicurezza dell’organizzazione.
* Prove convergenti: Le dichiarazioni del collaboratore di giustizia avevano trovato puntuale riscontro nelle intercettazioni telefoniche e telematiche, che provavano non solo le cessioni di droga, ma anche le direttive impartite dal vertice al ricorrente su quantità, prezzi e modalità di consegna.

Le conclusioni

La sentenza in esame rafforza un importante principio in materia di misure cautelari per il reato di associazione per delinquere. Per affermare la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, il giudice non può limitarsi a constatare la commissione di più reati dello stesso tipo. È necessario, invece, che valuti un complesso di elementi indiziari (intercettazioni, dichiarazioni, osservazioni, etc.) dai quali emerga in modo logico e coerente l’esistenza di un vincolo stabile e permanente tra più persone, finalizzato alla realizzazione di un programma criminoso comune. La struttura “a compartimenti stagni”, lungi dall’escludere il sodalizio, può rappresentare un ulteriore indizio della sua complessità e pericolosità.

Quando la commissione di più reati di spaccio è sufficiente a provare la partecipazione a un’associazione per delinquere?
Secondo la sentenza, la semplice ripetizione di reati di spaccio non è di per sé sufficiente. È necessario un complesso di elementi ulteriori che dimostrino l’esistenza di una struttura organizzata, con ruoli definiti e un programma criminoso comune e stabile nel tempo.

L’assenza di contatti diretti tra tutti i membri di un gruppo criminale esclude l’esistenza dell’associazione?
No. La Corte ha ritenuto logica e plausibile la considerazione che un’associazione per delinquere possa essere strutturata “per compartimenti stagni”, dove non tutti i membri si conoscono. Questa modalità organizzativa non esclude il vincolo associativo, ma può anzi confermare la natura strutturata del sodalizio.

Qual è il ruolo della Corte di Cassazione nel valutare i gravi indizi di colpevolezza per una misura cautelare?
Il ruolo della Corte di Cassazione non è quello di riesaminare i fatti o l’attendibilità delle prove. Il suo compito è verificare che la motivazione del provvedimento impugnato sia immune da vizi logici manifesti o da violazioni di legge. Deve controllare la coerenza del ragionamento del giudice di merito, non sostituire la propria valutazione a quella precedente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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