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Associazione per delinquere: la prova della partecipazione

La Corte di Cassazione ha confermato un’ordinanza di custodia cautelare per un indagato accusato di partecipazione a un’associazione per delinquere finalizzata al narcotraffico. La Corte ha ritenuto che le intercettazioni provassero un ruolo attivo e consapevole, e non una mera partecipazione occasionale, respingendo il ricorso basato sulla presunta erronea interpretazione degli indizi.

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Pubblicato il 7 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Associazione per delinquere: quando le intercettazioni provano la partecipazione stabile

La recente sentenza n. 30517/2024 della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti sui criteri per valutare la partecipazione a un’associazione per delinquere finalizzata al narcotraffico. Il caso in esame dimostra come, anche in fase cautelare, il contenuto inequivocabile delle intercettazioni possa essere decisivo per distinguere un coinvolgimento stabile da un episodio isolato. L’analisi si concentra sulla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza necessari per l’applicazione della custodia cautelare in carcere.

I fatti del processo

Il procedimento nasce da un’indagine su due distinti sodalizi criminali operanti a Catanzaro. Il primo, un’associazione per delinquere dedita al traffico di marijuana e hashish, con una solida struttura logistica per il deposito, la custodia e la vendita dello stupefacente. Il secondo, collegato al primo e guidato dalla stessa figura apicale, era finalizzato alla detenzione e cessione di armi da guerra e comuni, mantenendo rapporti con cosche di ‘ndrangheta.

Un indagato veniva sottoposto a custodia cautelare in carcere con l’accusa di far parte di entrambe le associazioni. In particolare, gli veniva contestato di partecipare al gruppo del narcotraffico e di avere l’incarico di spostare materialmente le armi per l’altro sodalizio. Contro questa misura, l’indagato proponeva istanza di riesame, che veniva rigettata dal Tribunale della Libertà di Catanzaro. Successivamente, presentava ricorso per cassazione, contestando specificamente la sua partecipazione all’associazione dedita al narcotraffico, sostenendo che gli elementi raccolti fossero neutri o erroneamente interpretati, indicando al più una partecipazione estemporanea a un singolo episodio.

L’analisi della prova nell’associazione per delinquere

Il ricorrente lamentava una motivazione illogica da parte del Tribunale del Riesame, il quale avrebbe fondato la prova della sua stabile partecipazione (affectio societatis) su elementi non sufficientemente gravi. Secondo la difesa, i dati investigativi non andavano oltre il coinvolgimento in un’unica occasione, senza dimostrare l’inserimento organico e permanente nel sodalizio criminale.

I limiti del giudizio di Cassazione in materia cautelare

La Corte di Cassazione, prima di entrare nel merito, ribadisce i confini del proprio sindacato sui provvedimenti cautelari. Il suo compito non è quello di effettuare una nuova valutazione dei fatti o dello spessore degli indizi, attività che spetta ai giudici di merito (GIP e Tribunale del Riesame). Il controllo della Cassazione è limitato alla verifica della violazione di norme di legge e della presenza di vizi logici manifesti nella motivazione del provvedimento impugnato. Non sono ammesse censure che si risolvano in una diversa interpretazione del materiale probatorio.

Le motivazioni della decisione

La Corte ha ritenuto il ricorso infondato. L’ordinanza del Tribunale del Riesame è stata giudicata logica, coerente e giuridicamente corretta. I giudici di merito avevano ricostruito puntualmente il ruolo dell’indagato sulla base del contenuto inequivocabile di alcune intercettazioni risalenti a ottobre 2022.

Da queste emergeva che i vertici dell’organizzazione stavano pianificando lo spostamento e l’occultamento di alcuni bidoni contenenti non solo armi, ma anche sostanze stupefacenti, e concordavano sulla necessità di far intervenire il ricorrente in tale operazione. In un’altra conversazione, lo stesso ricorrente, incontrando uno dei capi, si lamentava della “congiuntura negativa” che l’associazione stava attraversando, verosimilmente a causa delle indagini in corso.

Sulla base di questi elementi, il Tribunale ha concluso, con motivazione ritenuta esente da vizi logici dalla Cassazione, che il ruolo dell’indagato non era quello di un mero “gregario” incaricato occasionalmente di nascondere la droga. Al contrario, egli era pienamente consapevole delle dinamiche associative, si confrontava con i vertici sulle sorti del sodalizio e riceveva da loro incarichi delicati relativi alla gestione del narcotico. Questa consapevolezza e interazione con i capi dimostravano un inserimento stabile e non episodico nell’associazione per delinquere.

Conclusioni

La sentenza conferma un principio consolidato: per dimostrare la partecipazione a un’associazione per delinquere non è necessario provare il compimento di innumerevoli reati-fine, ma è sufficiente accertare l’inserimento stabile nella struttura con la consapevolezza di contribuire al programma criminale comune. In questo caso, il contenuto delle intercettazioni, che rivelava non solo il coinvolgimento operativo ma anche la condivisione delle preoccupazioni per le sorti del gruppo, è stato ritenuto un grave indizio di colpevolezza sufficiente a giustificare la misura cautelare. La Cassazione, rigettando il ricorso, ha validato l’apparato argomentativo del Tribunale del Riesame, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Cosa distingue la partecipazione stabile in un’associazione per delinquere da un concorso di persone in un reato?
Secondo la sentenza, la partecipazione stabile si manifesta non solo con il compimento di atti esecutivi, ma anche con la consapevolezza delle dinamiche interne dell’associazione, il confronto con i vertici sulle sorti del gruppo e l’accettazione di incarichi fiduciari. Questi elementi dimostrano un inserimento organico e non un coinvolgimento occasionale.

Qual è il ruolo della Corte di Cassazione nel valutare le misure cautelari?
La Corte di Cassazione non può riesaminare i fatti o la consistenza degli indizi. Il suo compito è limitato a controllare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione del provvedimento impugnato, senza sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito.

Possono le sole intercettazioni essere sufficienti per provare la partecipazione a un’associazione criminale in fase cautelare?
Sì, la sentenza dimostra che se il contenuto delle intercettazioni è “inequivoco” e rivela non solo il coinvolgimento in attività illecite ma anche la piena consapevolezza delle dinamiche e degli obiettivi dell’associazione, questo può costituire un grave indizio di colpevolezza sufficiente a giustificare una misura come la custodia cautelare in carcere.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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