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Associazione per delinquere: la prova della partecipazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2790/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un soggetto accusato di far parte di un’associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti. La Suprema Corte ha stabilito che la ripetuta commissione di reati-fine, anche se intervallata da una lunga pausa, costituisce un grave indizio di partecipazione al sodalizio, essendo sufficiente un contributo anche temporalmente limitato. La difesa sosteneva che un’interruzione di quasi due anni nelle attività illecite escludesse il vincolo associativo, ma per la Corte è irrilevante di fronte al contributo già fornito agli scopi dell’organizzazione.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Associazione per delinquere: quando il contributo limitato nel tempo è prova di partecipazione

La recente sentenza n. 2790/2024 della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti sulla prova della partecipazione a un’associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti. Anche un’interruzione di quasi due anni nell’attività illecita non esclude il vincolo associativo, se il contributo fornito è stato significativo per gli scopi del sodalizio. Analizziamo insieme la decisione.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dal ricorso presentato dalla difesa di un individuo sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere per i reati di traffico di stupefacenti e di partecipazione ad un’associazione criminale. Il Tribunale del Riesame aveva confermato la misura, ritenendo sussistenti gravi indizi di colpevolezza.

La difesa contestava la configurabilità del reato associativo, sostenendo che il ruolo dell’indagato fosse stato limitato a pochi episodi di acquisto di droga. In particolare, si evidenziava che, dopo tre acquisti avvenuti in un breve lasso di tempo nel 2019, vi era stata un’interruzione dell’attività per quasi due anni, fino a un singolo episodio nel 2021. Secondo il ricorrente, questa lunga pausa dimostrava l’assenza di un vincolo stabile e permanente con l’organizzazione, che invece aveva continuato a operare ininterrottamente.

La questione giuridica sull’associazione per delinquere

Il nucleo della questione giuridica verteva sulla definizione dei requisiti necessari per provare la partecipazione a un’associazione per delinquere. La difesa sosteneva che la stabilità e la permanenza del contributo fossero elementi essenziali, e che una lunga interruzione delle condotte illecite dovesse necessariamente far venir meno l’ipotesi del vincolo associativo. Si chiedeva alla Corte di valutare se pochi episodi, separati da un notevole intervallo di tempo, potessero integrare il grave quadro indiziario richiesto per una misura cautelare così afflittiva.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, rigettando completamente la tesi difensiva. Gli Ermellini hanno ribadito un principio consolidato nella giurisprudenza: in tema di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, la ripetuta commissione di reati-fine, in concorso con altri membri, costituisce un grave e preciso indizio di partecipazione al sodalizio.

Questa presunzione può essere vinta solo con la prova contraria dell’assenza di un legame preesistente e stabile con gli altri correi. La Corte ha specificato che la natura permanente del reato associativo non implica che il contributo del singolo partecipe debba essere ininterrotto. Ai fini dell’integrazione della condotta, è sufficiente anche un apporto fornito per una fase temporalmente limitata.

Nel caso specifico, è stato ritenuto del tutto irrilevante che l’imputato, dopo aver commesso tre reati-fine, avesse interrotto la sua attività per poi riprenderla quasi due anni dopo. Il Tribunale del Riesame, secondo la Cassazione, ha correttamente valutato che già la commissione dei primi tre reati dimostrava un contributo apprezzabile alla realizzazione degli scopi dell’organizzazione. Questo contributo si concretizzava nell’affidamento che il sodalizio riponeva sulla sua costante disponibilità a rifornirsi all’ingrosso di sostanze stupefacenti per poi rivenderle sulla piazza di spaccio locale.

Le Conclusioni

La sentenza consolida l’orientamento secondo cui la prova della partecipazione a un’associazione per delinquere non richiede necessariamente una condotta criminale ininterrotta. Ciò che conta è il significato del contributo fornito. Anche pochi ma significativi episodi possono dimostrare l’inserimento stabile di un soggetto nella struttura organizzativa, soprattutto quando tali episodi rivelano un ruolo definito e una disponibilità su cui il gruppo criminale fa affidamento. La lunga pausa, in questo contesto, non è stata considerata sufficiente a recidere il vincolo associativo, ma piuttosto una fase di ‘quiescenza’ operativa del singolo, irrilevante ai fini della sussistenza del reato.

È sufficiente commettere alcuni reati di spaccio per essere considerati parte di un’associazione per delinquere?
Sì, secondo la sentenza, la ripetuta commissione di reati-fine (come lo spaccio) in concorso con altri partecipi può integrare l’esistenza di indizi gravi, precisi e concordanti di partecipazione al reato associativo, a meno che non si fornisca la prova contraria dell’assenza di un vincolo preesistente.

Un’interruzione prolungata dell’attività illecita esclude la partecipazione a un’associazione per delinquere?
No, la Corte ha stabilito che è del tutto irrilevante che l’imputato abbia interrotto la consumazione dei reati per un lungo periodo. Se la condotta di partecipazione è già stata dimostrata, ad esempio tramite la commissione di precedenti reati-fine, l’interruzione non fa venir meno il vincolo associativo.

Per far parte di un’associazione criminale è necessario un contributo continuo e ininterrotto nel tempo?
No. La sentenza chiarisce che ai fini dell’integrazione della condotta di partecipazione ad un’associazione per delinquere è sufficiente anche l’adesione e l’apporto di un contributo per una fase temporalmente limitata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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