LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Associazione per delinquere: la prova della partecipazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un indagato contro un’ordinanza di custodia cautelare in carcere. L’indagato era accusato di far parte di un’associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti. La Corte ha confermato la decisione del Tribunale del riesame, ritenendo che le prove raccolte (intercettazioni, videosorveglianza) dimostrassero un inserimento organico e stabile dell’uomo nel sodalizio criminale, con il ruolo di spacciatore (‘pusher’), smentendo le tesi difensive sulla mancanza di ‘affectio societatis’ e sulla limitata durata dell’attività illecita.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 23 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Associazione per Delinquere e Spaccio: Quando si è Partecipi?

La recente sentenza della Corte di Cassazione penale affronta un tema cruciale nel diritto penale: quali elementi sono necessari per dimostrare la partecipazione di un individuo a un’associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti? Il caso esaminato riguarda un soggetto, indagato per il reato previsto dall’art. 74 del D.P.R. 309/90, che aveva impugnato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere, sostenendo l’insussistenza della sua consapevole partecipazione al sodalizio criminale. Vediamo come la Suprema Corte ha risolto la questione.

I Fatti del Caso: Il Ruolo del “Pusher” nell’Organizzazione

L’indagine, basata su intercettazioni telefoniche e ambientali, servizi di videosorveglianza e sequestri, aveva delineato l’esistenza di un’organizzazione criminale dedita al traffico di marijuana, hashish e cocaina nel centro storico di una città del sud Italia. Al vertice dell’associazione vi era un soggetto che, pur essendo agli arresti domiciliari, dirigeva le operazioni avvalendosi di familiari e collaboratori esterni.

Tra questi collaboratori, secondo l’accusa, vi era il ricorrente. Le indagini avevano rivelato il suo inserimento organico nella struttura con il ruolo di “pusher”, ovvero di spacciatore al dettaglio. Egli non si limitava a vendere la droga, ma agiva per conto del sodalizio, ricevendo direttive sulla gestione dell’attività e sui prezzi, ottenendo talvolta la merce a credito per favorirne lo smercio. In alcuni casi, il capo dell’organizzazione indirizzava i propri clienti direttamente dal ricorrente, garantendo loro lo stesso trattamento economico.

I Motivi del Ricorso e la Tesi Difensiva

La difesa dell’indagato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su un unico motivo: la violazione dell’art. 74 del D.P.R. 309/90. Secondo il ricorrente, mancava la prova della sua affectio societatis, cioè la consapevolezza e la volontà di far parte stabilmente dell’organizzazione criminale.

Inoltre, la difesa ha sottolineato due aspetti:

1. Durata limitata: L’attività contestata si sarebbe svolta in un arco temporale di soli due mesi.
2. Volume d’affari esiguo: L’attività di cessione a terzi avrebbe riguardato droga per un valore modesto.

Questi elementi, secondo la tesi difensiva, non sarebbero sufficienti a dimostrare un’adesione stabile e consapevole al patto criminoso che caratterizza l’associazione per delinquere.

La Decisione della Cassazione sull’Associazione per Delinquere

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici hanno chiarito che il ricorso in sede di legittimità per le misure cautelari non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti. Il compito della Cassazione è verificare la correttezza giuridica e la logicità della motivazione del provvedimento impugnato, non riesaminare gli elementi di prova.

le motivazioni

La Corte ha ritenuto che la decisione del Tribunale del riesame fosse ben motivata, logica e giuridicamente corretta. Le prove raccolte, in particolare le intercettazioni, dimostravano in modo chiaro l’inserimento organico dell’indagato nell’associazione per delinquere. Il suo non era un semplice rapporto acquirente-venditore, ma una collaborazione stabile e duratura.

Gli elementi valorizzati sono stati:

* Agire per conto del sodalizio: L’indagato non vendeva droga in autonomia, ma seguiva le direttive del capo.
* Gestione condivisa: Riceveva la droga a credito e istruzioni sui prezzi, venendo anche rimproverato per difficoltà nel recupero dei proventi.
* Ruolo intercambiabile: Il capo indirizzava i clienti verso di lui quando era sprovvisto di merce, a dimostrazione di un rapporto di fiducia e di un ruolo definito all’interno del gruppo.

Questi aspetti, secondo la Corte, superano le obiezioni difensive e provano l’esistenza di un rapporto stabile e consapevole, integrando così gli estremi della partecipazione all’associazione criminale.

le conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale: per configurare la partecipazione a un’associazione per delinquere, non è determinante la durata dell’osservazione investigativa o il volume d’affari specifico di un singolo partecipe, quanto la prova di un suo stabile inserimento nel tessuto organizzativo. La qualità del rapporto, caratterizzata da fiducia, direttive e un ruolo funzionale agli scopi del sodalizio, è l’elemento chiave che distingue il partecipe da un semplice acquirente o spacciatore autonomo. La Corte di Cassazione, inoltre, ha riaffermato i limiti del proprio sindacato, che non può invadere le valutazioni di fatto riservate ai giudici di merito, se adeguatamente motivate.

Quali elementi provano la partecipazione a un’associazione per delinquere finalizzata allo spaccio?
Non è sufficiente un semplice rapporto di acquisto e vendita. È necessario dimostrare un inserimento stabile e organico nella struttura, come agire per conto del sodalizio, ricevere direttive su prezzi e gestione, e avere un ruolo funzionale agli scopi dell’organizzazione, come evidenziato da intercettazioni e servizi di sorveglianza.

Una breve durata dell’attività criminale esclude il reato di associazione per delinquere?
No. Secondo la Corte, il limitato arco temporale in cui si svolgono i fatti contestati non è di per sé sufficiente a escludere la partecipazione a un’associazione, se le prove dimostrano l’esistenza di un rapporto di collaborazione stabile e duraturo tra l’indagato e gli altri membri del gruppo.

Il ricorso in Cassazione può riesaminare le prove di un caso cautelare?
No. La Corte di Cassazione, quando valuta un provvedimento in materia di misure cautelari, non può riconsiderare gli elementi materiali e fattuali o lo spessore degli indizi. Il suo controllo è limitato alla verifica della violazione di norme di legge e della presenza di vizi logici evidenti nella motivazione del giudice precedente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati