Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 26498 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 26498 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 17/04/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: NOME nato a GUARDAVALLE il 04/06/1976 NOME nato a ROMA il 27/07/1970 NOME nato a NOME il 26/08/1965 NOME nato a ROMA il 24/04/1975
avverso l’ordinanza del 13/11/2024 del TRIB. LIBERTA’ di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
sentite le conclusioni del PG COGNOME che si è riportato alle conclusioni scritte con le quali aveva chiesto dichiararsi l’inamnnissibiltà dei ricorsi.
Sentito l’avv. NOME COGNOME del foro di ROMA in difesa di NOME COGNOME nonché in sostituzione dell’avv. NOME COGNOME nell’interesse di NOME COGNOME e in sostituzione dell’avv. NOME COGNOME in difesa di NOME COGNOME il quale si è riportato ai motivi di ricorso e ne ha chiesto l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
Con provvedimento del 13 novembre 2024 il Tribunale di Roma ha accolto l’appello proposto dal Pubblico Ministero avverso l’ordinanza emessa dal Gip del Tribunale locale con cui era stata rigettata la richiesta di applicazione della misura dell custodia cautelare in carcere nei confronti di NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME in relazione al reato di cui all’art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309 e a diverse violazioni dell’art. 73 d.P.R. n. 309/1990. Il Tribunale, d contrario avviso rispetto al Gip, ha ritenuto sussistente un grave quadro indiziario rispetto alle imputazioni provvisorie oltre che esistenti le esigenze cautelari di cu all’art. 274, lett. c) cod. proc. pen.
Avverso l’ordinanza del Tribunale sono stati proposti ricorsi nell’interesse degli indagati.
Con il ricorso proposto nell’interesse di COGNOME, affidato ad un unico motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla sussistenza del quadro indiziario relativamente al reato associativo, fondato su due scambi di droga avvenuti nell’arco di sette giorni oltre che la mancanza di attualità delle esigenze cautelari, trattandosi di “piccoli e generici episodi di spaccio”.
Il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME è affidato a due motivi.
4.1. Con il primo si lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla qualificazione giuridica del reato associativo che il Gip, nel rigettare l richiesta di misura cautelare aveva ritenuto inquadrabile nella previsione di cui al comma 6 dell”art. 74 d.P.R. n. 309/90 poiché dalle intercettazioni sarebbero emersi episodi di “piccolo spaccio” prevalentemente di droghe leggere. Inoltre il Tribunale non si confronta, quanto all’organigramma, con le numerose captazioni da cui si evince che il presunto sodalizio era composto da pochissimi soggetti tanto che, a seguito degli arresti, alcuni indagati erano costretti ad attivarsi alla ricerca di nu pusher e si rendeva, tra l’altro, necessario riorganizzare la piazza e modificare le modalità di spaccio affidandolo ad un pusher itinerante, indice evidente dell’esiguo numero dei sodali. Ancora, secondo la difesa, l’ordinanza impugnata non si confronta con una ulteriore circostanza, ossia che la piazza di spaccio in esame si poneva in continuità con altra già qualificata ai sensi del comma 6 dell’art. 74 d.P.R. n. 309/90 ed è lo stesso Tribunale ad affermare che i pusher detengono quantitativi minimi di stupefacente per potere addurre, in caso di controllo, la detenzione a uso personale.
4.2. Con il secondo motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla attualità delle esigenze cautelari in considerazione del tempo
trascorso e all’idoneità della misura cautelare gradata degli arresti domiciliari, in vir dell’attività lavorativa svolta dal dicembre 2021, retribuita dal 15 gennaio 2022, data in cui era cessato qualsiasi rapporto del ricorrente con i coindagati.
E’ stato proposto ricorso nell’interesse di NOME COGNOME affidato ad un unico motivo con cui si deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 274, lett. c), cod. proc. pen. Contesta la difesa che i trentotto capi di imputazione articolati dall’Ufficio di Procura ricalcano pedissequamente l’informativa del 9 maggio 2023 e la successiva integrazione dell’ottobre 2023. I fatti in contestazione terminano tra il mese di gennaio e febbraio 2022. Il Tribunale non si è confrontato con la mancanza di attualità delle condotte come argomentata dal Gip né con l’argomento speso della disarticolazione del gruppo in seguito agli arresti medio tempore posti in essere. Manca, in sostanza, ad avviso della difesa, il requisito della concretezza e della attualità del pericolo di reiterazione che, anche ove ritenuto sussistente, potrebbe essere fronteggiato con una misura più gradata.
Con il ricorso proposto nell’interesse di NOME, articolato in un unico motivo, si lamenta il vizio di motivazione nella parte in cui sono state ritenute attuali esigenze di cautela sociale e adeguata la misura della custodia cautelare in carcere ponendo in relazione i fatti per cui è procedimento con l’unico precedente datato, annoverato dal ricorrente. Si contesta, inoltre, che non si è tenuto conto del fatto che a gennaio 2023 NOME, in seguito ad una crisi psicomotoria legata all’assunzione di stupefacenti, è precipitato dal terrazzo della propria abitazione riportando la frattura di due vertebre né, ancora, che il ricorrente ha intrapreso una attività lavorativa. Genericamente il Tribunale ha affermato che si tratterebbe di un fatto “assai recente” dimostrando di non avere preso in esame le buste paga prodotte (agosto, settembre e ottobre 2024) che dimostravano come NOME fosse stato assunto a gennaio dello stesso anno, dunque, quando ancora non aveva conoscenza del procedimento a suo carico. Ciò determinava un affievolimento del pericolo di recidiva che poteva essere fronteggiato con misura meno afflittiva rispetto a quella di massimo rigore.
All’udienza le parti hanno concluso come in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono inammissibili. I motivi dei ricorsi sopra illustrati so manifestamente infondati e non si confrontano affatto con il provvedimento impugnato che è sorretto da un ampio e argomentato apparato motivazionale che, secondo il perimetro di cognizione in sede cautelare, affidato a questo Collegio,
contiene l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato e l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento medesimo (anche con riferimento alla puntuale analisi delle specifiche doglianze difensive), oltre ad essere corretto in diritto.
Occorre operare una premessa. Il Gip, con l’ordinanza impugnata dal Pubblico Ministero, pur ritenendo sussistente la gravità indiziaria in relazione alla condotta partecipativa ad una associazione per delinquere finalizzata allo spaccio di stupefacenti da parte di COGNOME, COGNOME e COGNOME ha ritenuto che dalle conversazioni intercettate sarebbe emersa, al più, una attività criminosa definibile in termini di piccolo spaccio, prevalentemente di droghe “leggere” con organizzazione di mezzi e risorse di ridotte dimensioni al punto da potersi ipotizzare l’applicabilità delle condotte contestate al comma 5 dell’art. 73 d.P.R. n. 309/1990 e del comma 6 dell’art. 74 d.P.R. cit. Ha, altresì, ritenuto il Gip che i sequestri di droga conseguiti alle intercettazioni hanno avuto ad oggetto sempre modesti quantitativi di sostanza stupefacente e gli arresti in flagranza avrebbero indebolito la compagine associativa. Il Gip ha ritenuto il difetto di attualità dell esigenze cautelari avuto riguardo alla circostanza che il reato associativo è contestato da maggio a 2021 a febbraio 2022, data in cui si fermano le intercettazioni telefoniche e nell’informativa finale, successiva di un anno, non vi sarebbe alcun elemento che consenta di attualizzare le esigenze di cautela sociale.
Il Tribunale di Roma, accogliendo il ricorso del Pubblico Ministero, di diverso avviso rispetto al Gip, ha ritenuto sussistenti i gravi indizi di colpevolezza tanto della sussistenza dell’associazione dedita al narcotraffico come contestata al capo 1) dell’imputazione provvisoria, quanto dei singoli reati fine e ha ravvisato a carico degli indagati il concreto e attuale pericolo di reiterazione criminosa.
Il Tribunale ha premesso che dalla vasta attività di indagine svolta mediante intercettazioni telefoniche e ambientali, videoriprése realizzate con telecamere collocate nei diversi luoghi di spaccio, servizi di osservazione che davano luogo a sequestri di stupefacente, arresti e segnalazioni degli acquirenti ex art. 75 d.P.R. sarebbe risultata provata, nei termini richiesti dalla fase cautelare, l’esistenza e l’operatività di un sodalizio criminoso dedito al narcotraffico, operante nel quartiere di San Basilio, a Roma, in una zona popolare ove insiste la piazza di spaccio denominata “edicola”, facente capo a NOME COGNOME, detto il “sorcio”. Ha ritenuto il Tribunale che la pluralità di reati fine commessi, la loro sistematicità, le ripetit e frenetiche modalità di realizzazione siano da ritenersi indici dell’esistenza di un sodalizio radicato sul territorio dedito al commercio di sostanze stupefacenti di
vario tipo, organizzato secondo predefinite ripartizioni di ruoli e competenze, con veri e propri turni prestabiliti secondo le direttive – impartite dal COGNOME che in veste di capo sovrintendeva la gestione della piazza anche avvalendosi del suo luogotenente NOME COGNOME
Il Tribunale ha spiegato che grazie ad una nutrita batteria di pusher e di vedette, il sodalizio riusciva a garantire un presidio costante della piazza di spaccio, tale da coprire quasi le 24 ore (in proposito richiamando la conversazione ambientale tra NOME e un sodale in cui venivano descritti i turni di lavoro dalle ore 9.00 alle 16.00 e dalle 16.00 alle 23.00, con possibilità, alla bisogna di cambiarli), meta di un continuo andirivieni di clienti, taluni dei quali fermati e trovati possesso di drogar – confermava l’avvenuto acquisto. Da ciò ha inferito il Tribunale un quadro di allarmante proporzioni per la frequenza delle cessioni che rimanda alla disponibilità di rilevanti quantitativi di stupefacente oltre che a una rigoro organizzazione pronta a porre immediato rimedio alle “carenze di organico” determinate dagli interventi repressivi delle forze dell’ordine.
E’ stato, in proposito, evidenziato come dopo gli arresti avvenuti nell’ambito della c.d. Operazione mezzanotte, la gestione della piazza di spaccio, senza soluzione di continuità, passava sotto le direttive di NOME COGNOME che continuava a tenere aperta la piazza di spaccio ad una estesa clientela, approfittando anche della particolare conformazione della zona. E’ stato, inoltre, valorizzato lo stringente controllo del territorio mediante sentinelle “statiche” poste in punti strategici e altre c.d. “dinamiche” pronte a segnalare il passaggio e la presenza delle forze dell’ordine in un raggio molto più ampio. Detta attività, secondo il Tribunale ha consentito ai sodali di raggiungere le postazioni di spaccio e convogliare gli acquirenti in sicurezza, allertare i pusher dell’arrivo delle forz dell’ordine e occultare la droga destinata a ripristinare la provvista di vendita giornaliera, man mano che le cessioni esaurivano la dotazione con la quale iniziavano le “giornate di mercato”. Non ha mancato il tribunale di sottolineare che, al fine di garantire il perpetuarsi delle modalità descritte, ai fini reclutamento di nuovi pusher e vedette al servizio dell’organizzazione, era considerato requisito fondamentale, ai fini dell’arruolamento, la conoscenza o la capacità di riconoscere le forze dell’ordine. E’ stato, in proposito, riportato contenuto di un dialogo intercorso tra due sodali i quali, poco dopo l’arresto di un appartenente al sodalizio, ritenuto esperto conoscitore delle forze dell’ordine, nel corso del quale commentavano che non sarebbe stato facile reclutare persone che conoscevano come loro “le guardie e che all’occorrenza avrebbero gridato “levate, levate”, segnale di allarme all’avvistamento di possibili “guardie”. E’ stata ancora richiamata una conversazione nel corso della quale NOME impartiva disposizioni a due sodali non solo su come eseguire la vendita ma anche quella di controllo del
5 GLYPH
um,
territorio anche dalla “terrazza” del “palazzo viola” che consentiva una ampia visuale della zona, come pure raccomandava di stare attenti alle macchine parcheggiate, all’interno delle quali si potevano celare appartenenti alle forze dell’ordine.
Il Tribunale ha anche rilevato che il capo dell’organizzazione corrispondeva un sussidio settimanale alle famiglie o ai sodali sottoposti a misure restrittive, che il turno di lavoro prevedeva da tre a cinque sodali all’interno della piazza e che le modalità avvenivano con un primo contatto con la persona che aveva il compito di raccogliere la richiesta dell’acquirente e di indirizzarlo al pusher il quale, dop avere prelevato la droga richiesta nei luoghi di occultamento, solitamente alberi o anfratti nei RAGIONE_SOCIALE provvede materialmente alle cessioni.
Il Tribunale ha poi spiegato, con motivazione esente da censure, le ragioni per le quali non ha condiviso il giudizio espresso dal Gip, che pure non aveva negato la sussistenza del sodalizio, in merito alla fattispecie di cui al comma 6 dell’art. 74 del d.P.R. n. 309/1990, richiamando giurisprudenza di questa Corte con cui si è affermato che detta fattispecie si configura quando i sodali abbiano programmato esclusivamente fatti di lieve entità predisponendo modalità strutturali e operative incompatibili con fatti di maggiore gravità; che il configurars di siffatta associazione può presumersi in presenza di una struttura ridotta e di condotte compatibili con la qualificazione in termini di lieve entità ma che costituiscono indice rivelatore di un concreto pericolo di diffusione della sostanza.
In proposito è stato evidenziato come la circostanza che siano state accertate cessioni di piccole dosi, è frutto di una ben precisa scelta operativa, volta ad evitare che, in caso di controllo, i pusher venissero trovati con una quantità di droga che non avrebbero potuto essere giustificata con “l’uso personale” che li avrebbe mandati esenti da responsabilità penale. Così a pagina 39 il Tribunale richiamava l’occasione in cui, il 7 agosto 2021, NOME redarguiva il pusher di turno dicendogli che doveva vendere “una palletta” (termine con il quale sono state individuate 15 dosi di cocaina) per volta e non tre come aveva fatto.
E’ stata esclusa la possibilità di configurare l’ipotesi di cui all’art. 74, co d.P.R. 309/1990 rilevando che la frenetica reiterazione dello smercio, l’indeterminata estensione della clientela sul territorio, la disponibilità di numeros canali di approvvigionamento e contatti con organismi criminali ben più ampi, l’utilizzo di forme particolari per penetrare nel mercato e sfuggire ai controlli dell polizia giudiziaria e per acquistare e vendere sostanze stupefacenti in quantità non modeste. La modica quantità di stupefacente oggetto degli 84 sequestri effettuati è stata, dunque, compiutamente rapportata alla organizzazione propria della piazza di spaccio evidenziando, tuttavia, i considerevoli quantitativi di droga trattati quotidianamente come si ricavava dalla conversazione riportata nel corso
della quale lo stesso COGNOME commentava come nel corso di un solo turno si riuscivano a vendere ben 15 “pallette” corrispondenti a 225 dosi di cocaina.
In proposito non ha mancato il Tribunale di richiamare le chat SKI ECC dalle quali si evince che NOME, ritenuto capo indiscusso del sodalizio che tiene le redini del gruppo e dell’attività illecita, dall’approvvigionamento alla vendita al dettagli senza mai provvedervi personalmente, era in grado di curare l’acquisto di grossi quantitativi di droga da rivendere, (1-2 chilogrammi di cocaina per importi pari a trentottomila euro al chilogrammo). Non ha mancato il Tribunale della cautela di rilevare che COGNOME abbia anche assunto poteri sanzionatori nei confronti dei sodali a lui sottoposti anche per il tramite di NOME COGNOME ritenuto suo braccio destro oltre che responsabile della piazza di spaccio all’interno della quale operavano i pusher selezionati personalmente dallo stesso COGNOME (il riferimento è al pestaggio di una vedetta responsabile di non avere svolto adeguatamente il proprio ruolo così determinando l’arresto di un pusher il 19 ottobre 2021 o di clienti che avevano confermato di avere proceduto all’acquisto nella piazza oltre che alla pretesa di corrispondere il valore della droga che veniva sequestrata dalle forze dell’ordine).
E’ stato inoltre evidenziatmi fini della stabilità dell’organizzazione e dell capacità di resistenza dell’associazione ; come in occasione degli arresti, cd~ che l’associazione ha dimostrato una particolare capacità di adattamento e riorganizzazione, dato che venivano continuamente modificati luogo e modalità dello spaccio, venivano arruolati nuovi soggetti con il compito di vedette mentre COGNOME iniziava ad utilizzare uno scooter per rifornire i pusher anziché occultare la droga dietro siepi e alberi, all’interno dei giardini e nei pressi dell’edicola e consegne avvenivano attraverso una finestra di una abitazione posta al piano terra di INDIRIZZO Come pure è stato sottolineato che dopo l’arresto di COGNOME insieme a COGNOME NOME si dava luogo a una nuova riorganizzazione dell’attività illecita mediante un telefono dedicato nonché un centralinista che indica di volta in volta il luogo e l’orario di incontro con il pusher.
Non ha mancato, ancora, il Tribunale, di sottolineare come in occasione dell’arresto di NOME COGNOME COGNOME, il COGNOME si sia prodigato per mettere a disposizione un’abitazione dove lo stesso veniva posto agli arresti domiciliari. Disponibilità che veniva revocata allorquando COGNOME si rifiutava di riprendere l’attività di spaccio benché sottoposto alla misura.
Con l’articolato apparato argomentativo posto dal Tribunale a fondamento della decisione impugnata i ricorsi non si confrontano.
5. In particolare, il ricorso proposto nell’interesse di COGNOME non si confronta con le plurime cessioni di sostanza stupefacente del tipo cocaina ed hashish per conto del sodalizio dal 13 al 19 gennaio (capo 23) dopo il contatto con diversi acquirenti.
COGNOME, veniva tratto in arresto, nella piazza di spaccio il 19 gennaio 2022, dopo la diretta osservazione da parte degli investigatori che notavano COGNOME insieme ad NOME dirigersi verso i bidoni della raccolta della carta, si chinava e occultava qualcosa, Poi poggiava qualcosa sul muro di cinta. Un acquirente si avvicinava a COGNOME e gli consegnava il denaro. COGNOME prelevava il narcotico dove era stato riposto da COGNOME e lasciava la droga sul muro facendo cenno al cliente di andare a prelevarla. Ai piedi del cassonetto e sul muro erano rinvenuti degli involucri termosaldati.
Dopo la convalida dell’arresto COGNOME era sottoposto alla misura dell’obbligo di presentazione ma quanto accaduto non sortiva alcuna efficacia deterrente dato che dopo appena cinque giorni (24 gennaio 2022) il ricorrente era nuovamente tratto in arresto per fatti che, anche in questo caso, cadevano sotto la diretta osservazione degli operanti. Ricostruiti i plurimi episodi di spaccio il Tribunale, con motivazione esente da censure, ha ritenuto la piena adesione del Coscenne al sodalizio avuto riguardo alla pervicacia con la quale costui ha presidiato il posto di lavoro, pur dopo i sequestri e gli arresti eseguiti evidenziando tra l’altro, la mancanza di qualsivoglia resipiscenza a seguito del contatto con le forze dell’ordine dato che, dopo essere stato arrestato il 19 gennaio 2022, nella piazza di spaccio veniva, dopo solo cinque giorni, tratto nuovamente in arresto.
5.1. L’unico motivo di ricorso articolato è inammissibile per genericità intrinseca ed estrinseca, in quanto meramente contestativo, senza un confronto con l’impianto motivazionale del provvedimento impugnato.
A tale proposito va ricordato che questa Corte, nel suo massimo consesso (Sez. U. n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822 – 01; conformi, Sez. 2 del 19/11/2019, Greco, Rv. 277811 – 01; Sez. 3, n. 12727 del 21/02/2019, COGNOME, Rv. 275841 – 01), ha precisato che i motivi di impugnazione sono affetti da genericità «estrinseca» quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato dato che l’atto di impugnazione «non può ignorare le ragioni del provvedimento censurato» (Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014, Lavorato, Rv. 259425), e da genericità «intrinseca» quando risultano intrinsecamente indeterminati, risolvendosi sostanzialmente in formule di stile, su considerazioni generiche o astratte (ex multis, Sez. 6, n. 3721 del 2016 e Sez. 1, n. 12066 del 05/10/1992, Makram).
L’argomento speso dalla difesa secondo cui il breve lasso di tempo entro cui si sarebbero consumati i reati contestati al Coscenne non consentirebbero di ritenerlo associato e comunque si tratterebbe di piccoli e generici episodi di spaccio non tiene conto del consolidato principio sancito da questa Corte secondo cui la partecipazione ad
associazione finalizzata al traffico di stupefacenti è reato a forma libera, la cui condott costitutiva può realizzarsi in forme diverse, purché si traduca in un apprezzabile contributo causale alla realizzazione degli scopi del sodalizio e, dunque, alla sua esistenza e al suo rafforzamento e che può essere anche minimo e limitato nel tempo (Sez. 4 n. 4063 del 15/01/2014, n.m., in motivazione).
E’ stato, inoltre, precisato che ciò che rileva ai fini della verifica degli eleme costitutivi della partecipazione al sodalizio, non è la durata del periodo di osservazione delle condotte criminose, che può essere anche breve, purché dagli elementi acquisiti possa inferirsi l’esistenza di un sistema collaudato al quale gli agenti abbiano fatto riferimento anche implicito, benché per un periodo di tempo limitato (Sez. 6, n. 42937 del 23/09/2021 Cc. (dep. 22/11/2021 ) Rv. 282122 – 01), e ciò senza che sia richiesta la prova della conoscenza reciproca di tutti gli associati, essendo sufficiente la consapevolezza e volontà di partecipare, insieme ad almeno altre due persone aventi la stessa consapevolezza e volontà, ad una società criminosa strutturata e finalizzata secondo lo schema legale (Sez. 5, n. 2910 del 04/12/2024 Ud. (dep. 23/01/2025 ) Rv. 287482 – 01).
La motivazione del Tribunale del riesame è svolta con piena aderenza al compendio investigativo secondo i principi sanciti da questa Corte di legittimità e, dunque, si sottrae a qualsivoglia addebito, anche in riferimento alle ritenute esigenze cautelari laddove oltre la pervicacia messa in luce dal Tribunale sono stati evidenziati anche i numerosi precedenti per reati contro il patrimonio annoverati dal Coscenne, oltre che per associazione a delinquere nonché per evasione, con sentenze irrevocabili il 18 ottobre 2022 e il 18 settembre 2023.
Quanto a COGNOME lo stesso è stato ritenuto pienamente inserito e integrato nella compagine associativa come ritenuto sulla scorta della attività in favore del sodalizio, nelle due diverse fasi, quella statica e quella dinamica, dell’organizzazione della piazza nel periodo compreso tra maggio 2021 e gennaio 2022 data in cui veniva arrestato.
E’ stata rimarcata dal Tribunale la circostanza che anche dopo l’arresto subito il 7 luglio 2021 COGNOME ha proseguito l’attività fino a gennaio 2022 in spregio della misura degli arresti domiciliari applicatagli, al punto che veniva deferito per evasione e poi, nel prosieguo violava nuovamente la misura recandosi in piazza per approvvigionarsi di droga. Il Tribunale non ha mancato di richiamare la conversazione tra COGNOME e altri due sodali in occasione della quale ricostruiva il suo tentativo di liberarsi della droga gettandola nel water. E’ stata, poi, richiamata la conversazione tra COGNOME e altri due sodali in cui ricostruiva il suo tentativo di liberarsi della droga gettandola nel water.
Anche in questo caso l’unico motivo di ricorso non si confronta con l’ampia motivazione posta dal Tribunale a fondamento del giudizio espresso limitandosi a lamentare che i “trentotto” capi di imputazione ricalcano l’informativa del maggio 2023
senza tuttavia scardinare il costrutto motivazionale. Analogamente lamenta la difesa la mancanza del requisito della concretezza e della attualità del pericolo senza confrontarsi con gli argomenti spesi dal Tribunale che ha posto l’accento sulla circostanza COGNOME ha proseguito nella stessa attività illecita come palesato dal carico pendente per fattispecie di reato ex art. 73 d.P.R. n. 309/1990 commessa il 14 novembre 2023, unitamente ai precedenti penali annoverati dallo stesso, prima ancora della mancanza di elementi idonei a superare la presunzione di cui all’art. 275, co. 3 cod. proc. pen.
7. Ad identica conclusione deve pervenirsi quanto alla posizione di COGNOME per il quale il Tribunale ha passato in rassegna gli episodi che hanno contrassegnato la sua piena partecipazione alla vita del sodalizio del 22 novembre 2021 al gennaio 2022 non mancando di evidenziare che, anche dopo il suo arresto, in data 27 novembre 2021, il ricorrente ha continuato ad esercitare l’attività di spaccio per conto del gruppo. E ciò ha fatto anche dopo avere iniziato a svolgere le mansioni di operatore ecologico per conto di una cooperativa sociale dimostrando come lo svolgimento di detta attività non costituita prova di un mutamento delle sue abitudini di vita né della recisione dei contatti con i sodali. Come pure il Tribunale, non ha mancato di evidenziare, con argomenti non manifestamente illogici, quanto alle esigenze di cautela sociale, il fatto che se il reat contestato nel proc. n. 20434/2016 che scaturito dal suo arresto nel 2015, era stato definito con sentenze di non doversi procedere per intervenuta prescrizione, la consumazione del reato commesso nella piazza, nel mese di novembre 2021, palesava come il precedente arresto non avesse sortito alcuna efficacia deterrente-circostanza questa dalla quale il Tribunale ha tratto elementi tali da non poter escludere la presunzione connessa alla contestazione e dunque, l’inidoneità della misura meno afflittiva che era stata richiesta dalla difesa.
8. Parimenti inammissibile è il ricorso proposto nell’interesse di NOME circoscritto alla dedotta illogicità del provvedimento impugnato nella parte in cui ritiene l’attualit delle esigenze cautelari e l’adeguatezza della custodia cautelare legandole a episodi risalenti al 2020, epoca antecedente agli episodi oggetto del presente procedimento oltre che a un precedente penale del 2004. Assume ancora la difesa che il Tribunale avrebbe operato un confronto solo apparente con gli elementi di novità addotti dalla difesa, rappresentati dall’incidente occorso al COGNOME nel 2023, valutato solo ai fini dell compatibilità con il regime carcerario e non per l’incidenza sulla vita del COGNOME oltre che alle tre buste paga prodotte che dimostrerebbero che NOME è stato assunto a gennaio del 2024, quando non aveva conoscenza delle indagini a suo carico.
Quanto al primo profilo va ricordato che questa Corte ha avuto modo di precisare che in tema di misure cautelari riguardanti il reato di associazione finalizzata al traffic di sostanze stupefacenti, la prognosi di pericolosità non si rapporta solo all’operatività
della stessa o alla data ultima dei reati-fine ma ha ad oggetto anche la possibile commissione di reati costituenti espressione della medesima professionalità e del medesimo grado di inserimento nei circuiti criminali che caratterizzano l’associazione di appartenenza e postula, pertanto una valutazione complessiva, nell’ambito della quale il tempo trascorso è solo uno degli elementi rilevanti, sicché la mera rescissione del vincolo non è di per sé idonea a far ritenere superata la presunzione relativa di attualità delle esigenze cautelari di cui all’art. 275, co. 3, cod. proc. pen. (Sez. 3, n. 16357 de 12/01/2021 Rv. 281293 – 01).
Il Tribunale con congrui richiami giurisprudenziali, tra cui quello sopra riportato, ha rilevato, di diverso avviso rispetto al Gip, che COGNOME, capo indiscusso del sodalizio, ha riorganizzato e diretto la piazza di spaccio, caratterizzata da un ingente volume di affari, esercitando poteri disciplinari anche nei confronti dei sodali, con brutali pestagg e intimidazioni e che dopo alcuni arresti, tra cui quelli di COGNOME e COGNOME, fronteggiava le difficoltà organizzative, trovando soluzioni ai ripetuti interventi delle forze dell’ordi escogitando nuove modalità di spaccio meno rischiose (quella dei pusher “itineranti” piuttosto che stanziali nella piazza di spaccio quantomeno nelle ore diurne, proprio al fine di evitare di essere ripresi dalle telecamere). Il richiamo alle chat dell’agosto de 2020, che si protraggono fino a febbraio 2021 e che sono state riportate nel provvedimento impugnato, è stato operato in quanto ritenuto avente capacità dimostrativa dell’inserimento del Valeri in circuiti criminali di ampio respiro in seno a quali trattava ingenti quantitativi di sostanza stupefacente, evidentemente da destinare allo spaccio, peraltro, in periodi prossimi all’avvio delle indagini del present procedimento. Il richiamo al precedente del 2004 è stato, per contro, operato argomentando come l’indagato ha assunto un ruolo di sempre maggiore spessore proseguendo evidentemente la sua attività nella piazza di spaccio. Come pure il Tribunale ha richiamato alcune chat criptate dalle quali emergerebbe nell’agosto del 2020 il suo pieno inserimento nel tessuto criminale di San Basilio mantenendo contatti con un latitante e come lo stesso fosse in grado di reperire armi. A fronte del quadro come delineato, come sopra delineato, il Tribunale facendo corretta applicazione dei principi richiamati, dopo avere esaminato gli elementi dedotti dalla difesa (lo stato di salute e lo svolgimento dell’attività lavorativa) li ha disattesi spiegando, senza incorrere in alcuna illogicità, le ragioni per le quali ha ritenuto non superata la presunzione d pericolosità evidenziando come la protrazione delle condotte, sin da prima dell’avvio delle indagini, la consistenza dei traffici contestati, la professionalità dimostrata, diffusività del fenomeno, sono stati tutti valorizzati per ritenere che l’unica misur cautelare idonea a contenere le esigenze cautelari e in grado di arginare la pericolosità sociale dell’indagato, sia quella della custodia in carcere, in ragione della pervicacia criminale e della incapacità di autocontenimento. Tutto ciò a rendere altamente Corte di Cassazione – copia non ufficiale
prevedibile che l’indagato, ove sottoposto ad una meno afflittiva misura, proseguir nell’attività illecita.
Alla inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagame delle spese processuali e al versamento della somma di euro tremila per ciascuno favore della Cassa delle ammende, equitativannente determinata.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammend Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. cod. proc. Deciso il 17 aprile 2025
NOME fle4ere