Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 11178 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 11178 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Rosarno il 12/11/1973
avverso l’ordinanza del Tribunale della Libertà di Reggio Calabria del 17/07/2024;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udite le conclusioni rassegnate dal Procuratore generale, dott.NOME COGNOME che, richiamata la memoria già depositata, ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
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Con ordinanza del 17 luglio 2024i1 Tribunale della Liberta di Reggio Calabria ha rigettato il riesame proposto da COGNOME NOME avverso l’ordinanza del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Reggio Calabria del 4 giugno 2024con cui era stata applicataall’odierno ricorrente la misura del divieto di dimora nella regione Calabria perchè gravemente indiziato della partecipazione alla associazione finalizzata al traffico di stupefacenti sussunta nel capo 1 della provvisoria contestazione e di numerosi reati fine di cui all’art. 73, commi 1 e 4, d.P.R. n. 309/90.
Avverso l’ordinanza Oppedisano, tramite il difensore di fiducia, ha proposto tempestivo ricorso per cassazione, affidato a sei motivi.
2.1.Con il primolamenta-ex art. 606 comma 1, lettc) ed e), cod.proc.pen.violazione di legge e vizio di motivazione, per illogicità, in relazione al competenza territoriale del Tribunale di Reggio Calabria ritenuta dal Tribunale, che rigettava l’eccezione difensiva sul punto, valorizzando non il luogo in cui si è concretamente svolta l’attività organizzativa, ma quello in cui si sono consumati i diversi reati fine.
2.2. Col secondo motivo la difesa lamenta – ex art. 606, comma 1, lett b) cod proc pen-violazione di legge in relazione alreato di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309/90 (non essendone stata riconosciuta, nella specie, l’unicità)e -ex art. 606, comma 1, lette) cod proc penlett e) cod.proc.pen.-conseguente vizio di motivazione, per illogicità, in punto di configurazione dell’associazione di cui al capo 1.
L’ordinanza cautelare ha rigettato l’istanza difensiva di reductio ad unum dei capi 2, 13, 23, 29, 32, 39, 55 e 58 (episodi di ricezione, trasporto e detenzione di stupefacente) e 3, 4, 5, 7, 9, 11, 14, 16, 18, 20, 22, 24, 25, 27, 30, 33, 35, 37, 40, 42, 44, 46, 48, 50, 51, 52, 53, 56, 59, 61, 63, 65, 67, 69, 70 e 72 (di cessione del medesimo stupefacente) per la ritenuta assenza della contiguità temporale e della mancanza di apprezzabile soluzione di continuità tra le condotte contestate -entrambe invece affermate dalla difesa al cospetto della unicità della sostanza trattata-, e non ritenendo ravvisabile i perseguimentoattraverso le stesse di un fine unitario, laddove la stessa informativa di reato avrebbe ricostruito l’unitario progetto di spaccio dagli episod di ‘ricezione trasporto e detenzione’ e ‘cessione’, così cadendo in contraddizione anche rispetto alla affermazione della esistenza della associazione.
2.3. Col terzo motivo la difesa lamenta -ex art. 606, comma 1, lette) cod proc pen – vizio di motivazione, manifestamente illogica ed apparente, in ordine alla affermata esistenza della associazione di cui al capo 1.
L’ordinanza impugnata ha affermato la gravità indiziaria circa l’esistenza dell’associazione di cui al capo 1, ritenendone gli elementi costitutivi come da motivazione allepagine 6-8.
La motivazione sarebbe fallace nella parte in cui interpreta la differente posizione di acquirente/fornitore nei singoli fatti di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309/90 qua indice dei ruoli diversificati in ambito associativo; sarebbe apparente con riferimento alle inferite conseguenze dell’arresto di COGNOME, COGNOME e COGNOME (i più attivo nel sodalizio i primi due, produttore e fornitore della sostanza il terzo) in termini di operatività dell’organizzazione, mentre nell’ordinanza geneticasi deduce che tra gli stessi, una volta scarcerati (tra aprile ed ottobre 2022), non sono stati rilevati innovati contatti, nè, tanto meno, condotte della specie di quelle dedotte in contestazione, sicché lo scrutinio ex post delle condotte degli indagati nei quattro anni successivi avrebbe dovuto chiarire l’assenza della stabilità del vincolo associativo.
2.4. Col quarto motivo la difesa lamenta -ex art. 606, comma 1, lett e) cod proc penlette)- vizio di motivazione, asseritamente apparente ed illogica, in ordine al preteso ruolo di capo ed organizzatore di Oppedisano.
Non vi sarebbero elementi, ad eccezione della molteplicità delle contestazioni di cui all’art. 73 d.P.R.j 309/90 ed in assenza di prova del già contestato perseguimento di un fine unitario, per sostenere tale ruolo in capo al ricorrente.
2.5. Col quinto motivo la difesa lamenta-ex art. 606, comma 1, lett b) ed e) cod proc penlette)- violazione dell’art. 297, comma 3, cod proc pen, e illogicità della motivazione in punto di desumibilità degli atti da parte del medesimo ufficio requirente.
Rilette le pagine 8 e 9 dell’ordinanza impugnata, assume la difesa erronea applicazione dell’istituto della retrodatazione,laddove il Tribunale ha ritenuto che la desumibilità dagli atti degli ulteriori episodi debba riguardare il medesimo ufficio inquirente che avanza sia la prima che la successiva richiesta di applicazione di misura cautelare. È la stessa ordinanza a sostenere che nell’arco temporale entro cui si sono svolte le indagini si son succeduti molteplici arresti in flagranza di reato nei confronti di componenti del sodalizio investigato e di soggetti ad essi collegati, nonché sequestri che, secondo la stessa prospettazione del provvedimento impugnato, costituiscono riscontro all’illustrata ipotesi accusatoria; che l’ultimo di questi interventi è l’arresto, del 2 settembre 2020, di Oppedisano, COGNOME e Santacroce, presso la società RAGIONE_SOCIALE nell’ambito di procedimento la cui informativa finale è stata depositata presso la Procura della Repubblica di Reggio Calabria il 18 febbraio 2021, e che quello appena indicato rappresenta un episodio collegato, dal punto di vista
teleologico, al reato associativo di cui al capo 1, sussistendo una connessione qualificata tra gli episodi delittuosi, significativa ai fini dell’applicazione disciplina prevista dall’art. 297, comma 3, cod proc pen.
2.6. Col sesto motivo la difesa lamenta – ex art. 606, comma 1, lett e) cod proc pen- motivazione illogica ed apparente in punto di esigenze cautelari, precipuamente nella parte in cui, evidenziata l’assenza di condotte sintomatiche nei quattro anni successivi al primo arresto, ha ritenuto, comunque, il pericolo di reiterazione nonostante il tempo trascorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Si chiarisce, in via preliminare, di procedere alla trattazione del ricorso nonostante la dichiarata adesione alla astensione dalle udienze e da ogni attività giudiziaria proclamata, per le giornate del 4, 5 e 6 novembre 2024, dall’Unione delle Camere Penali Italiane condeliberato del 17 ottobre 2024 in quanto, come risulta dalla documentazione acquisita dalla Cancelleria di questa Corte, a carico del ricorrente, COGNOME Angelo, è ancora in atto la misura del divieto di dimora nella Regione Calabria, con scadenza per i reati di cui all’art. 73 d.P.R. n 309/90, al 17 dicembre 2024 e per l’art. 74 d.P.R. n. 309/90 al 20 giugno 2026. Si rileva che il difensore dell’imputato, avv. NOME COGNOME ha inoltrato, il ottobre 2024, istanza di trattazione orale e in presenza del ricorso nell’interesse di Oppedisano; che ha poi trasmesso, il 4 novembre 2024, dichiarazione di pari data, di adesione all’astensione come sopra dichiarata.
1.1. Si osservache il Codice di Autoregolamentazione dell’Astensione Collettiva degli Avvocati dall’Attività Giudiziaria prevede, all’art. 4 lett d), che l’astensi non è consentita in riferimento alla materia penale quando «… nelle udienze afferenti misure cautelari», quale quella in trattazione.
Disposizione che si pone come eccezione a quella, generale, dettata nell’articolo 3, comma 2, del codice di autoregolamentazione secondo il quale, nei processi civili, penali, amministrativi e tributari, “l’astensione costituisce legit impedimento anche qualora avvocati del medesimo procedimento non abbiano aderito all’astensione stessa”, che deve intendersi destinata a regolare i soli rapporti fra i difensori.
Interpretazione che trova conferma nella pronuncia della Cortecostituzionale che ha dichiarato, appunto, l’illegittimità costituzionale dell’art. 2-bis della legge 13 giugno 1990, n. 146 (Norme sull’esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali e sulla salvaguardia dei diritti della persona costituzionalmente tutelati. Istituzione della Commissione di garanzia dell’attuazione della legge),
nella parte in cui consente che il codice di autoregolamentazione delle astensioni dalle udienze degli avvocati adottato in data 4 aprile 2007 dall’Organismo Unitario dell’Avvocatura, nel regolare, all’art.4, comma 1, lettera b), l’astensione degli avvocati nei procedimenti e nei processi in relazione ai quali l’imputato si trovi in stato di custodia cautelare, interferisca con la disciplina della liber personale dell’imputato (sentenza n. 22180 del 10 luglio 2018), e ciò proprio in considerazione del fatto che tale normaviolava l’espressa riserva di legge sulla libertà personale.
Ciò premesso si rammenta che con ordinanza del 17 luglio 2024 il Tribunale della Liberta di Reggio Calabria ha rigettato il riesame proposto da COGNOME NOME avverso l’ordinanza del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Reggio Calabria del 4 giugno 2024 con cui era stata applicata all’odierno ricorrente la misura del divieto di dimora nella regione Calabria perché gravemente indiziato della partecipazione alla associazione finalizzata al traffico di stupefacenti sussunta nel capo 1 della provvisoria contestazione e di numerosi reati fine di cui all’art. 73, comm1 1 e 4 d.P.R. n. 309/90.
COGNOME NOME ha proposto, a mezzo di difensore di fiducia, tempestivo ricorso per l’annullamento dell’ordinanza del Tribunale della Libertà di Reggio Calabria.
Col primo motivo lamenta violazione di legge e vizio di motivazione (asseritamente illogica) in relazione alla confermata competenza territoriale del Tribunale di Reggio Calabria.
4.1. Intende il Collegio ribadire il principio secondo cui «In tema di reat associativi, la competenza per territorio si determina in relazione al luogo in cui ha sede la base ove si svolgono programmazione, ideazione e direzione delle attività criminose facenti capo al sodalizio, indipendentemente dalla coincidenza di tale luogo con quello di commissione dei reati-fine del sodalizio, che rileva solo se consente di individuare il luogo in cui si svolgono le attività d programmazione, ideazione e direzione del gruppo nonché, in subordine, quando è impossibile accertare l’ubicazione di quest’ultimo, a norma dell’art. 9, comma 1, cod. proc. pen., come luogo in cui è avvenuta una parte dell’azione o dell’omissione». (cfr. ex multisSez. 3, n. 38009 del 10/05/2019 Ud. (dep. 13/09/2019 ) Rv. 278166 – 01).
Tanto è stato ritenuto, proprio in tema di associazione finalizzata al traffico d stupefacenti -in via di specificazione del principio, generale, del radicarsi della
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competenza per i reati associativi in ragione del luogo in cui ha sede la base ove si svolgono le attività di programmazione, ideazione e direzione dell’associazione- in virtù della autonoma e più severa sanzionabilità delle condotte di promozione, costituzione, direzione, organizzazione, finanziamento di una struttura organizzata rispetto a quelle di mera partecipazione;della ragionevolezza della individuazione della competenza in relazione al luogo in cui si svolge la parte principale dell’attività di programmazione, ideazione e direzione ove questa non si esaurisca in un sololuogo; della conseguente rilevanza del luogo di commissione dei reati ‘fine’, ai sensi dell’art. 8 cod proc pen, solo ove risulti indice delle attività sopra indicate o della loro parte principale, esclusivamente in subordine, quando non è possibile accertare l’ubicazione di quest’ultimo, a norma dell’art. 9, comma 1, cod proc. pen., come luogo nel quale è avvenuta una parte dell’azione o dell’omissione.
4.2. Il Tribunale della Libertà ha individuato, confermando in ciò il giudice per le indagini preliminari, la competenza distrettuale del Tribunale di Reggio Calabria, individuando il /ocus commissi delicti in Rosarno, c.da Chieppi, località ove Oppedisano NOME e COGNOME NOME stoccavano la marjuana e la consegnavano ai corrieri per la successiva cessione e direttamente a singoli, non identificati, consumatori finali. Non ha ritenuto rilevante, a tal fine, il luogo – comune di Pizzo, in provincia di Vibo Valentia- dove i due indagati si rifornivano dello stupefacente.
4.3. La difesa reitera l’istanza difensiva sostenendo la tesi secondo cui la competenza doveva radicarsi nel luogo dell’incontro tra i capi deditialla produzione e alla distribuzione, senza fornire specifici elementi idonei a confutare l’apparato argomentativodell’ordinanza impugnata.
Il motivo si palesa innanzi tutto inammissibile.
Le Sezioni Unite della Corte (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822 – 01; conformi, ex multis, Sez. 2, n. 51531 del 19/11/2019, Greco, Rv. 277811 – 01; Sez. 3, n. 12727 del 21/02/2019, COGNOME, Rv. 275841 – 01) hanno precisato che i motivi di impugnazione (sia in appello che in cassazione) sono affetti da genericità «estrinseca» quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato (fermo restando che tale onere di specificità, a carico dell’impugnante, è direttamente proporzionale alla specificità con cui le predette ragioni sono state esposte nel provvedimento impugnato), posto che l’atto di impugnazione «non può ignorare le ragioni del provvedimento censurato» (Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014, Lavorato, Rv. 259425).
È, comunque, manifestamente infondato in quanto il Tribunale, individuando la competenza in relazione al luogo in cui si svolge la parte principale dell’attività di programmazione, ideazione e direzione -nella specie stoccaggio e traditio ai corrieri e agli acquirenti finali, ha fatto corretta applicazione dei principi appena rammentati, con motivazione compiuta ed immune da vizi logici.
Quanto al secondo motivo si osserva che in presenza di più condotte riconducibili a quelledescritte dall’art. 73 d.P.R. n. 309/90, quando unico è il fatto concreto che integra contestualmente più azioni tipichealternative, le condotte illecite minori perdono la loro individualità e vengono assorbite nell’ipotesi più grave;quando invece le differenti azioni tipiche sono distinte sul piano ontologico, cronologico e psicologico, essecostituiscono distinti reati concorrenti materialmente (Sez. 6, n. 22549 del 28/03/2017, COGNOME ed altro, Rv270266).
L’art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990 ha naturagiuridica di norma a più fattispecie, con la conseguenza che, da un lato, il reato è configurabile allorché ilsoggetto abbia posto in essere anche una sola delle condotte ivi previste, dall’altro, deve escludersi il concorsoformale di reati quando un unico fatto concreto integri contestualmente più azioni tipiche alternative previstedalla norma, poste in essere senza apprezzabile soluzione di continuità dallo stesso soggetto ed aventi comeoggetto materiale la medesima sostanza stupefacente (Sez. 3, n. 7404 del 15/01/2015, COGNOME, Rv. 262421,in fattispecie in cui la Corte ha escluso l’assorbimento di plurimi episodi di cessione di droga in una precedentecondotta di detenzione commessa dalle stesse persone ed oggetto di separato giudizio, in ragione della diversitàdel dato quantitativo e del differente contesto temporale). 5.1. Nella fattispecie in oggetto, i giudici della cautelattorrettamente ravvisato la pluralità di reati, trattandosi didiverse condotte criminose punibili ex art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990, inerenti a sostanze stupefacenti cedute inpiù occasioni temporalmente distaccate tra loro, come desumibile dalla indicazione del tempus commissi delicti di ciascuno dei reati ‘fine’.
I motivi terzo e quarto possono essere trattati congiuntamente, inerendo, il primo, alla ritenuta esistenza dell’associazione, il secondo alla affermazione del ruolo apicale al suo interno ricoperto dall’odierno ricorrente.
6.1. Ai fini della configurabilità diun’associazione finalizzata al narcotraffico, necessaria la presenza di tre elementi fondamentali:
l’esistenza di un gruppo composto da almeno tre persone tra loro vincolate da un patto associativo (sortoanche in modo informale e non contestuale), avente
ad oggetto un programma criminoso di compimento di unaserie indeterminata di reati in materia di stupefacenti, da realizzare attraverso il coordinamento degli apportipersonali;
la disponibilità da parte del sodalizio, con sufficiente stabilità, di risor umane e materiali per unacredibile attuazione del programma associativo;
un apporto individuale apprezzabile e non episodico degli associati, a conoscenza quantomeno dei trattiessenziali del sodalizio, che integri un contributo alla stabilità dell’unione illecita (Sez. 6, n. 7387 de103/12/2013, dep. 2014, Pompei, Rv. 258796; Sez. 4, n. 44183 del 02/10/2013, COGNOME, Rv. 257582).
Non è richiesta la presenza di una complessa e articolata organizzazione dotata di notevoli disponibilitàeconomiche, ma è sufficiente l’esistenza di strutture, sia pure rudimentali, deducibili dalla predisposizione dimezzi, per il perseguimento del fine comune, create in modo da concretare un supporto stabile e duraturo allesingole deliberazioni criminose, con il contributo dei singoli associati (Sez. 2, n. 19146 del 20/02/2019, Cicciari,Rv. 275583). Si è altresì sottolineato che l’elemento organizzativo assume un rilievo secondario, essendosufficiente anche una struttura minima perché il reato si perfezioni (Sez. 2, n. 16540 del 27/03/2013,COGNOME, Rv. 255491; nella specie, la Cassazione ha ritenuto corretta la sentenza di merito che, ai finidell’esclusione del reato, aveva giudicato irrilevante e, comunque, non provato il fatto che i correi non avesserostabile organizzazione e fossero sempre alla ricerca di mezzi per la commissione dei delitti scopo).
Ai fini della configurabilità del reato di associazione per delinquere finalizzata a traffico di stupefacenti, ilpatto associativo non deve necessariamente consistere in un preventivo accordo formale, ma può essere anchenon espresso e costituirsi di fatto fra soggetti consapevoli che le attività proprie ed altrui ricevon vicendevoleausilio e tutte insieme contribuiscono all’attuazione dello scopo comune (Sez. 3, n. 32485 del 24/05/2022,COGNOME, Rv. 283691 – 02); la prova del vincolo può essere desunta dalle modalità esecutive dei reati fine edalla loro ripetitività, dalla natura dei rapporti tra i loro autori, dalla ripartizione di co e ruoli fra i varisoggetti in vista del raggiungimento del comune obiettivo di effettuare attività di commercio di stupefacenti(Sez. 6, n. 9061 del 24/09/2012, dep. 2013, COGNOME, Rv. 255312).
L’assenza di una c.d. «cassa comune» non è ostativa al riconoscimento dell’associazione, essendosufficiente, anche nell’ipotesi di una gestione degli utili non paritaria né condivisa con tra i vari sodali, che traquesti sussista un comune e durevole interesse ad immettere nel mercato sostanza stupefacente,
nellaconsapevolezza della dimensione collettiva dell’attività e dell’esistenza di una sia pur minima organizzazione(Sez. 6, n. 2394 del 12/10/2021, dep. 2022, Napoli, Rv. 282677).
Ai fini della verifica degli elementi costitutivi della partecipazione al sodalizio, in particolare dell’affectiodi ciascun aderente ad esso, non rileva la durata del periodo di osservazione delle condotte criminose, che puòessere anche breve, purché dagli elementi acquisiti possa inferirsi l’esistenza di un sistema collaudato al qualegli agenti abbiano fatto riferimento anche implicito, benché per un periodo di tempo limitato (Sez. 6, n. 42937de1 23/09/2021, COGNOME, Rv. 282122; Sez. 4, n. 50570 del 26/11/2019, COGNOME, Rv. 278440 – 02).
In tema di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, il dolo è costituito dalla coscienza evolontà di partecipare attivamente alla realizzazione dell’accordo, e quindi del programma delittuoso, in modostabile e permanente (Sez. 3, n. 27450 del 29/04/2022, Aguì, Rv. 283351 – 04).
Non è richiesta la conoscenza reciproca fra tutti gli associati, essendo sufficiente la consapevolezza e lavolontà di partecipare, assieme ad almeno altre due persone aventi la stessa consapevolezza e volontà, ad unasocietà criminosa strutturata e finalizzata secondo lo schema legale (Sez. 6, n. 50133 del 21/11/2013, Casoria,Rv. 258645; Sez. 6, n. 11733 del 16/02/2012, Abboubi, Rv. 252232).
Quanto ai profili probatori, la prova del vincolo permanente, nascente dall’accordo associativo, può esseredata anche mediante l’accertamento di factaconcludentia, quali i contatti continui tra gli spacciatori, i frequentiviaggi p i rifornimenti della droga, le basi logistiche, i beni necessari per le operazioni delittuose, le formeorganizzative utilizzate, sia di tipo gerarchico che mediante divisione dei compiti tra gli associati, lacommissione di reati rientranti ne programma criminoso e le loro specifiche modalità esecutive (Sez. 3, n.47291 del 11/06/2021, COGNOME, Rv. 282610).
La prova dello svolgimento di un’attività sistematica e continuativa di cessione di sostanze droganti per unapprezzabile periodo di tempo può essere raggiunta anche nel caso in cui risultino dimostrate o riscontrate dasequestri soltanto alcune delle cessioni, monitorate attraverso servizi di intercettazione di conversazioni, quandole stesse siano collegate probatoriamente alle altre condotte contestate, senza che sia necessario riscontraretutti i singoli episodi, specie quando tali fatti coinvolgano le medesime persone, si presentino omogenei erisultino avvinti tra loro da continuità cronologica (Sez. 5, n. 14863 del 21/12/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv.281138).
Il giudice può dedurre i requisiti della stabilità del vincolo associativ trascendente la commissione deisingoli reati fine, e dell’indeterminatezza del programma criminoso, che segna la distinzione con il concorso dipersone, dal susseguirsi ininterrotto, per un apprezzabile lasso di tempo, delle condotte integranti detti reati adopera di soggetti stabilmente collegati (Sez. 2, n. 53000 del 04/10/2016, Basso, Rv. 268540), proprio perchéattraverso essi si manifesta in concreto l’operatività dell’associazione medesima (Sez. 2, n. 19435 deI31/03/2016, Ficara, Rv. 266670).
L’elemento aggiuntivo e distintivo del delitto di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 de 1990, rispetto allafattispecie del concorso di persone nel reato continuato di detenzione e spaccio di stupefacenti, va individuatonon solo nel carattere dell’accordo criminoso, avente ad oggetto la commissione di una serie nonpreventivamente determinata di delitti e nella permanenza del vincolo associativo, ma anche nell’esistenza diuna organizzazione che consenta la realizzazione concreta del programma criminoso (Sez. 6, n. 17467 deI21/11/2018, dep. 2019, Noure, Rv. 275550; in motivazione, la Corte ha precisato che il reato associativo — richiede la predisposizione di mezzi concretamente finalizzati alla commissione dei delitti ed il contributoeffettivo da parte dei singoli per il raggiungimento del scopo, poiché, solo nel momento in cui diviene operativae permanente la struttura organizzativa, si realizza la situazione antigiuridica che giustifica l gravi sanzioni ·
previste per tale fattispecie; Sez. 6, n. 28252 del 06/04/2017, COGNOME, Rv. 270564, secondo cui il caratterestabile dell’accordo criminoso presuppone la presenza di un reciproco impegno alla commissione di unapluralità di reati e il reato associativo non può ritenersi integrato per la sola frequente commissione di reati daparte degli stessi soggetti nel diverso ruolo di acquirente e venditore, essendo invece necessario che talereiterazione si collochi nell’ambito dell’esecuzione del programma associativo di commissione di una serieindeterminata di reati).
Corte di Cassazione – copia non ufficiale
La commissione di ripetuti reati di “spaccio” ex art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990, non può da sola costituireprova dell’integrazione del reato associativo, rappresentando al più indice sintomatico dell’esistenzadell’associazione, che però va accertata con riferimento all’accordo tra i sodali, alla struttura organizzativa edall’affectiosocietatis (Sez. 3, n. 25816 del 27/05/2022, COGNOME, Rv. 283278). Occorre, pertanto, che i rapporticon tali soggetti costituiscano forme di interazione nell’ambito di un gruppo organizzato e non di relazioni di tipodiretto ed immediato, prive di riferimenti al ruolo esponenziale dei predetti per conto
della consorteria (Sez. 3, n.9036 del 31/01/2022, COGNOME, Rv. 282838). La ripetuta commissione, in concorso con altri partecipi, di reatifine dell’associazione, può integrare l’esistenza di indizi gravi, precisi e concordanti in ordine alla partecipazioneal reato associativo, suscettibili di essere superati solo con la prova contraria dell’assenza di un vincolopreesistente con i correi, fermo restando che, stante la natura permanente del reato associativo, detta provanon può consistere nella limitata durata dei rapporti con costoro (Sez. 3, n. 20003 del 10/01/2020, COGNOME,Rv. 279505 – 02).
La prova dello svolgimento di un’attività sistematica e continuativa di cessione di sostanze droganti per unapprezzabile periodo temporale può essere raggiunta anche nel caso in cui risultino dimostrate soltanto alcune cessioni, monitorate attraverso servizi di intercettazione di conversazioni, quando le stesse sono collegateprobatoriamente alle altre condotte contestate, non occorrendo riscontrare tutti i singoli episodi, specie quandotali fatti coinvolgano le medesime persone, si presentino omogenei e risultino avvinti tra loro da continuitàcronologica (Sez. 3, n. 14954 del 02/12/2014, dep. 2015, Carrara, Rv. 263043; Sez. 3, n. 42537 deI21/05/2014, COGNOME, Rv. 261146).
La prova dell’appartenenza al sodalizio criminoso può essere desunta anche dall’accertamentodell’assistenza legale fornita ad un partecipe e dell’aiuto economico assicurato ai suoi familiari, una volta checostui sia tratto in arresto, consistendo in condotte prestate a vantaggio dell’intera consorteria e non solo dellapersona assistita (Sez. 3, n. 12705 del 15/02/2019, COGNOME, Rv. 275478; in motivazione, la Corte ha precisatoche, al fine del consolidamento dell’organizzazione criminale assume una importanza vitale la circostanza chel’associato abbia consapevolezza di poter contare, in caso di arresto, sulla continuità del vincolo associativo e sulrapporto di solidarietà tra gli associati).
6.2. Il Tribunale del Riesame, dopo aver riassunto la genesi del procedimento, e contestualizzato le risultanze delle investigazioni con indicazione dei soggetti e luoghi di interesse e del modus operandi che ne è risultato, ha, al paragrafo 3 dell’ordinanza impugnata, puntualmente indicato le ragioni in diritto e in fatto in forza delle quali ha inteso riaffermare la gravità indiziaria in ordine così all esistenza ed operatività della associazione come contestata,come al ruolo di vertice ricoperto da Oppedisano.
Si è avvalsa, a tal fine, correttamente, del richiamo al contenuto dell’ordinanza genetica.
In materia cautelare la giurisprudenza della Corte ritiene (Sez. 2, n. 672 del 23/01/1998, dep. 1999, COGNOME, Rv. 212768 – 01) che «così come la motivazione del tribunale del riesame può integrare e completare la motivazione
elaborata dal giudice che ha emesso il provvedimento restrittivo, quest’ultima ben può, a sua volta, essere utilizzata per colmare le eventuali lacune del successivo provvedimento; infatti, trattandosi di ordinanze complementari e strettamente collegate, esse, vicendevolmente e nel loro insieme, connotano l’unitario giudizio di sussistenza in ordine ai presupposti di applicabilità dell misura cautelare».Analogamente, Sez. 6, n. 32359 del 06/05/2003, COGNOME, Rv. 226517 – 01, ha ritenuto che il provvedimento del Tribunale del riesame integra e completa quello del giudice che ha emesso l’ordinanza applicativa, purché questa (come in questo caso) contenga le ragioni logiche e giuridiche che ne hanno determinato l’emissione, con la mera esclusione (Sez. 6, Sentenza n. 18476 del 12/12/2014, dep. 2015, COGNOME, n.m.) del caso in cui il provvedimento custodiale sia mancante di motivazione in senso grafico oppure ove, pur esistendo materialmente una motivazione, essa si risolva in clausole di stile o in una motivazione meramente apparente e cioè tale da non consentire di comprendere l’itinerario logico-giuridico esperito dal giudice.
Le due ordinanze, quindi, vanno considerate unitariamente al fine di valutare l’ammissibilità e la fondatezza dei motivi di ricorso.
Il Tribunale haspecificamente delineato e descritto: la pluralità di associati (RAGIONE_SOCIALE e COGNOME attivi nel reperimento dello stupefacente e nel trasporto presso il luogo di stoccaggio in INDIRIZZO di Rosarno, per la successiva cessione; RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE attivi quali corrieri e rivenditori; Santacroce quale soggetto che ha messo a disposizione piena e continua del sodalizio il terreno di titolarità della RAGIONE_SOCIALE. RAGIONE_SOCIALE, al fine di produrre e stoiccare la marjuana da rivendere in Rosarno; COGNOME pasquale quale soggetto che aveva messo a disposizione di Oppedisano, concedendolo in enfiteusi, il proprio terreno in INDIRIZZO di Rosarno, nella piena consapevolezza dell’utilizzo per fini illeciti ed illegali); la programmazione di una serie indeterminata di reati afferenti gli stupefacenti, con modus operandi sempre uguale e costante nel tempo, nonostante il ristretto arco temporale di appurata operatività; l’esistenza di beni strumentali alle finalità associative; la coscienza e volontà dei sodali di concorrere ad un comune ben delineato programma associativo; la sussistenza 5.14 di QT -n -al accordo criminoso volto, ex ante, alla commissione di una pluralità di delitti inerenti agli stupefacenti, come riscontrato dalla pletora di reati ex art. d.P.R. 309/90 contestati; ha attestato, alfine, come l’arresto del settembre 2020 di Oppedisano, COGNOME e COGNOME abbia determinato l’interruzione dell’attività illecita organizzata, nel cui ambito, la partecipazione, con ruol verticistico, di COGNOME è comprovata, dal punto di vista oggettivo come soggettivo, per essersi egli occupato «di tutti gli stadi della filiera e cioè sia
“rifornimento” di marjuana presso le serre di Pizzo, sia dello stoccaggio della sostanza in Rosarno, sia ancora della diretta consegna a corrieri e rivenditori», con funzioni direttive ed organizzative desumibili dalla acquisita personale disponibilità (in virtù del contratto di enfiteusi) del terreno in INDIRIZZO messo a disposizione dell’organizzazione ed utilizzato per lo stoccaggio dello stupefacente, dalla attività di consegna ai corrieri (come testimoniato dalla costante presenza agli incontri tra i sodali cui «cui evidentemente impartiva direttive per lo svolgimento dell’attività criminosa»).
6.3. Si tratta di motivazione lineare e coerente, in cui sono indicate le ragioni dell’affermazione dellaconfigurabilità dell’associazione (evidenziando in particolare la distribuzione dei ruoli, la finalizzazionedell’attività ad una seri indeterminata di delitti in materia di stupefacenti e il consistente apparatoorganizzativo) e del riconoscimento del ruolo verticistico dell’Oppedisano (che regolava l’attività collettiva conpoteri di supremazia sugli altri e con poteri di gestione dell’organizzazione), ed avverso cui la difesa non ha opposto specifici elementi idonei a confutare l’apparato argomentativo dell’ordinanza impugnata.
Il quinto motivo concerne la presunta violazione del disposto dell’art. 297, comma 3, cod proc pen..
7.1. Va premesso il consolidato principio espresso dalla giurisprudenzadi questa Corte, secondo cui, quando nei confronti di un imputato sono emesse più ordinanze cautelari per fattidiversi, in relazione ai quali esiste una connessione qualificata, opera la retrodatazione prevista dall’art. 297,comma 3, cod. proc. pen. anche rispetto ai fatti oggetto di un “diverso” procedimento, se questi erano desumibilidagli atti prima del rinvio a giudizio per il fatto o i fatti oggetto de prima ordinanza (Sez. 1, n. 26093 de115/02/2018, Bruzzese, Rv. 273132; Sez. U, n. 21957 del 22/03/2005, Rahulia, Rv. 231058).
Alla luce della giurisprudenza di legittimità, pacificamente, la nozione di anteriore “desumibilità”, dagli attiinerenti alla prima ordinanza cautelare, delle fonti indiziarie poste a fondamento dell’ordinanza cautelaresuccessiva, consiste non nella mera conoscibilità storica di determinate evenienze fattuali, ma nella condizionedi conoscenza derivata da un determinato compendio documentale o dichiarativo che consenta al pubblicoministero di esprimere un meditato apprezzamento prognostico della concludenza e gravità degli indizi,suscettibile di dare luogo, in presenza di concrete esigenze cautelari, alla richiesta e alla adozione di una nuovamisura cautelare (Sez. 3, n. 48034 del 25/10/2019, COGNOME, Rv. 277351; Sez. 3, n. 46158 del 04/02/2015,COGNOME, Rv. 265437).
In altra pronunzia si è altresì precisato che la nozione di “desumibilità dagli atti” non è integrata dalla nnera”conoscenza o conoscibilità” dei fatti che hanno condotto all’adozione della seconda misura, presupponendoinvece la sussistenza di una situazione indiziaria di tale gravità e completezza da legittimare l’adozione dellaseconda misura cautelare fin dal momento in cui è stata adottata la prima (Sez. 6, n. 54452 del 06/11/2018,Tedde, Rv. 274752).
E’ poi costantemente affermato il principio in base al quale, ai fini dell’accertamento del presupposto delladesumibilità dagli atti, rileva non già l’apprezzamento del pubblico ministero, bensì quello dell’organodell’impugnazione (nella specie il Tribunale della libertà), il quale valuta, a tal fine, la ragionevole tempestivitàcon la quale il pubblico ministero ha elaborato l’ipotesi di accusa sulla base della disponibilità degli elementiindiziari (Sez. 5, n. 47090 del 20/11/2007, Barone, Rv. 238887; Sez. 2, n. 11133 del 12/12/2008, dep. 2009,Macrì, Rv. 243421).
Ciò chiarito occorre sottolineare che la ratio dell’istituto della retrodatazione di cui all’art. 297, comma 3,cod. proc. pen. consiste nell’impedire un uso strumentale dei termini di fase delle misure cautelari qualoravenga disposta l’applicazione di distinte misure cautelari, in tempi successivi (nella specie, in merito a due o piùreati che potrebbero essere avvinti da connessione formanti oggetto di distinti procedimenti avanti ufficigiudiziari diversi). Ma tale finalità volta in sostanza a evitare l’imposizione tardiva di una misura cautelare e ilcorrelativo, tardivo decorso dei termini di fase – presuppone che, già all’epoca dell’ordinanza cautelare relativaal primo reato emerga con chiarezza unaspecifica, puntuale individuazione delle condizioni legittimanti la misura cautelare successivamente applicata:condizioni che, in estrema sintesi, devono ricercarsi nella disponibilità di elementi che, pur non compiutamentecoincidenti con quelli fondanti la seconda misura cautelare, siano di completezza, di portata e di precisione talida legittimare pienamente e fin da subito la statuizione de libertate successivamente adottata.
7.2. Nel procedimento che ne occupa il Tribunale del Riesame ha rilevato che la richiesta di applicazione della prima misura cautelare, inerente alla vicenda per cui si era proceduto ad arresto in flagranza il 2 settembre 2020, era stata avanzata da un’autorità giudiziaria,la Procura di Vibo Valentia, diversa da quella che ha condotto alla emissione dell’ordinanza qui impugnata, avanzata dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria; che la competenza distrettuale per il circondario di Vibo Valentia appartiene alla Procura della Repubblica di Catanzaro e non a quella di Reggio Calabria (il che a fortiori elide, in radice, la possibilità di etero-direzione delle indagini); che non risulta alcun elemento per ritenere che
l’arresto in flagranza (del 2 settembre 2020) sia stato indotto da elementi condivisi con altre autorità giudiziarie dalla polizia giudiziaria o dalla Procura che ne ha coordinato le indagini, posto che anche l’esame della informativa finale, pag 365 e segg, descrive, esclusivamente, i fatti relativi all’arresto in flagranza e i successivi risvolti processuali in sede di applicazione della misura, e risultando, anzi, dal testo dell’allegato n. 4 della informativa, come lo stesso fosse maturato nel corso di un ordinario servizio finalizzato alla repressione di reati in materia di stupefacenti, quindi svincolato da qualsivoglia altra attività investigativa svolta aliunde; che, infine, gli atti da cui la conoscibilità delle vicende compendiate nell’ambito del presente procedimento penale sono pervenuti alla Procura della Repubblica di Reggio Calabria a seguito del deposito dell’informativa finale del primo procedimento, solo il 18 febbraio 2021, quindi circa sei mesi dopo l’avvenuto arresto in flagranza e la conseguente applicazione della (prima) misura.
Ha aggiunto Il Tribunale che gli elementi contenuti nella informativa predetta e riguardanti elementi di novità in quanto inerenti alla pletora di altri reati di cu all’art. 73 d.P.R. n. 309/90, travalicavano, di certo, il singolo episodio che diede la stura al primo arresto, sia dal punto di vista oggettivo che soggettivo, anche perché nel primo non erano coinvolti gli altri soggetti indiziati di partecipazione al sodalizio.
7.3. Il qualificato grado di gravità indiziaria in ordine a quest’ultimo è emerso, dunque, solo successivamente, sulla scortadegli accertamenti solo di seguito compendiati, ineluttabilmente non conosciuti né conoscibili dalla prima autorità giudiziaria.
Le deduzioni difensive sulla desumibilità dagli atti appaiono, al cospetto di tanto, del tutto generiche ed inidonee a scalfirel’apparato argomentativo sopran i illustrato, sorretto da motivazione che, in diritto, ha fatto corretto governo della norma e della sua interpretazione alla luce della giurisprudenza di questa Corte.
Col sesto motivo la difesa lamenta – ex art. 606, comma 1, lett e) cod proc pen- motivazione illogica ed apparente in punto di esigenze cautelari nella parte in cui, evidenziata l’assenza di condotte sintomatiche nei quattro anni successivi al primo arresto, ha ritenuto, comunque, il pericolo di reiterazione nonostante il tempo trascorso.
Deduce, dunque, l’insussistenza dei requisiti di concretezza ed attualità delle esigenze cautelari.
8.1. Va rammentato che, in tema di misure cautelari personali, il requisito dell’attualità del pericolo previstodall’art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. non è equiparabile all’imminenza di specifiche opportunità diricaduta nel delitto e richiede, invece, da parte del giudice della cautela, una valutazione prognostica sullapossibilità di condotte reiterative, alla stregua di un’analisi accurata della fattispecie concreta, che tenga contodelle modalità realizzative della condotta, della personalità del soggetto e del contesto socio-ambientale, laquale deve essere tanto più approfondita quanto maggiore sia la distanza temporale dai fatti, ma non anche laprevisione di specifiche occasioni di recidivanza (Sez. 3, n. 9041 del 15/02/2022, COGNOME, Rv. 282891; Sez. 5, n.12869 del 20/01/2022, COGNOME, Rv. 282991; Sez. 5, n. 1154 del 11/11/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv.282769).
Il requisito dell’attualità del pericolo di recidiva sta ad indicare la continuità d periculum libertatis nellasua dimensione temporale, che va apprezzata o sulla base della vicinanza ai fatti in cui si è manifestata lapotenzialità criminale dell’indagato ovvero della presenza di elementi indicativi recenti, idonei a dar conto dellaeffettività del pericolo di concretizzazione dei rischi che la misura cautelare è chiamata a neutralizzare (Sez. 2, n.6593 del 25/01/2022, COGNOME, Rv. 282767; Sez. 2, n. 5054 del 24/11/2020, dep. 2021, Barletta, Rv.280566; Sez. 1, n. 14840 del 22/01/2020, COGNOME, Rv. 279122).
8.2. Con l’ordinanza impugnata il Tribunale non si è sottratto ad una puntuale indagine in merito.
Censite le allegazioni difensive, ha dedotto i motivi per cui non le ha ritenute atte a scardinare la presunzione di sussistenza delle esigenze di cautela di cui all’art. 275, comma 3, cod proc pen, rilevando, a contrario, la posizione apicale dell’odierno ricorrente, l’elevatissimo numero di reati fine scoperti nel pur breve tempo di indagine, l’elevato quantitativo di stupefacenti trattati, il precedente di cui il ricorrente è latore, per partecipazione ad associazione del medesimo tipo sempre operante in territorio calabrese, ritenuti, nel complesso, prevalenti rispetto alla condotta purmedio-tempore tenuta dal ricorrente senza censure, e alle precarie condizioni di salute della moglie del ricorrente, ciò anche in considerazione del fatto che l’interruzione del programma associativo era intervenuto non certo in forza di autonoma decisione dell’indagato, ma per l’intervenuto, più volte discusso, arresto.
Ha ritenuto, in ogni caso, di valorizzare gli argomenti difensivi al fine di vincere l’ulteriore presunzione di sola adeguatezza della misura cautelare massima, con ciò validando la scelta del giudice per le indagini preliminari di applicazione del solo divieto di dimora nella regione Calabria.
Ed ha, quanto al fattore ‘tempo’, considerandone la durata intercorsa tra i fatti e l’applicazione della misura insieme con la buona condotta del ricorrente, dedotto la sua rilevanza in termini di solo possibile affievolimento dei pericula libertatis, piuttosto che di totale elisione degli stessi, considerando che i trascorsi illegali dell’Oppedisano erano, tutti, consumati in Calabria.
8.3. Con siffatte motivazioni il ricorso non si confronta, svolgendo argomentazioni, generiche, e disancorate dal percorso motivazione del Tribunale, peccando di genericità intrinseca ed estrinseca.
Il motivo comunqueinfondato, poiché il Tribunale del riesame ha fatto buon governo dei principi sopra esposti, evidenziando la gravità dei reaticommessi dall’indagato e la pericolosità dimostrata come sopra, è perciò anche inammissibile.
Le Sezioni Unite della Corte (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822 – 01; conformi, ex multis, Sez. 2, n. 51531 del 19/11/2019, Greco, Rv. 277811 – 01; Sez. 3, n. 12727 del 21/02/2019, COGNOME, Rv. 275841 – 01) hanno precisato che i motivi di impugnazione (sia in appello che in cassazione) sono affetti da genericità «estrinseca» quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato (fermo restando che tale onere di specificità, a carico dell’impugnante, è direttamente proporzionale alla specificità con cui le predette ragioni sono state esposte nel provvedimento impugnato), posto che l’atto di impugnazione «non può ignorare le ragioni del provvedimento censurato» (Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014, Lavorato, Rv. 259425), e da genericità «intrinseca» quando risultano intrinsecamente indeterminati, risolvendosi sostanzialmente in formule di stile, come nel caso di appelli fondati su considerazioni generiche o astratte, o comunque non pertinenti al caso concreto (ex multis, Sez. 6, n. 3721 del 2016 e Sez. 1, n. 12066 del 05/10/1992, Makram), ovvero su generiche doglianze concernenti l’entità della pena a fronte di sanzioni sostanzialmente coincidenti con il minimo edittale (ex multis, Sez. 6, n. 18746 del 21/01/2014, COGNOME, Rv. 261094).
Il ricorso deve, dunque, essere rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.