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Associazione per delinquere: la Cassazione e i droni

La Corte di Cassazione ha confermato le misure cautelari per i membri di un’associazione per delinquere che utilizzava droni per introdurre illegalmente beni, inclusi stupefacenti e telefoni, nelle carceri. La sentenza rigetta i ricorsi degli indagati, ritenendo fondate le accuse basate su intercettazioni e dichiarazioni di collaboratori di giustizia. È stata inoltre confermata l’aggravante di aver agevolato un’organizzazione di stampo mafioso, poiché le attività del gruppo ne accrescevano la forza e la capacità di intimidazione.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Associazione per delinquere e droni in carcere: la decisione della Cassazione

La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 44363/2024 affronta un caso di associazione per delinquere caratterizzato da elementi di modernità tecnologica: l’uso di droni per introdurre illecitamente beni all’interno degli istituti penitenziari. La pronuncia offre spunti fondamentali sulla valutazione dei gravi indizi di colpevolezza, sulla necessità di specificità dei ricorsi e sull’applicazione dell’aggravante di agevolazione mafiosa.

I Fatti del Caso: Un’Organizzazione Criminale Tecnologicamente Avanzata

L’indagine ha portato alla luce un gruppo criminale organizzato per l’introduzione di beni vietati, come sostanze stupefacenti, telefoni cellulari e persino un’arma, all’interno di diverse carceri. La particolarità del sodalizio risiedeva nel modus operandi: le consegne avvenivano tramite l’utilizzo di droni, manovrati dall’esterno per raggiungere le celle dei detenuti complici.

L’organizzazione vedeva la partecipazione di diversi soggetti con ruoli ben definiti:
– Un promotore e ideatore del “sistema del drone”, che manteneva i rapporti con i referenti interni agli istituti.
– Una partecipante che agiva come referente per l’approvvigionamento dei beni e gestiva i guadagni illeciti, curando anche i pagamenti verso chi si occupava materialmente delle consegne.
– Un referente interno al carcere, che manteneva i contatti con i vertici per coordinare le consegne all’interno della struttura.

Il Ricorso in Cassazione e le doglianze dei ricorrenti

Contro l’ordinanza del Tribunale della Libertà, che confermava le misure cautelari (custodia in carcere e obbligo di dimora), gli indagati hanno proposto ricorso in Cassazione. I motivi principali erano incentrati sulla presunta carenza di gravi indizi di colpevolezza.

Un ricorrente lamentava la genericità delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia e la mancanza di riscontri individualizzanti sulla sua partecipazione all’associazione per delinquere. Un altro gruppo di ricorrenti contestava la sussistenza stessa dell’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti e i ruoli di promotore e partecipe a loro attribuiti, sostenendo che le prove fossero insufficienti. Infine, veniva criticato il riconoscimento dell’aggravante di aver agevolato un’associazione di stampo mafioso, nota come “Alleanza di Secondigliano”.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte di Cassazione ha rigettato tutti i ricorsi, ritenendoli in parte generici e in parte infondati, e ha confermato la solidità dell’impianto accusatorio.

In primo luogo, la Corte ha sottolineato che i ricorsi non si confrontavano adeguatamente con le argomentazioni dettagliate dell’ordinanza impugnata. Il Tribunale del Riesame aveva basato la sua decisione su un complesso di prove convergenti: conversazioni intercettate, dichiarazioni accusatorie di diversi collaboratori di giustizia e accertamenti sui movimenti di denaro.

Per quanto riguarda l’esistenza dell’associazione per delinquere, i giudici hanno ritenuto che gli elementi raccolti dimostrassero chiaramente l’esistenza di una struttura organizzata, stabile ed efficiente, capace di realizzare un numero significativo di consegne illecite. I ruoli dei singoli partecipanti erano stati delineati con precisione sulla base delle prove disponibili.

Un punto cruciale della motivazione riguarda l’aggravante di agevolazione mafiosa (art. 416-bis.1 c.p.). La Corte ha chiarito che, per la sua applicazione, non è necessario che i membri del gruppo criminale siano formalmente affiliati al clan mafioso. È sufficiente che l’attività delittuosa, nel suo complesso, contribuisca oggettivamente a rafforzare la capacità di intimidazione e il controllo del territorio dell’organizzazione mafiosa. In questo caso, l’introduzione di telefoni e droga in carcere è stata considerata un’azione idonea ad accrescere la forza e l’espressione di potenza criminale della cosiddetta Alleanza di Secondigliano, realizzando così i presupposti dell’aggravante.

Le Conclusioni: Implicazioni della Pronuncia

La sentenza in esame ribadisce alcuni principi fondamentali del diritto processuale e penale. Innanzitutto, evidenzia l’inammissibilità dei ricorsi “generici”, che si limitano a riproporre le stesse argomentazioni già respinte senza confrontarsi specificamente con la motivazione del provvedimento impugnato. In secondo luogo, conferma che la prova di un’associazione per delinquere può legittimamente fondarsi su un quadro probatorio composito, che include intercettazioni, dichiarazioni di collaboratori e riscontri oggettivi.

Infine, e con notevole importanza, la decisione consolida un’interpretazione estensiva dell’aggravante di agevolazione mafiosa, riconoscendola anche in assenza di un legame organico tra gli autori del reato e il clan, a condizione che la condotta illecita ne favorisca concretamente gli scopi e ne rafforzi il potere.

Quando un ricorso in Cassazione viene considerato “generico”?
Un ricorso è considerato generico quando non si confronta specificamente con le argomentazioni del provvedimento impugnato, ma si limita a riproporre le stesse tesi difensive già esaminate e respinte dal giudice precedente, senza evidenziare vizi logici o violazioni di legge nella sua motivazione.

Per configurare l’aggravante di agevolazione mafiosa è necessario essere affiliati al clan?
No. Secondo la sentenza, non è necessario un legame formale o un’affiliazione al clan mafioso. L’aggravante si applica se l’attività criminale, oggettivamente, contribuisce ad accrescere la forza, il prestigio o la capacità di intimidazione dell’associazione mafiosa, agevolandone l’attività.

Quali prove sono sufficienti per confermare una misura di custodia cautelare per associazione per delinquere?
La sentenza conferma che un quadro di gravi indizi di colpevolezza può essere validamente costruito sulla base di elementi di prova convergenti, come i contenuti di conversazioni intercettate, le dichiarazioni accusatorie di collaboratori di giustizia e riscontri oggettivi come l’accertamento di numerosi versamenti di denaro tra i membri del gruppo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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