Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 47240 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 47240 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 22/11/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME nato a Marsala il 30/05/1960; NOME COGNOME nato in Tunisia il 28/06/1990; COGNOME nato a Erice il 29/04/1969; COGNOME NOME nata a Marsala 1’08/02/1973; NOME nato in Tunisia il 28/01/1983;
avverso la sentenza della Corte di assise di appello di Palermo del 05/02/2024
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udita la requisitoria del Pubblico ministero, in persona del sostituto Procurat Generale NOME COGNOME il quale ha concluso per il rigetto dei ricorsi di COGNOME e di COGNOME e la declaratoria di inammissibilità
)
degli altri ricorsi;
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. COGNOME sentito l’avv. NOME COGNOME difensore di COGNOME che ha insistito per l’accoglimento dei motivi di ricorso;
sentito,l’avv. COGNOME difensore di COGNOME che ha insistito per l’accoglimento del ricorso riportandosi ai motivi;
sentitq l’avv. NOME COGNOME difensore di BOUAICHA COGNOME che ha insistito per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata;
sentitql’avv. NOME COGNOME difensore di NOME COGNOME che si è riportata ai motivi di ricorso chiedendone l’accoglimento;
sentito l’avv. NOME COGNOME difensore di COGNOME che ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata;
sentito l’avv. NOME COGNOME difensore di COGNOME NOMECOGNOME che si è riportato ai motivi di ricorso chiedendone l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza pronunciata in data 6 marzo 2023 la Corte di assise di Trapani, per quanto di interesse in questa sede, dichiarava NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOMEunitamente ad altri imputati la cui posizione, però, non rileva ai fini del presente procedimento) colpevoli dei reati appresso indicati e li condannava alle pene di seguito specificate, previa l’esclusione per tutti dell’aggravante della transnazionalità prevista e punita dall’art. 4 1.146/2006.
1.2. In particolare, NOME COGNOME veniva riconosciuto colpevole dei delitti ascrittigli ai capi 2) – riqualificato ai sensi dell’art. 291-quater, commi 2,3 e 4 d.P.R. 43/1973 – e 8), tra loro avvinti dal vincolo della continuazione, e condannato
alla pena di anni dodici di reclusione; NOME COGNOME colpevole dei delitti sub) 1,2,3,4,5,7 e 8, avvinti dalla continuazione, e condannato alla pena di anni dieci e mesi sette di reclusione ed euro 1.350.000,00 di multa; NOME COGNOME colpevole dei delitti sub) 1,2,6 e 7, avvinti dal vincolo della continuazione, e condannato alla pena di anni dieci e mesi due di reclusione ed euro 550.000,00 di multa; NOME COGNOME colpevole del reato di cui all’art. 418 cod. pen. (così riqualificati i fatti sub 1 e 2), e condannata alla pena di anni tre di reclusione; NOME COGNOME colpevole dei delitti di cui ai capi 1,2,5,6,7 e 8, uniti tra loro dal vincolo de continuazione e riconosciuta la continuazione con la sentenza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Marsala in data 8 settembre 2020, e condannato alla pena di anni ventidue e mesi cinque di reclusione ed euro 550.000,00 di multa.
1.3. La Corte di assise di appello di Palermo, con la sentenza in epigrafe, decidendo sui gravami proposti dagli imputati sopra indicati ha riformato parzialmente la decisione di primo grado mediante l’assoluzione di NOME COGNOME dal delitto ascrittogli sub 7) e l’assoluzione di NOME COGNOME da quello sub 8) per non avere commesso il fatto e, per l’effetto, escludendo per entrambi l’aggravante dell’uso o del possesso di armi per il delitto di cui al capo 2), ha rideterminato la pena inflitta al Carpentieri in anni nove e mesi nove di reclusione ed euro 535.000,00 di multa e, quanto al COGNOME, in anni otto e mesi quattro di reclusione, poi aumentata in complessivi anni dodici e mesi cinque di reclusione per effetto della riconosciuta continuazione con le pene inflitte per i meno gravi reati già giudicati con le sentenze del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Marsala pronunciate 1’11 gennaio 2017 e 1’8 settembre 2020.
La Corte territoriale, inoltre, ha rideterminato la pena inflitta a NOME COGNOME in anni tredici e mesi uno di reclusione ed euro 1.463.000,00 di multa, previa unificazione, sotto il vincolo della continuazione, dei reati oggetto del presente giudizio con quelli già giudicati con le sentenze del Tribunale di Marsala del 13 giugno 2016 e del Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale pronunciata 1’8 settembre 2020.
La gravata sentenza è stata confermata per il resto.
Avverso la sopra indicata decisione della Corte di assise di appello di Palermo gli imputati sopra indicati hanno proposto ricorsi per cassazione, i cui motivi vengono di seguito riprodotti nei limiti di cui all’art 173 disp. att. cod. proc. pe insistendo per il suo annullamento.
NOME COGNOME per mezzo dell’avv. NOME COGNOME ha affidato la propria impugnazione a sei motivi.
I
3.1. Con il primo motivo lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) e c), cod. proc. pen., l’erronea applicazione degli artt. 456, comma 2, e 453, comma 1bis, del codice di rito; al riguardo osserva che è stata infondatamente respinta la relativa eccezione difensiva di nullità del decreto di giudizio immediato per mancata indicazione dell’avviso per l’imputato di potere accedere all’istituto di cui all’art. 168-bis cod. pen. (sospensione del procedimento con messa alla prova dell’imputato).
3.2. Con il secondo motivo deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., l’erronea applicazione dell’art. 270 del codice di rito per avere la Corte territoriale ritenuto utilizzabili le intercettazioni captate in altri procedim anche in assenza di certezza sulla identificabilità dei traduttori e dei mediatori linguistici.
3.3. Con il terzo motivo censura, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., l’erronea applicazione dell’art. 291-quater, commi 2 e 3, d.P.R. 43/73 ed il relativo vizio di motivazione contraddittoria rispetto alla imputazione sub 2); invero, secondo il ricorrente, è stato confermato il giudizio di penale responsabilità in ordine a tale delitto nonostante l’assenza di elementi a conferma della sussistenza del vincolo associativo nei suoi riguardi.
3.4. Con il quarto motivo l’imputato lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., l’erronea applicazione dell’art. 291-quater, comma 2, d.P.R. 43/73 ed il relativo vizio di motivazione con riferimento al trattamento sanzionatorio per il delitto di cui al capo 2) della rubrica.
3.5. Con il quinto motivo NOME COGNOME deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., l’erronea applicazione dell’art. 99, comma quarto, cod. pen. ed il relativo vizio di motivazione mancante in ordine al disposto aumento di pena per la contestata recidiva.
3.6. Con il sesto motivo censura, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. la mancanza, contraddittorietà ed illogicità della motivazione rispetto agli aumenti di pena operati dalla Corte territoriale per i reati ritenuti avvinti d vincolo della continuazione.
NOME COGNOME per mezzo degli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME ha affidato il proprio ricorso a cinque motivi.
4.1. Con il primo motivo lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., il vizio di motivazione per avere la Corte di assise di appello ritenuto integrati i reati associativi di cui ai capi 1) e 2) fornendo, al riguardo, u argomentazione apparente, mancante e contraddittoria.
4.2. Con il secondo motivo egli deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., la violazione degli artt. 416 cod. pen. e 291-quater d.P.R.
43/1973 per essere stati considerati sussistenti i due reati associativi nonostante l’assenza di elementi incontrovertibili rispetto al c.d. ‘pactum sceleris’.
4.3. Con il terzo motivo censura, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la violazione di legge ed il vizio di motivazione per avere la Corte distrettuale ritenuto sussistente il delitto contestato sub 6), sebbene i relativi fatti potevano al più essere inquadrati nella diversa (e meno grave) fattispecie prevista dall’art. 378 cod. pen. (favoreggiamento personale).
4.4. Con il quarto motivo l’imputato lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la violazione di legge ed il vizio di omessa motivazione con riferimento al mancato riconoscimento, in suo favore, dell’attenuante prevista dall’art. 114 cod. pen. nonostante l’assoluta marginalità del suo operato.
4.5. Con il quinto e ultimo motivo NOME COGNOME deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), la violazione degli artt. 133 e 62-bis cod. pen. ed il relativo vizio di motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio, da lui ritenuto eccessivo tenuto conto della concreta gravità dei fatti addebitatigli e, comunque, per il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
NOME COGNOME per mezzo dell’avv. NOME COGNOME ha affidato la propria impugnazione ad un unico ed articolato motivo.
La ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., il vizio di motivazione mancante, contraddittoria ed illogica rispetto alle specifiche doglianze formulate dalla difesa, con particolare riferimento alla sua consapevolezza di chi realmente fosse il soggetto da lei ospitato in casa e di che cosa egli detenesse all’intero dell’abitazione dell’imputata medesima, nonché in ordine ai contatti telefonici intercorsi tra lei e il Nabil ed altri soggetti estran fatti di causa.
NOME COGNOME per mezzo dell’avv. NOME COGNOME ha affidato la propria impugnazione a due motivi.
6.1. Con il primo motivo lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la violazione della legge penale ed il relativo vizio di motivazione per essere stata confermata la continuazione tra i reati per i quali è stato riconosciuto colpevole operando, a suo dire, una duplicazione di fattispecie di reato.
6.2. Con il secondo deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la violazione dell’art. 649 del codice di rito ed il relativo vizi motivazione per avere la Corte di assise di appello confermato il giudizio di penale
responsabilità a suo carico, nonostante la carenza di elementi a sostegno della tesi accusatoria.
NOME COGNOME per mezzo dell’avv. NOME COGNOME ha affidato il proprio ricorso a quattro motivi.
7.1. Con il primo motivo censura, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) e c), cod. proc. pen., la inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 268, comma 1, 271, comma 1, 89 disp. att. del codice di rito con riferimento alla utilizzabilità delle intercettazioni in atti per la mancata indicazione delle generalità e delle modalità di identificazione degli interpreti di lingua straniera.
7.2. Con il secondo lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c) ed e), cod. proc. pen., la inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 192 cod. proc. pen. rispetto agli addebiti mossi ed il relativo vizio di motivazione mancante ed illogica; al riguardo deduce la insussistenza di gravi indizi a suo carico per quanto oggetto di imputazione.
7.3. Con il terzo motivo deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., la inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 62-bis cod. pen. per il mancato ed ingiustificato riconoscimento delle attenuanti generiche.
7.4. Con il quarto ed ultimo motivo censura, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., la manifesta illogicità della motivazione rispetto alla conferma della recidiva contestata.
Infine, all’esito della discussione, le parti hanno concluso nei termini sopra riportati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi, a seconda dei casi, vanno dichiarati inammissibili oppure respinti per le ragioni di seguito illustrate, fatta eccezione per il motivo della impugnazione di NOME COGNOME concernente il trattamento sanzionatorio che, invece, risulta fondato.
Anzitutto deve ricordarsi che, secondo il costante insegnamento di questa Corte, in sede di legittimità non è consentita una ‘rilettura degli elementi di fatt posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (per tutte: Sez. Un., 30/04- 02/07/1997, n. 6402, COGNOME, Rv. 207944; Sez. 4, n. 4842 del 02/12/2003, dep. 2004, Elia, R.v. 229369). Da ciò consegue che sono inammissibili i motivi che tendono ad ottenere
una ulteriore rivalutazione dei fatti mediante criteri di giudizio diversi da quel adottati dal giudice di merito, nel caso in cui questi, con motivazione esente da vizi logici e giuridici, abbia esplicitato le ragioni del suo convincimento.
2.1. Le modifiche, introdotte con la legge n. 46 del 20 febbraio 2006, che hanno riconosciuto la possibilità di deduzione del vizio di motivazione anche con il riferimento ad atti processuali specificamente indicati nei motivi di impugnazione, non ha infatti mutato la natura del giudizio di cassazione, che rimane pur sempre un giudizio di legittimità, di talché gli atti eventualmente indicati, che devono essere specificamente allegati per soddisfare il requisito di autosufficienza del ricorso, devono contenere elementi processualmente acquisiti, di natura certa ed obiettivamente incontrovertibili, che possano essere considerati decisivi in rapporto esclusivo alla motivazione del provvedimento impugnato e nell’ambito di una valutazione unitaria, e devono pertanto essere tali da inficiare la struttura logica del provvedimento stesso. È quindi preclusa la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura, sia pure anch’essa logica, dei dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o attendibilità delle fonti di prova. La modifica dell’art. 606 lett. e) cod. proc. pen., per effetto della legge n. 46 del 2006, non consente alla Corte di cassazione di sovrapporre la propria valutazione a quella già effettuata dai giudici di merito mentre comporta che la rispondenza delle dette valutazioni alle acquisizioni processuali può essere dedotta nella specie del cosiddetto travisamento della prova, a condizione che siano indicati in maniera specifica e puntuale gli atti rilevanti e sempre che la contraddittorietà della motivazione rispetto ad essi sia percepibile ‘ictu ocu/i’, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato ai rilievi di macroscopica evidenza, senza che siano apprezzabili le minime incongruenze. (Sez. 4, n. 20245 del 28/04/2006, Francia, Rv. 234099) Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2.2. Devono, pertanto, ritenersi inammissibili anche i ricorsi fondati su motivi che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerarsi non specifici. La mancanza di specificità del motivo, invero, deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell’art. 591 comma 1 lett. c), all’inammissibilità (Sez. 4, n. 5191 dwl 29/03/2000, Barone, Rv. 216473; Sez. 1, n. 39598 del 30/09/2004, COGNOME, Rv. 230634; Sez. 4, n. 34270
del 03/07/2007, COGNOME, Rv. 236945; Sez. 3, n. 35492 del 06/07/2007, Tasca, Rv. 237596).
2.3. È costante, infatti, l’ insegnamento di questa Corte per cui il sindacato sulla motivazione del provvedimento impugnato va compiuto attraverso l’analisi dello sviluppo motivazionale espresso nell’atto e della sua interna coerenza logicogiuridica, non essendo possibile compiere in sede di legittimità «nuove» attribuzioni di significato o realizzare una diversa lettura dei medesimi dati dimostrativi e ciò anche nei casi in cui si ritenga preferibile una diversa lettura maggiormente esplicativa (si veda, ex multis, Sez. 6, n. 11194 dell’08/03/2012, Lupo, Rv. 252178). Così come va ribadito che l’illogicità della motivazione, come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ‘ictu ocu/i’, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento (Sez. U., n. 24 del 24/11/1999 Rv. 214794; Sez. U., n. 47289 del 24/09/2003 Rv. 226074).
2.4. Deve poi ricordarsi che, in tema di motivi di ricorso per cassazione, il vizio di travisamento della prova, desumibile dal testo del provvedimento impugnato o da altri atti del processo specificamente indicati dal ricorrente, è ravvisabile ed efficace solo se l’errore accertato sia idoneo a disarticolare l’intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa dell’elemento frainteso o ignorato, fermi restando il limite del devolutum in caso di cosiddetta “doppia conforme” e l’intangibilità della valutazione nel merito del risultato probatorio (ex multis : Sez. 5, n.48050 del 02/07/2019, Rv. 277758).
2.5. Infine, non va dimenticato che, ai fini del controllo di legittimità sul viz di motivazione, ricorre la cd. “doppia conforme” quando la sentenza di appello, nella sua struttura argonnentativa, si salda con quella di primo grado sia attraverso ripetuti richiami a quest’ultima sia adottando gli stessi criteri utilizzati ne valutazione delle prove, con la conseguenza che le due sentenze possono essere lette congiuntamente costituendo un unico complessivo corpo decisionale (Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, Rv. 277218 – 01).
Fatta questa necessaria premessa si osserva che, per quanto di interesse in questa sede, una doppia affermazione di responsabilità è stata pronunciata nei confronti degli odierni ricorrenti nei termini appresso indicati.
3.1. NOME COGNOME è stato riconosciuto colpevole del delitto ascrittogli al capo 2) – vale a dire l’associazione per delinquere finalizzata al traffico di tabacchi
lavorati esteri (t.l.e.) – con l’esclusione dell’aggravante dell’uso o del possesso d armi.
3.2. NOME COGNOME è stato riconosciuto colpevole dei delitti sub) 1, 2 e 6, avvinti dal vincolo della continuazione, con l’esclusione dell’aggravante dell’uso o del possesso di armi per il delitto di cui al capo 2.
3.3. NOME COGNOME è stata riconosciuta colpevole del reato di cui all’art. 418 cod. pen., così qualificata la originaria imputazione nei suoi riguardi per i fatt sub 1) e 2).
3.4. NOME COGNOME è stato riconosciuto colpevole dei delitti sub) 1, 2, 3, 4, 5, 7 e 8, avvinti tra loro dal vincolo della continuazione,
3.5. NOME COGNOME è stato riconosciuto colpevole dei delitti di cui ai capi 1, 2, 5 6, 7 e 8, uniti tra loro dal vincolo della continuazione.
I fatti sono stati ricostruiti da entrambi i giudici di merito nei segue termini; il presente procedimento ha tratto origine dall’arresto in flagranza, effettuato dalla Guardia di Finanza di Marsala il giorno 18 maggio 2016, di Bouiacha Montasar per il reato di contrabbando di t.l.e. essendo stato il medesimo trovato in possesso di 150 Kg, di sigarette marca ‘Pine Blu’ da lui trasportate a bordo di una autovettura. A seguito di tale arresto il suo telefono veniva sequestrato e si procedeva alla intercettazione delle utenze telefoniche con le quali egli aveva intrattenuto il maggior numero di conversazioni.
Il 4 giugno 2016 la Guardia di Finanza di Trapani denunciava, sempre per contrabbando di t.l.e., NOME COGNOME (giudicato separatamente e fratello dell’odierno ricorrente NOME COGNOME) trovato a bordo di un gommone con 150 stecche di sigarette; il 26 agosto 2016 NOME COGNOME veniva nuovamente trovato in possesso di t.l.e. di contrabbando (oltre 400 Kg. di sigarette marca ‘Pine Blu’) che teneva nascosto in una stanza dell’abitazione di NOME COGNOME; per tale fatto veniva processato con rito direttissimo patteggiando la pena.
4.1. Nel frattempo proseguivano le intercettazioni sull’utenza di Bouachia Montasar, dalle quali era possibile appurare che il predetto e NOME COGNOME si conoscevano tra loro e che erano in contatto con altri soggetti quali NOME COGNOME NOME COGNOME (che non ha proposto appello avverso la sentenza di primo grado) e NOME COGNOME i quali venivano quindi sottoposti ad indagine pure loro. Dall’analisi del contenuto delle conversazioni tra i predetti, gli investigato traevano il sospetto che gli stessi operassero, in modo organizzato, non soltanto nel settore del contrabbando di t.l.e., ma anche nel trasporto illegale di migranti dalla Tunisia (e dai litorali nordafricani in genere) verso le coste del trapanese. Tale ipotesi veniva corroborata dai risultati delle attività di perquisizione e sequestro svolte e dagli accertamenti eseguiti nei riguardi del Carpentieri e del
COGNOME che consentivano di appurare la loro disponibilità – in ragione della attività lavorativa da essi svolta – di gommoni e di imbarcazioni negli approdi e nelle coste della provincia di Trapani.
Esaurite le indagini veniva, quindi, ipotizzata l’esistenza di due associazioni per delinquere destinate una al contrabbando di t.l.e. e l’altra al favoreggiamento della immigrazione clandestina, nonché dei singoli delitti-scopo, come in particolare i vari sbarchi illegali di immigrati e la violazione della legge armi sub 8).
4.2. In particolare, le attenzioni degli investigatori si erano concentrate su singoli sbarchi (meglio descritti nei capi di imputazione) avvenuti lungo le coste della provincia di Trapani tra il 30 marzo ed il 4 giugno del 2016; orbene, da una conversazione intercettata tra NOME COGNOME e NOME COGNOME risalente al 3 giugno 2016 era stato possibile desumere che il gruppo avesse già precedentemente trasportato migranti dalla Tunisia, facendoli sbarcare lungo le coste del trapanese in almeno due occasioni antecedenti la citata conversazione (riguardanti, rispettivamente, 12 e 50 persone) e che era stato personalmente NOME COGNOME a condurre le imbarcazioni in entrambi i casi (oggetto dei capi 3 e 4 della rubrica).
4.3. Come riferito in sede di esame testimoniale dal maggiore NOME COGNOMEcomandante della Guardia di Finanza di Marsala), dagli accertamenti presso la banca dati della Questura di Trapani, nel periodo compreso tra gennaio e maggio 2016, nella zona erano stati effettivamente segnalati sette sbarchi ‘fantasma’ (vale a dire arrivi, via mare, di migranti abbandonati a riva e che, una volta raggiunta la terra ferma, si disperdono per sfuggire ad eventuali controlli); in particolare, i uno di questi sbarchi (avvenuto il 30 marzo 2016) erano stati foto segnalati e condotti presso l’ hotspot di Milo (Trapani) otto cittadini extracomunitari, mentre in quello avvenuto il 12 aprile 2016 erano state segnalate trenta persone.
I due sbarchi in questione venivano, pertanto, considerati coincidenti con i viaggi di cui COGNOME aveva conversato al telefono con NOME COGNOME ed oggetto delle imputazioni sub 3) e 4; la discrasia rispetto al numero dei migranti (tra quanto riferito nella conversazione telefonica ed i soggetti effettivamente identificati) veniva spiegata dal fatto che, prima ancora dell’intervento dei soccorritori e delle forze dell’ordine, alcuni dei cittadini extracomunitari trasporta erano riusciti ad allontanarsi. Per tali ragioni NOME COGNOME veniva ritenuto responsabile dei delitti ascrittigli ai capi 3 e 4 (relativi agli sbarchi del 30 ma 2016 e del 12 aprile 2016) per avere svolto attività di scafista al fine di consentire l’ingresso illegale in Italia di cittadini extracomunitari in cambio del pagamento di denaro.
4.4. L’altro sbarco di migranti contestato agli imputati era avvenuto il giorno 4 giugno 2016 (capo 5 della rubrica); in tale frangente la Guardia di Finanza
(allertata dall’agenzia europea Frontex circa l’avvicinamento alle coste di Marsala di due gommoni provenienti dalla Tunisia) aveva individuato e fermato NOME COGNOME (fratello di NOME COGNOME) mentre illecitamente trasportava, a bordo di un gommone, trenta chilogrammi di t.l.e.; l’altro gommone, pur fotografato dall’alto, era invece riuscito a fuggire con a bordo i due scafisti le cui sagome si notavano in modo distinto.
Dall’analisi delle telefonate intercettate successivamente al 4 giugno si riteneva dimostrato che a bordo del gommone che era riuscito a fuggire si trovavano COGNOME e NOME COGNOME i quali stavano trasportando in Italia almeno sette migranti. Invero, in due conversazioni intercorse il 5 giugno 2016 tra i due imputati sopra indicati nonché tra COGNOME e la sua convivente, il primo si lamentava del fatto che l’operazione del giorno prima era andata male in quanto conclusasi con la cattura del ‘fratello’ da individuarsi in NOME COGNOME (germano di NOME COGNOME) effettivamente arrestato il giorno precedente in quanto trovato in possesso di t.l.e.; nella medesime conversazioni gli interlocutori si riferivano anche a ‘sette agnelli’ fatti approdare sulle coste italiane, termine da intendersi come riguardante sette migranti. Lo stesso NOME COGNOME, nel corso dell’interrogatorio di garanzia avanti al Giudice per le indagini preliminari ed al Pubblico ministero, aveva ammesso di essersi trovato – assieme a NOME COGNOME – proprio a bordo del gommone sfuggito ai controlli del 4 giugno 2016, sostenendo che i due dovevano effettivamente recarsi da Marsala a Tunisi per caricare t.l.e. e migranti, ma che nel momento in cui era stato intercettato non stavano trasportando nulla.
4.5. Lo sbarco contestato al capo 6) della rubrica era, invece, avvenuto in data 30 giugno 2016 presso la località ‘Biscione’, sita tra Marsala e Petrosino, ed era stato segnalato da un privato cittadino, il quale aveva allertato le forze dell’ordine riferendo di avere visto che una ventina di extracomunitari erano stati lasciati a riva da due soggetti giunti a bordo di un gommone. A seguito di tale segnalazione militari dell’Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza si erano recati, intorno alle ore 06:00 dello stesso giorno, presso l’abitazione della moglie di NOME COGNOME il quale faceva rientro in casa soltanto intorno alle ore 08:00 accompagnato da NOME COGNOME e da un altro cittadino tunisino (tale NOME COGNOME indicato in alcune conversazioni intercettate anche come NOME COGNOME). I due cittadini stranieri erano bagnati e dentro l’auto (in uso e condotta dal COGNOME) venivano rinvenuti dagli operanti degli indumenti intrisi di acqua che emanavano un forte odore di benzina, nonché un sofisticato navigatore portatile; NOME COGNOME veniva anche trovato in possesso di circa duemila euro in contanti. NOME COGNOME in quanto irregolare sul territorio, veniva denunciato e trasferito presso l’apposito c.p.e. di Caltanissetta per l’identificazione e l’espulsione. Sulla base di tali elementi e del contenuto delle intercettazioni avvenute quella stessa sera tra Nabil COGNOME,
NOME COGNOME e la compagna di NOME COGNOME si aveva la conferma che i responsabili dello sbarco in questione erano stati proprio NOME COGNOME e NOME COGNOME
4.7. Con riferimento alla violazione della legge armi (capo 8 della rubrica) essa è stata desunta dal preciso riferimento effettuato, nel corso delle conversazioni intercettate, da alcuni degli imputati alla disponibilità di un’arma nella disponibilit del gruppo durante i viaggi in mare.
4.8. Premesso quanto sopra, si passa ora all’esame delle singole impugnazioni.
Il ricorso di NOME COGNOME è fondato nei limiti appresso indicati.
5.1. Il primo motivo, riguardante la pretesa nullità del decreto che ha disposto il giudizio immediato per la mancata indicazione della facoltà dell’imputato di chiedere la sospensione del procedimento con messa alla prova ai sensi dell’art. 168-bis cod. pen., è infondato; invero, la difesa non si confronta in modo effettivo con la motivazione della sentenza impugnata (pagg. 85-87) la quale, tra l’altro, ha evidenziato che il decreto che ha disposto il giudizio immediato, essendo stato emesso prima della sentenza della Corte costituzionale n. 19 del 2020 (che ha inciso sull’art. 456 cod. proc. pen., relativamente alla necessità dell’avviso in questione), non poteva contenere detta avvertenza e che, nella fattispecie, la relativa eccezione non era stata proposta alla prima udienza successiva (tenutasi il 18 maggio 2020) alla sopra indicata sentenza del Giudice delle leggi, con la conseguente tardività di detta eccezione.
Infatti, l’omissione dell’avviso della facoltà di chiedere la sospensione del procedimento con messa alla prova nel decreto di giudizio immediato emesso prima del deposito della sentenza della Corte costituzionale n. 19 del 2020 – che ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 456, comma 2, cod. proc. pen. nella parte i cui non prevedeva che il decreto debba contenere tale avviso – determina una nullità di ordine generale non assoluta, che in quanto tale deve essere dedotta dalla difesa alla prima udienza dibattimentale celebrata dopo il deposito della sentenza della Consulta (vedi, in senso conforme, Sez. 5, n. 18130 del 06/02/2024, Rv. 286390 – 01). Orbene, il ricorrente non contesta di non avere sollevato l’eccezione in questione in occasione della udienza del 18 maggio 2020 (vale a dire la prima celebrata dopo la sentenza della Corte costituzionale in oggetto) e, pertanto, la relativa eccezione è da considerarsi tardiva.
5.2. Parimenti infondato risulta il secondo motivo della impugnazione dato che, al contrario di quanto dedotto dal ricorrente, secondo il prevalente orientamento della giurisprudenza di legittimità condiviso da questo Collegio, la omessa indicazione, nel verbale di esecuzione delle intercettazioni, delle generalità dell’interprete di lingua straniera che abbia proceduto all’ascolto, traduzione e trascrizione delle conversazioni, non è causa di inutilizzabilità dei risultati di t operazioni, essendo tale sanzione prevista solo per i casi tassativamente indicati dall’art. 271 cod. proc. pen. (Sez. 5, n. 7030 del 16/01/2020, Rv. 278659 – 01; massime precedenti conformi: n. 24141 del 2008 Rv. 240372 – 01, n. 15472 del 2018 Rv. 272683 – 01, n. 5197 del 2018 Rv. 272151 – 01, n. 30783 del 2007 Rv. 237088 – 01, n. 31285 del 2017 Rv. 270570 – 01, n. 24305 del 2017 Rv. 269985 – 01, n. 25549 del 2015 Rv. 268024 – 01). Deve aggiungersi che l’orientamento sopra indicato viene esteso anche alla connessa materia della captazione informatica (Sez. 5, n. 35010 del 30/09/2020, Rv. 280398 – 02).
5.3. Il terzo motivo è inammissibile in quanto teso, all’evidenza, ad una diversa valutazione del merito rispetto a quella effettuata, senza fratture di carattere logico, dalla Corte territoriale per confermare il giudizio di penale responsabilità in ordine al reato associativo sub 2).
Invero, la sentenza impugnata ha ampiamente e coerentemente argomentato rispetto all’inserimento di NOME COGNOME nel sodalizio avente la finalità d introdurre in Italia t.l.e. di contrabbando; anzitutto, lo stesso imputato – nel corso del suo esame in primo grado – aveva riconosciuto di essere coinvolto nel contrabbando e, soprattutto, nella fase finale in cui il t.l.e. arrivava in Ital Inoltre, le captazioni hanno confermato i continui contatti con gli altri imputati e, in particolare, con NOME Carpentieri, NOME COGNOME e NOME COGNOME, nonché la notevole preoccupazione dei sodali dopo l’arresto del COGNOME avvenuto il 30 giugno 2016; il 2 settembre 2016, poi, le forze di polizia avevano rinvenuto e sequestrato ben 80 chilogrammi di t.l.e. nell’auto in cui si trovava il ricorrente (fatto per il quale egli è stato condannato in separato giudizio) e che era stato a lui consegnato da NOME COGNOME. La successiva perquisizione nella abitazione di COGNOME aveva portato anche al sequestro di ulteriore t.l.e. di contrabbando, di una sofisticata ricetrasmittente, di un foglio di contabilità relativa a svariat migliaia di euro recante il nome proprio di NOME COGNOME nonché dei documenti dell’altro sodale NOME COGNOME datosi alla fuga alla vista degli operanti.
Un ulteriore elemento probatorio è stato considerato anche l’interessamento e la preoccupazione mostrati da COGNOME e dagli altri imputati, in occasione del fermo di NOME COGNOME e la loro volontà di far avere al sodale un buon avvocato nonché l’intenzione di farlo scappare dal centro di accoglienza. Sulla base di tali elementi, complessivamente considerati, NOME COGNOME è stato quindi ritenuto inserito nelle fila dell’associazione dedita al contrabbando di t.l.e.
5.4. Al contrario è fondato il motivo riguardante la determinazione della pena base per l’associazione dedita al contrabbando di t.l.e. sub 2); invero, la Corte territoriale – dopo avere escluso l’aggravante del possesso e dell’uso dell’arma ha fissato la pena nella misura di anni cinque, sebbene la pena prevista per ia fattispecie disciplinata dal secondo comma del citato art. 291-quater vada da uno e sei anni di reclusione e che il terzo comma preveda genericamene l’aumento della pena se il numero degli associati è di dieci o più.
Orbene, nel caso in esame, la Corte di assise di appello si è attestata vn prossimità del limite massimo edittale, ma non ha dato conto, come in tali casi necessario, degli specifici indici di commisurazione della pena sulla base dei quali la ha determinata nei termini sopra riportati (Sez. 3, n. 10095 del 10/01/2013, Monterosso, Rv. 255153); la sentenza impugnata, pertanto, deve essere annullata
con rinvio per nuovo giudizio sul punto al fine di colmare la relativa carenza argomentativa.
L’accoglimento di tale motivo determina, come logica conseguenza, l’assorbimento delle censure relative alla recidiva ed agli aumenti di pena stabiliti per la continuazione.
Il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOMEriconosciuto colpevole dei reati sub 1,2 e 6) è infondato e, pertanto, deve essere respinto.
6.1. I primi quattro motivi sono inammissibili in quanto – pur lamentando la violazione di legge ed il vizio di motivazione – pretendono di rivalutare gli elementi processuali in modo diverso rispetto a quello effettuato, senza incorrere in vizi logici, dalla Corte di assise di appello per confermare il giudizio di penale responsabilità per entrambe le associazioni a lui contestate.
Invero, la Corte territoriale (così come anche quella di primo grado) ha osservato che l’imputato era in frequente contatto con i sodali anche nelle occasioni più delicate e pericolose, che egli aveva la disponibilità di alcuni dei motori nautici usati dall’associazione e che, come riferito da NOME COGNOME, investiva il proprio denaro per l’acquisto delle attrezzature utilizzate dagli associati.
Una ulteriore conferma dell’apporto di natura logistica alle associazioni è stata desunta, sempre in modo coerente, dalla accertata partecipazione del Carpentieri al reato sub 6) – relativo allo sbarco di clandestini avvenuto il 30 giugno 2016 allorquando egli aveva accompagnato in macchina NOME COGNOME e NOME COGNOME presso l’abitazione della moglie del primo, poco dopo il citato sbarco; in tale frangente i due imputati stranieri erano bagnati, nel bagagliaio dell’auto erano stati rinvenuti dei vestiti inzuppati di acqua e che emanavano un forte odore di benzina, nonché un sofisticato navigatore marino satellitare (strumento utilizzato per la navigazione su lunghe tratte). Inoltre, nell’ occasione, il COGNOME era stato trovato in possesso di circa duemila euro in contanti, della cui provenienza non era stato in grado di fornire una giustificazione. È stato pure documentato che il 28 giugno 2016 il ricorrente aveva acquistato due motori per imbarcazione marca ‘RAGIONE_SOCIALE‘, poi sequestrati in occasione di un altro sbarco di migranti clandestini avvenuto il 17 febbraio 2017 sempre ad opera di NOME COGNOME e COGNOME (oggetto di un separato procedimento); tale ulteriore elemento è stata ritenuta, in modo non illogico, la conferma della messa a disposizione dei natanti e dei motori da parte dell’imputato per una serie indeterminata di reati di contrabbando di t.l.e. e di immigrazione clandestina.
Per tali ragioni, quindi, le condotte del ricorrente non possono qualificarsi come favoreggiamento avendo egli concorso nel reato sub 6) con un apporto
certamente non di scarsa importanza consistito nella messa a disposizione di elementi fondamentali per la commissione del reato, quali il gommone ed il motore.
6.2. Infondato risulta, infine, il quinto motivo riguardante il trattamento sanzionatorio e la mancata concessione delle attenuanti generiche; infatti, la Corte distrettuale (la cui motivazione, sul punto, va letta unitamente a quella di primo grado) ha fondato il trattamento sanzionatorio e la mancata concessione delle attenuanti ex art. 62-bis cod. pen. in considerazione della gravità dei plurimi e reiterati reati commessi, dell’apporto fornito alle associazioni da parte di NOME COGNOME mediante la messa a disposizione di natanti e di motori marini, nonché dell’assenza di elementi di carattere positivo per il riconoscimento delle invocate attenuanti, adempiendo in tal modo al relativo obbligo motivazionale senza incorrere in vizi di natura logica.
Il ricorso di NOME COGNOME è manifestamente infondato e, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile.
7.1. Come noto il delitto di assistenza agli associati previsto dall’art. 418 cod. pen. presuppone l’estraneità dell’agente rispetto al sodalizio criminale e la coincidenza temporale dell’attività di assistenza con l’operatività dell’associazione criminale (Sez. 6, n. 13085 del 03/10/2013, dep. 2014, Rv. 259483 – 01).
7.2. Orbene la Corte territoriale ha confermato il giudizio di penale responsabilità per il delitto di cui all’art. 418 cod. pen. evidenziando, con motivazione adeguata ed esente da vizi logici, anzitutto che l’istruttoria dibattimentale aveva consentito di accertare che l’imputata era titolare di una azienda agricola risultata, in realtà, inesistente e che la medesima era solita assumere in modo fittizio braccianti agricoli extracomunitari al fine di consentire loro di ottenere il permesso di soggiorno; i braccianti venivano poi licenziati per ottenere l’indennità di disoccupazione che, in gran parte, veniva da loro versata alla ricorrente. Rispetto a tali fatti la COGNOME aveva patteggiato una pena ad anni uno, mesi quattro e giorni venti di reclusione per avere indotto in errore i funzionari dell’I.NRAGIONE_SOCIALES. in ordine alla effettiva occupazione di manodopera da parte sua; pertanto, la Corte distrettuale ha considerato la imputata come persona inserita in traffici illeciti e non già una benefattrice.
Inoltre, sempre in modo non contraddittorio, la sentenza impugnata ha osservato che la ricorrente nell’estate del 2016 aveva ospitato nella propria abitazione Nabil Zayar, il quale aveva nascosto in essa ben 400 Kg. di t.l.e. che, proprio in ragione della loro ingente quantità, non potevano passare inosservati alla Randazzo. Un ulteriore elemento per il quale l’imputata doveva ritenersi a conoscenza della presenza della merce di contrabbando è stato logicamente
desunto dalla circostanza che le sigarette erano conservate in una stanza chiusa a chiave che era differente rispetto a quella dove dormiva il Nabil.
La Corte di assise di appello ha poi notato che tra l’imputata e NOME COGNOME come emerso dalle intercettazioni, vi era un rapporto molto stretto (verosimilmente di natura sentimentale), tanto che la donna aveva espresso ad una amica di volersi trasferire in Tunisia per vivere con lui, circostanza incompatibile con la tesi difensiva di inconsapevolezza di cosa fosse conservato dall’uomo all’interno della stanza chiusa a chiave.
7.3. Ne consegue che la ricorrente, pur lamentando il vizio di motivazione, sollecita a questa Corte una differente valutazione degli elementi processuali rispetto a quella coerentemente svolta dal giudice a quo, che è operazione non consentita in sede di legittimità.
Manifestamente infondato risulta anche il ricorso proposto nell’interesse di COGNOME in quanto esso non si confronta in modo specifico con le compiute argomentazioni contenute nella sentenza impugnata per confermare il giudizio di responsabilità nei suoi riguardi.
8.1. Anzitutto, la lamentata duplicazione della fattispecie di reato associativo non sussiste atteso che la fattispecie ex art. 291-quater d.P.R. del 23 gennaio 1973 n.43 è tipicizzata per legge, di talché essa può coesistere con l’associazione finalizzata al favoreggiamento della immigrazione clandestina qualora sussistano i tipici elementi di entrambi i sodalizi, senza che ciò comporti una doppia valutazione dei medesimi fatti trattandosi, al contrario, di fattispecie riguardanti differen condotte. A ciò deve aggiungersi che la Corte di assise di appello ha unificato, sotto il vincolo della continuazione, i reati oggetto del presente procedimento con quelli diversi accertati con le due sentenze sopra indicate, come peraltro richiesto dalla stessa difesa con le note difensive finali (cfr. pag. 17 della decisione impugnata).
8.2. Quanto poi alla pretesa assenza di elementi a carico dell’imputato deve, invece, rilevarsi che la Corte di assise di appello, con motivazione adeguata e non contraddittoria, lo ha ritenuto come uno dei maggiori protagonisti delle vicende in contestazione, trattandosi di uno degli scafisti addetti al trasporto di t.l.e. migranti più attivi e temuti nelle rotte tra il nord Africa e la Sicilia, come peral già accertato con la sentenza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Marsala pronunciata 1’8 settembre 2020 (divenuta irrevocabile il 18 ottobre 2023) riguardante reati dello stesso tipo riuniti in continuazione – come sopra indicati – con quelli oggetto del presente procedimento.
In particolare, nel diverso giudizio di cui sopra COGNOME era risultato, per come riferito dagli stessi soggetti trasportati, il più cattivo degli scafist
quanto egli era solito maltrattare e picchiare duramente i malcapitati migranti che si trovavano a bordo dei natanti e che egli aveva richiesto svariati milioni di dinari tunisini per il loro trasporto, non esitando a fare fuoco contro le forze dell’ordine tunisine ed italiane. Con riferimento ai delitti di cui ai capi 3) e 4) della rubrica Corte territoriale ha dato rilievo alla captazione del 3 giugno 2016 nella quale NOME COGNOME conversando con NOME COGNOMEcoimputato che non ha proposto appello avverso la sentenza di primo grado) aveva ricostruito in termini chiari la propria partecipazione ai due sbarchi (che sulla base di quanto riferito dagli operanti, dovevano identificarsi con gli sbarchi oggetto delle due imputazioni sopra indicate), vantandosi con l’interlocutore delle manovre azzardate compiute mentre si trovava al timone del gommone. Con riferimento allo sbarco avvenuto il 4 giugno 2016 (capo 5) il materiale probatorio a carico dell’imputato è stato ricavato dalle dichiarazioni rese, in data 27 agosto 2019, al Giudice per le indagini preliminari da parte di NOME COGNOME il quale aveva indicato, oltre a sé stesso, proprio COGNOME come l’altro soggetto fotografato a bordo del gommone sfuggito alla Guardia di Finanza nel corso della operazione che aveva, invece, condotto alla cattura di NOME COGNOME. A ciò deve aggiungersi anche il colloquio avvenuto il 5 giugno 2016 tra il ricorrente e la compagna, nel corso del quale egli si lamentava della cattiva riuscita dell’operazione del giorno prima in quanto conclusasi con l’arresto del germano del complice; nella stessa conversazione egli si riferiva all’avvenuto sbarco di sette ‘agnelli’ (da intendersi come migranti illegali) sulle coste italiane da lui effettuato proprio il giorno precedente. Parimenti, con riferimento allo sbarco avvenuto il 2 settembre 2016 (oggetto della imputazione sub 7) gli elementi di colpevolezza sono stati ricavati dai colloqui intercorsi tra l’imputato ed i complici su come recuperare i migranti abbandonati su di uno scoglio ed in difficoltà; analogamente per la violazione della legge armi (capo 8) la prova della responsabilità del ricorrente è stata desunta dal chiaro tenore dei colloqui intercorsi con i complici proprio rispetto al possesso di un’arma riposta nello scafo. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
8.3. Infine, la Corte territoriale, senza incorrere in evidenti discrasie logiche, ha considerato provata la responsabilità per le due associazioni per la presenza di numerose fattispecie di reati consumati nell’ambito di una precisa struttura organizzativa (rappresentata dalla disponibilità di gommoni e motori nautici messi sempre a disposizione di COGNOME e COGNOME, nonché delle varie attrezzature come mute da subacqueo e sofisticati navigatori satellitari nautici) al fine della perpetrazione di un numero indeterminato di reati. A conferma della sussistenza del vincolo associativo è stata evidenziata, in modo non contraddittorio, anche la notevole preoccupazione (emersa dalle intercettazioni) dei sodali allorquando NOME COGNOME era stato fermato per essere espulso e la volontà dei medesimi non
· GLYPH soltanto di garantirgli l’assistenza di un avvocato, ma anche di farlo evadere dal centro di accoglienza dove era stato portato in attesa di venire rimpatriato in Tunisia.
Pertanto, le generiche censure di violazione di legge e vizio di motivazione sono, in realtà, dirette ad un non consentito riesame degli elementi di merito rispetto a quello coerentemente effettuato dalla Corte territoriale.
Il ricorso proposto, in data 19 giugno 2024, dal difensore di fiducia nell’interesse di NOME COGNOME va dichiarato inammissibile.
9.1. Invero, la sentenza della Corte di assise di appello di Palermo è stata pronunciata nei confronti del predetto quale imputato assente e latitante; da ciò consegue che – in forza dell’art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen. nella versione in vigore al momento della proposizione della impugnazione (come tale applicabile per la sua natura processuale), avvenuta prima delle modifiche ad esso apportate dalla 1.114/2024 entrata in vigore il 25 agosto 2024 – anche il difensore di fiducia doveva depositare, a pena di inammissibilità, lo specifico mandato ad impugnare (rilasciato dopo la decisione impugnata) contenente la dichiarazione o elezione di domicilio. La citata disposizione deve ritenersi applicabile anche all’imputato assente che sia stato dichiarato latitante, non essendo configurabile alcuna compressione del diritto di difesa, poiché il latitante non è giuridicamente impossibilitato a mantenere contatti con il proprio difensore al fine di concordare le strategie difensive (Sez. 1, n. 25935 del 16/04/2024, Rv. 286598 – 01); a quanto sopra deve aggiungersi che le Sezioni Unite di questa Corte, con sentenza pronunciata il 24 ottobre 2024 (le cui motivazioni, al momento di questa decisione, non sono state depositate) hanno ritenuto, in fattispecie assimilabile alla presente, che la disciplina contenuta nell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. – abrogata dalla legge 9 agosto 2024 n.114, in vigore dal 25 agosto 2024 – continua ad applicarsi alle impugnazioni proposte sino al giorno 24 agosto 2024. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Nel caso in esame il difensore di fiducia di NOME COGNOME non ha allegato alla impugnazione il mandato speciale rilasciato successivamente alla sentenza impugnata e nemmeno la elezione di domicilio e, nel corso della discussione, ha confermato il mancato rilascio di una procura speciale in suo favore da parte dell’assistito; da ciò consegue la inammissibilità del ricorso.
9.2. Deve, quindi, affermarsi il principio secondo cui la disciplina contenuta nell’art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen. – parzialmente modificato dalla legge 9 agosto 2024, n. 114, in vigore dal 25 agosto 2024 – stante la sua natura processuale continua ad applicarsi sino al giorno 24 agosto 2024 nella versione precedente dette modifiche e, perciò, anche alle impugnazioni proposte entro tale data dal difensore di fiducia dell’imputato assente.
9.3. In ogni caso, si osserva che l’impugnazione di NOME COGNOME non potrebbe comunque essere accolta; con riferimento al primo motivo (riguardante la mancata indicazione delle generalità degli interpreti) si rimanda a quanto indicato al precedente paragrafo 5.2. relativamente alla medesima censura sollevata da NOME COGNOME e considerata infondata.
9.4. Il secondo motivo è inammissibile in quanto con esso il ricorrente – pur lamentando la violazione di legge ed il vizio di motivazione – vorrebbe pervenire ad una differente valutazione del materiale probatorio a suo carico rispetto a quella effettuata, senza incorrere in evidenti vizi logici, dalla Corte territoriale confermare il giudizio di penale responsabilità a suo carico fondato su tutti gli elementi sopra riportati.
9.5. Con riferimento ai motivi riguardanti la mancata concessione dere attenuanti generiche e la conferma della contestata recidiva, si osserva che la Corte distrettuale (la cui motivazione va letta unitamente a quella della decisione di primo grado sul punto) ha fondato la mancata concessione delle attenuanti ex art. 62-bis cod. pen. e la conferma della recidiva dando rilievo alla gravità dei plurimi e reiterati reati commessi, ai precedenti specifici, alla posizione di vertice ricoperta dall’imputato nell’ambito di entrambe le associazioni, all’assenza di elementi di carattere positivo per il riconoscimento delle invocate attenuanti ed alla sua persistente pericolosità confermata dalla ricaduta in reati della medesima natura, adempiendo in tal modo al relativo obbligo motivazionale senza incorrere in vizi di natura logica.
In conclusione, il ricorso proposto da NOME COGNOME deve essere accolto limitatamente al motivo riguardante il trattamento sanzionatorio (con assorbimento delle censure relative alla recidiva ed agli aumenti per la continuazione), con rinvio per nuovo giudizio su tale punto ad altra Sezione deila Corte di assise di appello di Palermo per colmare le lacune motivazionali sopra indicate, mentre va rigettato nel resto con il conseguente accertamento definitivo della sua responsabilità; il ricorso di NOME COGNOME va respinto con la sua condanna al pagamento delle spese processuali a norma dell’art. 616 cod. proc. pen.
Le altre impugnazioni, invece, devono essere dichiarate inammissibili con la condanna dei restanti ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Dichiara inammissibili i ricorsi di COGNOME, COGNOME NOME e NOME COGNOME che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Rigetta il ricorso di COGNOME NOME che condanna al pagamento delle spese processuali. Annulla la sentenza impugnata da COGNOME NOME limitatamente al trattamento sanzionatorio con rinvio per nuovo giudizio su tale punto ad altra Sezione della Corte di assise di appello di Palermo. Rigetta il ricorso di COGNOME NOME nel resto. Visto l’art. 624 c.p.p. dichiara l’irrevocabilità della sentenza in ordine all’affermazione della penale responsabilità dell’imputato COGNOME NOME.
Così deciso in Roma, il 22 novembre 2024.