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Associazione per delinquere: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione si è pronunciata sui ricorsi di tre imputati condannati per associazione per delinquere finalizzata al narcotraffico. La Corte ha rigettato i ricorsi di due imputati, confermando la loro partecipazione stabile al sodalizio, uno con ruolo di finanziatore e l’altro di fornitore. Ha invece annullato con rinvio la condanna del terzo, ritenendo insufficiente la prova della sua adesione al programma criminale e censurando la mancata decisione del giudice d’appello sulla richiesta di applicazione del reato continuato.

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Pubblicato il 1 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Associazione per delinquere: confini e prove secondo la Cassazione

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti sui criteri per determinare la partecipazione a un’associazione per delinquere finalizzata al narcotraffico. Il caso ha esaminato le posizioni di tre imputati, delineando i confini tra il ruolo di membro stabile, quello di fornitore occasionale e il favoreggiamento, e ha ribadito principi fondamentali in materia di prova e di applicazione del reato continuato.

I Fatti di Causa

Tre individui venivano condannati in primo grado e in appello per aver partecipato a un’associazione criminale dedita al traffico di sostanze stupefacenti. Secondo l’accusa, il gruppo operava nel territorio nisseno, gestendo l’approvvigionamento e lo spaccio di droghe di vario tipo. Gli imputati, con ruoli diversi, avrebbero contribuito alla vita e all’operatività del sodalizio. Avverso la sentenza della Corte d’appello, i tre presentavano ricorso per Cassazione, sollevando diverse questioni sulla configurabilità del reato associativo, sulla qualificazione della loro condotta e sul trattamento sanzionatorio.

L’Analisi della Corte sull’associazione per delinquere finalizzata al narcotraffico

La Corte di Cassazione ha esaminato separatamente le posizioni degli imputati, giungendo a conclusioni diverse. L’analisi ha toccato punti nevralgici della disciplina dell’associazione per delinquere finalizzata al narcotraffico, dalla prova della partecipazione alla distinzione con l’ipotesi di lieve entità.

La conferma delle condanne per due imputati

Per due dei ricorrenti, la Corte ha dichiarato i ricorsi infondati, confermando la loro responsabilità.

Per il primo, le prove hanno dimostrato un ruolo poliedrico, che andava oltre la semplice contiguità con un parente membro del gruppo. Egli non solo conosceva le dinamiche del sodalizio, ma svolgeva un ruolo attivo come “cassiere” e finanziatore, fornendo provvista di denaro e gestendo i proventi dello spaccio. La Corte ha ritenuto irrilevanti le contestazioni difensive sulla presunta illogicità di alcune intercettazioni (come quella relativa a “5 kg di carne”), ribadendo che l’interpretazione del linguaggio criptico spetta al giudice di merito se logicamente motivata.

Per il secondo imputato, un fornitore di stupefacenti, la Corte ha stabilito che la sua condotta superava il rapporto sinallagmatico di una singola compravendita. La costanza e la stabilità delle forniture, la loro rilevanza economica e l’affidamento che il gruppo riponeva su di lui hanno trasformato il rapporto in una vera e propria adesione al programma criminale, rendendolo un membro a tutti gli effetti (intraneo).

Il rigetto della qualificazione come associazione di lieve entità

La Corte ha respinto la richiesta di derubricare il reato nell’ipotesi di associazione per delinquere finalizzata al narcotraffico di lieve entità (art. 74, comma 6, d.P.R. 309/1990). I giudici hanno sottolineato che i consistenti quantitativi di droga sequestrati (chili di hashish e centinaia di grammi di cocaina) e l’ampiezza dei traffici, che coinvolgevano fornitori legati alla mafia siciliana, erano incompatibili con un’organizzazione dedita al “piccolo spaccio”.

L’annullamento con rinvio per il terzo imputato

Il ricorso del terzo imputato è stato invece accolto. La Corte ha ritenuto che la sentenza d’appello avesse motivato in modo insufficiente la sua partecipazione al sodalizio. Le prove a suo carico si basavano essenzialmente su un unico sequestro di droga avvenuto al momento del suo arresto e sulla sua presenza in due occasioni nel territorio di operatività del gruppo. Secondo la Cassazione, questi elementi, privi di un solido quadro probatorio di contorno, non erano sufficienti a dimostrare un’adesione stabile e consapevole al programma criminoso.

Inoltre, la Corte ha censurato la decisione del giudice d’appello di non pronunciarsi sulla richiesta di applicazione del reato continuato con precedenti sentenze definitive, demandando la questione al giudice dell’esecuzione. Su questo punto, la Cassazione ha ribadito che il giudice dell’impugnazione ha l’obbligo di decidere sulle richieste formulate con specifici motivi di gravame.

Le Motivazioni della Decisione

La sentenza si fonda su principi consolidati. Per configurare la partecipazione a un’associazione criminale, non è sufficiente compiere reati-scopo, ma è necessaria la prova dell’inserimento stabile nella struttura, con la consapevolezza e la volontà di contribuire al fine comune. Un fornitore diventa partecipe quando il suo rapporto con il gruppo assume caratteri di stabilità, continuità e affidabilità, diventando un punto di riferimento per l’approvvigionamento. La distinzione tra associazione ordinaria e di lieve entità dipende non solo dalle modalità operative, ma anche dalle potenzialità offensive e dai quantitativi di droga trattati. Infine, la Corte ha riaffermato il principio devolutivo, secondo cui il giudice d’appello non può esimersi dal decidere sulle questioni ritualmente sottoposte al suo esame, come quella relativa al reato continuato.

Conclusioni

Questa pronuncia ribadisce la necessità di un accertamento rigoroso per affermare la responsabilità per un reato grave come l’associazione per delinquere finalizzata al narcotraffico. La Corte distingue nettamente tra condotte episodiche, seppur illecite, e l’adesione a un patto criminale stabile. La decisione sull’annullamento evidenzia come la prova debba essere globale e non frammentaria, capace di dimostrare “al di là di ogni ragionevole dubbio” l’inserimento dell’imputato nel tessuto associativo. La sentenza rappresenta, inoltre, un importante monito per i giudici di merito sull’obbligo di rispondere a tutte le doglianze difensive, in particolare quelle relative a istituti, come il reato continuato, che incidono direttamente sulla determinazione della pena.

Quando un fornitore di droga diventa un membro di un’associazione criminale?
Secondo la sentenza, un fornitore diventa partecipe quando il suo rapporto con il gruppo non è più una semplice sequenza di compravendite, ma assume caratteri di stabilità, continuità e affidabilità, diventando una somministrazione costante su cui l’organizzazione fa affidamento per la propria operatività. In tal caso, si trasforma in un’adesione al programma criminale.

Quali elementi distinguono un’associazione per narcotraffico ‘ordinaria’ da una di ‘lieve entità’?
La distinzione si basa su una valutazione complessiva. L’ipotesi di lieve entità richiede che il programma criminale sia limitato esclusivamente a fatti di piccolo spaccio, con modalità strutturali e operative modeste. La sentenza chiarisce che consistenti approvvigionamenti di sostanze, ingenti pagamenti e collegamenti con fornitori di alto livello criminale sono indici che escludono la lieve entità.

Può il giudice d’appello rimandare al giudice dell’esecuzione la decisione sul reato continuato richiesta in un motivo di impugnazione?
No. La Corte di Cassazione, richiamando un principio consolidato delle Sezioni Unite, afferma che il giudice dell’impugnazione ha l’obbligo di pronunciarsi sulle richieste formulate con uno specifico motivo di gravame. Non può esimersi da tale compito, riservando la decisione al giudice dell’esecuzione, poiché ciò violerebbe il principio devolutivo che governa le impugnazioni.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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