Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 10323 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 10323 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME COGNOME nato a Barcellona Pozzo di Gotto il 03/03/1956 avverso l’ordinanza del Tribunale della Libertà di Messina del 18/07/2024; visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udite le conclusioni rassegnate dal Procuratore generale, NOME COGNOME che concluso per l’inammissibilità del ricorso; udite le conclusioni dell’avv. NOME COGNOME difensore di COGNOME NOME, ch riportato ai motivi di ricorso chiedendone l’accoglimento;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 18 luglio 2024 il Tribunale della Libertà di Messin pronunciandosi in relazione alla istanza di riesame avanzata dall’odierno ricorr avverso l’ordinanza del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Mess del 1-4 giugno 2024 (con cui era stata applicata a COGNOME COGNOME la misura d custodia cautelare in carcere in relazione al reato di partecipazione
associazione di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309/90, con contestazione dall’ottobre 2022 all’aprile 2023, capo 31, e al reato di cui all’art. 110, 73 ed 80 d.P.R. n. 309/90, capo 25, del 5 novembre 2022), ha annullato l’ordinanza limitatamente al capo 25 di incolpazione provvisoria, con conferma nel resto.
A mezzo del difensore di fiducia COGNOME ha proposto tempestivo ricorso, affidato a due motivi.
2.1. Col primo denuncia inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 273, cod.proc.pen., e correlato vizio di motivazione.
Manca qualsiasi indicazione del contributo specifico profuso dal prevenuto alla sussistenza dell’associazione ed al perseguimento degli scopi associativi; il Tribunale del Riesame ha anche escluso la configurabilità dell’unico reato fine contestatogli, così smentendo gli assunti accusatori del collaboratore NOME, circa la prestata collaborazione gestoria agli affari dei figli; la lettura dei dialo captati non è idonea a configurare il contrario; l’ordinanza del Tribunale, e, prima, quella del giudice delle indagini preliminari, interpretano i rapporti familiari pe sostenere, oltre il dato investigativo, la sua partecipazione alla associazione sulla scorta dei passaggi di denaro tra figli e genitore, sorretti da altra causa, nonché sulla non dimostrata utilizzazione dell’abitazione del prevenuto per detenzione e commercializzazione dello stupefacente.
2.2. Col secondo motivo denuncia violazione di legge e correlato vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari.
Il Tribunale ha ritenuto di valorizzare, a tal fine, i precedenti penali, benchè datati ed aspecifici; COGNOME peraltro, quasi settantenne, non ha alcuna autonoma capacità di rapporti tale da ipotizzare il pericolo di reiterazione; in ogni caso l misura applicata è sproporzionata rispetto al ruolo apoditticamente ascrittogli.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi sopra illustrati appaiono manifestamente infondati.
Per contro, il provvedimento impugnato appare contrassegnato da motivazione che, secondo il perimetro di cognizione del giudice di legittimità in sede cautelare, contiene l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato in assenza di illogicità evidenti, essendo caratterizzato da congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (anche con riferimento alla puntuale analisi delle specifiche doglianze difensive), oltre ad essere corretto in diritto.
Giova una preliminare ricostruzione delle vicende procedimentali.
Con ordinanza del 1-4 giugno 2024 il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Messina ha applicato -tra gli altri- a COGNOME COGNOME la misura custodiale massima in relazione in relazione al reato di partecipazione alla associazione di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309/90, con contestazione dall’ottobre 2022 all’aprile 2023, capo 31, e al reato di cui all’art. 110, 73 ed 80 d.P.R. n. 309/90, capo 25, del 5 novembre 2022),
Il Tribunale della Libertà, in sede di decisione sulla istanza di riesame, rigettata ha dedotto che le incolpazioni elevate all’odierno ricorrente si innestano in una più ampia attività illecita, oggetto di una indagine condotta dal nucleo operativo radiomobile della Compagnia dei Carabinieri di Barcellona Pozzo di Gotto, della Legione Carabinieri Sicilia, che ha disvelato l’esistenza di un agguerrito sodalizio dedito al narcotraffico, radicato sulla fascia tirrenica della provincia messinese e facente capo ai membri della famiglia COGNOME. Un altro filone di indagine, che ha riguardato la diffusa disponibilità, in capo ai detenuti reclusi all’interno della casa Circondariale di Barcellona Pozzo di Gotto, di cellulari per comunicare con l’esterno e di stupefacenti da smerciare all’interno, aveva visto confluire il relativo procedimento nel primo, per riunione; anche in tale contesto erano infatti emerse responsabilità a carico di COGNOME COGNOME, in quella Casa circondariale recluso.
Le indagini tutte si sono giovate del prezioso contributo conoscitivo offerto dalle propalazioni dei collaboratori di giustizia COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME e, da ultimo, COGNOME, già affiliato al gruppo COGNOME. È proprio Corritore -la cui attendibilità è sta positivamente testata ed affermata come per gli altri collaboranti (cfr. l’ordinanza del Tribunale della Libertà) e mai posta in dubbio dalla difesa della ricorrente – che ha lumeggiato esistenza ed organigramma del gruppo COGNOME.
Il Tribunale della Libertà ha positivamente vagliato le chiamate in correità formulate dai collaboratori ritenendole autonome, per le modalità dirette con le quali le informazioni svelate sono state apprese dai propalanti, scevre da possibili condizionamenti e soprattutto spontanee e genuine, non essendo emerso alcun indice che permetta di inficiare la credibilità intrinseca di costoro; costanti, linear e coerenti, in assenza di distonie, contraddizioni o illogicità; convergenti sul tema dell’accusa principale, ovvero sulla sussistenza nel panorama barcellonese di un gruppo a composizione essenzialmente familiare, costituito nel suo nucleo essenziale da NOME NOME e dai figli NOME, NOME e NOME, che aveva assunto nel tempo una capacità criminale e una spiccata operatività per la professionalità con la quale gestiva i propri affari, tanto da porsi quale autorevole interlocutore di fornitori calabresi e catanesi di grosso calibro.
Ha poi enucleato, mercè il rinvio alla pagine 215 dell’ordinanza genetica, le fonti indiziarie a precipuo carico dell’odierno ricorrente, in primis le convergenti dichiarazioni dei collaboratori tutti e di COGNOME e COGNOME in particolare.
Intanto del collaboratore COGNOME NOME COGNOMEconfermato nell’assunto principale dalla compagna COGNOME), che sin dalle prime dichiarazioni ha indicato il gruppo familiare composto da COGNOME NOME e dai figli NOME, NOME e NOME come una realtà associativa autonoma nel settore del narcotraffico nel mercato locale degli stupefacenti. Gruppo che aveva, anche, la disponibilità di armi (come comprovato dall’arresto del sodale NOME COGNOME insieme con NOME COGNOME, trovato in possesso di stupefacenti ed armi).
Quindi di NOME COGNOME, che aveva dimorato proprio nello stabile ove abitava anche COGNOME NOME col figlio NOME, e, prima, anche NOME, e che ha reso circostanziate dichiarazioni accusatorie sul conto del prevenuto, indicandolo, insieme coi figli NOME e NOME, promotore dell’omonimo gruppo criminale; a conoscenza della evoluzione del traffico di stupefacenti nel territorio barcellonese sin dal 2013, ha spiegato che l’abitazione di COGNOME NOME costituiva base logistica per i traffici del gruppo (su così larga scala che NOME si era procurato una pressa idraulica per confezionare meglio lo stupefacente), precisando di essere stato testimone diretto, in plurime occasioni, della vendita al dettaglio gestita presso l’abitazione dell’odierno ricorrente. Le circostanze dedotte sono tutte specifiche e logicamente esposte; in particolare, quanto a COGNOME NOME, nel verbale del 14 dicembre 2022, ha chiarito che aveva mantenuto contatti con lui sino a pochi mesi prima dell’inizio della sua collaborazione; che NOME aveva continuato a gestire il traffico degli stupefacenti insieme col figlio NOME, mentre NOME aveva assunto ruolo di vertice, decidendo oggetto dello smercio da parte del padre, ed assecondando le richieste del fratello detenuto, NOMECOGNOME che tramite il padre, i fratelli e NOME COGNOME aveva ottenuto la fornitura di stupefacente in carcere per NOMECOGNOME che quando era momentaneamente privo di stupefacente da spacciare NOME supportava COGNOME NOME e da lui si recava per concordare le forniture, su mandato e ordine del capo COGNOME NOME (si veda la conversazione del 29.3.2023 testualmente riportata a pag 10 dell’ordinanza impugnata) . Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Ha quindi censito le risultanze del correlato procedimento iscritto al n. 341/20 RGNR, che confermava i rapporti di COGNOME NOME e NOME con esponenti di spicco della criminalità mafiosa barcellonese (COGNOME NOME e COGNOME NOME, che avevano intavolato trattative con gli COGNOME per lo smercio dello stupefacente).
Quindi le risultanze della attività captative (che si richiamano in toto come riproposte nella parte riprodotta a pag 7 e 8 dell’ordinanza impugnata quanto ai
partecipi del gruppo familiare e) in particolare, quanto a COGNOME NOME le conversazioni del 12 dicembre 2022, che attesta il rapporto funzionale ad una cessione, tra il ricorrente e tale NOME; del 19 dicembre 2022, tra lo stesso avventore e il ricorrente, presso la cui casa si recava accertatosi della presenza di NOME; del 23 febbraio 2023, in ambientale in auto, tra il ricorrente ed il figlio NOME, in cui padre e figlio parlano del NOME, facendo riferimento ai loro traffici di droga, dicono del luogo di occultamento dello stupefacente da cui prelevarlo a fini di vendita, convengono sulla necessità di essere contatti per tempo dagli acquirenti onde facilitare le cessioni; particolarmente rilevante ritiene il Tribunale la conversazione del 21 novembre 2022, tra COGNOME NOME e la moglie, COGNOME COGNOME in quanto la donna riferisce delle censure svolte da COGNOME NOME all’agire del padre NOME per degli ammanchi di denaro che riguardavano i profitti della comune attività di spaccio di stupefacenti; e perché la conversazione certifica l’esistenza di una cassa comune, e attesta la percezione da parte del prevenuto del denaro relativo alle cessioni di stupefacente da lui effettuate (cfr pag 7-8- dell’ordinanza). La partecipazione del prevenuto alla compagine associativa, con ruolo rilevante, emerge peraltro da una conversazione del 1 aprile 2023, in cui si evidenzia la posizione fortemente critica del prevenuto rispetto alla condotta del figlio NOME, operante sotto la sua supervisione. Altra conversazione, del 22 febbraio 2023, tra l’associato COGNOME Felice ed il figlio NOMECOGNOME ne attesta la posizione di tutto rispetto all’interno del sodalizio, essendo da costoro appellato come ‘Don NOME‘ per conto del quale erano stati autorizzati ad uno sconto.
Infine i servizi di osservazione e le registrazioni delle telecamere di sorveglianza della zona, che attestano come la dimora del prevenuto fosse meta di incessante ‘pellegrinaggio’ di avventori per l’acquisto di stupefacente.
Lamenta la difesa, col primo motivo di ricorso, l’erronea applicazione di legge in relazione alla individuazione del compendio indiziario, e l’assenza di argomenti a tal fine utilizzabili.
3.1. Questa Corte Suprema è ferma nel ritenere che, in tema di impugnazione delle misure cautelari personali, il ricorso per cassazione con il quale si lamenti l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando (…) propone e sviluppa censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, ovvero che si risolvono in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Sez. 6, n. 11194 dell’8/3/2012, COGNOME, Rv. 252178).
Conseguentemente, allorquando si censuri la motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indiz colpevolezza, alla Corte Suprema spetta solo il compito di verificare, in relazi alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso inerisc il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’han indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato controllare la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degl elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diri governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Sez. 4, n. 26992 de 29/5/2013, Rv. 255460; conf. Sez. 4, n. 37878 del 6/7/2007, COGNOME e altri, R 237475).
Parametro ermeneutico centrale ai fini della delimitazione della cognizion della Corte in materia cautelare è quello secondo il quale non è conferita a que giudice di legittimità alcuna possibilità di revisione degli elementi materi fattuali delle vicende indagate, né dello spessore degli indizi; e nemmeno è d alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche del fatto o di quelle sogge dell’indagato in relazione all’apprezzamento delle stesse che sia stato opera fini della valutazione delle esigenze cautelari e delle misure ritenute adeg Donde l’inammissibilità delle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono in realtà nella sollecitazione a compiere una dive valutazione di circostanze esaminate dal giudice di merito (cfr., tra le altre, n.7445/2021).
Il controllo di logicità, peraltro, deve rimanere interno al provvedime impugnato, non essendo possibile procedere a una nuova o diversa valutazione degli elementi indizianti o a un diverso esame degli elementi materiali e fatt delle vicende indagate. In altri termini, è consentito in questa sede esclusivam verificare se le argomentazioni spese sono congrue rispetto al fine giustifica del provvedimento impugnato. Se, cioè, in quest’ultimo, siano o meno presenti due requisiti, l’uno di carattere positivo e l’altro negativo, e cioè l’esposizi ragioni giuridicamente significative su cui si fonda e l’assenza di illogicità ev risultanti, cioè, prima facie dal testo del provvedimento impugnato.
3.1.1. Questa Corte di legittimità, più volte ha ribadito come la nozione gravi indizi di colpevolezza in sede cautelare non sia omologa a quella che serv qualificare il quadro indiziario idoneo a fondare il giudizio di colpevolezza f (cfr. ex multis Sez. 5 n. 36079 del 5/6/2012, COGNOME ed altri, Rv. 253511) fine dell’adozione della misura cautelare, infatti, è sufficiente l’emersi qualunque elemento probatorio idoneo a fondare “un giudizio di qualificat probabilità” sulla responsabilità dell’indagato in ordine ai reati addebitati. termini, in sede cautelare gli indizi non devono essere valutati secondo gli s
criteri richiesti, per il giudizio di merito, dall’art. 192, comma 2, cod. proc. pen Ciò lo si desume con chiarezza dal fatto che l’art. 273, comma 1 bis, cod. proc. pen. richiama i commi 3 e 4 dell’art. 192, cod. proc. pen., ma non il comma 2 del medesimo articolo, il quale oltre alla gravità, richiede la precisione e concordanza degli indizi (così univocamente questa Corte, ex plurimis Sez. 2, n. 26764 del 15.3.2013, Ruga, rv. 256731; sez. 6 n. 7797 1 . del 5.2.2013, Rossi, rv. 255053; sez. 4 n. 18589 del 14.2.2013, Superbo, rv. 255928).
3.2. Se quelli appena illustrati sono, dunque, i limiti del sindacato di questa Corte in punto di sussistenza della gravità indiziaria, appare chiaro che con i motivi del presente ricorso si propongono e sviluppano censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, ovvero che si risolvono in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito, a fronte di argomentazioni spese nel provvedimento impugnato che appaiono congrue rispetto al fine giustificativo del provvedimento impugnato.
Non risulta violazione di legge e nemmeno vizio di motivazione .
La motivazione del tribunale del riesame in punto di gravità indiziaria è stata prospettata, in concreto e diffusamente, in modo logico, senza irragionevolezze, con completa e coerente giustificazione di supporto alla affermata persistenza della misura e della sua adeguatezza.
Ciò premesso (e osservato che il ricorso non pone in discussione l’esistenza della associazione come contestata al capo 31, sicchè può serenamente, in parte qua, far riferimento e integrale rinvio alla ordinanza impugnata, nella parte in cui ne discetta, in generale, fino a pagina 7, ma solo la esistenza di indizi in merito alla propria partecipazione) e pur non potendosi parlare di «doppia conforme», ma appurato che laddove le due ordinanze cautelari pervengano a conclusioni sovrapponibili, seguendo i medesimi passaggi argomentativi (come nel caso di motivazione per relationem), esse si integrano, formando un unicum, la prospettata censura va parametrata alla motivazione così complessivamente risultante. In tal senso, la giurisprudenza della Corte ritiene (Sez. 2, n. 672 del 23/01/1998, dep. 1999, Trimboli, Rv. 212768 – 01) che «in tema di motivazione dei provvedimenti cautelari, così come la motivazione del tribunale del riesame può integrare e completare la motivazione elaborata dal giudice che ha emesso il provvedimento restrittivo, quest’ultima ben può, a sua volta, essere utilizzata per colmare le eventuali lacune del successivo provvedimento; infatti, trattandosi di ordinanze complementari e strettamente collegate, esse, vicendevolmente e nel loro insieme, connotano l’unitario giudizio di sussistenza in ordine ai presupposti di applicabilità della misura cautelare». Analogamente, Sez. 6, n. 32359 del 06/05/2003, COGNOME, Rv. 226517 – 01, ha ritenuto che il provvedimento del Tribunale del riesame integra e completa quello del giudice che ha emesso
l’ordinanza applicativa, purché questa (come in questo caso) contenga le ragioni logiche e giuridiche che ne hanno determinato l’emissione, con la mera esclusione (Sez. 6, Sentenza n. 18476 del 12/12/2014, dep. 2015, COGNOME, mm.) del caso in cui il provvedimento custodiale sia mancante di motivazione in senso grafico oppure ove, pur esistendo materialmente una motivazione, essa si risolva in clausole di stile o in una motivazione meramente apparente e cioè tale da non consentire di comprendere l’itinerario logico-giuridico esperito dal giudice. Le due ordinanze, quindi, andranno considerate unitariamente ai fini di valutare l’ammissibilità e la fondatezza dei motivi di ricorso.
3.3. La motivazione così risultante in relazione al censimento ed alla interpretazione e valutazione dei gravi indizi di colpevolezza è immune da censure, né incorre nella lamentata violazione di legge, né nel correlato vizio di motivazione.
3.3.1. Si osserva, innanzi tutto, quanto alle fonti indiziarie, che le dichiarazioni accusatorie rese da più collaboranti possono anche riscontrarsi reciprocamente (come ritenuto nel caso di specie) a condizione che si proceda comunque alla loro valutazione unitamente agli altri elementi di prova che ne confermino l’attendibilità, in maniera tale che sia verificata la concordanza sul nucleo essenziale del narrato, rimanendo quindi indifferenti eventuali divergenze o discrasie che investano soltanto elementi circostanziali del fatto, a meno che tali discordanze non siano sintomatiche di una insufficiente attendibilità dei chiamanti stessi, e che il Tribunale della Libertà ha fatto buon governo dell’insegnamento di questa Corte di legittimità in quanto la valutazione di credibilità della parola di tutt i collaboratori, e del Corritore in particolare, è stata svolta con il dovuto rigore si in termini di attendibilità dello stesso che di individuazione e discussione dei necessari riscontri individualizzanti come sopra riassunti.
Ciò posto il Tribunale della Libertà ha positivamente vagliato le chiamate in correità tutte formulate dai collaboratori ritenendole autonome, per le modalità dirette con le quali le informazioni svelate sono state apprese dai propalanti, scevre da possibili condizionamenti e soprattutto spontanee e genuine, non essendo emerso alcun indice che permetta di inficiare la credibilità intrinseca di costoro; costanti, lineari e coerenti, in assenza di distonie, contraddizioni o illogicità; convergenti sul tema dell’accusa principale, ovvero sulla sussistenza nel panorama barcellonese di un gruppo a composizione essenzialmente familiare, costituito nel suo nucleo essenziale da COGNOME NOME e dai figli NOME, NOME e NOME, che aveva assunto nel tempo una capacità criminale e una spiccata operatività per la professionalità con la quale gestiva i propri affari, tanto da porsi quale autorevole interlocutore di fornitori calabresi e catanesi di grosso calibro. Ha preso in considerazione, quanto a Corritore, la pregressa, temporalmente significativa, militanza all’interno del sodalizio COGNOME,
deducendone ragione della più aggiornata e specifica conoscenza delle dinamiche associative e della presenza dei singoli associati rispetto agli altri dichiaranti. Ha posto le risultanze dichiarative a confronto con le molteplici fonti, altre, tutt indicate e sopra rammentate, attestandone la coerenza.
3.3.2. E, comunque, quanto dedotto in ricorso non corrisponde alla realtà della piattaforma indiziaria be più ampia di quanto con lo stesso dedotto.
Sicchè, premesso, quanto alla sussistenza dell’associazione, non contestata, il totale rinvio ai provvedimenti di merito, si osserva che , quanto alla partecipazione alla associazione, si è al cospetto di un reato a forma libera, la cui condotta costitutiva può realizzarsi in forme diverse, purché si traduca in un apprezzabile contributo alla realizzazione degli scopi dell’organismo, posto che in tal modo si verifica la lesione degli interessi salvaguardati dalla norma incriminatrice.(La Corte ha precisato in motivazione che, ai fini della determinatezza dell’imputazione di condotta di partecipazione al sodalizio in oggetto, non è necessaria l’indicazione dello specifico ruolo eventualmente rivestito dal partecipante). In termini Sez. 3, n. 35975 del 26/05/2021 Ud. (dep. 04/10/2021 ) Rv. 282139 – 01 ; laddove la commissione di più reatifine in concorso con singoli partecipi al sodalizio non è vicenda fattuale di per sé idonea ad integrare di per sé l’esistenza di indizi gravi, precisi e concordanti in ordine alla partecipazione al reato associativo, essendo necessario che i rapporti con tali soggetti costituiscano forme di interazione nell’ambito di un gruppo organizzato e non di relazioni di tipo diretto ed immediato, prive di riferimenti al ruolo esponenziale dei predetti per conto della consorteria (così Sez. 3, n. 9036 del 31/01/2022 Cc. (dep. 17/03/2022) Rv. 282838 – 01).
Fermo restando che, ai fini della verifica degli elementi costitutivi della partecipazione al sodalizio, ed in particolare dell’ “affectio” di ciascun aderente ad esso, non rileva la durata del periodo di osservazione delle condotte criminose, che può essere anche breve, purché dagli elementi acquisiti possa inferirsi l’esistenza di un sistema collaudato al quale gli agenti abbiano fatto riferimento anche implicito, benché per un periodo di tempo limitato ( cfr. Sez. 6, n. 42937 del 23/09/2021 Cc. (dep. 22/11/2021 ) Rv. 282122 – 01).
3.3.3. Tanto rilevato in astratto, si osserva che la partecipazione della ricorrente è, dal Tribunale, affermata sulla base di una lettura sinergica e complessiva del compendio investigativo disponibile come sopra rappresentato, che qui si richiama, da integrarsi, per quanto testé argomentato, con tutto ciò che risulta dalla ordinanza genetica, sicché la intraneità al sodalizio di COGNOME NOME è stata correttamente affermata, giungendo, alfine, a confermare il giudizio di gravità indiziaria formulato dal giudice per le indagini preliminari riguardo al coinvolgimento nell’illecito commercio degli stupefacenti gestito dal gruppo diretto
dal figlio NOME, avendo egli assunto il ruolo, stabile e continuativo, di coordinamento delle attività, anche del figlio NOME, di smercio e riscossione delle vendite, come più che sufficientemente comprovato attesa la fesa procedimentale in cui si verte. A fronte delle dedotte, composite, risultanze investigative, e a sostegno della affermata intraneità vale l’accertamento dei dedotti facta concludentia, quali i contatti continui anche cogli acquirenti oltre che le direttive /autorizzazioni impartite ai sodali quale diretta cinghia di trasmissione delle volontà del figlio NOME, circostanze, tutte, che ampiamente superano e contraddicono la censurata equazione tra rapporto familiare e appartenenza al sodalizio, interloquendo il ricorrente con cognizione di causa e ‘competenza’ criminale non solo coi familiari.
Tanto basta, attese le connotazioni concrete della indagata condotta, per affermarne la partecipazione alla associazione, nonostante la madata conferma della gravità indiziaria in ordine al capo 25, vicenda, comunque, di cui la medesima ordinanza attesta, in ogni caso, la conoscenza in capo al prevenuto.
Come affermato da questa Sez. 3, n. 36381 del 09/05/2019 Ud. (dep. 23/08/2019) Rv. 276701 – 06 «In tema di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, anche il coinvolgimento in un solo reato-fine può integrare l’elemento oggettivo della partecipazione, nel caso in cui le connotazioni della condotta dell’agente, consapevolmente servitosi dell’organizzazione per commettere il fatto, ne rivelino, secondo massime di comune esperienza, un ruolo nelle dinamiche operative del gruppo criminale.» Circostanza a fronte della quale il rapporto familiare perde di rilevanza, risultando la sua presenza e condotta consapevolmente funzionale per l’esistenza dell’associazione in quel determinato momento storico, peraltro non di poco momento. Si rammenta che in termini di configurabilità e sussistenza dell’associazione questa Sez. 3, n. 48568 del 25/02/2016 Ud. (dep. 17/11/2016 ) Rv. 268184 – 01 ha già condivisibilmente ritenuto che « l’esistenza della consorteria criminosa non è esclusa per il fatto che la stessa sia imperniata per lo più intorno a componenti della stessa famiglia, atteso che, al contrario, i rapporti parentali o coniugali, sommandosi al vincolo associativo, rendono quest’ultimo ancora più pericoloso. (Fattispecie di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, nella quale la RAGIONE_SOCIALE ha escluso che il rapporto di fratellanza fra i componenti del sodalizio rilevasse per l’esclusione del vincolo associativo ovvero per la sussistenza della attenuante ex art. 74, comma sesto, d.P.R. n. 309 del 1990)».
2.5. Il motivo, dunque, manifestamente infondato, è inammissibile.
Del pari inammissibile è il secondo motivo con cui la difesa denuncia violazione di legge ed omessa motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza di esigenze cautelari.
Le argomentazioni svolte col ricorso peccano in termini di specificità, contenendo proposizioni meramente assertive di segno contrario rispetto alle argomentazioni del Tribunale, peraltro letteralmente contraddette dalle emergenze investigative, così esponendosi alla doppia censura di genericità intrinseca ed estrinseca.
Le Sezioni Unite della Corte (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822 – 01; confrmi, ex multis, Sez. 2, n. 51531 del 19/11/2019, Greco, Rv. 277811 – 01; Sez. 3, n. 12727 del 21/02/2019, COGNOME, Rv. 275841 01) hanno precisato che i motivi di impugnazione (sia in appello che in cassazione) sono affetti da genericità «estrinseca» quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato (fermo restando che tale onere di specificità, a carico dell’impugnante, è direttamente proporzionale alla specificità con cui le predette ragioni sono state esposte nel provvedimento impugnato), posto che l’atto di impugnazione «non può ignorare le ragioni del provvedimento censurato» (Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014, Lavorato, Rv. 259425), e da genericità «intrinseca» quando risultano intrinsecamente indeterminati, risolvendosi sostanzialmente in formule di stile, come nel caso di appelli fondati su considerazioni generiche o astratte, o comunque non pertinenti al caso concreto (ex multis, Sez. 6, n. 3721 del 2016 e Sez. 1, n. 12066 del 05/10/1992, Makram), ovvero su generiche doglianze concernenti l’entità della pena a fronte di sanzioni sostanzialmente coincidenti con il minimo edittale (ex multis, Sez. 6, n. 18746 del 21/01/2014, COGNOME, Rv. 261094).
3.1. Si osserva, comunque, in via preliminare, che il Tribunale della Libertà, dopo aver discusso e ritenuto -come sopra- i gravi indizi di colpevolezza a carico del ricorrente, ne ha indagato, anche, la situazione squisitamente cautelare giungendo ad affermare il medesimo giudizio di particolare pericolosità già formulato dal giudice per le indagini preliminari con l’ordinanza genetica. Ha addotto, a sostegno di tanto, i precedenti penali, i contatti, molteplici, con vari accoliti del sodalizio (COGNOME NOME, COGNOME) e i pregressi legami che in precedenza, insieme con il figlio, aveva intessuto nel settore del narcotraffico sin dal 2020, avallati dalla locale criminalità mafiosa; argomenti conducenti alla affermazione di concretezza ed attualità del pericolo, peraltro risultante dalle allegazioni sopra discusse (il Corritore ne ha attestato l’operatività immediatamente a ridosso della sua collaborazione) ed attualizzate dalla intercettazione del 17 giugno 2024, in cui il ricorrente, nell’attendere la
scarcerazione del figlio NOME si rallegrava dell’evento ipotizzando che Corritore non avesse “cantato”, svelando i loro traffici illeciti.
Il Tribunale, ha, inoltre, motivato sia sulla proporzionalità della misura inframuraria, in ragione della protervia dimostrata dai partecipi al sodalizio, operante, tramite NOME, figlio del ricorrente che col primo ha direttamente collaborato, anche all’interno della casa Circondariale di Barcellona Pozzo di Gotto, sia sulla sola adeguatezza della misura di massimo rigore, per l’impossibilità, attesa la modalità di azione del sodalizio, di ipotizzare il rispetto di prescrizioni che a misure gradate ineriscono, inefficaci a impedire l’altissimo rischio di recidivanza.
Il provvedimento impugnato si colloca nell’alveo del consolidato orientamento – che va qui ribadito – che, in tema di misure cautelari riguardanti il reato di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, la prognosi di pericolosità non si rapporta solo all’operatività della stessa o alla data ultima dei reati-fine, ma ha ad oggetto anche la possibile commissione di reati costituenti espressione della medesima professionalità e del medesimo grado di inserimento nei circuiti criminali che caratterizzano l’associazione di appartenenza e postula, pertanto, una valutazione complessiva, nell’ambito della quale il tempo trascorso è solo uno degli elementi rilevanti, sicché la mera rescissione del vincolo non è di per sé idonea a far ritenere superata la presunzione relativa di attualità delle esigenze
cautelari di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. (Sez. 3, n. 16357 del 12/01/2021, COGNOME, Rv. 281293 – 01; conf. Sez. 4, n. 3966 del 12/01/2021, COGNOME, Rv. 280243 – 01).
I giudici del merito, come sopra argomentato, non si sono sottratti ai dovuti accertamenti e alla necessaria motivazione della decisione, motivando, a prescindere dalla presunzione, nel merito della posizione del ricorrente.
Il ricorso, manifestamente infondato, deve dunque essere dichiarato inammissibile.
Ne consegue l’onere per la ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto conto, infine, della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 comma 1-ter disp att cod proc pen. .
Così deciso in Roma il 24 ottobre 2024
La Cons. est