Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 22843 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 22843 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME, nato in Turchia il DATA_NASCITA, avverso la sentenza in data 11/07/2023 della Corte di appello di Venezia; letti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
sentite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Generale NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto che sia dichiarata l’inammissibilità del ricorso;
sentito il difensore dell’imputato, AVV_NOTAIO, che, in accoglimento del ricorso proposto, ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 11/07/2023, la Corte di appello di Venezia ha confermato la sentenza con la quale, il precedente 03/06/2022, il giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Venezia, in esito a giudizio abbreviato, aveva affermato la penale responsabilità di NOME COGNOME in ordine al delittomezzo di partecipazione ad associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e a plurimi delitti-fine di illecito trasporto, di illecita detenzione illecita cessione di sostanze stupefacenti e, per l’effetto, l’aveva condannato alla pena ritenuta di giustizia.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di fiducia del COGNOME, AVV_NOTAIO, che ha articolato due motivi di ricorso, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., violazione di legge in relazione a quanto previsto dall’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990 e vizio di motivazione per contraddittorietà in punto di ritenuta configurabilità del delitto-mezzo di partecipazione ad associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti.
Sostiene, in particolare, che con la decisione della Corte territoriale sarebbe stata illegittimamente e irragionevolmente affermata l’esistenza di un sodalizio criminoso finalizzato al traffico di sostanze stupefacenti e l’intraneità ad esso dell’imputato, posto che difetterebbero sia la prova dell’esistenza di una struttura stabilmente finalizzata alla perpetrazione di delitti-fine, deponendo in tal senso l’indimostrata appartenenza al gruppo della droga, di volta in volta, trattata dai trafficanti, l’assenza di una cassa comune e l’avvenuto disvelamento di operazioni riconducibili, con certezza, a taluno soltanto dei soggetti agenti, sia la prova della consapevolezza di NOME COGNOME di far parte di detta organizzazione (cd. “affectio societatis”) e della volontà del medesimo di agire in funzione della realizzazione delle sue finalità, non potendosi ritenere sufficienti, a tal fine, dichiarazioni accusatorie provenienti dal coimputato NOME (alias NOME), limitatosi ad affermare che il predetto si era prodigato per nascondere e smerciare parte di un cospicuo quantitativo di eroina precedentemente importato in Italia da suo padre.
2.2. Con il secondo motivo si duole, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., di violazione di legge in relazione a quanto previsto dall’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990 e vizio di motivazione per contraddittorietà in punto di ritenuta configurabilità dei delitti-fine di cui ai capi 5, 11, 22, 28 e 32
Assume, in specie, che nella decisione oggetto d’impugnativa non sarebbero stati indicati gli elementi asseritamente indicativi della compartecipazione, quantomeno morale, dell’imputato nel trasporto di stupefacenti di cui al capo 5, sarebbe stata omessa ogni ragionevole argomentazione in ordine all’affermata partecipazione del predetto al trasporto di droga di cui al capo 11, in presenza, oltretutto, di un compendio intercettivo di significato vago, si sarebbe interpretato in modo congetturale il tenore delle conversazioni captate per affermare la partecipazione del COGNOME alla detenzione di stupefacenti di cui al capo 22, si sarebbe immotivatamente respinta la lettura alternativa del compendio probatorio offerta dalla difesa per confutare l’affermata sua
partecipazione alla cessione di cui al capo 28 e si sarebbe, infine, irragionevolmente ritenuto il suo coinvolgimento nella cessione di cui al capo 32, sostenendo congetturalmente che i trafficanti avevano commerciato anche partite di stupefacenti diverse da quelle procurate dal coimputato COGNOME.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso presentato nell’interesse di NOME è manifestamente infondato per le ragioni che, di seguito, si espongono.
Destituito di fondamento è il primo motivo di ricorso, con cui si lamenta violazione di legge in relazione a quanto previsto dall’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990 e vizio di motivazione per contraddittorietà in punto di ritenuta configurabilità del delitto-mezzo di partecipazione ad associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, sostenendo che nella decisione della Corte territoriale sarebbero state illegittimamente e irragionevolmente affermate sia l’esistenza di un sodalizio operante nel settore del narcotraffico, stante l’indimostrata appartenenza al gruppo della droga, di volta in volta, trattata, l’assenza di una cassa comune e l’avvenuto accertamento di operazioni riconducibili, con certezza, a taluno soltanto dei soggetti agenti, sia l’intraneit ad esso dell’imputato, posto che difetterebbero la prova della consapevolezza del predetto di far parte di tale organizzazione (cd. “affectio societatis3 e della volontà di agire in funzione della realizzazione delle sue finalità.
Ritiene in proposito il Collegio che, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, la decisione impugnata non sia affetta dal vizio di contraddittorietà della motivazione di fatto dedotto, atteso che la Corte territoriale ha scrutinato approfonditamente gli anzidetti profili (in specie, alle pagg. 29-39 della pronunzia), evidenziando, con percorso argomentativo lineare e congruo, che il compendio probatorio acquisito, costituito dagli esiti delle intercettazioni telefoniche, dai sequestri e dalle dichiarazioni auto ed eteroaccusatorie rese da taluni dei coimputati, consentiva di affermare: a) che era stata predisposta dai soggetti agenti un’adeguata organizzazione, dotata di luoghi sicuri per lo stoccaggio della droga importata, di autovetture per effettuarne il trasporto in zone diverse da quelle in cui avveniva la consegna e caratterizzata, oltretutto, da una componente umana, legata sovente da stretti vincoli di parentela; b) che tale organizzazione era rimasta operativa anche successivamente al sequestro avvenuto il 04/05/2018, in quanto lo attestava il contenuto di molteplici telefonate aventi ad oggetto lo smistamento di ulteriori partite di eroina; c) che l’imputato era pienamente consapevole di far parte della consorteria e di agire nel suo interesse, come provato dalla conversazione captata nel corso della quale lo stesso, a seguito dell’arresto della propria suocera, si onerava del pagamento delle spese necessarie per la sua difesa e dall’ulteriore conversazione nel corso della quale l’uomo, nel prendere atto della perdita di una partita di droga nascosta in un boschetto adiacente alla cittadina di Este, comunicava ai sodali sospettati di essere i responsabili della sottrazione che il gruppo non si sarebbe sciolto in conseguenza dell’accaduto, ma che gravava su di loro l’obbligo di rifondere il prezzo della merce sparita.
Emerge, quindi, con chiarezza che risulta congruamente argomentata dalla Corte territoriale innanzitutto la ritenuta sussistenza di una consorteria finalizzata al traffico di droga, avendo chiarito la giurisprudenza di legittimità per un verso, che «Per la configurabilità dell’associazione dedita al narcotraffico non è richiesta la presenza di una complessa e articolata organizzazione dotata di notevoli disponibilità economiche, ma è sufficiente l’esistenza di strutture, sia pure rudimentali, deducibili dalla predisposizione di mezzi per il perseguimento del fine comune, create in modo da concretare un supporto stabile e duraturo alle singole deliberazioni criminose, con il contributo dei singoli associati» (così: Sez. 2, n. 19146 del 20/02/2019, COGNOME, Rv. 275583-01) e, per altro verso, che «In tema di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, l’assenza di una cd. «cassa comune» non è ostativa al riconoscimento dell’associazione, essendo sufficiente, anche nell’ipotesi di una gestione degli utili non paritaria né condivisa con tra i vari sodali, che tra questi sussista un comune e durevole interesse ad immettere nel mercato sostanza stupefacente, nella consapevolezza della dimensione collettiva dell’attività e dell’esistenza di una sia pur minima organizzazione» (in tal senso: Sez. 6, n. 2394 del 12/10/2021, dep. 20/01/2022, Napoli, Rv. 282677-01). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
A fronte delle comprovate iniziative assunte dall’imputato, intervenuto talora in ausilio a una sodale arrestata, talaltra in occasione dell’improvvisa sparizione di una partita di droga appartenente alla consorteria, appare, inoltre, ritualmente motivata anche la ritenuta sussistenza della cd. “affectio societatis”, costituendo consolidato insegnamento della Suprema Corte quello secondo cui «Si è in presenza di un’associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti ogniqualvolta tra tre o più persone si stringa, anche di fatto, un patto che ha in sé la cosiddetta “affectio societatis”, in forza del quale tutti gli aderenti son portati ad operare nel settore del traffico della droga, nella consapevolezza che le attività proprie ed altrui ricevano vicendevole ausilio e tutte insieme contribuiscano all’attuazione del programma criminale» (così: Sez. 2, n. 43327 dell’08/10/2013, COGNOME e altri, Rv. 256969-01).
Palesemente infondato è anche il secondo motivo di ricorso, con cui ci si duole di violazione di legge in relazione a quanto previsto dall’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990 e vizio di motivazione per contraddittorietà in punto di ritenuta configurabilità dei delitti-fine di cui ai capi 5, 11, 22, 28 e 32, assumendo che nella decisione impugnata non risulterebbero indicati gli elementi sintomatici della compartecipazione dell’imputato ai trasporti di stupefacenti di cui ai capi 5 e 11, si sarebbero interpretate congetturalmente talune conversazioni telefoniche captate per inferirne il suo coinvolgimento nella detenzione di stupefacenti di cui al capo 22 e nella cessione di cui al capo 32 e si sarebbe, infine, immotivatamente respinta la lettura alternativa del compendio probatorio offerta dalla difesa per confutare l’affermata sua partecipazione alla cessione di cui al capo 28.
Osserva al riguardo il Collegio che la decisione in disamina non risulta affetta dal dedotto vizio motivazionale, atteso che la Corte territoriale ha ritualmente esplicitato le ragioni dell’affermato coinvolgimento dell’imputato in ciascuno dei menzionati illeciti, elaborando argomentazioni diffuse, puntuali ed esaustive (esplicitate, in specie, alle pagg. 40-45), che il ricorso, con riguardo ai delitti-f di cui ai capi 22 e 28, ha censurato in modo vago e, quindi, intrinsecamente generico e, con riguardo a quelli di cui ai capi 5, 11 e 32, ha contestato senza formulare critiche che si confrontassero con l’argomentato dei giudici gravati, con modalità che rendono le agitate doglianze estrinsecamente generiche o aspecifiche.
Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente di sostenere, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., le spese del procedimento.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000 e considerato che non v’è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza «versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», si dispone che il ricorrente versi, in favore della Cassa delle ammende, la somma, determinata in via equitativa, di euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 23/04/2024