Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 42950 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 42950 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 25/01/2021 della CORTE APPELLO di PERUGIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Gen. NOME AVV_NOTAIO che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
udito il difensore del ricorrente NOME COGNOME, avvocato NOME COGNOME del foro di URBINO il quale, dopo aver illustrato i motivi di doglianza, ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza dei 25 gennaio 2021 la Corte di Appello di Ancona ebbe a confermare la sentenza con cui il GUP del Tribunale di Urbino il 3 ottobre 2017, all’esito di giudizio abbreviato, aveva affermato la penale responsabilità dell’odierno ricorrente NOME COGNOME (alias NOME), per il re a to di cui all’art. 416 cod. pen. per essersi associato con la moglie NOME COGNOME ed il fratello NOME COGNOME (alias NOME) (per i quali si è proceduto separatamente) al fine di commettere una serie indeterminata di reati fiscali svolgendo all’interno del sodalizio compiti di direzione ed organizzazione, nonché di una pluralità di reati fine, commessi in veste di amministratore di fatto, in concorso con rispettivi amministratori di diritto, ditte individuali, reati consistiti in omesse dichiarazioni relative alle imposte de redditi. e sul valore aggiunto ex art. 5 d. d.lgs. 74/2000, sottrazione o distruzione di scritture contabili ai sensi dell’art. 10 del medesimo decreto legislativo, e sot trazione fraudolenta al pagamento RAGIONE_SOCIALE imposte ex art. 11 dello stesso decreto, riducendo tuttavia la pena inflittagli all’esito del primo grado di giudizio dal Tribu nale di Urbino a due anni e sei mesi di reclusione.
Sul ricorso per Cassazione proposto dall’imputato a mezzo del proprio difensore, la Terza Sezione Penale di questa Corte, con la sentenza 20233 del 17 dicembre 2021, dep. 2022, dichiarato definitivo l’accertamento per i reati residui, ha annullato la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui all’art. 416 cod. pen.trinviando per nuovo giudizio sul punto alla Corte di Appello di Perugia.
Pronunciando in sede di rinvio la Corte di Appello di Perugia, con sentenza del 13 novembre 2023, ha confermato la condanna per il reato di cui all’art. 416 cod. pen. i rideterminal$01 pena nei confronti di NOME COGNOME in anni due e mesi sei di reclusione.
Avverso il suddetto provvedimento NOME COGNOME ha proposto, per il tramite del proprio difensore, ricorso per cassazione deducendo, quale unico motivo, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen,i la violazione del principio di diritto enucleato dal precedente giudice di legittimità in relazione alla sussi stenza del pactum sceleris.
Il ricorrente censura la sentenza impugnata laddove ha ritenuto di confermare la sussistenza del reato associativo ritenendo lo stesso ascrivibile alle condotte della moglie e del fratello dell’imputato.
Si lamenta che siano stati utilizzati dalla Corte perugina i medesimi elementi fattuali e probatori già identificati come insufficienti dalla Corte di cassazione senza che sia intervenuta alcuna ulteriore attività istruttoria neiSsia stato svolto un nuovo
esame del materiale probatorio agli atti dal quale possa dirsi emerso un quadro probatorio diverso rispetto a quello già esaminato dal precedente giudice d’appello.
Ci si duole, nello specifico, che sia stata posta alla base della ritenuta condotta associativa della moglie dell’imputato la medesima autonomia dimostrata dalla donna nel compiere le operazioni bancarie sui conti correnti RAGIONE_SOCIALE società di cui possedeva apposita delega < che il giudice di legittimità aveva ritenuto insufficiente.
Il ricorrente richiama gli accertamenti della Guardia di Finanza riepilogati nella nota del 2 dicembre 2015, di cui riporta uno stralcio, evidenziando come dagli stessi, cui tanta valenza probatoria è stata attribuita anche dal giudice di primo grado, emerga una gestione unitaria RAGIONE_SOCIALE società da parte di di NOME COGNOME, senza alcuna collaborazione esterna, e come la moglie e il frateflo vengano descritti come meri strumenti di cui disponeva l'imputato.
Si lamenta che il giudice del rinvio, anziché ampliare l'attività istruttoria comunque far emergere dal nuovo esame concreti elementi fattuali ed ulteriori a sostegno dell'asserita colpevolezza dell'imputato, si sia limitato a ribadire i concetti già espressi dal precedente giudice d'appello ampliandone meramente l'esposizione.
Ci si duole che la sentenza impugnata non delinei in alcun modo in che cosa si sia manifestata la condotta partecipatíva all'ipotetica RAGIONE_SOCIALE del fratello dell'imputato, senza tenere peraltro conto che nei confronti del fratello e della moglie dell'imputato il procedimento di primo grado è tuttora pendente.
L'esistenza dell'RAGIONE_SOCIALE, pertanto, non risulterebbe provata, in quanto non sono stati enucleati elementi per affermare la prova della effettiva operatività di almeno tre soggetti. Si contestano le affermazioni della sentenza impugnata laddove fonderebbe su una buona conoscenza della lingua italiana da parte della moglie dell'imputato l'autonomia gestionale RAGIONE_SOCIALE finanze da parte della stessa.
Al contrario, viene ribadito che la donna aveva una capacità minima di comprensione della lingua italiana e che le contestate operazioni bancarie intervenivano sotto stretta direttiva e raccomandazione del marito. Il solo fatto che l'imputato non accompagnasse la moglie in banca, diversamente da quanto opina la Corte perugina, per il ricorrente non prova la capacità della donna di agire autonomamente nella gestione del danaro.
Il quadro sin qui descritto, pertanto, non implicherebbe un'adesione soggettiva della donna al progetto associativo, né tantomeno potrebbe dirsi provata l'effettiva partecipazione ai profitti dei reati.
Sottolinea il ricorrente che tale tesi risulterebbe avvalorata dalla peculiare struttura familiare cinese che, seppure non impedisce la libera determinazione RAGIONE_SOCIALE mogli, si basa su una visione "telescopica" della famiglia. Una moglie cinese
in territorio straniero, non integrata nel tessuto sociale, incapace di comprendere la realtà RAGIONE_SOCIALE cose che la circondano, non condividendo la stessa cultura e la stessa lingua, secondo la tesi proposta in ricorso, si trova costretta, limitata ad agire solo se guidata dal marito e da esso istruita in merito.
La tesi ribadita è che la donna, così come il fratello dell'imputato, non ha partecipato al profitto dell'asserita RAGIONE_SOCIALE per delinquere.
Tale elemento si assume non essere stato provato in primo grado né tantomeno in appello, ma sarebbe stato meramente presunto dal legame familiare intercorso tra i soggetti coinvolti.
Si ribadisce la tesi che la moglie dell'imputato non lavorava all'interno RAGIONE_SOCIALE ditte, non era resa partecipe, per stessa ammissione del marito, RAGIONE_SOCIALE sue scelte aziendali e non poteva di certo comprendere l'impiego del denaro prelevato o le finalità alle quali sarebbe stato destinato. La stessa poneva in essere meccanicamente le mansioni che le venivano impartie senza poter fare domande. Lo stesso dicasi per il fratello che aveva dismesso un'attività propria per operare alle dipendenze dell'imputato.
I reati in contestazione passati in giudicato sarebbero, al più, posti in essere in esecuzione del medesimo disegno criminoso, con un possibile concorso di persone nel reato continuato, ma non certamente inquadrabili in ambito associativo.
Il ricorrente chiede, pertanto ; l'annullamento della sentenza impugnata.
In data 9/10/24 è stata presentata memoria difensiva nell'interesse del ricorrente a firma dell'AVV_NOTAIO, con cui si è insistito sui motivi del ricorso, ulteriormente illustrandoli.
Le parti hanno concluso alla pubblica udienza partecipata così come indicato in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi sopra illustrati appaiono manifestamente infondati e, pertanto, il proposto ricorso va dichiarato inammissibile.
Come ricorda la sentenza impugnata, l'esame degli atti di indagine, a cui i giudici di merito avevano avuto accesso avendo l'imputato NOME COGNOME chiesto di essere giudicato a mezzo rito abbreviato (dichiarazioni di soggetti aventi ruoli differenti nella vicenda, relazioni della Guardia di Finanza e movimentazioni bancarie) permetteva di comprendere come l'imputato, NOME COGNOME, alias "NOME", nell'arco temporale dall'anno 2011 al 2014, avesse amministrato una serie di ditte individuali, tutte operanti nel settore dell'abbigliamento, rispetto alle quali aveva sia
contro
llo gestionale dell'apparato imprenditoriale che amministrativo, oltre che contabile, realizzate ad hoc al fine di evadere le imposte mediante un sistema di turn over aziendale, di norma biennale.
In sostanza l'imputato, circa ogni due anni, costituiva formalmente una nuova ditta individuale che continuava ad operare nel medesimo luogo, con i medesimi macchinari e con il medesimo personale, nominando come formale titolare, di volta in volta, uno dei suoi dipendenti che continuava a svolgere materialmente il lavoro manuale a cui era preposto e che aveva fino a quel momento svolto, tanto che ripetitive risultavano sia le modalità di gestione che le modalità di turnazione, come pacificamente ricostruito sia dalle univoche dichiarazioni dei dipendenti che dei fornitori ed anche dei soggetti incaricatiO'a – elaborazione RAGIONE_SOCIALE buste paga ) oltre che del responsabile della contabilità. Veniva operato anche il trasferimento alle nuove ditte individuali, di volta in volta costituite, degli obblighi tributatt e pr denziali, costantemente elusi, e ciò ha portato prima alla contestazione e poi all'accertamento di numerosi reati in materia tributari''ai titolari formali e sostanzial RAGIONE_SOCIALE ditte individuali.
La continua creazione RAGIONE_SOCIALE nuove ditte individuali era finalizzata ad evitare possibili accertamenti da parte dell'RAGIONE_SOCIALE, sempre più probabili con il passare del tempo, con conseguente evasione di imposte e di contributi per centinaia di migliaia di euro.
Le sentenze di primo e di secondo grado hanno sottolineato, inoltre, come la moglie ed il fratello dell'imputato (soggetti separatamente giudicati) avevano la delega ad operare sui conti correnti bancari RAGIONE_SOCIALE ditte di anno in anno "create".
In premessa va rilevato che il ricorso insiste molto sulla mancanza da parte del giudice del rinvio di ulteriori accertamenti istruttori, sul rilievo che alla luce decisum nel precedente giudice di legittimità non si sarebbe potuto decidere scrutinando il medesimo materiale probatorio già acquisito agli atti.
Si tratta con tutta evidenza di una tesi non fondata in quanto il precedente giudice di legittimità aveva riscontrato nella pronuncia della Corte d'appello di Ancona un deficit motivazionale, ma non un deficit di prova (valutazione che, peraltro, non competeva al giudice di legittimità) per quel che concerne il ruolo della moglie dell'odierno ricorrente, ritenuto espressivo della sua partecipazione al sodalizio criminoso contestato al capo a dell'imputazione.
La Corte d'Appello di Ancona aveva ritenuto tale ruolo, come si legge a pagina 9 della sentenza della Corte d'appello del 2021 i con una motivazione alquanto sbrigativa, così confutando le argomentazioni difensive, che poi sono le medesime riproposte anche in questa sede: «Questa prospettazione appare chiaramente infondata, dal momento che gli elementi valorizzati in sentenza e che si richiamano,
~alle ripetitive modalità di una indeterminata~ di illeciti fiscali d medesimo genere ed aventi ad oggetto la medesima attività imprenditoriale, evidenziano la indispensabile partecipazione della moglie dell'imputato, : 2 A1 ( ,g – ui pretesa esclusione deriverebbe l'assunto di insussistenza del rato associativo per difetto del numero minimo dei partecipi. Le condotte appaiono poste in essere in piena adesione rispetto al ruolo impartito alla donna, sulla base degli elementi valorizzati in sentenza (il fatto che il marito non la accompagnava in banca, che la stessa svolgeva moltissime operazioni e che si trincerava dietro problemi di lingua quando le veniva chiesto conto dell'effettività e della natura RAGIONE_SOCIALE operazioni dai bancari, al cospetto dei quali denotava una certa "padronanza" nell'agire), che non possono essere messi in discussione dal preteso riferimento alla "cultura cinese" quale elemento che impedirebbe, pare di capire, la libera determinazione RAGIONE_SOCIALE donne o RAGIONE_SOCIALE mogli».
A fronte di quella motivazione, il precedente giudice di legittimità aveva rilevato che: «…non emergono dalla sentenza impugnata gli elementi necessari a configurare la sussistenza della consorteria criminosa in relazione alla presenza al suo interno della moglie dell'imputato. La circostanza che costei fosse delegata ad operare su due dei conti correnti formalmente facenti capo alle ditte appositamente costituite dal marito con la funzione di evadere il fisco e di fatto, udallo stesso amministrate, non può ritenersi sufficiente a dimostrare la consapevolezza da parte di costei del disegno complessivo perseguito dall'imputato, né tanto meno di essere parte di un consesso associativo finalizzato anche attraverso il suo stabile contributo all'attuazione del programma delinquenziale, costituito dal sistema di turn over aziendale attraverso il quale NOME COGNOME, univocamente riconosciuto come il dominus RAGIONE_SOCIALE varie ditte che apriva e chiudeva nel giro di qualche mese senza presentare le dichiarazioni relative alle imposte su redditi e sul valore aggiunto, operava come imprenditore nel settore dell'abbigliamento evadendo sistematicamente le imposte. Ed invero la funzione di delegata ad operare sui due suddettb -cerrrenti non esclude affatto che la donna fosse una mera esecutrice RAGIONE_SOCIALE direttive impartitele dal marito, come sostiene la difesa. né in ogni caso tale condotta, di per sé non esaustiva di un'autonoma attività di gestione della singola azienda, può ritenersi bastevole a dimostrare né un pactum sceleris sul piano materiale, nè l'affectio societatis che deve necessariamente caratterizzare sul piano soggettivo il vincolo di appartenenza ad un'organizzazione criminale, mancando, del resto, ancora più a monte la dimostrazione della consorteria criminosa, in difetto di elementi che consentano di ravvisare, al di là della pianificazione perseguita dall'imputato attraverso la riproduzione del medesimo schema – ovverosia la costituzione di una ditta formalmente intestata a terzi attraverso la quale operare sul mercato e a distanza di qualche mese la sua chiusura – tanto l'esistenza di
una struttura, che può anche essere rudimentale e preesistente all'ideazione criminosa, purchè si presenti adeguata allo scopo illecito perseguito, quanto di un vincolo associativo essenzialmente stabile fra almeno tre persone legate da un comune fine criminoso con la reciproca disponibilità con gli altri partecipanti nello svolgimento dell'attività programmata.
In definitiva sono proprio tali fattori, ovverosia l'esistenza di una struttur organizzativa, la predisposizione dei mezzi necessari al raggiungimento dello scopo e la consapevolezza dell'illiceità del programma criminoso da parte dei singoli partecipi a costituire, di norma, gli indizi esteriori del vincolo associativo c comunque non risulta integrato, stando a quanto emerge dalla sentenza impugnata, da nessun altro elemento, di natura diversa, volto a configurare la fattispecie delittuosa. Né la circostanza che si tratti nel caso di specie dei componenti di una stessa famiglia può ritenersi sufficiente alla costituzione del pactum sceleris, essendo necessario un quid pluris rispetto alla vicendevole assistenza che naturalmente connota i rapporti tra i suoi membri, ovverosia uno schema organizzativo di tipo associativo che trascenda la semplice aggregazione familiare. Come, infatti, già affermato da questa Corte, in tal caso in tanto è configurabile la struttura organizzativa dell'RAGIONE_SOCIALE per delinquere in quanto i componenti di una stessa famiglia non si limiténo alla commissione di una serie di reati traendo vantaggio dalla preesistente organizzazione domestica, ma realizzàno, nell'ambito della preesistente struttura o accanto ad essa, un'altra organizzazione, dotata di distinta e autonoma operatività criminosa (Sez. 2, Sentenza n. 21606 del 18/02/2009 dep. 25/05/2009, COGNOME, Rv. 244449). Tale peculiare atteggiarsi del "pactum sceleris" distingue più in generale l'RAGIONE_SOCIALE per delinquere dal concorso di persone nel reato (anche continuato), ad integrare il quale è invece sufficiente l'accordo di due o più persone diretto ad eseguire un determinato reato, ovvero più reati, collegati da un medesimo disegno criminoso, consumati i quali l'accordo si dissolve e si esaurisce, facendo così cessare ogni motivo di allarme sociale. Distinzione questa che non risulta affatto chiarita dalla sentenza impugnata che, in una quanto mai stringata motivazione, si limita aii sottolineare come la donna si recasse da sola in banca senza essere accompagnata dal marito, che svolgesse molteplici operazioni sui conti correnti per i quali era stata munita di delega e che accampasse problematiche di non padronanza della lingua italiana per sfuggire alle domande postele dai funzionari dell'istituto di credito: atteggiamenti questi che, quand'anche rivelino la sua piena destrezza nell'espletamento della delega impartitale ad operare sui conti, non denotano affatto il perseguimento di una strategia autonoma nella gestione dell'impresa intestataria dei medesimi conti correnti, né tantomeno la consapevolezza del più vasto disegno criminoso imbastito dal coniuge, e dunque in ultima analisi del tutto ;nidonei ad evidenziarne il suo Corte di Cassazione – copia non ufficiale
ruolo di partecipe al contestato reato associativo, comunque essenziale alla stessa configurabilità del delitto ex art. 416 cod. pen., che richiede quale elemento costitutivo la presenza di almeno tre persone».
4. Tenendo conto RAGIONE_SOCIALE sopra evidenziate coordinate giurisprudenziali offerte dal giudice di legittimità, il giudice del rinvio, così come è avvenuto, ben poteva meglio sviluppare e rimodulare il percorso motivazionale – componendolo in una cornice giurisprudenziale di maggior spessore – e dare conto con esso degli elementi che l'hanno indotto a ritenere la donna partecipe del reato associativo senza alcun obbligo di svolgere nuova attività istruttoria.
In proposito questa Corte di legittimità ha chiarito GLYPH e va qui ribadito – che nel giudizio di rinvio, a seguito di annullamento per vizio di motivazione, non ricorre alcun obbligo di rinnovazione d’ufficio della prova dichiarativa ai sensi dell’art. 603, comma 3-bis, cod. proc. pen., atteso che il giudice del rinvio, nell’ambito del perimetro delibativo fissato dalla pronuncia rescindente, è libero di valutare autonomamente i dati probatori e la situazione di fatto concernente i punti oggetto di annullamento, mentre l’eventuale rinnovazione dell’istruzione dibattimentale, ai sensi dell’art. 627, comma 2, cod. proc. pen., è subordinata allo scrutinio in ordine alla rilevanza per la decisione RAGIONE_SOCIALE prove nuovamente richieste dalle parti con i motivi di appello (Sez. 5, n. 5209 del 11/12/2020, dep. 2021, Ottino, Rv. 280408 – 01).
Inoltre, costituisce ius receptum che, nel giudizio di rinvio a seguito di annullamento per vizio di motivazione, il giudice di merito non è vincolato né condizionato da eventuali valutazioni in fatto formulate dalla Corte di cassazione con la sentenza rescindente, spettando al solo giudice di merito il compito di ricostruire i dati di fatto risultanti dalle emergenze processuali e di apprezzare il significato e il valore RAGIONE_SOCIALE relative fonti di prova (così Sez. 5, n. 36080 del 27/03/2015, Knox, Rv. 264861 – 01 in una fattispecie relativa ad una pronuncia rescindente che aveva prospettato una serie di causali alternative per un fatto omicidiario, assegnando al giudice di rinvio il compito di individuare, tra queste, quella più appropriata al caso di specie).
Va sottolineato, peraltro, che siamo di fronte ad un processo celebrato in primo grado con giudizio abbreviato e, pacificamente, nel giudizio abbreviato d’appello le parti sono titolari d: una mera facoltà di sollecitazione del potere di integrazione istruttoria, esercitabile dal giudice “ex officio” nei limiti della assolu necessità ai sensi dell’art. 603, co. 3, cod. proc. pen., atteso che in sede di appello non può riconoscersi alle parti la titolarità di un diritto alla raccolta della prova termini diversi e più ampi rispetto a quelli che incidono su tale facoltà nel giudizio di primo grado (Sez. 2 n. 5629 del 30/11/2021 dep. 2022, Granato, Rv. 282585).E
nei casi in cui si proceda con giudizio abbreviato, la mancata rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale in appello per assumere d’ufficio, anche se su sollecitazione di parte, prove sopravvenute che non siano vietate dalla legge o non siano motivatamente ritenute manifestamente superflue o irrilevanti, può essere sindacata, in sede di legittimità, ex art. 603, comma 3, cod. proc. pen., soltanto qualora sussistano, nell’apparato motivazionale posto a base della conclusiva decisione impugnata, lacune, manifeste illogicità o contraddizioni t ricavabili dal testo del medesimo provvedimento e concernenti punti di decisiva rilevanza (Sez. 2, n. 40855 del 19/04/2017, NOME, Rv. 271163).
Il che, alla luce dei motivi dedotti, non appare sussistere nel caso in esame.
5. Come si anticipava non pare sussistere la lamentata violazione ex articolo 627, comma 3, cod. proc. pen.
Quanto alla doglianza secondo cui non sarebbe ben delineata la posizione del fratello dell’imputato, va evidenziato che ciò non era richiesto al giudice del rinvio in quanto, come precisato dal precedente giudice di legittimità nella sentenza 20233/2022 1 a pag. 3, la posizione del fratello dell’imputato quale partecipe della contestata RAGIONE_SOCIALE «non può più cost’tuire oggetto di confutazione non risultando che nessuna doglianza al riguardo sia stata mai devoluta dal ricorrente ai giudici del gravame».
Il giudizio di rinvio, dunque, per specifica indicazione del giudice di legittimità era focalizzato soltanto sulla moglie dell’imputato e sull’onere motivazionale in relazione alla circostanza che la stessa fosse solo una zoncorrente materiale nei reati posti in essere dal marito ovvero costituisse il terzo e necessario soggetto perché potesse dirsi sussistente il sodalizio criminoso ipotizzato nell’editto accusatorio.
Ebbene, con motivazione logica e congrua corretta in punto di diritto – e che pertanto si sottrae alle censure di legittimità proposte – la Corte perugina dà conto articolatamente di come vi siano plurimi elementi che smentiscono la ricostruzione difensiva secondo cui la moglie dell’imputato fosse molto di più che una mera esecutrice di ordini. La Corte territoriale evidenzia, ad esempio, come il coinvolgimento nelle attività criminosa anche della moglie e del fratello di NOME risulti positivamente accertato con riferimento alla ditta individuale di cui era formale titolare il coimputato NOME COGNOME (capo d della rubrica) alla luce di quanto esposto dalla dipendente NOME COGNOME la quale ha riferito che quando non era presente l’imputato. NOME COGNOME era il fratello che teneva i rapporti con i clienti perché anche lui parlava italiano e come lo stipendio veniva normalmente consegnato ai dipendenti dall’imputato, anche se a volte era consegnato anche dalla moglie NOME COGNOME.
Come evidenziato dalla sentenza di primo grado il ruolo principale assunto dal fratello e dalla moglie dell’imputato – NOME COGNOME e NOME COGNOME – era in realtà costituito dall’attività da loro svolta presso gli istituti bancari.
Per il giudice del rinvio gli accertamenti bancari hanno consentito infatti di delineare la partecipazione di NOME COGNOME e NOME COGNOME al comune intendimento criminoso; i due, mediante i delega originariamente inserita nei singoli conti cori-L. renti che l’imputato aveva – ‘ presso numerosissimi istituti di credito, erano r, autorizzati ad operare sugli stessi, tanto che ~fici risultano le numerosissime 1,1 operazioni dai due effettuatt’ sui rispettivi conti correnti, senza che mai fosse la 9 presenza j.gimputato, come testimoniato dai dipendenti della banca. E nello specifico numerosissimi erano stati i prelievi attraverso i quali i due avevano ritirato ingentissime somme di denaro in contanti nel corso degli anni, all’evidente fine di “svuotare” i conti correnti e di far perdere le tracce dei proventi RAGIONE_SOCIALE attività spetto agli accertamenti del fisco. 4
Gli accertamenti effettuali dalla Guardia di Finanze – prosegue la sentenza impugnata – hanno consentito di verificare come COGNOME fosse delegata ad operare sui.cc n.1582 e n.1716, accesi presso la filiale di Fano della Banca Popolare di Ancona; sui cc n.3999 e n.1764, accesi presso te filiali di Fano e di Fossombrone del Monte di Paschi di Siena; sul cc n.13377, acceso presso la filiale di Fossonnbrone della Banca Popolare RAGIONE_SOCIALE Marche; sul cc n.90716630 acceso presso Poste Italiane.
Allo stesso modo NOME COGNOME, fratello dell’imputato, come risulta dalla informativa n.193110 del 28/10/2016 1 oggtri era stato delegato ad operare sul cc n.1038307931 acceso presso la filiale di Fossombrone della Banca Unicredit; sul c/c n.947 acceso presso la filiale di, Fossombrone della Banca Popolare di Ancona e risulta soggetto la cui posizione non è neppure oggetto della presente pronuncia in quanto la sua partecipazione ai sodalizio criminoso non è più oggetto di confutazione, come rilevato dallo stesso giudice di legittimità.
Quanto alle specifiche condotte dall’informativa della Guardia di Finanza del 9/5/2016 risulta come sul c/c della ditta individuale RAGIONE_SOCIALE, sul quale era delegata ad operare NOME COGNOME, nell’arco temporale dal 1/1/2011 al 23/7/2014 erano stati prelevati in contanti €.184.900,00; sul cc della ditta individuale RAGIONE_SOCIALE COGNOME, sul quale era delegato ad operare NOME COGNOME, nell’arco temporale dal 1/1/2011 al 23/7/2014 erano stati prelevati in contanti €240.500,00; sul cc della ditta individuale COGNOME sul quale era delegato ad operare NOME COGNOME, nell’arco temporale dal 1/1/2011 al 23/7/2014, erano stati prelevati in contanti €.181,090,00.
Allo stesso modo e con riferimento alla posizione di NOME COGNOME dall’informativa n.193110 risulta che il medesimo, nel corso dei medesimi anni, aveva compiuto centinaia di operazioni consistite per la gran parte in prelevamenti in contanti ed a mezzo bonifici per importi pari ad €.170.590,00 e €290.106,00, oltre a giroconti per ulteriori €.30.000,00
Per la Corte territoriale deve essere ancora sottolineato come la moglie dell’imputato (ed il fratello) operassero autonomamente sui conti correnti che erano intestati ai titolari formali RAGIONE_SOCIALE ditte individuali, i quali mai si erano reca banca per operare sui medesimi conti correnti, come riferito dai dipendenti degli istituti di credito.
Alla luce degli elementi evidenziati, la Corte perugina dà atto motivatamente di condividere le conclusioni cui sono giunti entrambi i giudici del merito; si tratta infatti di elementi che 4 dimostrandb la piena consapevolezza della moglie (e del fratello) dell’imputato di operare in un contesto criminoso unitario, ponendo in essere condotte specifiche finalizzate a portare a compmento il comune intendimento di evasione fiscale.
Viene sottolineata, a tale proposito ) la circostanza che, a fronte di svariati e diversi soggetti i quali, di volta in volta, erano formali titolari RAGIONE_SOCIALE ditte cambia il fratello e la moglie dell’imputato operavano su svariati conti correnti sui quali fin dalla loro apertura, avevano avuto specifica delega ad operare, prelevando ingenti somme del denaro in contanti alfine di farle “sparire” e di evitare la riferi bilità RAGIONE_SOCIALE stesse alle singole ditte. Operazioni svo!te solo da tali due soggetti .3 é nel corso di anni, senza che mai il “dominus” della vicenda fosse presente così come i titolari RAGIONE_SOCIALE ditte individuali l che erano i formali intestatari dei conti correnti.
Modalità che avevano fatto sorgere sospetti negli stessi impiegati RAGIONE_SOCIALE banche alla luce RAGIONE_SOCIALE complessive somme prelevate in contanti.
I verbali allegati alla informativa 193110/2016 riporta g) le affermazioni rese da numerosi dipendenti di istituti di credito che hanno dato conto come ci si trovasse di fronte a centinaia di operazioni aventi ad oggetto non solo prelevamenti in contanti, di cui sopra si è detto, ma anche accrediti di bonifici e disposizioni di bonifici con causali “stipendio” a favore di diversi connazionali.
Con specifico riferimento a NOME i dipendenti RAGIONE_SOCIALE diverse banche hanno riferito come la donna si muovesse in totale autonomia di iniziativa, come agisse sempre da sola e come comprendeva e parlava la lingua italiana, sottolineando la circostanza che la donna fingesse di non comprendere la lingua italiana solo quando l’interlocutore faceva domande per approfondire le informazioni sulle effettiva operatività della ditta intestata a persona diversa, sui motivi dei preliev in contanti e sulle richieste degli operatori di indicazione nelle causali di “saldo
fattura” il numero di fattura cui si riferiva il prelievo di denaro che stava effe tuando.
Con motivazione logica e congrua, la Corte perugina, mostrando di colmare il deficit motivazionale dei colleghi marchigiani, dà atto che ci si trova di fronte a condotte che non possono qualificare la moglie (ed il fratello) dell’imputato quali semplici delegati di NOME COGNOME, soggetti ignari e “ignoranti” RAGIONE_SOCIALE condotte del congiunto, che agivano su sua disposizione senza rendersi conto dell’effettivo significato RAGIONE_SOCIALE operazioni compiute, che non avevano ad oggetto il mero incasso RAGIONE_SOCIALE rilevanti somme in contanti prelevate dai conti correnti. Si trattava infatti di sog getti delegati ad occuparsi dell’intero rapporto con gli istituti di credito di ognun RAGIONE_SOCIALE ditte individuali che di volta in volta si susseguivano nel tempo.
Ciò è risultato alla luce della reiterazione RAGIONE_SOCIALE condotte protrattesi per anni, RAGIONE_SOCIALE tipologie RAGIONE_SOCIALE operazioni, quali i prelievi per centinaia di migliaia di eu senza indicazione di causale, quali le modalità comportamentali che dimostravano l’intendimento di occultare il reale significato RAGIONE_SOCIALE operazioni afferenti bonifici e fettuati I al chiaro intento di eludere il fisco, / come chiaramente percepito dai dipendenti dei diversi istituti di credito.
Ritiene la Corte come tali condotte dimostrino il pieno coinvolgimento nel sodalizio criminoso nell’ambito del quale NOME COGNOME svolgeva uno specifico ruolo a lei esclusivamente riservato che era quello di curare ì rapporti con gli istituti d credito; ruolo che è emerso come infungibile ed espressione di una attribuzione e di un apporto fondamentale e consapevole ai fini del raggiungimento dello scopo del programma criminoso; ruolo mai svolto dai formali titolari RAGIONE_SOCIALE ditte individuali e mai svolto neppure dal marito e che non trova una logica e alternativa spiegazione.
Logico appare il rilievo che se NOME COGNOME fosse stato l’unico referente condotta criminos4 non si comprende il motivo in forza del quale, per numerosi anni, mai abbia instaurato rapporti personali con gli istituti di credito presso i qual transitava l’intera provvista di denaro RAGIONE_SOCIALE ditte individuali da lui create, se no alla luce del fatto che tali incombenti costituivano le specifiche mansioni degli altri due associati, nel contempo rimanendo del tutto estranei i formali titolari dei conti correnti.
Ruolo che non può certo essere escluso in considerazione dell’appartenenza di tutti e tre gli associati al medesimo contesto familiare; ed infatti “in tema d RAGIONE_SOCIALE per delinquere, l’esistenza della consorteria criminosa non è esclusa per il fatto che la stessa sia imperniata per Io più intorno a componenti della stessa famiglia, atteso che, al contrario, i rapporti parentali o coniugali, sommandosi al vincolo associativo, rendono quest’ultimo ancora più pericoloso (conferente appare il richiamo al dictum di Sez. 3, n. 48568//2016).
Allo stesso modo se è emerso con chiarezza il ruolo di artefice principale della condotta criminosa in capo al NOME COGNOME, il sodalizio criminoso non può essere escluso alla luce della circostanza che costui fosse padrone della lingua italiana e del mondo imprenditoriale, alla luce del fatto che, come affermato dai testi anche la moglie ed il fratello avevano padronanza della lingua e, come sopra riferito, avevano operato non solo presso tutti gli istituti di credito ma anche, in qualche occasione, sostituito il congiunto in alcune attività direttamente afferenti la conduzione di una RAGIONE_SOCIALE ditte individuali.
Motivata, pertanto, diversamente da quanto opina il ricorrente, nel solco dei principi sanciti dalla sentenza rescindente, la conferma da parte dei giudici di appello del giudizio già espresso dal giudice di primo grado in merito alla esistenza del vincolo associativo.
Né può porsi in questa sede la questione di un’eventuale declaratoria della prescrizione maturata dopo la sentenza d’appello, in considerazione della manifesta infondatezza del ricorso.
La giurisprudenza di questa Corte Suprema ha, infatti, più volte ribadito che l’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norm dell’art. 129 cod. proc. pen (così Sez. U. n. 32 del 22/11/2000, De Luca, Rv. 217266 relativamente ad un caso in cui la prescrizione del reato era maturata successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso; conformi, Sez. U., n. 23428 del 2/3/2005, COGNOME, Rv. 231164, e Sez. Un. n. 19601 del 28/2/2008, COGNOME, Rv. 239400; Sez. 2, n. 28848 del 8/5/2013, COGNOME, Rv. 256463).
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa RAGIONE_SOCIALE ammende.
Così deciso il 15/10/2024