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Associazione per delinquere: il ruolo del prestanome

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un soggetto condannato per associazione per delinquere finalizzata alla frode fiscale. L’imputato sosteneva di aver avuto un ruolo meramente passivo come prestanome di una società cartiera. La Corte ha confermato che la partecipazione stabile e consapevole, anche attraverso una condotta omissiva che garantisce la continuità del sodalizio, è sufficiente per configurare il reato, senza necessità di un coinvolgimento attivo in ogni operazione fraudolenta.

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Pubblicato il 23 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Associazione per Delinquere: Quando il Prestanome Diventa Complice

L’associazione per delinquere è un reato grave che punisce la creazione di un sodalizio stabile finalizzato alla commissione di più delitti. Ma cosa succede quando un soggetto partecipa in modo apparentemente passivo, agendo come semplice “prestanome”? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha chiarito i confini della responsabilità penale in questi casi, confermando che anche un ruolo defilato può integrare la piena partecipazione al gruppo criminale.

I Fatti di Causa

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un individuo condannato in primo e secondo grado per il reato di cui all’art. 416 del Codice Penale. L’accusa era quella di aver partecipato a un’organizzazione criminale dedita alla commissione di frodi fiscali sistematiche, realizzate attraverso l’uso di fatture per operazioni inesistenti.

Nello specifico, l’imputato aveva assunto la qualifica formale di amministratore di una “società cartiera”, ovvero una società fittizia utilizzata come schermo per le attività illecite del gruppo. La sua difesa sosteneva che il suo ruolo fosse stato meramente passivo e omissivo, limitandosi a una carica fittizia senza mai partecipare attivamente alle decisioni o alle operazioni dell’organizzazione.

I Motivi del Ricorso e l’associazione per delinquere

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su quattro principali motivi di doglianza:

1. Erronea applicazione della legge penale sulla partecipazione: La difesa sosteneva che la condotta meramente omissiva del prestanome, senza un ruolo attivo, non potesse configurare la partecipazione all’associazione per delinquere.
2. Mancanza del dolo specifico: Si contestava l’assenza della cosiddetta affectio societatis, ovvero la volontà cosciente di far parte del sodalizio criminale, ritenendo che il dolo specifico fosse incompatibile con un mero dolo eventuale.
3. Mancato riconoscimento delle attenuanti generiche: La difesa lamentava che i giudici di merito non avessero considerato elementi positivi come l’incensuratezza e la condotta processuale dell’imputato.
4. Vizio di motivazione sulla pena: Si riteneva la pena sproporzionata rispetto alla condotta statica e di scarsa significatività dell’imputato.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutte le argomentazioni della difesa. I giudici hanno chiarito che i motivi presentati erano, in larga parte, tentativi di ottenere una nuova valutazione dei fatti, attività preclusa in sede di legittimità.

La Corte ha ritenuto che i giudici di merito avessero correttamente e adeguatamente motivato la condanna, basandosi su elementi concreti. Per quanto riguarda la partecipazione al reato associativo, la motivazione si fondava su:

* Il volume delle operazioni: L’ampio numero di operazioni fittizie riconducibili alla società amministrata dall’imputato.
* La continuità dell’azione: La sua condotta, anche se omissiva, aveva garantito la continuità delle operazioni fraudolente del gruppo.
* I legami con gli altri associati: I rapporti provati con il promotore dell’associazione, con cui l’imputato condivideva un conto corrente dove confluivano i proventi delle frodi.
La consapevolezza del fine illecito: La Corte ha dedotto la sussistenza del dolo specifico (l’affectio societatis*) dalla stabilità e dalla durata della sua partecipazione (un triennio), nonché da altri elementi indiziari, come il suo coinvolgimento in un sinistro stradale che aveva svelato la falsità di una fattura per un trasporto mai avvenuto.

Le Conclusioni

La decisione della Cassazione ribadisce un principio fondamentale in materia di associazione per delinquere: la partecipazione al reato non richiede necessariamente il compimento materiale di atti esecutivi dei delitti-scopo. Anche una condotta apparentemente passiva, come quella del prestanome, integra la piena partecipazione al sodalizio quando il soggetto, con la sua disponibilità, fornisce un contributo consapevole e stabile alla vita e al rafforzamento dell’organizzazione criminale. La volontà di far parte del gruppo può essere desunta da un complesso di elementi fattuali che dimostrino l’inserimento stabile e permanente del soggetto nella struttura criminale.

Essere un “prestanome” di una società usata per frodi fiscali è sufficiente per essere condannati per associazione per delinquere?
Sì. Secondo la sentenza, anche un ruolo apparentemente passivo come quello del prestanome integra la piena partecipazione al reato associativo se la persona fornisce un contributo consapevole, stabile e volontario all’esistenza e all’operatività del gruppo criminale, anche solo garantendone la continuità con la propria condotta.

Quale tipo di dolo è richiesto per il reato di associazione per delinquere?
Per configurare il reato di associazione per delinquere è necessario il dolo specifico, identificato nella cosiddetta affectio societatis. Consiste nella coscienza e volontà di far parte stabilmente dell’associazione e di contribuire alla realizzazione del suo programma criminale.

La Corte di Cassazione può riesaminare le prove e i fatti di un processo?
No, la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito non è rivalutare le prove o ricostruire i fatti, ma verificare che i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente la legge e che la loro motivazione sia logica e non contraddittoria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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